Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 18 - Ricusazione

Roberto Chieppa

Ricusazione

 

1. Al giudice amministrativo si applicano le cause di ricusazione previste dal codice di procedura civile.

2. La ricusazione si propone, almeno tre giorni prima dell'udienza designata, con domanda diretta al presidente, quando sono noti i magistrati che devono prendere parte all'udienza; in caso contrario, può proporsi oralmente all'udienza medesima prima della discussione.

3. La domanda deve indicare i motivi ed i mezzi di prova ed essere firmata dalla parte o dall'avvocato munito di procura speciale.

4. Proposta la ricusazione, il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l'istanza inammissibile o manifestamente infondata.

5. In ogni caso la decisione definitiva sull'istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito.

6. I componenti del collegio chiamato a decidere sulla ricusazione non sono ricusabili.

7. Il giudice, con l'ordinanza con cui dichiara inammissibile o respinge l'istanza di ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l'ha proposta ad una sanzione pecuniaria non superiore ad euro cinquecento.

8. La ricusazione non ha effetto sugli atti anteriori. L'accoglimento dell'istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti ai sensi del comma 4 con la partecipazione del giudice ricusato 1.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Istanza di ricusazione Almeno tre giorni prima dell'udienza designata (quando sono noti i magistrati che ne prendono parte); altrimenti, all'udienza medesima, prima della discussione
Decisione sull'istanza di ricusazione Entro 30 giorni Dalla proposizione

Inquadramento

Come per l'astensione, anche per la ricusazione il Codice rinvia al codice di procedura civile; tuttavia, a differenza dell'astensione per la quale il rinvio è effettuato alle cause e alle modalità di astensione, l' art. 18 rinvia al c.p.c. per le sole cause di ricusazione (comma 1), contenendo ai commi successivi la disciplina delle modalità di proposizione della ricusazione.

L'istanza di ricusazione resta proponibile anche dalla parte personalmente (almeno tre giorni prima dell'udienza designata, con domanda diretta al presidente, quando sono noti i magistrati che devono prendere parte all'udienza; in caso contrario, può proporsi oralmente all'udienza medesima prima della discussione).

L'istanza di ricusazione non sospende automaticamente il giudizio, in quanto il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l'istanza inammissibile o manifestamente infondata

Come l'astensione, la ricusazione non ha effetto sugli atti anteriori, ma sono nulli gli atti compiuti (con la partecipazione del giudice ricusato) dopo la presentazione dell'istanza, se poi l'istanza viene accolta.

La decisione sull'istanza di ricusazione spetta ad un collegio in cui i magistrati ricusati sono sostituiti.

In caso di inammissibilità o reiezione dell'istanza la pena pecuniaria, in passato di soli 15 euro, è stata aumentata fino ad un massimo di 500 euro.

Le cause di ricusazione

Le cause di ricusazione sono quelle previste dal codice di procedura civile e non si discostano quindi da quanto previsto per i giudici ordinari, per i quali l' art. 52 c.p.c. prevede la possibilità di proporre istanza di ricusazione nei casi in cui il giudice ha l'obbligo di astenersi (l' art. 52, comma 1, c.p.c. stabilisce, infatti, che «nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporre la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova»).

La norma dunque, mutuando dal sistema processualcivilistico le cause di ricusazione, realizza una piena coincidenza tra i motivi di ricusazione e quelli di astensione obbligatoria (v. sub art. 17).

Per un caso di accoglimento di una istanza di ricusazione dei giudici che hanno deciso la sentenza annullata dalla Cassazione o la sua successiva ottemperanza, v. sub art. 17; ricusazione proposta in sede di giudizio di rinvio che segue all’annullamento di una sentenza del Consiglio di Stato da parte della Cassazione non per erronea declaratoria del difetto di giurisdizione, ma per eccesso di potere giurisdizionale (Cons. Stato, VII, ord. 13 maggio 2025 n. 4108).

Come visto in sede di commento all'art. 17, la proposizione di una istanza di ricusazione rappresenta un onere per la parte che voglia far valere la situazione di incompatibilità, anche in sede di impugnazione, in assenza di una decisione del singolo magistrato di astenersi.

In giurisprudenza si è affermato che non costituisce motivo di ricusazione la presentazione di un esposto all'Organo di autogoverno della Magistratura amministrativa (Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, ai sensi dell'art. 51, primo comma, n. 3), c.p.c., dal momento che la «grave inimicizia» idonea a ingenerare l'obbligo di astensione è unicamente quella relativa a rapporti estranei al processo (Cons. St. VI, n. 4759/2007; Cons. giust. amm. Sicilia, n. 228/2011).

Non assume rilievo, ai fini della ricusazione, la prospettata (o attuata) presentazione di denuncia in sede penale, posto che, indipendentemente dalla verifica della sussistenza della stessa e del suo preciso contenuto: — per un verso, la mera presentazione di una denuncia, stante la natura oggettiva della giurisdizione penale, non crea rapporti di «causa pendente» tra il giudice e la parte, né di per sé, ipotesi di inimicizia grave, di cui all' art. 51, n. 3 c.p.c.; — per altro verso, diversamente opinando, l'istituto della ricusazione costituirebbe, per il tramite di una presentazione di denunce in successione (di volta in volta rivolte avverso il nuovo giudicante), uno strumento per evitare il giudizio, così frustrando il diritto alla tutela giurisdizionale delle altre parti presenti in giudizio, che al contrario, ex art. 24 Cost., il giudice ha il dovere di garantire (Cons. St. IV, n. 1957/2012).

Eventuali errores in procedendo relativi a questioni attinenti la ricusazione del giudice restano esclusi dal sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato, di cui all' art. 362, comma 1, c.p.c., In particolare, non dà luogo a questione attinente alla giurisdizione la censura relativa ad una pretesa carenza di potestas iudicandi del giudice amministrativo, per aver disposto la prosecuzione del giudizio, a fronte di una domanda di ricusazione contro alcuni dei componenti del collegio, pur prefigurandosi l'eventuale nullità della sentenza in ipotesi di successivo accoglimento dell'istanza di ricusazione, in virtù di quanto previsto dal comma 8 dell'art. 18 citato ( Cass. civ.S.U.n. 12607/2012).

Segue. Modalità di proposizione dell'istanza di ricusazione

Differisce, invece, la disciplina della modalità di proposizione dell'istanza e dei suoi effetti, in relazione alla quale il Codice detta una disciplina autonoma.

Innanzitutto, con riferimento ai destinatari, è necessario che l'istanza sia rivolta verso uno o più componenti dell'organo giudicante.

È radicalmente inammissibile l'istanza di ricusazione di un Organo giurisdizionale nella sua interezza, atteso che il suo accoglimento comporterebbe l'inevitabile paralisi dell'esercizio della funzione giurisdizionale in quanto non vi sarebbe mai un Collegio esente da ricusazione. (Cons. St. IV, n. 1962/2017; Cons. St. IV, n. 3320/2015; Cons. St. IV n. 1957/2012; Cons.St. V, n. 1640/2012)

Quanto alle modalità, il comma 2 prevede che l'istanza debba essere proposta con domanda diretta entro un termine di «almeno tre giorni» prima dell'udienza quando sono noti i magistrati che vi prenderanno parte. In caso contrario, l'istanza può essere proposta direttamente in udienza.

È manifestamente inammissibile perché tardiva l'istanza di ricusazione del Collegio giudicante se proposta non già nel termine perentorio di cui all' art. 18 comma 2, c.p.a., ma successivamente al suo decorso (Cons. St. IV, n. 3320/2015; nel caso di specie, da documentazione acquisita dalla segreteria si evinceva che il ruolo dell'udienza ed in particolare la composizione del Collegio giudicante chiamato a decidere il predetto ricorso era stato pubblicato in data anteriore alla udienza).

La ragione della previsione di un termine per la proposizione dell'istanza si rinviene nella necessità di evitare un utilizzo strumentale e dilatorio dell'istituto della ricusazione, che verrebbe utilizzato secundum eventum litis, con la vanificazione di complesse attività giudiziarie espletate (Cons. St. VI, n. 1049/2009, che ritiene manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità degli art. 51 e 52 c.p.c., in relazione agli artt. 3,24,101 e 104 Cost., laddove non prevedono né la nullità dei provvedimenti resi dai giudici obbligati all'astensione, né la possibilità di tardive ricusazioni, in conformità all'interpretazione restrittiva del giudice delle leggi).

Ai sensi del comma 3, la domanda deve indicare i motivi ed i mezzi di prova ed essere firmata dalla parte o dall'avvocato munito di procura speciale.

È inammissibile l'istanza di ricusazione fondata su generiche allusioni e percezioni soggettive, le quali non sono sussumibili, neppure in astratto, in alcuna delle fattispecie di astensione obbligatoria sancite dall' art. 51 c.p.c. (Cons. St. IV, n. 1962/2017). Analogamente, si ritiene inammissibile l'istanza non motivata con riferimento ad alcuna delle ipotesi specificate dagli artt. 51 e 52 c.p.c. richiamati dal citato art. 18, che si limita ad addurre solo fatti avvenuti nel corso dell'udienza pubblica di trattazione del ricorso e, comunque, riconducibili all'ordinario esercizio dei poteri di direzione dell'udienza da parte del Presidente del Collegio (T.A.R.Toscana, n. 829/2012).

Nel caso in cui l'istanza sia sottoscritta dal difensore, si ritiene che questo debba essere dotato di apposita procura speciale, non essendo sufficiente quella rilasciata per il ricorso (Poli).

Ai sensi del comma 4, proposta la ricusazione, il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l'istanza inammissibile o manifestamente infondata.

Prima dell'entrata in vigore del Codice, la presentazione di un'istanza di ricusazione del giudice amministrativo non determinava la sospensione del giudizio principale, atteso che il regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato, approvato con il r.d. 17 agosto 1907 n. 642, non contemplava una norma analoga al disposto dell' art. 52, comma 3, c.p.c. (Cons. St. IV, n. 709/2001).

L'istanza di ricusazione non sospende automaticamente il processo quando il giudice «a quo» ne valuti l'inammissibilità per carenza «ictu oculi» dei requisiti formali, sicché esso può proseguire senza necessità di impulsi di parte o d'ufficio; ciò trova fondamento nel contemperamento tra il diritto delle parti all'imparzialità di giudizio nella specifica controversia, assicurato dalla circostanza che la delibazione di inammissibilità del giudice «a quo» non può comunque assumere valore ostativo alla rimessione del ricorso al giudice competente, ed il dovere di impedire al contempo l'uso distorto dell'istituto, altrimenti causato dall'automatismo dell'effetto sospensivo. (Cass. VI, n. 25709/2014).

Segue. Decisione sull'istanza

La disciplina è stata ora adeguata ai principi del giusto processo, prevedendosi che la decisione definitiva sull'istanza di ricusazione spetti a un collegio composto senza la presenza del giudice ricusato (comma 5).

Tale principio, affermato in termini assoluti dall'art. 18, comma 5, è stato in qualche modo temperato dalla giurisprudenza che ha affermato che il principio per cui il giudice ricusato non può partecipare alla decisione sulla sua ricusazione deve trovare applicazione tutte le volte che la questione abbia un nucleo minimo di consistenza personale, ossia realmente riferito alla persona del giudice (Cons. St. IV, n. 3985/2015) e non anche quando, ad esempio, sia il solo carattere asseritamente erroneo della giurisprudenza di una Sezione, che i ricusati hanno contribuito a formare, ad essere equiparato a grave inimicizia personale; né può valorizzarsi, per giungere a conclusioni contrarie, il tenore letterale dell'art. 18 nella parte in cui, persino in ipotesi di istanze manifestamente inammissibili o infondate, sembrerebbe imporre un'autonoma decisione da parte di un giudice diverso, poiché comunque deve trattarsi di istanze di ricusazione che: a) non esondino dai limiti di cui all' art. 51 c.p.c. e dalla ratio che tale norma sorregge; b) non generino, proprio in ragione della loro anomalia, un sovraccarico organizzativo suscettibile di tradursi nella paralisi o nella dilazione processuale, con danno per il principio di ragionevole durata del processo e per la collettività, sulla quali gravano i costi della giustizia (Cons. St. IV, n. 6186/2012; in termini, Cons. St. IV, n. 3985/2015; Cass. S.U. n. 461/2021, ritiene che il principio generale della terzietà del giudice, elevato a garanzia costituzionale dall'art. 111, comma 2, Cost., opera in ogni ambito giurisdizionale, incluse le decisioni del Consiglio nazionale forense, e comporta che del collegio competente a decidere sulla ricusazione non può far parte il soggetto avverso cui l'istanza è stata proposta). In senso analogo alla citata giurisprudenza amministrativa, si è affermato che l'art. 18 può essere applicato, nella pienezza delle norme ricavabili dalle sue disposizioni, solo in caso di ragioni di ricusazione che non appaiaictu oculipalesemente inammissibile o infondata e che, per le ragioni stesse su cui è fondata, appaia astrattamente proponibile o reiterabile nei confronti di qualunque giudice chiamato a giudicare della controversia (Cons. St. IV, n. 5317/2012).

Non è stato previsto che la ricusazione sospende il processo, come dispone l' art. 52, comma 3, c.p.c. per il processo civile, ma che, proposta la ricusazione, il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l'istanza inammissibile o manifestamente infondata.

Il presupposto della mancata sospensione è, quindi, una valutazione da parte dello stesso collegio, dove è presente il giudice ricusato sulla inammissibilità o manifesta infondatezza dell'istanza. Tale momento rappresenta un filtro necessario, onde proteggere il regolare svolgimento del giudizio dal menzionato pericolo di istanze palesemente strumentali.

La delibazione preliminare dell'istanza di ricusazione, alla quale può partecipare il giudice ricusato, deve essere cauta e rigorosa. Invero, qualora non si sospenda il processo e, successivamente, il giudice sia ricusato, gli atti compiuti saranno colpiti dalla nullità ai sensi del comma 8 (De Nictolis, Proc. amm., 362). In particolare si è osservato che la stessa deve riguardare sia i presupposti formali, sia l'effettiva individuazione di fatti sussumibili nelle fattispecie di legge, oltre ai relativi mezzi di prova (Mengozzi, 335).

Ciò non lede i principi del giusto processo, in quanto la decisione definitiva sull'istanza è adottata, «in ogni caso» entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito.

Tale soluzione, che consente l'immediata delibazione dell'istanza da parte del Collegio cui appartiene il giudice ricusato, ovvero da parte del Collegio ricusato nella sua totalità, è aderente al principio di effettività della tutela giurisdizionale, in quanto tesa ad evitare che con una pluralità di successive istanze di ricusazione venga paralizzata l'attività giurisdizionale; è altresì conforme a quanto espresso anche dal giudice delle leggi, secondo il quale esiste un potere delibatorio del giudice della causa in ordine all'istanza di ricusazione, onde evitare che atti di ricusazione pretestuosi comportino effetti di ritardo o paralisi del giudizio (Cons. St. IV, n. 3369/2012).

È anche precisato che i componenti del collegio chiamato a decidere sulla ricusazione non sono ricusabili per evitare un effetto «a cascata» e il già menzionato rischio di un utilizzo strumentale della ricusazione (comma 6; che riprende la previsione di cui all' art. 40, comma 3, c.p.p. secondo cui «non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione»).

Ai fini di dissuadere le parti dal ricorrere in maniera strumentale a tale istituto, il comma 7 prevede che la declaratoria di inammissibilità dell'istanza o la sua reiezione può comportare la condanna alle spese e al pagamento di una pena pecuniaria non superiore ad euro cinquecento.

Ai fini della sanzione di cui all'art. 18, comma 7, si è ritenuta la sostanziale equivalenza della pronuncia d'inammissibilità e di quella d'improcedibilità, in un'interpretazione estensiva della norma, se ciò discenda dalla condotta della parte: nel primo caso manca un presupposto di rito per l'esame dell'istanza, che la parte erroneamente non ha considerato; nel secondo tale presupposto è venuto meno per effetto della condotta tenuta dalla parte stessa (Cons. St., n. 7078/2012).

Effetti della decisione

Pur essendo confermato che la ricusazione o l'astensione non hanno effetto sugli atti anteriori, è precisato che, se dopo la presentazione dell'istanza il giudizio continua a causa della predetta valutazione dello stesso collegio, l'accoglimento dell'istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti con la partecipazione del giudice ricusato, dopo la presentazione dell'istanza.

La prosecuzione del giudizio è, quindi, ammissibile, ma l'accoglimento dell'istanza travolge (rende nulli) gli atti adottati dopo la presentazione dell'istanza.

Si ritiene preferibile la soluzione che individua nel presidente della sezione e non al collegio il soggetto al quale spetta la sostituzione del magistrato ricusato a seguito dell'accoglimento dell'istanza di ricusazione (De Nictolis, Proc. amm., 366).

Segue. Impugnabilità

La decisione è assunta con ordinanza, ritenuto provvedimento ordinatorio e non impugnabile autonomamente, alla stregua dell' art. 53, comma 2, c.p.c. (il codice non prevede nulla sul punto).

L'eventuale tutela avverso tale provvedimento è dunque posticipata, confluendo in quella relativa alla decisione che definisce il giudizio.

L'ordinanza di rigetto dell'istanza di ricusazione non è impugnabile perché, pur avendo natura decisoria, manca del necessario carattere di definitività e non ne è precluso il riesame nel corso del processo, attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o con il concorso del) iudex suspectus, in quanto l'eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice ricusato si risolve in motivo di nullità dell'attività da lui svolta e, quindi, di gravame della sentenza dal medesimo emessa (Cass. VI, n. 2562/2016; Cons. St., n. 422/2001).

Bibliografia

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