Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 28 - InterventoIntervento
1. Se il giudizio non è stato promosso contro alcuna delle parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata, queste possono intervenirvi, senza pregiudizio del diritto di difesa. 2. Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova. 3. Il giudice, anche su istanza di parte, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo, ne ordina l'intervento. Note operative
InquadramentoL'integrazione del contraddittorio (art. 27) ha la finalità di garantire che il processo si svolga nei confronti di tutte le parti necessarie (litisconsorzio necessario). Il litisconsorte necessario (controinteressato pretermesso) può comunque intervenire in giudizio, senza pregiudizio per il suo diritto di difesa, anche in assenza di un valido atto di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti. Si è in presenza in questi casi di un intervento «improprio» perché proposto non da una parte eventuale del processo, ma da una parte necessaria. Vi è poi un intervento volontario quando una parte non necessaria e quindi eventuale del processo decide appunto di intervenire. Nel giudizio di annullamento non può intervenire il cointeressato, che è decaduto dalla possibilità di impugnare il provvedimento oggetto del giudizio (v. oltre). L'intervento può, infine, essere disposto con ordine del giudice anche su istanza di parte per motivi di opportunità. Tipologie di intervento nel processo amministrativoNel processo amministrativo si può distinguere: a) l'intervento volontario del controinteressato pretermesso (parte necessaria del processo non evocata in giudizio); b) l'intervento volontario della parte eventuale del processo (ad adiuvandum o ad opponendum); c) l'intervento per ordine del giudice (che assorbe anche la chiamata del terzo) L'intervento del litisconsorte necessarioNel processo amministrativo e, in particolare nel giudizio di annullamento, il controinteressato pretermesso è un litisconsorte necessario che non è stato chiamato in giudizio e l'art. 29 prevede che può comunque intervenire in giudizio, senza pregiudizio per il suo diritto di difesa, anche in assenza di un valido atto di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti (c.d. intervento «improprio» perché proposto da una parte necessaria, e non eventuale, del processo). Quando si parla di controinteressato pretermesso nel processo amministrativo si fa riferimento al soggetto individuato dall'atto impugnato cui il ricorso doveva essere notificato e non lo è stato. In caso di mancata notificazione del ricorso di annullamento all'amministrazione o ad almeno un controinteressato individuato dall'atto, la decadenza dell'azione preclude l'ordine di integrazione del contraddittorio (art. 41, comma 2). Il ricorrente deve, quindi, notificare il ricorso per l'annullamento di un provvedimento amministrativo all'amministrazione che ha adottato l'atto e ad almeno un controinteressato; rispettata tale regola, ogni valutazione sull'integrità del contraddittorio passa al giudice, che deve verificare se esistono altri soggetti controinteressati e ordinare eventualmente l'integrazione. Il già citato art. 41, comma 2, del Codice prevede che i controinteressati siano individuati nello stesso atto impugnato e, pertanto, qualora il ricorso sia stato notificato alla sola amministrazione e vi sono controinteressati, ma questi non sono stati individuati nell'atto impugnato, non si verifica alcuna decadenza, ma solo una ipotesi di necessaria integrazione del contraddittorio da parte del giudice. Tuttavia, le parti necessarie del processo possono anche decidere di intervenire senza attendere l'ordine di integrazione da parte del giudice. Può, quindi, intervenire in giudizio il controinteressato non individuato dall'atto impugnato, che resta parte necessaria del giudizio, anche se l'omessa notificazione del ricorso nei suoi confronti non comporta alcuna sanzione e il controinteressato successivo, che ha assunto una posizione di controinteresse in base ad un atto diverso e sopravvenuto rispetto a quello impugnato. Sulla nozione di controinteressato vedi anche l'art. 41. L'intervento volontario di una parte eventuale del processoIl secondo comma della disposizione in commento concerne invece l'intervento volontario di una parte eventuale del processo. Certamente è ammissibile l'intervento adesivo dipendente del terzo diverso dal cointeressato, che, avendo un proprio interesse, aderisce alle domande di una delle parti. L'intervento può essere ad adiuvandum o ad opponendum a seconda che l'interveniente agisca a fianco del ricorrente o della parte resistente , mentre nel processo amministrativo non è previsto il cd. intervento autonomo di cui all'art. 105, co. 1, c.p.c. e non è ammesso l'intervento in giudizio del soggetto portatore di un interesse legittimo autonomo (Cons. St. IV., n. 1040/2022).. Deve ritenersi inammissibile l'intervento del cointeressato, che è decaduto dalla possibilità di impugnare il provvedimento oggetto del giudizio e, inoltre, non è sufficiente a consentire, ai sensi dell'art. 28 c.p.a., l'intervento la sola circostanza che l'interventore sia parte di un (altro) giudizio in cui venga in rilievo una quaestio iuris analoga a quella oggetto del giudizio nel quale intende intervenire (Cons. St.,. Ad. Plen. n. 23/2016 e n. 10/2020, che hanno ritenuto che in questo caso osta al riconoscimento di una situazione che lo legittimi a intervenire l'obiettiva diversità di petitum e di causa petendi che distingue i due processi, sì da non potersi configurare in capo al richiedente uno specifico interesse all'intervento nel giudizio ad quem. Al contrario, laddove si ammettesse la possibilità di spiegare l'intervento volontario a fronte della sola analogia fra le quaestiones iuris controverse nei due giudizi, si finirebbe per introdurre nel processo amministrativo una nozione di interesse del tutto peculiare, potenzialmente illimitata in determinate tipologie di controversie e svincolata dalla tipica valenza endoprocessuale connessa a tale nozione e potenzialmente foriera di iniziative anche emulative, scisse dall'oggetto specifico del giudizio cui l'intervento si riferisce). In base a un orientamento del tutto consolidato, nel processo amministrativo l'intervento ad adiuvandum o ad opponendum può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale. Peculiare e oggetto di critiche è la sentenza della Cassazione che ha affermato che sussiste un diniego o rifiuto della tutela giurisdizionale nel caso in cui venga precluso l'intervento nel giudizio amministrativo a enti associativi sulla base di valutazioni che negano la giustiziabilità degli interessi collettivi (legittimi) da essi rappresentati, relegandoli in sostanza al rango di interessi di fatto (Cass. S.U., n. 32559/2023 e n. 786/2024, con cui è stata annullata una delle due sentenze della adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulle concessioni demaniali marittime e la successiva sentenza della VII Sezione, per un motivo processuale, consistente nel non aver consentito l'intervento nel giudizio di alcune associazioni rappresentative dei concessionari balneari e di una regione italiana, diversa da quella interessata dalla concessione in questione). Al di là della opinabile trasformazione di un error in procedendo, quale la mancata ammissione di un intervento, in una questione di giurisdizione (v. art. 110), la decisione sembra non tenere in considerazione il fatto che nel processo amministrativo non esiste l'intervento autonomo (chi ha una posizione lesa dal provvedimento amministrativo deve impugnare l'atto), ma il solo intervento dipendente, il cui eventuale diniego non appare configurabile come diniego astratto della posizione soggettiva tutelabile. Il cointeressato decaduto dalla possibilità di impugnare l'atto, non può quindi intervenire ad adiuvandum, così come non può spiegare intervento litisconsortile, nel giudizio proposto per l'annullamento del provvedimento. Questa tesi era già prevalente prima della entrata in vigore del Codice nella giurisprudenza, che aveva ritenuto inammissibile l'intervento ad adiuvandum spiegato nel processo amministrativo da chi è ex se legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l'interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che può farsi valere solo mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziale (Cons. St. IV, n. 3928/2000); tesi poi confermata anche dopo l'entrata in vigore del Codice con l'affermazione che nel processo amministrativo, l'intervento ad adiuvandum o ad opponendum può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da chi sia portatore di un interesse che lo abilita a proporre ricorso in via principale, con l'effetto che la mancanza nell'interveniente di una posizione sostanziale di interesse legittimo, anziché costituire ostacolo al suo ingresso in giudizio, ne rappresenta un presupposto di ammissibilità; ciò in quanto ai sensi dell'art. 28, comma 2, l'intervento non è litisconsortile autonomo, bensì adesivo dipendente, ossia a sostegno delle ragioni altrui, ed è consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento ( Cons. St. V, n. 4557/2011; IV, n. 853/2016; Cons. giust. amm. Sicilia n. 133/2016). Anche in risposta al contenuto delle sopra menzionate sentenze della Cassazione sull'intervento, la Adunanza plenaria, oltre a ribadire che è inammissibile l'intervento adesivo-dipendente del cointeressato che abbia prestato acquiescenza al provvedimento lesivo, ha aggiunto che qualora sia pendente innanzi all'Adunanza plenaria un giudizio nel quale si faccia questione di profili di illegittimità di un atto generale regolatorio, avente effetti nei confronti di una intera categoria di operatori economici, è inammissibile l'intervento davanti all'organo nomofilattico di chi abbia impugnato il medesimo atto con un ricorso ancora pendente in primo grado, ancorché la relativa decisione sia stata rinviata in attesa della pronuncia dell'Adunanza plenaria in quanto attinente a una quaestio iuris analoga (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 15/2024 e n. 16/2024). Del resto, l'art. 28, comma 2, prevede che l'interveniente nel processo amministrativo accetta lo stato e il grado di giudizio in cui si trova, a conferma che va negato a chi, possedendo legittimazione attiva e avendovi interesse, decaduto dall'esercizio del gravame, possa surrettiziamente eludere il termine di decadenza mediante l'intervento in giudizio. Nel processo amministrativo non è previsto il c.d. intervento autonomo (invece contemplato dall'art. 105, co. 1, c.p.c.), ma solo l'intervento ad adiuvandum o ad opponendum che può essere, quindi, proposto unicamente da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e, ai fini della valutazione della legittimazione all'intervento in appello, occorre avere riguardo alla posizione che avrebbe assunto la parte rispetto alla controversia di primo grado e va tenuto conto che nel giudizio amministrativo (Cons. St., V, n. 3342/2025). In ogni caso, l'interventore ad adiuvandum non è legittimato a proporre domande nuove rispetto a quelle fatte valere dal ricorrente, dovendo egli limitarsi ad aderire a quest'ultimo. Fissato tale requisito di ordine negativo per l'intervento, chi interviene in giudizio deve ovviamente anche dimostrare di ricevere, anche in via mediata e indiretta, un vantaggio o un pregiudizio nella propria situazione giuridica dal mantenimento o dall'annullamento dell'atto impugnato. Titolare di un interesse autonomo rispetto al mantenimento dell'atto può, ad esempio, essere il vicino rispetto all'impugnazione di un diniego di rilascio del permesso di costruire, il quale, pur non essendo un controinteressato, ha interesse a non consentire l'edificazione nei pressi della sua proprietà. In situazione differente, sempre però legittimante l'intervento, si pongono gli acquirenti dell'immobile, per il quale è stato richiesto il permesso di costruire, che hanno un interesse derivato e riflesso all'annullamento del diniego. La costituzione in giudizio di un soggetto che assume di essere subentrato nella posizione giuridica del ricorrente deve essere proposta con atto notificato alle controparti, ai sensi degli artt. 28 e 50 c.p.a.. T.A.R. Lazio (Roma) II, 12 giugno 2015, n. 8226. La giurisprudenza ha riconosciuto l'ammissibilità dell'intervento anche da parte del titolare di un semplice interesse di fatto, distinguendo le situazioni con riguardo alla legittimazione all'impugnazione; nel senso che l'interventore «ad opponendum» nel giudizio di primo grado è legittimato ad impugnare la sentenza quando risulti titolare di una propria ed autonoma posizione giuridica, e non di un semplice interesse di fatto ( Cons. St. Ad. plen. , 8 maggio 1996, n. 2). È ammesso l'intervento del successore a titolo particolare nel rapporto controverso ( Cons. St. Ad. plen. , 10 luglio 1986, n. 8). Non è, invece, ammesso un intervento ad adiuvandum effettuato sulla base della sola circostanza per cui l'interveniente è parte in un giudizio in cui venga in rilievo una quaestio iuris analoga a quella divisata nell'ambito del giudizio principale; infatti, nel caso in cui si ammettesse la possibilità di spiegare l'intervento volontario a fronte della sola analogia fra le questioni giuridiche controverse nei due giudizi, si finirebbe per introdurre nel processo amministrativo una nozione di ‘interesse' del tutto peculiare e svincolata dalla tipica valenza endoprocessuale connessa a tale nozione e potenzialmente foriera di iniziative anche emulative, potenzialmente avulse dall'oggetto specifico del giudizio cui l'intervento si riferisce (Cons. St. Ad. plen., n. 3/2017; Cons. St. III, n. 23/2016). La facoltà di intervento richiede la titolarità di una situazione qualificata, la quale (per quanto attiene all'intervento ad opponendum) necessariamente presuppone un oggettivo e concreto interesse in capo al terzo a contrastare il ricorso e a conseguirne il rigetto, il quale può essere collegato a quello dell'Amministrazione resistente o di qualche controinteressato già costituito in giudizio ma anche autonomo poiché connesso al mantenimento dell'atto e (o) provvedimento gravato. L'intervento ad opponendum deve ritenersi ammissibile ogni qual volta il soggetto interveniente vanti un interesse, ancorché di mero fatto, mediato e riflesso, al mantenimento della situazione giuridica creata dal provvedimento impugnato (cfr. Trib. reg. giust. amm. Bolzano, 6 aprile 2016, n. 128). Tale interesse è stato ritenuto sussistente in capo al pubblico dipendente (nella specie tecnico istruttore e responsabile dell'ufficio tecnico) intervenuto a contrastare il ricorso promosso avverso un diniego in materia edilizia al fine di evitare eventuali riflessi in termini di ricadute patrimoniali (es., azioni di responsabilità) e professionali (T.A.R. Puglia (Lecce) I, 25 agosto 2017, n. 1423). Come già detto, l'intervento volontario della parte eventuale del processo avviene con accettazione dello stato e grado in cui il giudizio si trova.Rimuovi tutte L'intervento volontario «ad adiuvandum», che in base agli art. 28 e 50, comma 2, del codice del processo amministrativo può essere proposto da chiunque abbia interesse al giudizio, deve contenere le ragioni su cui si fonda, con la produzione dei documenti giustificativi, ed è ammesso, a pena di inammissibilità, solo fino a trenta giorni prima dell'udienza di merito, T.A.R. Abruzzo (Pescara) I, 11 gennaio 2011, n. 1 L'intervento in giudizio disciplinato dagli art. 28 e 50 c.p.a. può essere esperito anche nel giudizio di ottemperanza, fermi restando i requisiti generali necessari per l'intervento nel processo amministrativo (Cons. St. IV, n. 8363/2010). Va menzionata anche la possibilità di intervento come amicus curiae dell'Autorità antitrustex art. 15.3 del Reg. UE n. 1/2003; l'intervento n.q. di amicus curiae è stato previsto anche dalla Corte costituzionale con la delibera dell'8 gennaio 2020, con cui è stato introdotto il nuovo articolo 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, che prevede che qualsiasi formazione sociale senza scopo di lucro e qualunque soggetto istituzionale, se portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione in discussione, possono presentare brevi opinioni scritte per offrire alla Corte elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso sottoposto al suo giudizio. Con la stessa delibera è stata estesa anche la possibilità di intervento nei giudizi in via incidentale (In senso critico nei confronti di tale innovazione, v. Luciani). L'intervento volontario in appello. L'interveniente che non ha partecipato al giudizio di primo grado: a) può intervenire nel processo di appello, nel caso in cui rivesta la qualifica di controinteressato in senso sostanziale, per opporsi ad una sentenza che lede la sua posizione (artt. 28, primo comma, e 109, secondo comma); b) non può allargare il thema decidendum, contestando la legittimità di provvedimenti amministrativi che, non essendo stati oggetto della sentenza, non possono recare pregiudizio al terzo che non ha partecipato al giudizio di primo grado; c) non può impugnare nuovi provvedimenti sopravvenuti nel corso del giudizio di primo grado. A tale proposito l'art. 104, terzo comma prevede che possono essere «proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati». La ragione della limitazione posta dalla norma risiede nell'esigenza di assicurare il rispetto del principio del doppio grado del giudizio: se questa regola vale per le parti del giudizio di primo grado a maggior ragione deve trovare applicazione in presenza di un intervento proposto da un terzo che si oppone alla sentenza adottata [ Cons. St. VI, n. 3200/2013, in un caso in cui l'intervento dichiarato inammissibile era stato proposto da un soggetto che: a) era un controinteressato in senso sostanziale, in quanto il suo interesse contrario all'annullamento degli atti impugnati atteneva all'esigenza di ottenere il conferimento di un incarico; b) non poteva contestare la legittimità della procedura concorsuale, non essendo questo aspetto oggetto del giudizio di primo grado e non avendo, tra l'altro, partecipato a tale procedura; c) non poteva impugnare gli atti sopravvenuti alla sentenza impugnata]. L'intervento spiegato ai sensi dell'art. 28, comma 2, è di tipo adesivo dipendente e l'interventore sostiene le ragioni di una o dell'altra parte, mentre l'intervento in appello del soggetto che intende proporre opposizione di terzo ex art. 109, comma 2, è di tipo litisconsortile autonomo ( Cons. St. V, n. 1640/2012). Si rinvia a quanto detto nel par. precedente con riferimento alla giurisprudenza della Cassazione sull’intervento nel processo amministrativo. L'intervento per ordine del giudiceL'ultima forma di intervento è quello su ordine del giudice, introdotto nel Codice con una formulazione, che racchiude in sé anche l'intervento su istanza di parte. A differenza del processo civile, non si è inteso introdurre nel processo amministrativo la chiamata diretta del terzo ex art. 106 c.p.c., ma, nel codificare l'intervento per ordine del giudice, è stato previsto che questo possa avvenire anche su istanza di parte; deve essere, quindi, sempre il giudice a vagliare la richiesta di una parte di chiamata in giudizio di un terzo. Sulla base dei principi indicati in precedenza non è consentito al giudice di disporre l'integrazione del contraddittorio nel caso in cui il ricorso non sia stato ritualmente e tempestivamente notificato ad almeno un controinteressato né gli è consentito utilizzare i poteri previsti dall'art. 51, disponendo l'intervento iussu iudicis, non potendo supplirsi ad errori, omissioni o carenze del ricorrente L’accesso al fascicolo informatico della parte non ancora costituitaPuò accadere che il terzo, non parte del giudizio, abbia la necessità di consultare gli atti di un fascicolo per decidere se intervenire o meno. Il processo amministrativo telematico ha fatto emergere la necessità di adottare un'adeguata regolamentazione di tutte le fasi prodromiche e preliminari alla costituzione in giudizio delle parti, rimesse nel sistema cartaceo alle singole prassi degli uffici giudiziari, tra cui – alla luce del necessario contemperamento della tutela della riservatezza dei dati personali e del diritto di difesa – vi è quella dell'accesso ai fascicoli informatici processuali da parte del terzo, il quale non può essere costretto a intervenire “al buio”, ma deve poter conoscere gli atti di un processo in cui non è stato evocato e che può incidere sulla sua posizione. L'art. 17, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021 consente l'accesso al fascicolo digitale, previa autorizzazione del giudice, a coloro che intendano intervenire volontariamente nel processo. Tale disposizione non incide sui presupposti e sulle condizioni dell'istituto processuale dell'intervento, i quali restano disciplinati dal codice del processo amministrativo, in quanto l'accesso medesimo non incide in alcun modo sulle statuizioni del giudice chiamato a decidere sulla ritualità ed ammissibilità di un eventuale futuro intervento nel processo e comporta la sola esigenza di valutare l'esistenza di un interesse non emulativo o pretestuoso (Cons. St., ad. Plen. ord. n. 5/2024, secondo cui l'accesso al fascicolo può essere autorizzato dal collegio, ovvero dal presidente della sezione, con decisione non impugnabile, se il giudizio non è ancora devoluto al collegio, anche previo contraddittorio con le parti del giudizio e con prescrizioni e misure utili a tutelare la riservatezza delle parti e dei terzi presenti in giudizio). 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