Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 15 - (Rilievo dell'incompetenza) 1(Rilievo dell'incompetenza) 1
1. Il difetto di competenza è rilevato d'ufficio finché la causa non è decisa in primo grado. Nei giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla competenza. 2. In ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa. 3. In mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere eccepito entro il termine previsto per la costituzione in giudizio. Il presidente fissa la camera di consiglio per la pronuncia immediata sulla questione di competenza. Si osserva il procedimento di cui all'articolo 87, comma 3. 4. Il giudice provvede con ordinanza, nei casi di cui ai commi 2 e 3. Se dichiara la propria incompetenza, indica il giudice ritenuto competente. Se, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato competente, il processo continua davanti al nuovo giudice. Salvo quanto previsto al comma 6, la riassunzione preclude alla parte che l'ha effettuata la proposizione del regolamento di competenza. 5. L'ordinanza che pronuncia sulla competenza senza decidere sulla domanda cautelare è impugnabile esclusivamente con il regolamento di competenza di cui all'articolo 16. Il giudice dinanzi al quale la causa è riassunta, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di competenza. L'ordinanza che pronuncia sulla competenza e sulla domanda cautelare può essere impugnata col regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sulla domanda cautelare. 6. In pendenza del regolamento di competenza la domanda cautelare si propone al giudice indicato come competente nell'ordinanza di cui al comma 4, che decide in ogni caso, fermo restando quanto disposto dal comma 7. 7. I provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice dichiarato incompetente perdono efficacia alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza che regola la competenza. 8. La domanda cautelare può essere riproposta al giudice dichiarato competente. 9. Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 si applicano anche ai provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice privato del potere di decidere il ricorso dall'ordinanza presidenziale di cui all'articolo 47, comma 2. [1] Articolo sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160. Note operative
InquadramentoIl d.lgs. 160/2012 ha riscritto gli artt. 15 e 16 del c.p.a. riducendo sostanzialmente le ipotesi in cui è possibile rilevare l'incompetenza e le ipotesi in cui è possibile proporre il regolamento di competenza. Trattandosi di una forma di competenza sempre inderogabile, la possibilità di rilevare la stessa per il giudice segue regole molto simili a quelle previste in relazione al difetto di giurisdizione. Il giudice, quindi, anche in assenza di eccezione delle parti, può rilevare il difetto di competenza anche d'ufficio. Come visto per il difetto di giurisdizione, poi, il giudice che deve emettere la domanda cautelare, prima di pronunciarsi, deve accertare di essere competente. I modi per rilevare l'incompetenzaSeguendo un modello già visto in relazione al difetto di giurisdizione (art. 9), il primo comma prevede che il difetto di competenza può sempre essere rilevato d'ufficio dal giudice di primo grado finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado. Nei giudizi di impugnazione, invece, il Consiglio di Stato, come accade per il difetto di giurisdizione, non può rilevare d'ufficio il difetto di competenza che deve essere dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla competenza. Occorre poi distinguere se il ricorso sia assistito da domanda cautelare o ne sia privo. In coerenza con l'esigenza di evitare il forum shopping in relazione alle domande cautelari, è espressamente previsto che il giudice è tenuto a statuire sulla competenza prima di decidere la domanda cautelare. Non occorre naturalmente una pronuncia espressa sulla competenza che può essere anche implicita nella decisione della domanda cautelare (di accoglimento o di rigetto). In questo caso la decisione (anche implicita) sulla competenza può essere impugnata nelle forme del rito cautelare (art. 62) oppure con il regolamento di competenza (art. 16). Va rilevato che il giudice dell'appello cautelare può rilevare il difetto di competenza anche se non è stata espressamente contestata in appello la competenza, come emerge dall'art. 62 secondo cui il giudice dell'appello cautelare rileva anche d'ufficio la competenza. In questi termini è stato rilevato che, se nel corso del giudizio di merito, sia proposta domanda cautelare, ma nessuna parte deduca l'incompetenza e questa non sia esaminata esplicitamente dal giudice, il comma 2 dell'art. 15 stabilisce che « il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa (domanda cautelare) ». Il potere officioso del giudice di esaminare la questione di competenza nell'ambito del giudizio cautelare e la decisione sulla competenza, anche se implicita, non rileva solo nell'ambito dell'incidente cautelare, ma vincola anche la decisione del merito (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 21 giugno 2016, n. 182). Sotto questo profilo, Il Tar per la Lombardia (ord. n. 1374/2020) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, commi 1, 2 e 3, cod. proc. amm., per violazione degli artt. 3, 24, 25, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui – secondo il “diritto vivente” – preclude al giudice di esaminare, pronunciare e decidere espressamente, nella fase di merito, e secondo il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sulla eccezione di incompetenza territoriale, qualora nella fase cautelare sia stata trattenuta implicitamente la competenza stessa sottopone al giudizio della Corte costituzionale la disciplina processuale sul rilievo dell'incompetenza territoriale (art. 15 cod. proc. amm.) quale interpretata secondo il c.d. “diritto vivente”. Il sistema che ne deriva, a giudizio del T.a.r., “si espone peraltro ad una duplice obiezione, sotto il profilo della sua compatibilità con la Carta costituzionale”: a) da un lato, vengono ingiustificatamente compresse le facoltà difensive della parte che eccepisce l'incompetenza territoriale, in quanto l'eccezione non potrà essere esaminata nella fase del merito qualora sia stata proposta domanda cautelare; b) dall'altro lato, si viene a determinare “un regime di inderogabilità della competenza territoriale, fin dalla sede cautelare, e di stringenti preclusioni processuali sul rilievo della stessa” che non trova alcuna copertura nella legge-delega n. 69 del 2009 e che, anzi, contrasta con l'obiettivo generale, perseguito da quest'ultima, di assicurare maggiore effettività della tutela giurisdizionale. La Corte costituzionale, con sentenza n. 81/2022, ha dichiarato inammissibile la questione in quanto l’ordinanza cautelare adottata nel giudizio a quo, di rigetto della relativa domanda, è soggetta allo specifico regime definito dall’art. 92, comma 5, secondo periodo, cod. proc. amm. secondo cui «[n]on costituiscono decisione implicita sulla competenza», oltre alle «ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, comma 1», quelle «che disattendono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza». “Poiché dunque, nel giudizio a quo, l’ordinanza cui il rimettente attribuisce valore implicito di decisione sulla competenza è, come lo stesso espone, di rigetto, si potrebbe ritenere che la fattispecie ricada nell’ambito di applicazione della citata previsione, e che di conseguenza, in base alla lettera di quest’ultima, non possa ravvisarsi una decisione implicita sulla competenza idonea a fare scattare la preclusione ipotizzata dallo stesso rimettente nel processo principale. Non solo, pertanto, il suo potere di rilevare l’incompetenza sino alla decisione della causa in primo grado (art. 15, comma 1, c.p.a.) non si sarebbe esaurito, ma, semmai, il giudice stesso sarebbe tenuto a pronunciarsi in tale fase anche sull’eccezione di incompetenza tempestivamente sollevata dall’amministrazione resistente, non trattata prima – nelle forme previste dall’art. 15, comma 3, secondo periodo, c.p.a. – stante la presentazione della domanda cautelare”. In assenza di domanda cautelare, mancando una camera di consiglio che garantisca la sollecita definizione del giudizio, il legislatore ha cercato di contingentare i tempi, imponendo alla parte interessata (di regola l'amministrazione resistente o il controinteressato) di eccepire il difetto di competenza entro il termine previsto per la costituzione in giudizio e, quindi, ai sensi dell'art. 60, comma 1, entro il termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso. Può discutersi sull'ammissibilità del rilievo da parte dello stesso ricorrente e sulla possibilità di delineare in tal caso una forma di abuso del processo. La soluzione positiva, peraltro già evidenziata dalla dottrina (Fracanzani, 263), può essere seguita perché il rilievo dell'incompetenza è consentito in tempi molto contingentati e potrebbe accadere che il ricorrente, nel periodo che decorre tra la notificazione del ricorso e il deposito dello stesso, si sia reso conto dell'errore e voglia una decisione sulla competenza anche al fine di poter proporre domanda cautelare senza ostacoli processuali. Tale soluzione, peraltro, sembra anche coerente con la possibilità riconosciuta al ricorrente dall' art. 41 c.p.c. di proporre regolamento preventivo di giurisdizione. Decorso il termine per proporre l'eccezione di incompetenza, questa può essere, comunque, rilevata solo d'ufficio dal giudice, anche dietro sollecitazione delle parti. In tal modo si supera la rigidità del sistema che prevede una vera e propria decadenza in capo alle parti con riguardo all'eccezione di incompetenza. In tali casi si ripropone il problema dell'applicabilità dell'art. 73, co. 3 alle questioni di competenza rilevabili d'ufficio. La soluzione negativa, già vista in relazione alle questioni di giurisdizione (v. art. 9), deve essere ribadita. Il giudice provvede con ordinanza in presenza di domanda cautelare o quando l'incompetenza è rilevata ad istanza di parte, all'esito, quindi, di un procedimento che si svolge in camera di consiglio; nel caso in cui il giudice rilevi d'ufficio l'incompetenza e chiuda il giudizio con una pronuncia di rito sull'incompetenza la forma del provvedimento è la sentenza. La giurisprudenza ha precisato che la forma dell'ordinanza prevista dall' art. 15 comma 3, c.p.a. deve intendersi riferita all'ipotesi che il Consiglio di Stato decida in sede di regolamento preventivo di competenza, ossia mentre il giudizio di primo grado è ancora pendente, mentre il ricorso alla sentenza s'impone quando si è in sede di appello contro una sentenza, che ha definito la controversia nel merito, previo rigetto da parte del giudice di primo grado dell'eccezione di incompetenza per territorio (Cons. St. III, n. 5696/2012). Se dichiara la propria incompetenza si ripropone lo schema visto in relazione alla sentenza che declina la giurisdizione, con qualche adattamento. Con l'ordinanza che dichiara l'incompetenza indica il giudice ritenuto competente e se, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta (e non riproposta) innanzi al giudice dichiarato competente, il processo continua innanzi al nuovo giudice. Si noti la differenza terminologica presente nell'art. 11, comma 2, e 15, comma 4. Nel primo caso, in caso di sentenza che declina la giurisdizione, il processo deve essere «riproposto» innanzi al giudice avente giurisdizione; in caso di incompetenza deve essere riassunto. La differenza terminologica (riproposto, da un lato, e riassunto, dall'altro) cela la differente natura dei giudizi ad quem. Nel primo caso, la sentenza che conclude il giudizio con una pronuncia di inammissibilità per difetto di giurisdizione chiude definitivamente il processo innanzi a quel plesso giurisdizionale; per far salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda è necessario riproporre la domanda. La riproposizione, quindi, può essere effettuata solo dal ricorrente in base al principio di infungibilità delle scelte giudiziarie. Con riguardo, invece, alla declaratoria di incompetenza, che significativamente avviene con ordinanza e non (sempre) con sentenza, il giudizio prosegue innanzi allo stesso plesso giurisdizionale, ma con T.A.R. individuato in modo differente. In tal caso, il legislatore parla di riassunzione che può essere effettuata dalla parte interessata e, quindi, non necessariamente dal ricorrente, ma anche dalle altre parti costituite. Se nessuna parte eccepisce il difetto di competenza e non siano proposte domande cautelari, il giudice può rlevare d'ufficio l'incompetenza. In questo la questione di incompetenza è rilevabile in appello solo se vi è una specifica deduzione con apposito mezzo di impugnazione diretto contro la statuizione del Tar (CGA, 330/2015 In tal caso, il giudizio, ai sensi dell'art. 105, comma 1, deve essere rimesso in primo grado. Da quanto esposto emerge, quindi, che sotto l'aspetto sostanziale l'inderogabilità della competenza territoriale equipara la questione della competenza a quella di giurisdizione, come dimostra il richiamo alla rilevabilità del difetto di competenza in appello solo se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata, che in modo esplicito o implicito, ha statuito sulla competenza (Chieppa, 107). In relazione ai profili di diritto intertemporale la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che: la disciplina della competenza dei tribunali amministrativi regionali introdotta dal codice del processo amministrativo si applica ai giudizi instaurati nella vigenza dello stesso codice, ossia a quelli introdotti con un ricorso notificato dopo la sua entrata in vigore. Nel caso in esame, trattandosi di ricorso depositato in data antecedente alla entrata in vigore del c.p.a., devono trovare applicazione le regole previgenti contenute nella l. n. 1034/1971 le quali prevedevano la rilevabilità dell'incompetenza solo ad istanza di parte, con regolamento cd. di tipo preventivo soggetto ai limiti temporali a suo tempo previsti (T.A.R. Lombardia (Milano) IV, 26 marzo 2015, n. 840). La nuova disciplina della competenza introdotta dal codice del processo amministrativo, ivi compresi i modi di rilevabilità di cui all' art. 15 c.p.a., è applicabile solo ai processi instaurati sotto la sua vigenza, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (16 settembre 2010), dovendosi intendere per “instaurati” i ricorsi per i quali a tale data è intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la “proposizione del ricorso” ( Cons. St. Ad. plen. , n. 12/2011). L'esercizio del nuovo potere giudiziale di rilievo ufficioso dell'incompetenza (in uno agli strumenti di reazione previsti dagli artt. 15 e 16 del nuovo codice del processo amministrativo) resta precluso quando al momento dell'entrata in vigore del codice, sia già spirato il termine previsto dall' art. 31 l. n. 1034/1971 per la proposizione del regolamento di competenza. Tale conclusione non trova fondamento nell' art. 5 c.p.c. che regola altra fattispecie, ma appare conforme alla ratio di questo e origina dal principio tempus regit actum in connessione con il verificarsi di una preclusione processuale che risulta oggi intangibile, stante anche il generale divieto di retroattività della legge; è, viceversa, invece ben possibile per il giudice rilevare d'ufficio la questione ove il termine ex art. 31 fosse ancora in corso al 16 settembre 2010; tanto più che l'art. 2 delle norme transitorie (Allegato 3 al codice) espressamente dispone che per tali termini « continuano a trovare applicazione le norme previgenti » (T.A.R. Campania, VII, 3 novembre 2010, n. 22276). Il regolamento di competenzaL'ordinanza che decide sulla competenza, senza pronunciarsi sulla domanda cautelare, può essere contestata solo con il regolamento di competenza che, quindi, diventa strumento necessario di impugnazione; se l'ordinanza si pronuncia anche sulla domanda cautelare, questa può essere alternativamente impugnata o con il regolamento di competenza, che quindi diventa facoltativo, o impugnando l'ordinanza cautelare nei modi ordinari, ai sensi dell'art. 62. Residua, tuttavia, un'ipotesi in cui il regolamento di competenza deve essere attivato d'ufficio dal giudice. Accade quando il giudice individuato come competente nell'ordinanza che ha dichiarato l'incompetenza ritiene a sua volta di essere incompetente. In tal caso, quindi, come accade per il conflitto di giurisdizione che può essere sollevato ai sensi dell'art. 11, comma 3, così il giudice ad quem che si ritiene a sua volta incompetente, non può indicare un terzo giudice competente, ma deve rimettere la decisione al Consiglio di Stato che si pronuncia ai sensi dell'art. 16. Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza n. 98 del 2022, ha rimesso all’Adunanza plenaria i seguenti quesiti: a) se l'art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 373 del 2003 debba essere interpretato come riferito ai soli conflitti di competenza (positivi o negativi) attuali, o anche a quelli virtuali che sono determinati dalla contemporanea pendenza dell'appello sulla competenza davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e al Consiglio di Stato"; b) se, nell'ipotesi in cui il T.A.R. per la Sicilia abbia declinato la propria competenza indicando la competenza di un altro T.A.R., il relativo regolamento di competenza debba essere proposto dinanzi al Consiglio di Stato o al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana". L'art. 10, comma 5, stabilisce che "All'Adunanza plenaria, composta ai sensi del comma 4" (cioè integrata da due magistrati del Consiglio di giustizia), "è altresì devoluta la cognizione dei conflitti di competenza, in sede giurisdizionale, tra il Consiglio di giustizia amministrativa ed il Consiglio di Stato". L’Adunanza plenaria, con la sentenza 22 aprile 2014, n. 11, aveva già evidenziato che "in tal modo viene assicurato che i conflitti di competenza che coinvolgano il Consiglio di giustizia amministrativa, le cui prerogative sono garantite dallo Statuto della Regione siciliana, trovino tutela nella composizione allargata dell'Adunanza plenaria che vede la presenza dei membri della Sezione giurisdizionale del massimo consesso siciliano"; - "analoga esigenza non si riscontra invece nei conflitti di competenza che vedano coinvolto il T.A.R. Sicilia, che pertanto, stante anche il chiaro e inequivoco tenore letterale del citato art. 10, comma 5, del d.lgs. 273/2003, sono sottoposti alla disciplina del regolamento di competenza ordinariamente stabilita dal codice del processo amministrativo". In precedenza, altra Adunanza plenaria, con ordinanza 9 marzo 2011, n. 6, aveva precisato che la citata norma rappresenta “una disposizione speciale, contenuta in una fonte tra l'altro di rango subcostituzionale, e non trasfusa nel codice del processo amministrativo, ragion per cui non rileva, per la sua corretta interpretazione, il rinvio esterno alle disposizioni del codice di procedura civile, effettuato dall'art. 39 del c.p.a.; la fattispecie non può essere assimilata al conflitto di competenza disciplinato dall'art. 45 del codice di procedura civile (riguardante il solo conflitto negativo virtuale, a prevenzione del conflitto reale); "la formulazione dell'art. 10, comma quinto, è di tale ampiezza da ricomprendere sia il conflitto positivo che quello negativo, sia il conflitto reale che quello virtuale. L'art. 10, comma 5, si è dunque riferito, quale presupposto per adire necessariamente l'Adunanza plenaria, ad una situazione di "conflitto", senza null'altro specificare. Su queste coordinate ermeneutiche l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 13 del 2022, ha evidenziato che l'art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 373 del 2003 va interpretato come riferito ai conflitti di competenza positivi o negativi, reali o virtuali. Tuttavia la mera pendenza di due procedimenti identici, in assenza di provvedimenti giudiziari che costituiscano invasione della sfera di competenza riservata, non costituisce un'ipotesi di conflitto. Quanto al secondo quesito l'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 373 del 2003 stabilisce che, in sede giurisdizionale, "il Consiglio di giustizia amministrativa esercita le funzioni di giudice di appello contro le pronunce del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia". Secondo l'Adunanza plenaria la questione sollevata dall'ordinanza di rimessione deve essere risolta sulla base del fondamentale principio per il quale il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana è una sezione del Consiglio di Stato. Il codice del processo amministrativo non contiene specifiche disposizioni sul Consiglio di giustizia per la Regione siciliana, ad eccezione dell'art. 100, in cui è previsto che "Avverso le sentenze dei tribunali amministrativi regionali è ammesso appello al Consiglio di Stato, ferma restando la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per gli appelli proposti contro le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia". Nessun'altra disposizione si è riferita al Consiglio di giustizia, le cui competenze sono state date per presupposte dal codice del processo amministrativo, proprio perché costituisce una sezione del Consiglio di Stato. Per questi motivi l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha precisato che qualora il T.A.R. per la Sicilia abbia declinato la propria competenza indicando la competenza di un altro T.A.R., il relativo regolamento di competenza va proposto dinanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana. La competenza e la domanda cautelareCome già visto per il difetto di giurisdizione, anche in tal caso la presentazione della domanda cautelare incide sulla declaratoria di incompetenza. Il giudice non può pronunciarsi sulla domanda cautelare se ritiene di non essere competente. Per assicurare, comunque, la tutela cautelare è previsto, al comma 7, che i provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice dichiarato incompetente (ad esempio dal Consiglio di Stato in sede di regolamento di competenza) perdono efficacia alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza che regola la competenza. Tale termine è lo stesso entro cui deve essere riassunto il giudizio, ai sensi del comma quarto. La domanda cautelare può, infatti, essere comunque riproposta al giudice dichiarato incompetente (comma 8). Anche la pendenza del regolamento di competenza non impedisce l'emanazione dell'ordinanza cautelare che va proposta innanzi al giudice dichiarato competente nell'ordinanza che ha dichiarato l'incompetenza. In relazione alla perdita di efficacia delle misure cautelari disposte dal giudice incompetente, si è sostenuto che è inammissibile la domanda cautelare proposta nel ricorso introduttivo del giudizio ed accolta dal T.A.R. dichiarato incompetente, atteso che ai sensi dell'art. 15, comma 7, la misura cautelare disposta da tale T.A.R. è destinata a perdere efficacia automaticamente entro 30 giorni dalla pubblicazione della ordinanza che si è pronunciata sulla competenza, salva la sua riproponibilità dinanzi al T.A.R. individuato come competente. Infatti se l'impostazione complessiva del codice processuale, una volta affermata l'inderogabilità della competenza per territorio, è quella di escludere che il giudice incompetente possa mai aver titolo a pronunciarsi (anche solo) sull'istanza cautelare, a maggior ragione ne deriva che non è consentito al Consiglio di Stato pronunciarsi in grado d'appello in rapporto ad una misura cautelare disposta da un giudice poi riconosciuto incompetente ( Cons. St.Ad. plen., n. 11/2013). BibliografiaFracanzani, La competenza per territorio, materia e grado del giudice amministrativo. Il regolamento di competenza, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da Santaniello, XLII, Il nuovo diritto processuale amministrativo, Cirillo (a cura di), Padova, 2014; Origoni Della Croce, Precedenza delle questioni di giurisdizione rispetto a quella di competenza o della seconda rispetto alla prima?, in Riv. dir. civ.1978, 697 ss. |