Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 60 - Definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare

Roberto Chieppa

Definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare

 

1. In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione. Se la parte dichiara che intende proporre regolamento di competenza o di giurisdizione, il giudice assegna un termine non superiore a trenta giorni. Ove ne ricorrano i presupposti, il collegio dispone l'integrazione del contraddittorio o il rinvio per consentire la proposizione di motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o di giurisdizione e fissa contestualmente la data per il prosieguo della trattazione.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Definizione del giudizio con sentenza in esito all'udienza cautelare. Possibile se sono trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso.

Inquadramento

Fin dalla riforma del processo amministrativo avvenuta con la legge n. 205 del 2000il carattere strumentale della tutela cautelare è stato accentuato, come dimostrano alcune specifiche previsioni dirette a rendere più forte il legame tra tutela cautelare e definizione del merito del giudizio.

Tra queste, in primo luogo va menzionata a possibilità di definire il giudizio nel merito in sede di decisione della domanda cautelare con sentenza succintamente motivata e previo avviso dato alle parti (non è necessario il consenso delle parti che devono solo essere avvisate, a condizione che il giudizio sia istruito e il contraddittorio integro; tale soluzione era praticabile in caso di manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso — art. 26 l. n. 1034/1971 — l. Tar).

L'art. 60 ha confermato e rafforzato tale possibilità, prevedendo che la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata sia possibile senza una verifica della «manifesta» fondatezza, infondatezza, inammissibilità, improcedibilità del ricorso; è comunque necessario che siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso.

Definizione anticipata del giudizio in sede di udienza cautelare

Le riforme, introdotte prima con la legge n. 205/2000 e poi con il Codice, non hanno attenuato il carattere strumentale della tutela cautelare, anzi lo hanno ulteriormente accentuato, come dimostrano la previsione delle seguenti innovazioni dirette a rendere più forte il legame tra tutela cautelare e definizione del merito del giudizio:

- la possibilità di definire il giudizio nel merito in sede di decisione della domanda cautelare con sentenza in forma semplificata e previo avviso dato alle parti (non è necessario il consenso delle parti che devono solo essere avvisate, a condizione che il giudizio sia istruito e il contraddittorio integro);

- la priorità nella fissazione della data di trattazione del ricorso nel merito in caso di accoglimento della richiesta cautelare;

- la fissazione anticipata della data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza, pronunciata in sede cautelare nei giudizi speciali di cui all' art. 23-bis l. n. 1034/1971l. Tar, qualora si ritenga ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile, dovendo ricorrere invece i presupposti dell'estrema gravità ed urgenza per la concessione di misure cautelari.

Tali disposizioni costituiscono un indice del fatto che il legislatore sembra aver avvertito il rischio di una eccessiva espansione della fase cautelare, che a volte ha caratterizzato il processo amministrativo negli uffici giudiziari oberati da un pesante arretrato e ha indicato la strada della tempestiva definizione del merito del giudizio anche in sostituzione delle misure cautelari.

Il Codice ha rafforzato e generalizzato tali meccanismi; è stato già evidenziato come sia stata estesa a tutti i giudizi la previsione, finora presente nel solo rito ex art. 23-bis l. Tar, in base a cui il giudice, in sede di esame della domanda cautelare, può limitarsi a fissare la trattazione di merito del ricorso quale meccanismo idoneo a risolvere in tutto o in parte le esigenze poste a base della richiesta cautelare (art. 55, comma 10).

A differenza dell' art. 23-bis l. Tar, non vi è un termine entro cui fissare la data dell'udienza, facendo la norma riferimento solo alla sollecita definizione del giudizio di merito.

In ogni caso, l'ordinanza concessiva di misure cautelari deve contenere la fissazione della data di discussione del merito. Tale previsione, chiaramente volta a prevenire casi di misure cautelari indefinitamente efficaci senza essere mai riassorbite dalla sentenza di merito, si coniuga con la necessaria preventiva presentazione della domanda di fissazione di udienza e con la previsione della sua irrevocabilità.

Pur essendo previsti, in materia, poteri sollecitatori e parzialmente sostitutivi del giudice di appello, la data dell'udienza dovrà essere in ogni caso fissata dal giudice di primo grado.

È stata inoltre potenziata la possibilità di definire il giudizio nel merito in sede di domanda cautelare (art. 60).

Tale accelerazione del giudizio era già prevista nella precedente disciplina ed era legata ai casi di manifesta fondatezza, infondatezza, irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità del ricorso.

Il rischio che tale accelerazione del giudizio potesse comprimere il diritto di difesa era stato escluso dalla Corte costituzionale in relazione all'antecedente storico dell' art. 23-bis l. Tar, ( art. 19 d.l. n. 67/1997); la Corte ha evidenziato che le parti costituite che vogliono avvalersi di strumenti difensivi rientranti nel loro potere dispositivo e comportanti termini, sia pure abbreviati, che eccedono dalla sequenza di immediatezza scandita dall'art. 19, avranno l'onere di esternare nella stessa camera di consiglio il loro intento, proponendo apposita e motivata istanza di rinvio (anche semplicemente verbalizzata), ed esternando la volontà di proporre ricorso incidentale, regolamento di competenza, di depositare ulteriori documenti o memorie, di proporre motivi aggiunti e, più in generale, di esercitare attività di difesa rilevante per la trattazione del merito della controversia. Tale istanza, peraltro, non produce un effetto di automatica e vincolante paralisi della facoltà di definizione immediata del giudizio demandata al giudice, il quale è tenuto, nell'esercizio dei suoi poteri valutativi, all'osservanza dei principi generali del processo amministrativo, potendo disattendere l'istanza solo quando risulti irrilevante, ai fini della decisione da adottare, ovvero sia processualmente inammissibile la specifica attività difensiva annunciata dalla parte ( Corte cost. n. 427/1999).

I presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata

Il Codice ha potenziato tale strumento di accelerazione del processo, svincolandolo dal riscontro della manifesta fondatezza, infondatezza, irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità del ricorso.

In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata (tale termine sostituisce la precedente espressione «sentenza succintamente motivata»).

I presupposti per la definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare sono quindi i seguenti:

a ) il decorso di un termine minimo di 20 giorni dalla notificazione del ricorso;

b ) integrità del contraddittorio;

c ) completezza della istruttoria;

d ) avviso alle parti costituite da parte del giudice della possibilità di definire in tale modo la controversia;

e ) assenza della volontà dichiarata di una delle parti di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di giurisdizione.

Segue. Termine di 20 giorni dalla notificazione del ricorso

È stata, quindi, introdotta la condizione minima, a garanzia dell'effettività del contraddittorio, che siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, potendo — a seguito di eventuale abbreviazione dei termini — essere la camera di consiglio fissata anche prima.

In questo modo si consente alla parte di non essere colta di sorpresa da tale accelerazione del giudizio e si dà il tempo minimo necessario per elaborare la propria strategia difensiva.

Ciò significa che l'appello può essere definito in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 anche se non sono decorsi i termini per la costituzione delle parti, in quanto l'osservanza della garanzia del contraddittorio risulta assicurata dalla rituale notifica del ricorso e dal rispetto del termine dei venti giorni, per la discussione sull'istanza cautelare dall'ultima notifica, concesso ai fini della costituzione delle parti intimate.

L'esigenza e l'opportunità della sollecita decisione nel merito di una causa è infatti rimessa dal legislatore al prudente apprezzamento del giudice e non alla volontà delle parti per cui, ai fini della decisione in forma semplificata in esito all'udienza cautelare, non è necessario che siano consumati i termini per la costituzione degli appellati. Il contraddittorio deve infatti ritenersi rispettato allorché sono presi a parametro di raffronto i termini del giudizio cautelare, che come tale, può sempre essere convertito in giudizio di merito, e non già quelli di quest'ultimo ( Cons. St. VI, n. 2755/2015).

È stato, tuttavia, rilevato che il mancato decorso del termine dei venti giorni dall'ultima notifica del ricorso per motivi aggiunti, alla luce del disposto dell' art. 60 c.p.a., non sembra preclusiva della definizione del giudizio con sentenza una volta che le parti, tutte presenti in giudizio, nulla hanno rilevato in riferimento al decorso del detto termine processuale e, di più, si sono espressamente difese, con evidente salvaguardia dell'integrità del contraddittorio anche su detto gravame aggiuntivo (T.A.R. Sicilia (Catania) I, 19 gennaio 2011, n. 125).

Ulteriore problema è quello di verificare se il termine di 20 giorni dalla notificazione, previsto dall'art. 60, si sospenda o meno durante il periodo feriale.

Nel sistema della legge n. 1034/1971, come integrata e modificata dalla legge n. 205/2000, nella camera di consiglio cautelare pur legittimamente fissata nel rispetto del termine breve (dieci giorni dalla notifica) non era consentito procedere alla definizione immediata della controversia con sentenza di merito, se per le controparti non ancora costituite fosse ancora pendente il termine ordinario per comparire (cinquanta giorni dalla notifica, più l'eventuale sospensione feriale).

Il quadro è stato in parte modificato dal codice del processo amministrativo, il cui art. 60 consente la definizione immediata «purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso».

Apparentemente il termine di venti giorni coincide con quello stabilito per l'udienza camerale dall'art. 55, comma 5 ed è stato affermato che la sentenza in forma semplificata, assunta nella camera di consiglio per la trattazione della domanda di misure cautelari, costituisce uno dei possibili esiti di tale procedimento, cosicché anche quando la fase cautelare si conclude con la pronuncia di sentenza in forma semplificata il termine dei 20 giorni dall'ultima notifica del ricorso, previsto dall'art. 60, prima del quale il collegio non può definire il giudizio nel merito, va calcolato con il medesimo criterio previsto per la suddetta fase cautelare e, quindi, senza applicare la sospensione feriale, dovendo il ventesimo giorno dal perfezionamento della notifica essere determinato conformemente a quanto previsto dall'art. 55 comma 5 ( Cons. St. V, n. 5196/2012).

Tuttavia, il delicato problema interpretativo posto dalla brevità del termine per la costituzione stabilito per la fase cautelare, rispetto a quello stabilito per il processo (con la rilevante precisazione che il termine relativo alla fase cautelare non si sospende nel periodo feriale, mentre quello relativo al processo si sospende), deve essere risolto tenendo presente le garanzie essenziali del diritto di difesa, e che tutte le disposizioni che ne consentono la modulazione sono di stretta interpretazione.

Il legislatore ha stabilito il termine di cui all'art. 60 autonomamente rispetto a quello di cui all'art. 55 e ciò ha rilievo ai fini interpretativi, pur trattandosi apparentemente di termini di uguale durata. Si deve infatti ritenere che il termine di venti giorni di cui all'art. 60 sia soggetto alla sospensione feriale dei termini, mentre quello di cui all'art. 55 non lo è. Ed invero, solo quello dell'art. 55 è un termine inerente alla tutela cautelare e la cui applicazione è ispirata al principio di celerità proprio della fase cautelare ( Cons. St. III, n. 3050/2013).

Le regole speciali relative alla fase cautelare (termine per comparire sensibilmente più breve di quello ordinario; ulteriore possibilità di abbreviazione a discrezione del giudice; non sospensione nel periodo feriale) costituiscono una severa limitazione al diritto di difesa, comportando che si riduca a pochi (a volte pochissimi) giorni il tempo nel quale le controparti possono predisporre le proprie difese.

Tale sacrificio imposto alle parti resistenti si giustifica in considerazione dell'intrinseca urgenza della tutela cautelare, e anche (o soprattutto) del fatto che, di per sé, il provvedimento cautelare non pregiudica le controparti in modo irreversibile e definitivo: il resistente, che a causa della ristrettezza del termine (e se del caso per la concomitanza del periodo feriale) non abbia potuto o voluto costituirsi in tempo per la discussione cautelare, è ancora nella pienezza delle sue facoltà di difesa in vista del giudizio di merito.

La disciplina di un processo nel quale il termine ordinario e generale per comparire fosse breve quanto quello attualmente stabilito per la sola fase cautelare sarebbe verosimilmente incostituzionale per lesione del diritto di difesa e per mancata parità fra le parti. Ai fini della riconduzione del sistema ai parametri costituzionali e a canoni di logicità, e fermo restando il principio per cui nell'accordo delle parti (se presenti) la sentenza può sempre essere resa immediatamente, deve quindi intendersi che la definizione immediata del processo consentita dall'art. 60 —«purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso» — sconti la considerazione della sospensione feriale, cioè che detto termine non decorra in tale lasso di tempo, perché quando il Giudice, avvalendosi della facoltà concessagli dall'art. 60, sceglie di procedere alla definizione immediata della controversia, il provvedimento (sentenza) che sarà pronunciato non appartiene più alla fase cautelare ( Cons. St. VI, n. 5601/2013).

Le precedenti considerazioni conducono ad affrontare un altro problema; quello relativo alla possibilità di definire il giudizio ai sensi dell'art. 60 nel corso di una udienza cautelare fissata durante il periodo feriale.

La giurisprudenza appena citata può rendere meno probabile che ciò accada ma il problema resta.

Si ricorda che quella stessa giurisprudenza ha affermato che quando il giudice, avvalendosi della facoltà concessagli dall'art. 60, sceglie di procedere alla definizione immediata della controversia, il provvedimento (sentenza) che sarà pronunciato non appartiene più alla fase cautelare, e pertanto il termine per comparire, pur essendo quello dettato ad hoc dallo stesso art. 60, è soggetto alla sospensione feriale dei termini ( Cons. St. III, n. 3050/2013).

Seguendo tale ragionamento dovrebbe concludersi che la sentenza in forma semplificata non può essere pronunciata durante il c.d. periodo feriale, anche se l'orientamento della giurisprudenza non è univoco in tal senso.

in senso contrario, è stato affermato che non è dubbio che sia possibile definire nel merito la causa durante il periodo di sospensione feriale, e ciò in quanto l'art. 54, comma 3, sottrae al regime di sospensione feriale il procedimento cautelare complessivamente inteso nel quale, almeno a questi fini, deve ricomprendersi anche il procedimento di decisione in forma semplificata del ricorso giurisdizionale (Ferrari).

Segue. Completezza del contraddittorio e dell'istruttoria

È evidente che l'immediata definizione del giudizio con sentenza è possibile solo se non vi sono adempimenti processuali o istruttori da compiere e che quindi la mancata notificazione del ricorso ad una parte necessaria del processo preclude tale possibilità, dovendo il giudice ordinare l'integrazione del contraddittorio, a meno che il vizio non determini l'inammissibilità del ricorso, che in questo caso può essere dichiarata anche con sentenza semplificata ai sensi dell'art. 60.

Inoltre, non si tratta di una definizione «sommaria» del giudizio e, di conseguenza, la necessità di svolgere adempimenti istruttori non preclude l'esame dell'istanza cautelare ma è di ostacolo alla definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare.

Già prima dell'entrata in vigore del Codice, la giurisprudenza aveva evidenziato che in virtù del combinato disposto degli artt. 23-bis e 26 l. T.a.r. (nel testo novellato dalla l. n. 205/2000), la possibilità di risolvere la controversia dedotta innanzi al giudice amministrativo con decisione in forma semplificata presuppone necessariamente la verifica, da parte del giudice stesso, della completezza del contraddittorio processuale, intesa sia in senso soggettivo (ossia come evocazione in giudizio di tutte le parti necessarie), sia in senso oggettivo (ossia come rispetto dei termini a difesa), nonché l'audizione sul punto delle parti, che serve a consentire la definizione immediata del giudizio qualora non siano decorsi i predetti termini, qualora vi sia, però, il consenso delle parti stesse ( Cons. St. VI, n. 35/2002).

Segue. L'avviso alle parti costituite

Presupposto indefettibile per definire la controversia in sede di udienza cautelare è che il giudice avvisi le parti di tale possibilità.

Si tratta solo dell'avviso della possibilità, ben potendo emergere a seguito della discussione della causa da parte degli avvocati circostanze preclusive valutate poi dal collegio giudicante in camera di consiglio.

L'avviso è, infatti, finalizzato a dare la possibilità alle parti di rappresentare elementi ostativi o comunque di difendersi non solo con riferimento. alla domanda cautelare.

La definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata richiede che le parti siano sentite ma non anche che le stesse prestino il loro consenso, rientrando la scelta di accelerare il processo nei poteri del giudice, non subordinati all'accettazione delle parti.

Le parti sono edotte ex lege di tale possibilità e, quindi, non costituendosi in giudizio affrontano il rischio che lo stesso sia definito ai sensi dell'art. 60 ed è questa è la ragione perché l'avviso, che viene dato alla udienza cautelare, non può che essere diretto alle sole parti costituite.

Le mancata presenza all'udienza cautelare della parte, cui è stato regolarmente notificato il ricorso e si è costituita, non preclude la possibilità di definire il giudizio ai sensi dell'art. 60.

Infatti, la mancata presenza del difensore del ricorrente non costituisce causa ostativa all'adozione di una sentenza in forma semplificata, ai sensi degli artt. 60, nella camera di consiglio fissata per l'esame della domanda cautelare, poiché la tutela dell'interesse eventualmente contrario delle parti costituite risulta sufficientemente garantita una volta che risulti assodata la ritualità della trattazione dell'istanza cautelare, onde l'assenza volontaria della parte alla detta camera di consiglio non può avere l'effetto di precludere in radice la conversione del rito, che è potere a chiara caratterizzazione ufficiosa, sicché per poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, il Collegio deve solo verificare la completezza del contraddittorio e la completezza dell'istruttoria ed accertare che le parti — anche se non presenti — non abbiano esposto ragioni ostative alla definizione del giudizio in relazione alla possibilità di proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di giurisdizione (T.A.R. Emilia-Romagna (Parma) I, 2 settembre 2016 n. 253). La scelta delle parti in causa di non comparire nella camera di consiglio fissata per la discussione della domanda cautelare non può costituire ostacolo alla rapida definizione del giudizio, così frustrando, anche mediante eventuali strategie dilatorie, la ratio acceleratoria che presiede al cit. art. 60 e il principio costituzionale ( art. 111 Cost.), che ne sta a fondamento, della ragionevole durata del processo; la mancata comparizione alla camera di consiglio delle parti costituite non può quindi impedire la definizione del giudizio nel merito ai sensi e per gli effetti del cit. art. 60, risultando la tutela dell'interesse, eventualmente contrario, delle parti costituite sufficientemente garantito una volta che risulti assodata la ritualità della trattazione dell'istanza cautelare, sicché l'assenza volontaria della parte alla detta camera di consiglio non può avere l'effetto di precludere in radice la conversione del rito, che è potere a chiara caratterizzazione ufficiosa ( Cons. St. III, n. 3453/2014).

Tuttavia, in un caso in cui il difensore di una delle parti era risultato assente ed era stata omessa comunicazione, da parte della Segreteria, dell'avvenuta fissazione della medesima udienza camerale, è stata ritenuta sussistente la violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (Cons. St. II, n. 8933/2024, che ha rilevato che, pur essendo pacifico che non occorra che la segreteria del giudice invii alle parti una comunicazione concernente la fissazione della camera di consiglio destinata alla trattazione della domanda cautelare, in quanto la legge stessa stabilisce che su tale domanda il giudice pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al decorso dei termini stabiliti dall'art. 55, co. 5, c.p.a., tuttavia, poiché il termine per la decisione cautelare ha una funzione soltanto acceleratoria se in sede cautelare il giudice rilevi la sussistenza dei presupposti per la definizione della causa con sentenza in forma semplificata, ma almeno una parte costituita non possa essere sentita perché non presente nella camera di consiglio, se constata che questa non ha avuto comunicazione della data della camera di consiglio e non risulta che essa versasse, comunque, in una condizione di conoscibilità effettiva di tale data, il giudizio non può essere definito ex art. 60 c.p.a. e il giudice deve ricorrere agli strumenti processuali a sua disposizione per garantire il pieno rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa).

Andrà verificato se questa giurisprudenza si consoliderà.

La violazione dell'obbligo di avviso costituisce motivo di rinvio del giudizio in primo grado.

Ai sensi dell' art. 105 c.p.a., va annullata con rinvio della controversia al primo giudice la sentenza di primo grado che sia stata emessa in forma semplificata nonostante la carenza del presupposto della formale informazione alle parti sul ricorso a tale tipo di pronuncia ( Cons. St. VI, n. 7982/2010).

La violazione dell'art. 60 in sede di appello e la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata in assenza dei presupposti non può essere fatta valere con ricorso per Cassazione.

Infatti, in tema di sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato per motivi inerenti alla giurisdizione, è configurabile l'eccesso di potere giurisdizionale con riferimento alle regole del processo amministrativo solo nel caso di radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia. Ne consegue che non è affetta da eccesso di potere giurisdizionale la pronuncia del Consiglio di Stato, della quale sia denunciata l'irritualità per mancato rispetto del termine di almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, prescritto dall' art. 60 d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 (codice del processo amministrativo), in relazione alla convocazione in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di sospensiva della sentenza appellata, ove il collegio, sentite sul punto le parti costituite e senza alcuna opposizione di queste, abbia poi definito, in sede camerale, tutto il giudizio introdotto con l'atto d'appello mediante sentenza in forma semplificata ( Cass.  S.U., n. 15428/2012).

Unica possibilità di far valere il vizio relativo ad una sentenza in forma semplificata del Consiglio di Stato è il ricorso per revocazione, fermi restanti i limiti di tale impugnazione (v. art. 106).

In caso di contestazione circa l'avvenuto rispetto da parte del giudice dell'obbligo di avviso alle parti ciò che rileva è il verbale di udienza.

Infatti, è stato rilevato che la possibilità di definire il merito della causa con sentenza in forma semplificata all'esito dell'udienza cautelare postula la completezza non solo dell'istruttoria ma anche del contraddittorio fra le parti in causa: la garanzia costituzionale del diritto di difesa, e il comma 3 dell'art. 73, prescrive altresì che «se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale». Due dunque i vincoli ai quali egli è tenuto: a) la indicazione della specifica questione rilevata, b) la verbalizzazione di tale avvenuta indicazione (Cons. giust. amm. Sicilia, 15 settembre 2011, n. 584).

Inoltre, l'informazione di cui all'art. 60 non è finalizzata alla previa acquisizione del consenso delle parti, bensì a consentire l'esercizio completo ed esauriente del diritto di difesa nel caso concreto (mediante l'eventuale richiesta di un rinvio per la produzione di nuove prove o per proporre motivi aggiunti, ovvero per chiedere un termine a difesa); pertanto, essa deve essere riferita specificamente alla singola controversia e non può essere considerata validamente sostituita dall'avvertimento, eventualmente fatto in sede di preliminari d'udienza per tutte le istanze cautelari da chiamare nella camera di consiglio, essendo invero nell'udienza in camera di consiglio essenziale l'apporto delle parti che deve poter essere dato nella pienezza degli elementi conoscitivi riferiti anche alle tesi avversarie, e potendosi dunque solo in tale momento processuale (re cognita) acquisire un parere delle parti, seppure non vincolante per l'organo giudicante (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 3 aprile 2013, n. 397; 

Cons. St. VI, n. 2405/2018, che ha ritenuto non idonea a dimostrare il rispetto dell'art. 60 la frase riportata nel verbale di udienza “la sospensiva passa in decisione”).

Tuttavia, in un caso in cui il difensore di una delle parti era risultato assente ed era stata omessa comunicazione, da parte della Segreteria, dell'avvenuta fissazione della medesima udienza camerale, è stata ritenuta sussistente la violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (Cons. St. II, n. 8933/2024, che ha rilevato che, pur essendo pacifico che non occorra che la segreteria del giudice invii alle parti una comunicazione concernente la fissazione della camera di consiglio destinata alla trattazione della domanda cautelare, in quanto la legge stessa stabilisce che su tale domanda il giudice pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al decorso dei termini stabiliti dall'art. 55, co. 5, c.p.a., tuttavia, poiché il termine per la decisione cautelare ha una funzione soltanto acceleratoria se in sede cautelare il giudice rilevi la sussistenza dei presupposti per la definizione della causa con sentenza in forma semplificata, ma almeno una parte costituita non possa essere sentita perché non presente nella camera di consiglio, se constata che questa non ha avuto comunicazione della data della camera di consiglio e non risulta che essa versasse, comunque, in una condizione di conoscibilità effettiva di tale data, il giudizio non può essere definito ex art. 60 c.p.a. e il giudice deve ricorrere agli strumenti processuali a sua disposizione per garantire il pieno rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa).

Andrà verificato se questa giurisprudenza si consoliderà.

Segue. Proposta di motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di giurisdizione

In conformità con la citata pronuncia della Corte Costituzionale (n. 427/1999), il potere di pronunciare sentenza in sede di udienza cautelare, pur restando officioso e subordinato al solo avviso dato alle parti costituite, è precluso dal dichiarato intento di una delle parti di proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione.

In questi casi, il giudice assegna un termine non superiore a trenta giorni per proporre regolamento di competenza o di giurisdizione, ovvero dispone il rinvio per consentire la proposizione di motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o di giurisdizione e fissa contestualmente la data per il prosieguo della trattazione.

La sentenza in forma semplificata

L'accelerazione del giudizio durante la fase cautelare porta ad una sentenza, che originariamente il legislatore aveva definito «succintamente motivata» e che ora l'art. 60 definisce «sentenza in forma semplificata».

È necessario premettere che la semplificazione della sentenza, anche a livello motivazionale, non è affatto sintomo di sommarietà della cognizione: una sentenza succintamente motivata non solo è perfettamente in grado di definire un giudizio a cognizione piena, ma è anche perfettamente in sintonia con le esigenze di ragionevole durata del processo (Freni, 654).

Bibliografia

Cannada-Bartoli, Sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, in Nss. D.I., Torino, 1970, 934; Freni, Procedimento cautelare, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 612; Ferrari, Sentenza in forma semplificata nel periodo feriale, in Il Libro dell'anno del diritto, Roma, 2014; Paleologo, Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971; Sandulli M.A., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in federalismi.it, 4 novembre 2009; Satta, Giustizia cautelare, in Enc. dir., Aggiornamento, I, Milano, 1997, 595; Travi, Sospensione del provvedimento impugnato, in Dig. pubbl., XIV, Torino, 1999, 372.

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