Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 69 - Surrogazione del giudice delegato all'istruttoriaSurrogazione del giudice delegato all'istruttoria
1. La surrogazione del magistrato delegato o la nomina di altro magistrato che debba sostituirlo in qualche atto relativo all'esecuzione della prova è disposta con provvedimento del presidente, ancorché la delega abbia avuto luogo con ordinanza collegiale. InquadramentoLa disposizione, che riprende sostanzialmente il contenuto dell'abrogato art. 33 del precedente regolamento di procedura ( r.d. 17 agosto 1907, n. 642), stabilisce che, quand'anche la delega a un magistrato per il compimento di atti dell'istruttoria sia stata conferita con ordinanza del collegio, nondimeno il presidente, ove occorra, può comunque con proprio provvedimento monocratico surrogare il magistrato delegato o sostituirlo con un altro magistrato. Per cogliere il significato applicativo della previsione si deve tener conto dell' art. 65 c.p.a., dal cui contenuto precettivo si desume che il presidente della sezione o il collegio, ossia gli organi istituzionalmente investiti in via originaria delle potestà istruttorie nell'ambito del processo amministrativo, possono delegare compiti istruttori a un magistrato individuato con apposito provvedimento. Considerato che il presidente provvede sulla delega con atto monocratico e il collegio sempre con ordinanza (v. l’art. 65, comma 2), il contenuto della disposizione si risolve nella previsione di una circoscritta deroga alla competenza collegiale, a favore di quella presidenziale, anche quando la delega al singolo magistrato sia stata disposta con ordinanza, ancorché soltanto nelle ipotesi in cui sia necessario surrogare un magistrato delegato o nominarne un altro (il presidente non potrebbe, ad esempio, intervenire su un'ordinanza collegiale, al fine di modificare la natura o l'oggetto dell'atto istruttorio delegato). La surrogazione e la sostituzione del magistrato delegatoCome già accennato, la disposizione in commento riproduce essenzialmente il contenuto del previgente art. 33 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642. Dal punto di vista sistematico la previsione, per un verso, conferma l'assenza di autonomi e originari poteri istruttori in capo al magistrato delegato (i cui poteri sono tutti derivati da quelli del presidente o del collegio), circostanza che ne preclude l'assimilazione al giudice istruttore del processo civile; per altro verso, la norma sancisce, sia pure limitatamente alla sostituzione del magistrato delegato, la prevalenza del potere istruttorio presidenziale rispetto a quello del collegio. Le ragioni della conservazione, in questa parte, della disciplina dettata dal vecchio regolamento di procedura devono essere probabilmente individuate, almeno per quanto riguarda la sostituzione del magistrato delegato dal collegio (ad esempio, per i fini di cui all'art. 67, comma 1), nelle esigenze di speditezza, stante la maggiore rapidità di intervento del solo presidente rispetto al collegio (posto che l'adozione di un'ordinanza postula in ogni caso una previa convocazione del collegio per la relativa deliberazione). Più in dettaglio, si ha surrogazione allorquando il presidente proceda direttamente a compiere le attività istruttorie in precedenza delegate a un altro magistrato; si ha invece sostituzione, quando il presidente incarichi del compimento di un atto istruttorio un magistrato differente da quello inizialmente delegato al medesimo scopo. La surrogazione, a differenza della sostituzione, presenta dunque alcuni tratti affini all'avocazione del processo penale. La scarna disposizione non chiarisce alcuni aspetti. Innanzitutto non è precisato se il presidente competente a disporre la surroga e la sostituzione sia il presidente della sezione o del collegio. Difatti il potere di delegare un magistrato per il compimento di attività istruttorie spetta sia al presidente della sezione, a norma dell'art. 65, comma 1, prima della fase collegiale del giudizio, sia al collegio. Orbene, se nella prima ipotesi, è ragionevole concludere che il potere di surroga o di sostituzione competa alla stessa autorità giudiziaria che ebbe a nominare inizialmente il magistrato delegato, ossia al presidente della sezione; nella seconda ipotesi, deve al contrario ritenersi che il «presidente», provvisto del potere di surrogazione o di sostituzione, sia il presidente del collegio giudicante, che può essere un magistrato differente dal presidente della sezione. Diversamente opinando, la disposizione riconoscerebbe al presidente della sezione un eccessivo potere di interferenza su un affare contenzioso ormai assegnato a uno specifico collegio. La disposizione tace anche sulle ragioni che giustificano la surrogazione o la sostituzione e anche sulla forma del provvedimento presidenziale, aspetti questi che saranno esaminati nei successivi paragrafi. Va segnalato, infine, che la disposizione non pone limiti oggettivi all'esercizio del potere di surrogazione o di sostituzione. Sul piano letterale la previsione si riferisce a «qualche atto», lasciando apparentemente intendere che la surrogazione o la sostituzione del magistrato inizialmente delegato non possano essere totali, finendo cioè per coprire l'intero ambito della delega originariamente conferita; sennonché un'interpretazione del genere non è convincente, non solo perché la sostituzione implica, di norma, una radicale alterità soggettiva, ma anche perché la genericità della locuzione normativa non esclude di per sé che gli atti interessati possano essere tutti quelli oggetto dell'originaria delega conferita al precedente magistrato. In ogni caso il potere spettante al presidente è esercitabile d'ufficio e rientra nelle sue prerogative, con la conseguenza che le istanze di parte eventualmente proposte a tal fine dovranno essere considerate alla stregua di mere sollecitazioni all'attivazione del relativo potere presidenziale. Le ragioni della surrogazione e della sostituzioneSi è sopra accennato all'assenza di qualunque indicazione, nella disposizione in rassegna, delle ragioni che consentano la surrogazione o la proroga. Il silenzio della previsione si traduce in un potere di intervento presidenziale di ampia latitudine che si dispiega sia nel caso di mero impedimento del magistrato delegato sia nelle ipotesi di trasferimento o di decesso o di cessazione dal servizio del magistrato inizialmente delegato. Nemmeno è escluso che il magistrato delegato possa essere surrogato quando sopraggiungano ragioni che ne impongano l'astensione, obbligatoria o facoltativa. In ogni caso deve ritenersi che il provvedimento presidenziale debba quanto meno contenere una succinta indicazione dei motivi della surrogazione o della sostituzione. Non tutta la dottrina è però di questo avviso. Difatti si è sostenuto (Sanino) che, nel silenzio della norma, debba ritenersi non indispensabile l'esternazione, nella motivazione del relativo provvedimento, delle ragioni della surroga o della sostituzione del magistrato delegato. Sotto questo aspetto la disposizione in esame differisce sensibilmente dall' art. 174 c.p.c., non a caso rubricato «immutabilità del giudice istruttore», il cui secondo comma stabilisce che il giudice istruttore possa essere sostituito, con decreto del presidente, soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio e che la sostituzione per il compimento di singoli atti possa può essere disposta solo quando essa sia indispensabile. Il maggior rigore della disposizione processualcivilistica si spiega in considerazione della ricordata ampia autonomia riconosciuta al giudice istruttore nel rito civile e, soprattutto, perché la struttura del processo civile postula l'identità soggettiva tra il giudice istruttore (peraltro è investito di tutta l'istruzione della causa ex art. 174, primo comma, c.p.c.) e il magistrato che, anche come componente del collegio, deciderà la controversia. La forma del provvedimentoA differenza del codice di procedura civile (ove l' art. 79 disp. att. c.p.c. stabilisce che il presidente provvede con decreto), la disposizione in rassegna non specifica quale debba essere la forma dell'atto presidenziale di sostituzione o di surroga. La natura monocratica della autorità giudiziaria alla quale il Codice assegna la relativa competenza lascerebbe propendere per un decreto, ancorché gli artt. 33, comma 1, lett. c), e 36, comma 2, c.p.a., stabiliscano che il decreto è pronunciato dal giudice solo nei casi previsti dalla legge, che i provvedimenti interlocutori assumano di norma la forma dell'ordinanza e che il giudice provvede con ordinanza in tutti i casi in cui non definisca nemmeno in parte il giudizio. Probabilmente però sarebbe più corretto distinguere, riguardo alla forma, tra il provvedimento adottato dal presidente della sezione e quello adottato dal presidente del collegio. Nel primo caso non sembra preclusa la possibilità di adottare un decreto, dal momento che il presidente della sezione (che non sia anche presidente del collegio) interviene, in genere, prima (della assegnazione e) della cognizione della causa da parte di un collegio, in sede cautelare o di merito, e quindi il presidente della sezione non agisce in veste di «giudice» in senso stretto, ma solo di autorità giudiziaria. Dovrebbe, invece, optarsi per la forma dell'ordinanza quando la surrogazione o la sostituzione siano disposte dal presidente del collegio giudicante. Va, peraltro, osservato che la questione testé esaminata è priva di rilievo pratico, dal momento che l'uso dell'una o dell'altra forma non incide sulla validità del provvedimento adottato, stante il principio generale, in materia di atti processuali, della prevalenza della sostanza sulla forma. Anche i provvedimenti di surroga e di sostituzione, al pari di tutti gli altri atti istruttori endoprocessuali, non sono autonomamente impugnabili. La disposizione nemmeno chiarisce se i provvedimenti di surroga o di sostituzione del magistrato delegato debbano essere comunicati alle parti, ma sul punto la risposta è sicuramente affermativa. Invero, le parti hanno diritto a conoscere chi sia il magistrato delegato onde poter presentare eventuali istanza di ricusazione. Soccorre, pertanto, l'art. 33, comma 3, in base al quale le ordinanze e i decreti, se non pronunciati in udienza o in camera di consiglio, sono comunicati alle parti dalla segreteria. Va segnalato, comunque, che la norma ha trovato rarissima applicazione nella prassi curiale e, non a caso, difetta giurisprudenza amministrativa al riguardo. Stante la ravvisata mancanza di precedenti giurisprudenziali amministrativi relativi alla disposizione in commento, può farsi riferimento, nei limiti della rilevata irriducibilità funzionale tra giudice istruttore e magistrato delegato, ai principi enunciati dalla Corte di cassazione, secondo cui (Cass. III, n. 11593/2009) il provvedimento di sostituzione del giudice istruttore è rimesso all'apprezzamento discrezionale del presidente e può essere adottato anche d'ufficio, per ragioni che possono consistere in qualsiasi situazione soggettiva o oggettiva attinente alla persona del giudice o ad altri fatti che consigliano o impongono la sua sostituzione. Il Supremo Collegio (Cass. II, n. 14538/2004) ha altresì statuito che la violazione delle regole sulla sostituzione del giudice istruttore, in difetto di espressa sanzione di nullità, una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità dell'atto e non è causa di nullità del giudizio o della sentenza. BibliografiaSanino (a cura di), Codice del processo amministrativo, Milano, 2011, 293. |