Valutazioni della P.A. in ordine al rapporto fiduciario con l’operatore economico

30 Agosto 2016

In caso di reati commessi dagli amministratori dell'operatore economico la valutazione in ordine alla cessazione del rapporto fiduciario con la P.A. è interamente rimessa alla stazione appaltante ed è affrancata dal sindacato di legittimità eccettuati i casi di manifesta irragionevolezza e illogicità.

La società ricorrente impugnava l'autoannullamento dell'aggiudicazione dell'appalto di lavori disposta in suo favore dalla Stazione Appaltante a seguito dell'esperimento della procedura di interpello di cui all'art. 140 d.lgs. n. 163 del 2006.

Sul punto, la ricorrente affermava che l'Amministrazione aveva illegittimamente posto a fondamento dell'annullamento l'intervenuta sentenza di condanna dell'amministratore unico (cessato dalla carica nell'anno antecedente l'invio alla società dell'interpello) per i reati di cui agli artt. 81, 347 e 352 c.p.

Il TAR Lombardia, Milano respingeva il ricorso.

La società impugnava la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato deducendo gli errori di giudizio in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nell'interpretazione e applicazione degli artt. 38, 46, 75 e 140 d.lgs. n. 163 del 2006.

Il Consiglio di Stato rigettava il ricorso e, pertanto, confermava le argomentazioni sviluppate dai giudici di primo grado.

La tematica sottoposta all'attenzione del Collegio attiene all'individuazione dell'ampiezza del sindacato del G.A. sulla decisione di esclusione dalle gare di appalto per “carenza di fiducia”.

Tale decisione è frutto di una valutazione discrezionale dell'Amministrazione sulla quale il controllo del giudice deve essere svolto ab extrinseco e diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di illogicità e irragionevolezza.

Come noto, gli elementi fondanti la valutazione di “deficit di fiducia” vengono tratti, secondo il modello normativo, da dati esterni al rapporto contrattuale quali la mala fede, la grave colpa o la grave carenza di professionalità; è evidente, dunque, che il bene protetto dalla clausola di esclusione di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 è rappresentato dall'elemento fiduciario posto a fondamento della proseguibilità del rapporto committente-appaltatore.

Si tratta, quindi, di un elemento a carattere soggettivo, ovvero quello della affidabilità.

Ne consegue, dunque, la necessità di riconoscere in capo alla Stazione Appaltante un ampio spazio di apprezzamento circa la permanenza del requisito della affidabilità in capo alla società aggiudicatrice.

Alla luce di tali considerazioni l'orientamento giurisprudenziale prevalente afferma che la valutazione circa il requisito dell'affidabilità dell'impresa concorrente ad una gara pubblica è riservata all'Amministrazione, ed è frutto di una valutazione sulla quale il sindacato giurisdizionale deve mantenersi sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti come ragioni del rifiuto (Cons. St., Sez. VI, 10 settembre 2015, n. 4228; Cons. St., Sez. V, 21 ottobre 2013, n. 5122; Cass. civ., SS.UU., 17 febbraio 2012, n. 2312).

Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve essere, pertanto, mantenuto sul piano della verifica della non irragionevolezza e illogicità della valutazione e non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa.

L'adozione di siffatti criteri di non condivisione, infatti, nella parte in cui comporta una sostituzione nel momento valutativo riservato all'appaltante si traduce in uno sconfinamento nell'area ex lege riservata all'Amministrazione.

Il Collegio si è uniformato all'orientamento giurisprudenziale consolidato riconoscendo, pertanto, in capo all'Amministrazione il potere di valutare gli elementi di fatto sufficienti a interrompere il rapporto fiduciario che deve necessariamente intercorrere tra committente e imprenditore nell'ambito del rapporto pubblico, non ritenendo, inoltre, sussistenti, nella motivazione resa dall'Amministrazione, elementi di irragionevolezza o illogicità.

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