Sull'assenza di un onere motivazionale per il provvedimento della stazione appaltante che non esclude un concorrente a causa dell'irrilevanza della causa di esclusione di cui all'art. 38, comma 1, lett. f)
15 Marzo 2016
Nell'ambito di una gara per la fornitura di materiale sanitario e presidi chirurgici, un concorrente segnalava, alla relativa stazione appaltante, due precedenti risoluzioni per grave inadempimento e la conseguente annotazione nel casellario dell'ANAC, riferite ad un altro concorrente risultato poi aggiudicatario della gara stessa. A seguito di una simile segnalazione la stazione appaltante avviava un procedimento in autotutela per rimuovere l'avvenuta aggiudicazione e, a tal fine, invitava l'aggiudicatario a fornire le proprie controdeduzioni. Nel riscontrare siffatto invito l'aggiudicatario precisava di aver impugnato le suddette risoluzioni e la connessa annotazione; inoltre aggiungeva di aver mantenuto rapporti negoziali con la medesima stazione appaltante (che aveva adottato le cennate risoluzioni) e rilevava l'avvenuto risarcimento dei danni (a favore dell'Amministrazione) da parte delle ditte effettivamente responsabili degli inadempimenti. La stazione appaltante decideva quindi di non revocare l'avvenuta aggiudicazione avverso la quale il concorrente, che aveva presentato la citata segnalazione, ricorreva tuttavia dinanzi al TAR per censurare il difetto di motivazione e di istruttoria, oltre alla violazione del citato art. 38. Il Collegio, dal canto suo, ha ritenuto che la stazione appaltante avesse vagliato ogni aspetto della vicenda e che la stessa, pertanto, fosse consapevolmente addivenuta all'archiviazione del procedimento di autotutela. In particolare il TAR, nel negare che i provvedimenti della stazione appaltante potessero essere affetti dai suddetti vizi di illegittimità, ha rigettato il ricorso richiamando pure quella giurisprudenza secondo la quale si è in presenza «(…) di una condotta che la stessa stazione appaltante non ha ritenuto qualificata da negligenza e inadempienza tali da precludere ogni ulteriore rapporto contrattuale e, quindi, non assistita dalla connotazione di gravità. La lett. f) dell'art. 38 non dà, infatti, rilievo, ai fini della perdita della capacità di partecipare alle pubbliche gare, ad ogni errore commesso nell'attività di impresa, ma solo a quelli, si ripete, caratterizzati da gravità nella specie esclusa dallo stesso organo pubblico che aveva disposto la risoluzione del precedente rapporto contrattuale (…)»(Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2388). Nel caso di specie, pertanto, non si è verificata nessuna illegittimità, non dovendo la stazione appaltante esternare le ragioni sottese alla mancata esclusione tutte le volte in cui la valutazione dei fatti operata dall'amministrazione non conduca a ritenere configurabile la causa di esclusione prevista dall'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Infatti, ricorda ancora il Collegio, in base a tale articolo «(…) è la scelta di procedere alla esclusione che deve essere oggetto di motivata valutazione e non quella di mantenere in gara l'impresa, sicché la decisione di ritenere irrilevanti i fatti qualificati come espressione di negligenza professionale, come quelli in questione, a parere del Collegio, può ritenersi non abnorme qualora vi sia certezza che la stazione appaltante ha comunque avuto piena consapevolezza degli eventi e delle loro conseguenze giuridiche (…)» (v. TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 25 novembre 2015, n. 2997; Cons. St., Sez. IV, 14 gennaio 2016, n. 85; Cons. St, Sez. III, 19 aprile 2011, n. 2403; in senso apparentemente difforme cfr. Cons. St., Sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1071). Né il giudice amministrativo può sostituirsi nell'accertamento del presunto grave errore professionale (che può avvenire con qualsiasi mezzo di prova), essendo detto accertamento «rimesso al giudizio insindacabile dell'Amministrazione, salvo il limite della abnormità» (v. Cons. St., Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2610). |