Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 85 - Forma e rito per l'estinzione e per l'improcedibilita'

Roberto Chieppa

Forma e rito per l'estinzione e per l'improcedibilità

 

1. L'estinzione e l'improcedibilità di cui all'articolo 35 possono essere pronunciate con decreto dal presidente o da un magistrato da lui delegato.

2. Il decreto è depositato in segreteria, che ne dà comunicazione alle parti costituite.

3. Nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione ciascuna delle parti costituite può proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti.

4. Il giudizio di opposizione si svolge ai sensi dell'articolo 87, comma 3, ed è deciso con ordinanza che, in caso di accoglimento dell'opposizione, fissa l'udienza di merito.

5. In caso di rigetto, le spese sono poste a carico dell'opponente e vengono liquidate dal collegio nella stessa ordinanza, esclusa la possibilità di compensazione anche parziale.

6. L'ordinanza è depositata in segreteria, che ne dà comunicazione alle parti costituite.

7. Avverso l'ordinanza che decide sull'opposizione può essere proposto appello.

8. Il giudizio di appello si svolge secondo le disposizioni di cui all'articolo 87, comma 31.

9. L'estinzione e l'improcedibilità sono dichiarate con sentenza se si verificano, o vengono accertate, all'udienza di discussione.

Note operative

Opposizione al decreto che dichiara estinto o improcedibile il ricorso (notificazione) 60 giorni Dalla comunicazione del decreto.
Opposizione al decreto di estinzione (deposito) 15 giorni Dal perfezionamento, per il destinatario, dell'ultima notificazione
Appello avverso ordinanza che decide sulla opposizione al decreto 30 giorni dalla notificazione dell'ordinanza
60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza

Inquadramento

Per le declaratorie di estinzione e di improcedibilità del giudizio è stato previsto un rito sommario definito con decreto, con possibilità di opposizione da parte di chi vi abbia interesse e, in tal caso, con decisione collegiale sull'opposizione con rito camerale.

Con decreto monocratico può essere dichiarata l'estinzione o l'improcedibilità del giudizio, ma non anche la cessazione della materia del contendere, che costituisce una pronuncia di merito (v. art. 34).

Forma e rito per l'estinzione e per l'improcedibilità

Estinzione e improcedibilità possono essere pronunciate con decreto monocratico (Presidente o magistrato delegato), soggetto a possibile opposizione con atto notificato oppure con sentenza se si verificano o vengono accertate all'udienza di discussione.

Rispetto a quanto previsto dal vigente art. 23, ultimo comma, l. Tar, viene confermato il rito semplificato e la definizione del giudizio con decreto presidenziale viene estesa alla improcedibilità, ma non compare la cessazione della materia del contendere, che pertanto non può essere dichiarata con decreto (v. art. 34 sulla natura di sentenza di merito della decisione che dichiara la cessazione della materia del contendere).

L'art. 85 limita la definizione con decreto monocratico alla estinzione e alla improcedibilità (Travi, Lezioni, 277), anche se altri ritengono che lo stesso strumento possa essere utilizzato anche per la declaratoria di inammissibilità o di irricevibilità (Garofoli-Ferrari, Codice, 1267).

Si prevede inoltre che l'estinzione e l'improcedibilità siano dichiarate con sentenza (anziché con decreto) quando le relative condizioni si verifichino o vengano accertate durante l'udienza di discussione (art. 85, u.c.). Si è osservato come, nel caso di decreto monocratico, quest'ultimo è adottato inaudita altera parte e il contraddittorio è differito alla successiva, ed eventuale, fase di opposizione, così salvaguardando il diritto di difesa delle parti (De Nictolis, Proc. amm., 1443).

L'opposizione al decreto che definisce il giudizio

Il decreto è depositato in segreteria, che ne dà comunicazione alle altre parti (art. 85, comma 2).

Con riguardo alle regole che assistono tali comunicazioni, la giurisprudenza ha chiarito che: a) le comunicazioni di segreteria tramite posta elettronica certificata sono valide anche se riferite a ricorsi notificati prima dell'entrata in vigore del c.p.a. — purché, comunque, successive a esso — e anche se indirizzate a un difensore che aveva omesso di indicare il proprio indirizzo Pec nel ricorso o nel primo atto difensivo; b) la comunicazione del documento informatico per via telematica, mediante l'utilizzo di posta elettronica certificata, risulta assistita, sul piano tecnico, dall'utilizzo di protocolli di trasmissione che ne assicurano l'assoluta affidabilità, in ordine all'indirizzo del mittente, a quello del destinatario, al contenuto della comunicazione e all'avvenuto recapito del messaggio, tanto che l' art. 48, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ( codice dell'amministrazione digitale) equipara tale comunicazione alla notificazione per mezzo di posta ordinaria e che l' art. 136 c.p.a. sanziona con la presunzione di conoscenza l'utilizzo della Pec; ciò vale a escludere qualunque lesione di buona fede, correttezza, affidamento; c) in caso di tardività dell'opposizione rispetto a tale comunicazione, non può essere concesso il beneficio dell'errore scusabile, in quanto l' art. 37 c.p.a., risolvendosi in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali, va considerato norma di stretta interpretazione e un suo uso largheggiante rischierebbe di attentare al principio, quantomeno di pari dignità rispetto all'esigenza di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, della parità delle parti relativamente all'osservanza dei termini processuali perentori (Cons.St. IV, n. 1400/2017, che richiama, Cons. St. Ad. plen., ord. n. 33/2014).

E' fondata l'opposizione avverso il decreto di perenzione di un giudizio amministrativo quando: a) il decreto di perenzione sia stato notificato ad un indirizzo PEC non inserito in alcun pubblico elenco e facente capo ad un privato cittadino, e non ad un avvocato e il giudice abbia erroneamente ritenuto che l'indirizzo PEC utilizzato dalla Segreteria per la notifica del decreto di perenzione, fosse inserito in un pubblico elenco (Cons. St. IV, n. 8877/2019, che ha ritenuto la sussistenza in tal caso di un errore di fatto “revocatorio”).

A seguito della comunicazioni, le parti possono proporre, ai sensi del comma 4, opposizione avverso il decreto, nel termine di 60 giorni dalla comunicazione.

Nel silenzio della norma si ritiene che il termine per il deposito dell'atto sia pari a quindici giorni dall'ultima notificazione, ai sensi dell'art. 45, comma 1 e dell'art. 87, comma 3 (che dispone il dimezzamento) (Forlenza, 636).

Nei casi di giudizi per i quali valgono i termini abbreviati (ad es. espropriazione), anche alla fase dell'opposizione a perenzione si applica la riduzione dei termini alla metà prevista dall' art. 119, comma 2, c.p.a. Pertanto, l'opposizione deve essere proposta entro trenta, e non sessanta giorni, dalla ricezione del decreto di perenzione (Cons. St. n. 1400/2017; Cons. St. V, n. 2583/2011).

L'opposizione si propone al collegio e l'atto è notificato a tutte le altre parti (comma 3). Il relativo giudizio si svolge ai sensi dell'art. 87, comma 4, con conseguente dimezzamento dei termini.

In giurisprudenza si è ritenuta inammissibile l'opposizione se non notificata alle altre parti del giudizio ( Cons. St. n. 2608/2014; Cons. St. V, n. 5216/2013).

L'opposizione, se accolta, determina la fissazione dell'udienza di merito e, se respinta, comporta la necessaria condanna dell'opponente alle spese (art. 85, comma 5).

Deve ritenersi che la condanna alle spese vada pronunciata soltanto in caso di costituzione nella fase di opposizione. La condanna alle spese «ordinaria», infatti, non ha carattere sanzionatorio, ma è fondata sul principio della soccombenza, per cui chi perde deve rifondere le spese al vincitore.

È applicabile in caso di rigetto dell'opposizione la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 26 comma 2, in particolare quando l'accertamento dell'infondatezza dell'opposizione a perenzione si basa su ragioni assolutamente manifeste e su una giurisprudenza consolidata (Cons. St. n. 1402/2017).

Ora, colui che vede respinta l'opposizione è soccombente sulla questione dell'estinzione del processo e deve rifondere le spese che la controparte abbia eventualmente sostenuto per contraddire all'opposizione.

In caso di accoglimento dell'opposizione, invece, il regolamento delle spese avverrà con il provvedimento che definisce il giudizio

L'opposizione al decreto di perenzione pronunciato ai sensi dell'art. 82 deve contenere contestazioni sulla regolarità della procedura seguita o altre censure, non potendosi limitare ad esporre la persistenza di interesse alla trattazione della causa e a chiedere la revoca del decreto e la reiscrizione della causa sul ruolo.

In particolare, in caso di opposizione a decreto presidenziale di perenzione, al fine di ottenere la revoca del suddetto decreto non basta che l'appellante dichiari di mantenere un interesse alla decisione, ma è necessario che prospetti eventuali vizi in procedendo tali da inficiare il decreto, alla cui mancata esposizione nell'atto di opposizione non può sopperirsi con una successiva memoria difensiva ( Cons. St. III, n. 2316/2014).

Deve essere respinta l'opposizione al decreto di perenzione ultranquinquennale ex art. 82 comma 1, nella quale il legale assume che il mancato adempimento dell'onere di depositare la nuova istanza di fissazione di udienza nel termine di 180 giorni dalla ricezione dell'avviso di Segreteria sarebbe dipeso dal fatto che, nonostante si fosse tempestivamente attivato per portare a conoscenza il proprio assistito del suddetto onere a mezzo di raccomandata, per un disguido postale la stessa non sarebbe tempestivamente giunta a destinazione, con conseguente richiesta di riconoscimento dell'errore scusabile; ciò in quanto l'art. 37. subordina la rimessione in termini per errore scusabile alla presenza di gravi impedimenti di fatto, fra i quali non rientra il disguido postale nel quale è incorso il difensore nel comunicare con il suo assistito, atteso che la scelta del mezzo di comunicazione è libera; di conseguenza, non essendo imposto l'utilizzo del servizio postale, la comunicazione in questione poteva essere veicolata anche con forme diverse, essendo rimessa alla diligenza delle parti l'uso anche di mezzi ulteriori, per assicurarsi, precauzionalmente, circa il corretto transito delle informazioni ( Cons. St. V, n. 2243/2014). E’ irrilevante l’impedimento di salute della parte sostanziale del giudizio a proporre tempestiva opposizione al decreto monocratico,  perché il termine processuale per l’opposizione al decreto monocratico è un termine di decadenza, che non può per legge subire nessuna sospensione o interruzione per ragioni soggettive (Cons. giust. amm. reg. Sicilia, n. 435/2022).

L'opposizione è inammissibile quando proposta da un soggetto, non costituito nel processo, che ha assunto la posizione di successore a titolo particolare della originaria parte in data successiva alla data di adozione del decreto di estinzione del giudizio (Cons. St. IV, n. 4129/2020).

In caso di mancata opposizione al decreto lo stesso passa in giudicato, risultando idoneo a definire il giudizio al pari della sentenza (Travi, Lezioni, 302).

Segue. Appello avverso l'ordinanza che decide sull'opposizione

L'ordinanza che in primo grado decide sull'opposizione è appellabile e il giudizio di appello si svolge secondo le disposizioni previste per il giudizio in camera di consiglio.

Le ordinanze che si pronunciano sull'opposizione al decreto hanno indubbio contenuto decisorio, in quanto idonee a definire il giudizio (attraverso l'attribuzione, al decreto di estinzione o di improcedibilità, del crisma del giudicato quantomeno in senso formale), e come tali siano assimilabili alle sentenze, dovendosi quindi ammettere l'esperibilità del mezzo d'impugnazione ( Cons.St. V, n. 2546/2016; Cons. St. n. 2264/2015 e Cons. St. IV, n. 3578/2013).

Il rito camerale è stato previsto dalla modifica introdotta con il secondo correttivo al Codice (d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160). Nella prima versione dell'art. 84 era, infatti, previsto che il giudizio di appello seguiva il rito ordinario con fissazione dell'udienza d'ufficio con priorità. Ne segue che, ai sensi dell'art. 87, anche in grado di appello vi è il dimezzamento di tutti i termini, ivi compresi quello di notifica (l'appello dovrà quindi essere notificato entro 30 giorni dalla notifica dell'ordinanza, ovvero sei mesi dalla sua pubblicazione).

Ai sensi dell'art. 87 comma 3, i termini per la presentazione del ricorso in appello, in caso di giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano l'estinzione, o l'improcedibilità del giudizio, sono dimezzati rispetto a quelli del giudizio ordinario, con la conseguenza che il termine per la presentazione del ricorso è da intendersi di 30 giorni, e non di 60, decorrenti dalla data della pubblicazione dell'ordinanza ( Cons. St. IV, n. 811/2014).

Nel caso in cui sia il Consiglio di Stato a pronunciarsi direttamente sull'improcedibilità o estinzione in grado d'appello, è stata sollevata la questione circa il rispetto del principio generale del doppio grado e la necessità che tali ordinanza siano a loro volta assoggettate ad appello. Il giudice ha ritenuto tale prospettazione non accoglibile sulla base delle seguenti considerazioni: i) l'appello è impugnazione ordinaria che porta la res litigiosa alla cognizione di un giudice di grado funzionale superiore, onde non può in alcun modo sostenersi che essa sia proponibile allo stesso giudice che ha pronunciato la decisione giurisdizionale; ii) l'appellabilità delle ordinanze dei T.A.R. che decidono sulle opposizioni ai decreti monocratici che dichiarano l'improcedibilità o l'estinzione ai sensi dell' art. 35 c.p.a. rientra, quindi, nell'ordine naturale del sistema processuale amministrativo, che è bensì ispirato al principio del doppio grado in quanto però vi sia un provvedimento giurisdizionale emanato dal giudice di primo grado che abbia un contenuto decisorio; iii) non è dunque sostenibile una estensione in via di analogia legis dell' art. 87 comma 7 c.p.a. alle ordinanze del Consiglio di Stato che pronuncino sull'opposizione a decreti monocratici di improcedibilità o estinzione potendosi invece soltanto ammettere il rimedio della revocazione, che è mezzo d'impugnazione proposto allo stesso giudice da cui è stata emanata la decisione gravata, sia pure nei limiti più stringenti previsti dal combinato disposto degli artt. 96 c.p.a. e 395 c.p.c. (Cons. St. IV, n. 1840/2017;  confermata da Cons. St. VI, n. 5923/2017, che ha rilevato che l’ordinanza pronunciata sull’opposizione avverso il decreto di perenzione, la quale confermi la perenzione, ha natura decisoria e definitiva del grado del giudizio in cui è resa, sicché la stessa, qualora pronunciata nell’ambito del giudizio di secondo grado, non è ulteriormente impugnabile con il mezzo ordinario dell’appello, proprio in quanto atta e definire il secondo e ultimo grado del giudizio amministrativo, trattandosi di un corollario della previsione di cui all’art. 6, comma 1, cod. proc. amm., per cui il Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa, e del sistema dei mezzi d’impugnazione delineato dal codice del processo amministrativo).

Nel caso in cui l'improcedibilità o l'estinzione siano dichiarate con sentenza (art. 85, u.c.), si ritiene che la stessa sia soggetta ad impugnazione secondo le regole ordinarie (Picozza, Codice, 143).

Bibliografia

Casalini, Perenzione ultraquinquennale, interruzione e sospensione del processo amministrativo tra imperativi di accelerazione processuale e interesse delle parti, in Dir. proc. amm. 2010, 510 ss.; Corpaci, Sorace, Torricelli, Organizzazione e tempi del processo, in giustamm.it, 6/2010; Forlenza, Articoli 81, 82, 83, 84, 85, in Quaranta, Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo. Commentario al D.lgs. 104/2010, Milano, 2011, 627 ss.; Menchini-Renzi, Forma e rito per l'estinzione e per l'improcedibilità, 5, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 835 ss; Scoca, Considerazioni sul nuovo processo amministrativo, in giustamm.it 2/2011; Virga, Il regime delle opposizioni avverso decreti ex art. 9 della legge 205/2000 e delle spese di giudizio nel caso di rinuncia al ricorso, in lexitalia.it (9/2000).

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