Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 130 - Procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo

Ciro Daniele Piro

Procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo

 

1. Salvo quanto disposto nel Capo II del presente Titolo, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti:

a) quanto alle elezioni di comuni, province e regioni, da parte di qualsiasi candidato o elettore dell'ente della cui elezione si tratta, al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il predetto ente territoriale, da depositare nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti;

b) quanto alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da parte di qualsiasi candidato o elettore, davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, da depositare nella relativa segreteria entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco dei candidati proclamati eletti.

2. Il presidente, con decreto:

a) fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza;

b) designa il relatore;

c) ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

d) ordina il deposito di documenti e l'acquisizione di ogni altra prova necessaria;

e) ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile, al ricorrente.

3. Il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data della comunicazione del decreto di cui al comma 2:

a) all'ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni;

b) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia;

c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato.

4. Entro dieci giorni dall'ultima notificazione di cui al comma 3, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio.

5. L'amministrazione resistente e i controinteressati depositano nella segreteria le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti.

6. All'esito dell'udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza.

7. La sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, nello stesso termine di cui al periodo precedente è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi.

8. La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del tribunale amministrativo regionale, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, al presidente dell'ufficio elettorale nazionale, a seconda dell'ente cui si riferisce l'elezione. Il comune, la provincia o la regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell'albo o bollettino ufficiale dell'ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni relative a comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata la sua definitività.

9. Il tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto.

10. Tutti i termini processuali diversi da quelli indicati nel presente articolo e nell'articolo 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario.

11. L'ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale. L'Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale agli interessati e alla segreteria del Parlamento europeo.

Note operative

Termini relativi al giudizio in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo (art. 130)
Tipologia di atto Termine Decorrenza
Deposito del ricorso avverso la proclamazione eletti e altri atti 30 giorni Dalla proclamazione degli eletti (amministrative); dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco dei candidati proclamati eletti (europee)
Notificazione del ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza 10 giorni Dalla data della comunicazione del decreto di fissazione
Deposito del ricorso notificato 10 giorni Dall'ultima notificazione
Deposito atti e documenti (ricorrente - ricorso, decreto, con prova delle avvenute notificazioni, atti e documenti.) 10 giorni Dall'ultima notifica
Deposito controdeduzioni 15 giorni Successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti.
Pubblicazione sentenza Il giorno successivo alla decisione della causa (altrimenti solo dispositivo e la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi).
Altri termini processuali Dimezzati (v. Rito abbreviato)

Inquadramento

La norma disciplina il procedimento di primo grado relativo alle operazioni elettorali, disponendo che tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali possono essere impugnati alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti.

A differenza del rito avverso le esclusioni di cui all'art. 129, il ricorso proposto avverso l'esito delle operazioni elettorali deve essere prima depositato e poi notificato.

A seguito del deposito, il presidente fissa con decreto l'udienza e ordina le notifiche.

All'esito dell'udienza, il collegio pronuncia la sentenza, da pubblicarsi entro il giorno successivo.

La norma attribuisce al giudice una giurisdizione estesa al merito, prevedendo che in caso di accoglimento del ricorso, il giudice corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. Nel caso di operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto.

L'impugnazione avverso l'atto di proclamazione degli eletti: premessa

La norma in commento reca la disciplina unitaria e speciale del rito avverso le operazioni elettorali relative alle elezioni amministrative e a quelle del Parlamento europeo, aventi ad oggetto gli atti del procedimento elettorale successivi alla convocazione dei comizi elettorali.

Le elezioni amministrative includono quelle disposte da comuni, province, regioni e, da ultimo, anche quelle delle città metropolitane (cfr. art. 7, comma 8-quater, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, recante “Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa, come modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197” (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016 (secondo cui «Le disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, previste dal libro quarto, titolo VI, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali delle città metropolitane»).

Superando il diverso regime previsto in precedenza, che distingueva le due tipologie di procedimenti elettorali, la norma prevede in via generale che, salvo quanto previsto dall'art. 129, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti.

Nello specifico, tale effetto si è realizzato in virtù dell'art. 1, punto a), dell'allegato 4 al Codice, recante «Norme di coordinamento e abrogazione in materia di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia», che ha sostituito l' art. 42 della legge 24 gennaio 1979 n.18 (che disciplinava il processo relativo all'elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo) con il seguente: «La tutela giurisdizionale contro gli atti di proclamazione degli eletti, per motivi inerenti alle operazioni elettorali successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo» e, al punto b), ha previsto l'abrogazione degli artt. 43 e 46 della legge citata. Analogamente, l'art. 2 del medesimo allegato ha modificato la disciplina del contenzioso elettorale precedentemente prevista nel testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960 n.570, sostituendo l' art. 83 del d.P.R. n.570/1960 con il seguente: «La tutela in materia di operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive all'emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.

Da un lato, la previsione conferma il carattere eccezionale del rito avverso gli atti di esclusione di cui all'articolo precedente; dall'altro, individua un preciso momento temporale, al fine di individuare l'ambito applicativo del rito in questione. Si tratta, infatti, degli atti successivi al decreto di convocazione dei comizi elettorali e precedenti l'atto di proclamazione degli eletti.

In giurisprudenza si è sottolineato come l'art. 130 – riferendosi a «tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali», che sono impugnabili «soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti» — appare univoca nel ritenere che l'atto conclusivo del procedimento elettorale deve individuarsi nella proclamazione degli eletti e ciò anche in coerenza col potere sostitutivo del G.A., previsto dal comma 9 del medesimo articolo in relazione al contenuto dell'atto di proclamazione. È solo con l'atto di proclamazione, infatti, che si determina l'effetto giuridico finale dell'esito delle elezioni, con la conseguenza che il controllo diffuso sulla correttezza e sulla legalità del procedimento elettorale, che la norma in esame ha inteso codificare, non può che essere esercitato con esclusivo riferimento all'unico atto idoneo a configurare e a costituire, in via definitiva, l'assetto degli organi elettivi del Comune ( Cons.St. III, n. 3019/2016; Cons. St., Ad. plen., n. 16/1996; Cons. St. V, n. 1521/2001; Cons. St. n. 1618/1996).

Dall'atto di proclamazione degli eletti scaturisce, infatti, l'esatta e definitiva posizione di ciascun candidato in esito alla consultazione, con la conseguenza che la proclamazione diviene intangibile se non impugnata nei rigorosi termini previsti dalla disposizione. Non incide su tale rilievo l'esistenza di eventuali atti successivi, quali, ad esempio, le delibere amministrative che dispongono la decadenza di un eletto, le quali non possono consentire la contestuale impugnazione dell'atto presupposto di proclamazione, pena l'elusione del termine perentorio per il ricorso ( Cons. St. V, 3826/2013).

Proposizione del ricorso e legittimazione attiva

La disciplina processuale è improntata ad assicurare la celere definizione del giudizio, strettamente correlata all'esigenza di rendere effettivo il rispetto della volontà popolare.

Termine per il ricorso

Il termine per proporre ricorso è pari a 30 giorni, che decorrono dalla proclamazione degli eletti. A differenza del rito avverso gli atti preparatori (nonché del rito ordinario del processo amministrativo), il ricorso deve, entro tale termine essere depositato presso il tribunale competente.

Si tratta di un termine inderogabile, dimezzato rispetto a quello ordinario, così concepito in modo da contemperare il diritto di azione ex art. 24 Cost. con il principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico costituitisi per effetto della proclamazione degli eletti, che non può essere derogato in ragione della difficoltà di conoscere il vizio al momento della proclamazione degli eletti, dovendosi salvaguardare le esigenze di certezza del risultato elettorale, che non possono risultare condizionate dall'effettiva conoscibilità dei vizi eventualmente sussistenti (Cons. St. n. 623/2016).

Seguendo, sostanzialmente, la disciplina già contenuta nell'abrogato art. 83/11 del d.P.R. n. 570/1960, il ricorso va proposto entro trenta giorni che decorrono, quanto alle elezioni di comuni, province, regioni (e città metropolitane), dall'atto di proclamazione degli eletti; quanto all'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco dei candidati proclamati eletti.

Come evidente, nel sistema processuale delineato dal legislatore con specifico riferimento al rito elettorale, la decorrenza del termine per proporre impugnazione non è ancorata al criterio della lesività dell'atto impugnato – come accade invece nel rito ordinario — ma alla data di «conclusione del procedimento elettorale» (art. 130).

Anche in materia elettorale i termini di trenta giorni per proporre il ricorso principale ed il ricorso incidentale decorrono dalle scadenze stabilite dalla legge, e non dalla conoscenza dei vizi delle operazioni elettorali ( Cons. St. V, n. 755/2014, che ritiene irricevibile il ricorso incidentale notificato solo dopo che il controinteressato aveva avuto notizia di indagini penali concernenti l'eventuale falsità delle sottoscrizioni per una lista collegata alla parte ricorrente).

La decorrenza di un preciso e inderogabile termine decadenziale risponde ad una precisa scelta di politica legislativa che, nell'intento di agevolare la rapida conclusione del procedimento elettorale, ha inteso posticipare il controllo giurisdizionale di legittimità sugli atti del procedimento elettorale alla conclusione della stessa (ad eccezione come visto degli atti immediatamente lesivi del «diritto del ricorrente a partecipare alla competizione elettorale», i quali, come detto, vanno impugnati nei tre giorni successivi alla loro adozione; v. sub art. 129).

Negli altri casi, a garanzia del rapido svolgimento della consultazione elettorale, l'impugnazione degli atti della procedura è consentita soltanto alla conclusione della stessa, quand'anche la loro lesività si sia manifestata in un momento antecedente.

In giurisprudenza, in un caso di procedimento regionale (che per sue peculiarità vede il susseguirsi di tre diversi atti di proclamazione degli eletti), si è ritenuto che il procedimento elettorale non può dirsi concluso fino a quando non sia pronunciato l'ultimo atto di proclamazione degli eletti, che definisce la composizione nominativa del consiglio regionale con l'assegnazione degli ultimi seggi in base al sistema dei resti, è da quest'ultimo, pronunciato dagli uffici centrali circoscrizionali, che va fatto decorrere il termine di impugnazione ( T.A.R. Piemonte II, 9 febbraio 2022, n.103 e   I, n. 352/2015).

Più precisamente, il ricorso ex art. 130 ha ad oggetto il verbale di proclamazione degli eletti e la decorrenza è individuata non al momento della proclamazione, ma in quello di chiusura del relativo processo verbale, requisito di forma del provvedimento che conclude le operazioni (Cons. St., Ad. plen. 16/1996; Cons. St., Ad. plen., n. 885/1998).

L'interpretazione formatasi nel vigore del precedente regime è stata confermata anche dalla giurisprudenza successiva che ha chiarito che il giorno iniziale non è quello della proclamazione orale bensì quello in cui tutte le operazioni preparatorie, effettuate dall'Ufficio centrale, risultino documentate e possano essere sottoposte a un giudizio di legittimità che, per le modalità di svolgimento e per gli strumenti istruttori tipici del giudice amministrativo, presuppone un atto scritto.

Nel caso in cui all'atto scritto di proclamazione degli eletti segua, a distanza di tempo, la chiusura del verbale, il g.a. ha precisato che è al primo momento a cui si deve fare riferimento per la decorrenza del termine, rispondendo all'esigenza che la proclamazione degli eletti trasfusa in un atto scritto possa essere adeguatamente aggredita attraverso la sottoposizione di congrue censure al vaglio del giudice amministrativo ( Cons. St., n. 2363/2015). Analogamente, è da ritenersi irricevibile il ricorso proposto avverso l'adozione della delibera consiliare di convalida dei consiglieri eletti e non avverso quella di proclamazione degli eletti, atteso che l'interesse all'azione sorge esclusivamente da tale ultimo atto, che definisce l'esatta posizione di ciascun candidato all'esito della consultazione, laddove la convalida attiene al concreto esercizio della carica elettiva ( Cons. St. V, n. 4244/2014).

La sentenza da ultimo citata si segnala anche per aver ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 130 comma 1, lett. a), per asserito contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui stabilisce che in materia elettorale il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale decorre dalla data di proclamazione degli eletti, trattandosi di norma che non viola il diritto di difesa di cui all' art. 24 Cost. e neppure il diritto alla parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, in quanto il termine per l'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti decorre per tutti i cittadini dal termine certo della conclusione del procedimento elettorale. Al contrario è la decorrenza di detto termine dalla deliberazione del Consiglio comunale di convalida degli eletti che comporterebbe incertezza del termine iniziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale e disparità di trattamento tra gli interessati alla impugnazione delle operazioni elettorali, favorendo coloro il cui interesse all'impugnazione sia sorto solo dopo la adozione di detta deliberazione, pur discendendo la lesione sostanziale della posizione soggettiva di tutti i soggetti lesi dagli atti del procedimento elettorale

( Cons. St. V, n. 4244/2014).

Nessuna preclusione alla proposizione del ricorso deriva dalla mancata verbalizzazione delle contestazioni in merito all'attribuzione o meno dei voti. Quest'ultima, essendo una mera facoltà, non incide sul principio espresso dall'art. 101 del t.u. regionale, nel combinato disposto con l' art. 83, d.P.R. n. 570/1960 (nel testo sostituito dall' art. 2 dell'allegato 4 al c.p.a.) e con l'art. 130, secondo il quale ogni impugnazione, fatta eccezione per l'esclusione delle liste dalla competizione elettorale, va rivolta contro la proclamazione degli eletti. Questo è infatti l'atto da cui discende la lesione della posizione soggettiva sia del cittadino elettore che esercita l'azione popolare nell'interesse generale ma anche, come nel caso di specie, del ricorrente/candidato che fa valere l'interesse proprio a coprire l'incarico elettivo ( Cons. St., Ad. plen., n. 32/2014; T.A.R. Trentino Alto Adige (Trento) I, 4 novembre 2010, n. 210).

Il giudice tuttavia può desumere dalla mancata verbalizzazione delle  dichiarazioni dei rappresentati di lista un possibile elemento di inattendibilità delle stesse (T.A.R. Palermo (Sicilia) I, 12 gennaio 2022, n.44).

Tribunale competente

Il comma 1 individua come tribunale competente a conoscere della controversia, in primo grado e nel caso di elezioni amministrative, nel tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede l'ente della cui elezione si tratta, secondo i criteri della competenza territoriale inderogabile (lett. a). Nel caso delle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, è individuata la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.

Legittimazione attiva

Legittimato alla proposizione del ricorso è, secondo la formulazione della norma, «qualsiasi candidato o elettore dell'ente della cui elezione si tratta», nel caso delle elezioni amministrative (nel caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo la legittimazione è estesa più genericamente a impugnazione è estesa più genericamente a «qualsiasi candidato o elettore»).

Si distinguono, sulla base dei soggetti legittimati, due forme di azioni: da un lato un'azione popolare, proponibile da parte di qualsiasi cittadino elettore, a tutela del proprio diritto di elettorato attivo e finalizzata alla correzione di un determinato esito della competizione (azione popolare correttiva); dall'altro un'azione individuale da parte del candidato, direttamente interessato alla verifica del risultato elettorale (Caringella-Giustiniani, Manuale, 775; v. anche Cintioli, 329).

Si ricorda che la proposizione dell'azione è facilitata dalle previsioni relative alla facoltà di difesa personale e dall'esenzione fiscale degli atti (v. sub artt. 23 e 127).

Il ricorso può essere proposto dalla medesima persona fisica, sia in qualità di elettore, sia di candidato (Cons. giust. amm., n. 350/2015; Cons. St., Ad. plen. n. 3/2010; Cons. St. n. 1838/2003).

Nel vigore della disciplina previgente – che non limitava la legittimazione all'ente di riferimento – la giurisprudenza richiedeva al ricorrente di fornire una prova della propria qualità di elettore o candidato, allegando la documentazione inerente all'iscrizione nelle liste elettorali relative alle elezioni contestate, ovvero nelle liste di candidati partecipanti ( Cons. St., n. 4157/2010, 2390/2008; T.A.R. Liguria n. 2711/2009). La necessità di tale produzione documentale, pena l'inammissibilità del ricorso, è affermata anche nella più di recente in giurisprudenza(Cons. St. V, n. 4517/2017; Cons. giust. amm., n. 350/2015). 

La prova della legittimazione dei ricorrenti che agiscono in qualità di cittadini elettori, deve essere fornita mediante la produzione dei documenti attestanti tale qualità, ovvero quella di iscritto nelle liste dei partecipanti alla competizione. La mancata produzione di detti certificati nei termini per il deposito del ricorso notificato determina l’inammissibilità del ricorso. T.A.R. Firenze I, 12 gennaio 2022, n. 9, che ritiene che alla mancata produzione della prova della legittimazione attiva da parte dei ricorrenti non poteva supplire il Collegio con l’acquisizione d’ufficio.

È stata esclusa la legittimazione attiva di un'associazione a tutela dei consumatori alla verifica delle operazioni elettorali (cfr. T.A.R. Calabria, (Catanzaro), 11 maggio 1998, n. 365, che ha affermato come esula dalle finalità statutarie del Codacons qualsiasi interesse mirato alla verifica della legittimità delle operazioni elettorali in genere, e della nomina dei presidenti dei seggi elettorali, in particolare).

È stata altresì esclusa la legittimazione attiva del delegato di lista, posto che l' art. 130 c.p.a. riserva la legittimazione attiva ai candidati e agli elettori, cioè ai soggetti direttamente incisi dall'esito delle operazioni di voto (i candidati) e ai componenti del corpo eligente. I delegati di lista (che insieme ai rappresentati di lista e ai candidati sono i soggetti attraverso le quali le formazioni politiche assumono rilevanza nelle varie fasi dell'iter elettorale) non soltanto non rientrano in alcuna delle due categorie, ma esauriscono la propria funzione nel procedimento preparatorio elettorale (T.A.R. Campania (Napoli) II, 5 aprile 2017, n. 1842).

E’ ammissibile il ricorso giurisdizionale collettivo in materia elettorale, anche se proposto da candidati appartenenti a liste diverse facenti capo a coalizioni non omogenee, qualora i ricorrenti mirino ad ottenere la tutela dell’interesse strumentale alla rinnovazione integrale delle operazioni elettorali e non cerchino invece la correzione dei risultati elettorali, mediante la verifica delle schede e degli atti del procedimento; né in siffatta ipotesi è consentito ai ricorrenti, aggirare tali limiti sulla base della mera asserzione della loro volontà di agire in giudizio in qualità di cittadini elettori (T.A.R. Friuli Venezia Giulia (Trieste), I, n. 239/2018; negli stessi termini, v. T.A.R. Campania (Napoli), II, n. 5399/2015).

L'instaurazione del giudizio (fissazione dell'udienza e notifica)

L'instaurazione del giudizio elettorale assume dei caratteri peculiari che distinguono nettamente tale rito da quello ordinario, con particolare riferimento ai passaggi procedurali necessari per incardinare la controversia presso il giudice adito.

Fissazione dell'udienza

Come visto in precedenza, il ricorso è proposto mediante deposito, entro il termine perentorio indicato, presso il tribunale competente ai sensi del comma 1.

La fase successiva al deposito, disciplinata dal comma 2 dell'art. 130, prevede che il presidente del tribunale, con decreto:

a) fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza;

b) designa il relatore;

c) ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

d) ordina il deposito di documenti e l'acquisizione di ogni altra prova necessaria;

e) ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile, al ricorrente.

Ai fini dell'acquisizione della documentazione utile, il giudice può con decreto ordinare la trasmissione alla Prefettura dei verbali delle operazioni elettorali e delle relative tabelle di scrutinio. Per i ricorsi successivi al 1° gennaio 2017, la stessa dovrà essere effettuata utilizzando le modalità stabilite dall'articolo 9, allegato A, «Specifiche tecniche» del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico), oggi sostituito dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (T.A.R. Lazio (Latina), decreto 14 luglio 2017, n. 215).

Notifica

Emesso il decreto, apposto in calce al ricorso o su foglio separato, questo è comunicato al ricorrente, su cui grava l'onere di provvedere alle notifiche, ai sensi del comma 3.

La notifica del ricorso e del decreto di cui al comma 2, deve avvenire nei successivi 10 giorni, decorrenti dalla comunicazione della cancelleria del tribunale, e deve essere rivolta ai seguenti soggetti:

- all'ente della cui elezione si tratta, nel caso delle elezioni di comuni, province, regioni;

- all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso dell'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia;

- alle altre parti che vi hanno interesse, e, in ogni caso, ad almeno un controinteressato.

Nel disporre che il ricorso elettorale deve essere notificato alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato, l'art. 130 non introduce alcuna distinzione tra «soggetti che hanno interesse» a ricevere la notificazione del ricorso (cioè i soggetti eletti, cui il ricorso dovrebbe essere necessariamente notificato «ab origine») ed altri soggetti (che sarebbero semplici controinteressati e nei confronti dei quali sarebbe possibile una successiva integrazione del contraddittorio), ma si limita a ribadire il tradizionale principio secondo cui nel processo amministrativo (incluso quello elettorale) il ricorso va notificato a pena di inammissibilità all'Amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato e ad almeno un controinteressato (T.A.R. Sicilia (Catania) II, 6 dicembre 2012, n. 2764).

In linea generale, i controinteressati vanno individuati caso per caso facendo riferimento alla titolarità in capo ai medesimi di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso (elemento sostanziale) nonché al provvedimento impugnato che deve riguardare un soggetto determinato o quanto meno individuabile (elemento formale) che abbia un interesse qualificato alla conservazione dell'atto. Non è, viceversa, ritenuta necessaria la notificazione agli uffici elettorali, per la loro posizione di neutralità ed in quanto ritenuti non portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti (Gigli; nello stesso senso, v. anche Cons. St., Ad. plen., n. 16/1996).

In giurisprudenza si è ritenuto che nel giudizio avente ad oggetto l'atto di proclamazione degli eletti, sono parti necessarie unicamente l'ente al quale l'elezione si riferisce ed a cui vanno imputati i risultati elettorali, nonché, in qualità di controinteressati, i candidati della cui avvenuta elezione si discute e che, dunque, possono restare pregiudicati dalla chiesta modificazione del provvedimento impugnato. Non sono invece ritenuti legittimati passivi gli altri organi o le amministrazioni diverse dal predetto ente (ad es., il Ministero dell'interno, il quale interviene nel procedimento elettorale esclusivamente ai fini organizzatori (Cons. St. n. 1982/2015; Cons. St. n. 4762/2013; Cons. St. n. 496/2008) o gli uffici elettorali, trattandosi di organi temporanei, non aventi interesse giuridicamente rilevante rispetto al mantenimento dei risultati derivanti dalle elezioni; T.A.R.  Catania  II, 10 marzo 2021, n. 728; T.A.R. Calabria (Catanzaro) I, 20 marzo 2015, n. 517; TAR Campania (Salerno), 6 dicembre 2012, n. 2255.

I controinteressati debbono essere individuati, in primis, nei soggetti proclamati come eletti dall'ente delle cui elezioni si discute. La mancata notificazione ai soggetti indicati al comma 3 determina l'inammissibilità del ricorso ( T.A.R. Piemonte II, n. 1079/2012, che a tal fine, non ha ritenuto che la notifica al Comune, quale ente interessato della procedura, potesse comprendere anche il Sindaco, quale soggetto eletto e controinteressato rispetto all'impugnazione). Non sono qualificabili come controinteressati le liste le liste che hanno partecipato alle elezioni (considerate come un insieme di determinati candidati, prive di soggettività giuridica), al contrario dei candidati eletti nelle liste contrapposte e, più precisamente, i candidati della cui avvenuta elezione si discute e che, dunque, possono restare pregiudicati dalla richiesta modificazione del provvedimento impugnato ( T.A.R. Toscana II, 24 ottobre 2014, n. 1635). Nel caso del rinnovo dei consigli comunali, non può ritenersi controinteressato il sindaco, la cui elezione non sarebbe direttamente pregiudicato dall'esito del ricorso, ma che avrebbe piuttosto un interesse mediato e indiretto all'elezione di taluni consiglieri piuttosto che altri (T.A.R. Sicilia (Catania) II, 1 dicembre 2016, n. 3118).

Avvenuta la notifica ad almeno uno dei controinteressati, può essere disposta successivamente l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri controinteressati ( Cons. St. n. 6533/2000). Ai controinteressati, ma non ad altri soggetti, privi dell'interessa a conservare il risultato elettorale conseguito, è ammessa la possibilità di proporre ricorso incidentale ( T.A.R. Piemonte I, 25 febbraio 2015, n. 352 ma vedi, in senso favorevole, T.A.R.  Latina I, 25 gennaio 2018 , n. 35, che ammette il cittadino elettore a proporre il ricorso incidentale sussistendo i presupposti degli articoli 28 e 50.). 

Laddove il ricorrente abbia introdotto il giudizio con una notifica ordinaria del ricorso (privo del decreto presidenziale previsto dalla norma in esame), tale irregolarità è suscettibile di essere sanata, nel caso in cui il ricorrente effettui una nuova notifica secondo le modalità previste e purché il deposito del ricorso avvenga, in ogni caso, entro trenta giorni, dalla proclamazione degli eletti (Cons. St. V, n. 3771/2014).

Il legislatore, con riferimento alla decorrenza del termine per la notifica, a seguito dell'emanazione del decreto presidenziale, ha colmato una lacuna presente nella precedente disposizione di legge che disciplinava il rito ( art. 83/11 del d.P.R. n. 570/1960). Tale norma, infatti, era stata dichiarata incostituzionale con sentenza n.155/1996 nella parte in cui faceva decorrere il termine di dieci giorni per la notificazione del ricorso unitamente al decreto presidenziale di fissazione d'udienza dalla data di tale provvedimento anziché dalla data di comunicazione di esso (Gigli, 1234).

Deposito del ricorso notificato

Ulteriore – e conclusivo – incombente per la corretta instaurazione del processo è costituito dalla necessità – prevista dal comma 4 della norma in commento – di depositare il ricorso e il decreto nella segreteria del tribunale adito entro dieci giorni dall'ultima notificazione di cui al comma 3. Il deposito deve comprendere anche la prova dell'avvenuta notificazione e gli atti e documenti del giudizio.

Al deposito si applicano le norme relative al processo amministrativo telematico, con riguardo ai ricorsi proposti successivamente al 1° febbraio 2017 (v. commento sub art. 136).

Si tratta, anche in tale caso, di termine perentorio, che determina l'inammissibilità del ricorso. Anche se la disposizione non prevede espressamente la perentorietà di detti termini, la giurisprudenza tuttavia ha logicamente dedotto questa conclusione dalla logica acceleratoria che pervade i processi in materia elettorale, nei quali massimamente rileva l'esigenza di definire speditamente le situazioni giuridiche controverse (T.A.R. Toscana, n. 9/2022).  Ed infatti, in questa prospettiva il deposito del ricorso in segreteria «con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio» (così il comma 4 dell'art. 130) ha una funzione essenziale ai fini dell'instaurazione del rapporto processuale, perché consente al giudice adito di verificare se il contraddittorio con le parti evocate in giudizio sia stato correttamente instaurato e tanto al primo quanto a queste ultime di prendere piena cognizione della controversia ( Cons. St. V, n. 1190/2016).

Il termine di dieci giorni, previsto dall' art. 83 comma 11, d.p.r. n. 570 /1960 e sostanzialmente riprodotto dall' art. 130 comma 4 c.p.a. per il deposito del ricorso notificato, ha natura perentoria e decorre dal momento in cui il destinatario riceve la notificazione dell'atto e non già dal momento, eventualmente successivo, in cui il notificante riceva l'avviso del perfezionamento della notifica effettuata tramite il servizio postale ( T.A.R. Liguria II, 4 febbraio 2011, n. 219).

Costituzione delle parti e ricorso incidentale

Ai sensi del comma 5, l'amministrazione intimata ed i controinteressati devono depositare in segreteria le proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla avvenuta notifica nei suoi confronti del ricorso. Si tratta di un termine perentorio (T.A.R. Basilicata I, 4 dicembre 2014, n. 816; T.A.R. Piemonte I, 15 gennaio 2014, n. 66; nel previgente regime, Cons. St. V, n. 2002/1998).

Si ritiene tutt'oggi valido l'orientamento formatosi anteriormente al codice secondo cui il termine impedirebbe il deposito di scritti, ma non la possibilità di presentare difese orali in udienza (De Nictolis, Proc. amm., 2556; cfr. sul punto Cons. St. n. 2002/1998 e Cons. St. n. 3924/2002).

Pur se è vero che il deposito di memorie, documenti e repliche ove siano decorsi i termini perentori previsti dall' art. 73 comma 1 Cod. proc. amm. dimidiato nel rito elettorale ai sensi dell'art. 130 comma 10 stesso codice, determina lo stralcio dagli atti del giudizio o comunque l'inutilizzabilità delle memorie e dei documenti depositati tardivamente, dei quali non si tiene conto ai fini del decidere, è altresì vero che la ratio di tale disciplina si rinviene, da un lato, nella tutela del diritto di difesa e l'ineludibile principio del contraddittorio e, dall'altro, nell'esigenza di assicurare l'ordinato lavoro del giudice che, al momento dell'udienza pubblica, non conosce il contenuto degli atti depositati fuori termine; pertanto, se l'atto depositato dal ricorrente non riguarda né scritti difensivi né documenti, bensì è la prova dell'avvenuta rinnovazione della notifica del ricorso originario, non vi è alcuna lesione del diritto di difesa dell'Amministrazione né, di conseguenza, alcuna elusione, attraverso il differimento, su istanza di parte, dell'udienza pubblica, dei termini di cui al predetto art. 73 (T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) 9 febbraio 2017, n. 70).

I controinteressati possono anche proporre ricorso incidentale. Con riferimento alle modalità e i termini, la proposizione del ricorso incidentale segue le forme del ricorso principale ordinario, con termini dimezzati ai sensi dell'art. 130, comma 10, da individuarsi in rapporto a quelli del “processo ordinario” (Cons. St., II, n. 5428/2021).

In questo senso, in giurisprudenza si è affermato che, ove nel rito elettorale di cui all'art. 130 sia proposto ricorso incidentale, ai fini della valutazione sulla sua ricevibilità, occorre far riferimento non ai termini processuali fissati, con riferimento alle sole controdeduzioni, dall'art. 130, comma 5 (ossia quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata), ma a quelli previsti dall' art. 42, comma 2, c.p.a. per il ricorso incidentale nel rito ordinario, ridotti alla metà in forza della previsione di cui all'art. 130, comma 10. Si tratta di soluzione ritenuta «la più conforme, oltre che al dettato normativo, ai chiari principi espressi dal codice del processo amministrativo di parità delle armi ed effettività della tutela giurisdizionale» (T.A.R. Puglia (Bari) I, 1° aprile 2015, n. 522).

Secondo altre posizioni, il dimezzamento dei termini previsto anche per il ricorso incidentale al comma 10 opererebbe rispetto al termine ordinario proprio del ricorso elettorale e pertanto il ricorso incidentale deve essere notificato entro 15 giorni dalla notifica del ricorso principale (v. T.A.R. Lombardia, n. 173/2017; Cons. St. V, n. 2087/2016, che dichiara improcedibile il ricorso incidentale notificato al sedicesimo giorno successivo alla notifica del ricorso principale). Secondo il Consiglio di Stato, non sarebbe applicabile il termine ordinario di 30 giorni dalla notifica del ricorso principale ai sensi dell'art. 42, comma 1, del codice del processo, posto che per questo speciale giudizio, disciplinato per il primo grado dall'art. 130, è previsto un generale dimezzamento dei termini rispetto a quelli «del processo ordinario», salvo quelli specificamente disciplinati dalla disposizione in esame (comma 10). Quindi, mentre il precedente il comma 5 fissa in 15 giorni dalla notifica del ricorso principale per la costituzione in giudizio delle parti diverse dal ricorrente, in virtù del citato dimezzamento previsto dal comma 10 dell'art. 130 lo stesso termine è applicabile allorché queste ultime intendano avvalersi della facoltà prevista dall'art. 42 di proporre a loro volta l'impugnativa in via incidentale. La sezione ritiene paradossale che nel giudizio di impugnazione degli esiti elettorali, in cui è massima l'esigenza di bilanciare il diritto costituzionale di azione in giudizio con la stabilità dei risultati elettorali e degli organi a legittimazione democratica, la costituzione in giudizio fosse assoggettata ad un termine inferiore al ricorso incidentale, laddove quest'ultimo, a differenza della difesa contenuta nei limiti della domanda principale, determina un ampliamento del thema decidendum. Nello stesso senso, Cons. St., n. 755/2014, che dopo aver ricordato che i risultati delle operazioni elettorali possono essere contestati «solo nel rispetto dei termini perentori previsti dalla legge», ritiene che le medesime considerazioni di celerità «rilevano anche per il ricorso “incidentale” (rispetto al quale sussistono identiche esigenze anche alla luce del principio della parità delle parti)».

In senso conforme all'orientamento più recente, secondo cui il termine entro cui notificare il ricorso debba essere 30 giorni dal ricevimento del ricorso principale, da depositarsi nei quindici giorni successivi (De Nictolis, Proc. amm., 2557).

La tempestiva notifica è infatti un adempimento necessario ai fini della corretta introduzione di un atto ampliativo del thema decidendum, quale il ricorso incidentale, e della rituale instaurazione del contraddittorio.

Dall'assenza di notifica del ricorso incidentale discende l'inammissibilità del gravame (cfr. Cons. St. V, n. 1631/2012; Cons. St. IV, n. 8280/2010; Cons. St. V, n. 3747/2009; Cons. St. VI, n. 2602/2008). Diversamente dalle semplici difese scritte, mediante le quali i controinteressati si limitano a rappresentare ragioni di confutazione dei motivi proposti dal ricorrente principale e per le quali è sufficiente il mero deposito entro i termini indicati (cfr. T.A.R. Lazio (Latina) I, 27 maggio 2010, n. 952; T.A.R. Lombardia ( Milano) IV, 14 ottobre 2010, n. 6943 e T.A.R. Lombardia (Milano) 2 febbraio 2010, n. 231), con il gravame incidentale chiede anche che l'atto venga modificato in maniera diversa e per sé più vantaggiosa rispetto a quanto introdotto con ricorso principale. Per tale atto è quindi necessario una preliminare specifica notificazione e un successivo deposito, «con la prova delle eseguite notificazioni». La carenza di uno dei due adempimenti necessitati determina l'inammissibilità della domanda (T.A.R. Piemonte I, 15 gennaio 2014, n. 66, confermato sul punto da Cons. St. V, 17/02/2014, n. 755).

Anche per il ricorso incidentale (rispetto al quale sussistono identiche esigenze di rispetto del principio della parità delle parti), si è ritenuta irrilevante la circostanza che l'elettore o il soggetto leso, intenzionato a proporre un ricorso giurisdizionale, abbia percepito tardivamente la sussistenza di specifici vizi delle operazioni ovvero non abbia avuto la concreta possibilità di essere a conoscenza di tutti i vizi delle operazioni elettorali.

Non può quindi ammettersi l'ampliamento sine die del thema decidendi dopo la scadenza del termine di decadenza, ad esempio dimostrando che la conoscenza di vizi delle operazioni elettorali è conseguita a indagini od informative, ovvero è derivata dalla cura con la quale si sia seguito l'andamento di un procedimento penale ( Cons. St. V, 17 febbraio 2014, n. 755, Cons. St. V, n. 3924/2002; Cons. St. V, n. 519/1999; Cons. St. V, n. 247/1997).

Analogamente inammissibile è stato ritenuto il ricorso incidentale con cui si fa valere una posizione autonoma, come incisa dall'atto di proclamazione degli eletti, dovendosi in tal caso proporre la relazione azione con autonomo ricorso da notificare nei termini previsti dal 130, comma 1, lett. a),  c.p.a. e non utilizzare le forme del ricorso incidentale, pena un aggiramento dei perentori termini ivi stabiliti (Cons. St., II, n. 8756/2024).

Con riferimento alla possibilità per i ricorrenti di produrre ulteriori atti o repliche alle argomentazioni esposte dalle controparti in sede di discussione, si è ritenuto che la stessa vada circoscritta a quei casi in cui l'oggetto del giudizio risulti ampliato, specie in seguito ad adempimenti istruttori, rispetto alle deduzioni compendiate nell'atto introduttivo (T.A.R. Friuli Venezia Giulia (Trieste), I, n. 239/2018).

Dimidiazione dei termini

Per tutti i termini non espressamente previsti dalla norma in commento, il comma 10 prevede la dimidiazione di tutti i termini processuali, nell'intento di rendere ancora più celere lo svolgimento del giudizio.

Ciò è applicabile non solo al ricorso incidentale (come appena visto), ma anche ad altri istituti, quali, ad es., i termini per l'intervento in giudizio (da trenta a quindici giorni prima dell'udienza), per le memorie di udienza (fino a 10 giorni liberi prima dell'udienza) e per i motivi aggiunti (notificati entro 30 giorni dalla conoscenza degli atti e depositati entro 15 giorni).

Il ricorso elettorale delimita i poteri istruttori e decisori del giudice amministrativo nell'ambito delle specifiche censure tempestivamente formulate, non ammettendosi l'ampliamento sine die del thema decidendi dopo la scadenza del termine di decadenza (ciò vale sia per il ricorso principale, sia per il ricorso incidentale e per i motivi aggiunti;  Cons. St. II, n. 113/2021).  Sono da ritenersi inammissibili i motivi aggiunti che non rappresentano uno sviluppo delle censure già proposte con il ricorso principale e con quelle incidentale, ma introducono censure nuove fondate sugli esiti della verificazione espletata nel corso del giudizio di primo grado. Nel processo elettorale, infatti, mentre sono ammissibili i motivi aggiunti che costituiscano svolgimento di censure tempestivamente proposte, non sono deducibili vizi inediti e cioè vizi che non trovano sufficiente e adeguato riscontro in quelli dedotti col ricorso introduttivo, come i nuovi motivi derivanti da verificazioni istruttorie, dovendosi conciliare i contrapposti interessi in gioco della effettività della tutela giurisdizionale e della celerità e speditezza che il giudizio elettorale deve in ogni caso assicurare ( Cons. St. V, n. 1477/2016; Cons. giust.  amm., n. 733/2012).

L'atto di integrazione del contraddittorio, di cui all'art. 49, è un atto processuale suscettibile di deposito nella segreteria del giudice, entro un termine perentorio, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario (art. 45, comma 1). Al riguardo, in tema di controversie elettorali, l' art. 130, d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, non presenta alcuna differenza di contenuto rispetto al precedente art. 45 che disciplina le modalità di deposito del ricorso e di tutti gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione, senza alcuna eccezione, se non con riguardo ai termini (T.A.R. Sicilia (Palermo) II, 20 dicembre 2012 n. 2692).

Nel rito elettorale trovano ingresso anche eventuali azioni di accertamento e condanna.

Le azioni di accertamento e di condanna sono proponibili anche in materia elettorale. L'elettore, legittimato a dedurre l'illegittimità degli atti del procedimento elettorale (ex art. 130), è a fortiori facultizzato — secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata sensibile ai principi di pienezza, effettività e tempestività della tutela giurisdizionale — a contrastare le condotte che illegittimamente impediscono o ritardano lo stesso avvio del procedimento elettorale ( Cons. St. V, n. 6002/2012).

Motivi di ricorso e principio di prova

Una questione largamente dibattuta, che ha anche generato posizioni divergenti nella elaborazione giurisprudenziale, riguarda il principio della domanda e, in particolare, la specificità dei motivi di ricorso e delle allegazioni probatorie a loro supporto.

Invero, secondo un più risalente e maggioritario orientamento, di cui ancora si registrano decisioni in senso conforme, nel contenzioso elettorale sussiste un'attenuazione dell'onere di specificazione dei motivi di ricorso. Secondo tale orientamento, purché specificati i motivi di gravame, le allegazioni di parte non necessitano di alcun supporto probatorio, neppure sotto il profilo del mero principio di prova.

In altri termini, si è ritenuto che la mera prospettazione specifica del vizio sarebbe idonea a eccitare il potere istruttorio officioso del Giudice, che si traduce nella verificazione del risultato elettorale attraverso la sostanziale ripetizione dello spoglio delle schede già scrutinate nell'ambito delle operazioni elettorali (Cons. St. V, n. 8200/2003, che richiama i precedenti della medesima sezione Cons.St. V, n. 1447/2003; Cons. St. V, 5692/2001; Cons. St. V, 796/2001; Cons. giust.  amm., 18 maggio 2007, n. 392). Ciò in quanto, tanto più puntuali e dettagliati sono i motivi dedotti, tanto più si riduce la necessità di ancorare la verifica dell'ammissibilità del gravame ad ulteriori elementi fattuali che corroborino le allegazioni poste a base dell'azione. In altre parole è l'analiticità delle contestazioni che rappresenta indizio dell'attendibilità della ricostruzione proposta (Cons. St. V, 2 settembre 2004 n. 5742).

Secondo una diversa e più rigorosa prospettiva, maturata successivamente all'entrata in vigore del codice, sarebbe invece necessario distinguere i due piani, quello dell'onere di allegazione e dell'onere probatorio, richiedendo per entrambi una concreta indicazione degli elementi a sostegno. Invero, la prova dei fatti rappresenta un momento ontologicamente successivo al piano dell'allegazione di parte, che non può essere omesso in ragione dell'asserita vicinanza della prova alla controparte processuale.

Pertanto, nei giudizi elettorali al ricorrente incombe non soltanto l'onere di offrire una prospettazione dei fatti sufficientemente articolata, ma anche quello di fornire almeno un principio di prova delle circostanze di fatto poste a fondamento delle specifiche censure dedotte (Cons. St. V, n. 7131/2003; Cons. St. V, n. 2855/2003).

Quindi, seppure è attenuato l'onere della prova — come tipicamente avviene nel processo amministrativo — si richiede nondimeno che le censure dedotte debbano essere sostenute almeno da qualche riscontro oggettivo, quale ad esempio le contestazioni contenute nei verbali elettorali, dovendosi escludere che il ricorso elettorale possa limitarsi alla formulazione di censure sfornite di qualsiasi principio di prova, volte ad ottenere, tramite l'attività istruttoria del giudice, il riesame delle operazioni di scrutinio e l'eventuale correzione dei risultati elettorali.

Conseguentemente, non può ritenersi sufficiente la mera dichiarazione dell'elettore, non accompagnata da elementi oggettivi, quali riscontri nei verbali, atteso che la presenza dei rappresentanti di lista ha proprio lo scopo di garantire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali e di far menzione e contestare nell'immediatezza eventuali irregolarità ( Cons.St., V, n. 2197/2014; Cons. St. V, n. 3931/2014; Cons. St. V, n. 4241/2014; Cons. St. V, n. 4474/2013; Cons. St. n. 2541/2012; T.A.R. Lazio (Roma) II, 1° dicembre 2014, n. 12034).

Tale posizione è stata avallata daAd. Plen.20 novembre 2014, n. 32, che ha affermato il principio per cui nel giudizio elettorale l'onere di specificazione dei motivi, seppure lievemente temperato, richiede sempre, ai fini dell'ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che vengano indicati, con riferimento a circostanze concrete, la natura dei vizi denunziati (in senso conforme, Cons. St. V, n. 3280/2016). È dunque necessario ai fini dell'ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che l'atto introduttivo indichi, non in termini astratti ma con riferimento a fattispecie concrete, la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono, mentre si appalesano inammissibili azioni esplorative volte al mero riesame delle operazioni svolte svolte (Cons. St. II, n. 3483/2022; Cons. St. V, n. 1477/2016).

Sempre nel senso prospettato, rilevato che secondo l'orientamento invocato dall'appellante, l'onere di esporre i motivi specifici su cui si fonda il ricorso elettorale deve essere valutato con rigore attenuato, posto che l'interessato, non avendo la facoltà di esaminare direttamente il materiale in contestazione, deve rimettersi alle indicazioni provenienti da terzi (che possono essere imprecise o non esaurienti), si è ritenuto nondimeno che il suddetto onere deve intendersi osservato quando l'atto introduttivo indichi la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono le medesime (Cons. St. II, n. 5428/2021; T.A.R. Palermo (Sicilia) I, 12 gennaio 2022, n. 44; T.A.R. Genova, (Liguria), II, 10 novembre 2017, (dep.10/11/2017), n. 822). ).  Con riguardo all'onere di indicare i mezzi di prova, qualora non vi sia contestazione dell'esposizione dei fatti contenuta nel verbale delle operazioni elettorali, ma il ricorrente lamenti che le determinazioni assunte dal seggio elettorale siano il frutto di una errata (e perciò illegittima) applicazione della normativa che regola le operazioni in questione, la dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio, prodotta a sostegno del ricorso elettorale, potrà considerarsi principio di prova idoneo a legittimare la richiesta al giudice di disporre acquisizioni istruttorie (Cons. St. V,  n. 3142/2017).

Fermo restando la necessità di dedurre motivi specifici e non generici, l'onere della prova che grava sul ricorrente può anche fondarsi su elementi indiziari, purché dotati di attendibilità sufficiente (T.A.R. Lazio II, n. 1081/2022). E’ quindi da dichiararsi inammissibile un ricorso che, lungi dal far valere specifici motivi di annullamento della procedura, si limiti a richiedere il mero riesame dei risultati elettorali (Cons. St. V, n. 3921/2000).

Tale impostazione appare quella più idonea a conformarsi al principio acquisitivo, secondo cui il potere officioso del Giudice si innesta (non già sulla sola allegazione di parte, ma anche) su elementi che, pur non potendo assurgere al rango di prova piena e diretta del vizio allegato (in quanto il materiale elettorale — specialmente le schede votate- non è nella disponibilità del ricorrente), per la loro serietà e congruenza supportano validamente le allegazioni di fatto offerte dalla parte ricorrente (Cons. St. V, n. 3381/2015; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 23 gennaio 2015, n. 57; T.A.R. Trentino-Alto Adige (Trento) I, 9 ottobre 2015, n. 377).

Richiamandosi a tale orientamento, si è ritenuto che la dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio, prodotta a sostegno di un ricorso elettorale, può validamente considerarsi principio di prova idoneo a legittimare la richiesta, rivolta al giudice, di disporre acquisizioni istruttorie istruttorie (T.A.R. Roma (Lazio),  II, 8 febbraio 2022, n.1465).  Ed infatti, la mancata verbalizzazione di osservazioni o contestazioni dei rappresentanti di lista, in dissenso dalle decisioni del seggio, non può rappresentare una sostanziale acquiescenza non più ritrattabile a mezzo della sostituzione dichiarativa dell'atto notorio, in quanto la rilevanza probatoria della dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio, rilasciata dai rappresentanti di lista ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, non può essere esclusa ipotizzando un onere con effetto decadenziale che non trova conforto in alcuna disposizione e risulta, anzi, incompatibile con la facoltatività sia della presenza del rappresentante di lista ( art. 32, comma 9, n. 4, del d.P.R. n. 570/1960) sia della contestazione immediata di eventuali rilievi o dissensi (artt. 54 e 68 del medesimo d.P.R. n. 570/1960) ( Cons. St.,Ad. plen.n. 32/2014; Cons. St. V,  n. 1821/2017). E’ quindi censurabile la decisione del TAR di non disporre un'attività istruttoria finalizzata a verificare le dichiarazioni notorie rilasciate (nel caso di specie, a verificare se effettivamente il Presidente del seggio aveva permesso a persone estranee di toccare e manipolare le schede; Cons. St. II, n. 112/2022).

Con riferimento alle tabelle di scrutinio che di norma accompagnano i verbali, queste rappresentano, secondo consolidata giurisprudenza, «un obiettivo elemento di riscontro» dei dati dei verbali stessi (cfr. ex multis, Cons. St. V, n. 401/2010; T.A.R. Umbria I, 23 luglio 2014, n. 408) e pertanto, qualora non sia possibile ricavare con certezza dagli stessi i voti di preferenza espressi, il giudice può disporre in via istruttoria una verificazione, di norma affidata alla prefettura e da svolgersi in contraddittorio con le altre parti, sui voti effettivamente espressi dagli elettori, in relazione alle sezioni in contestazione(T.A.R. Lazio (Latina) ord. n. 139/2022; T.A.R. Lazio (Roma), n. 2525/2017).

Udienza di discussione, sentenza e comunicazioni

Secondo il generale principio di celerità e concentrazione del processo elettorale, in base al comma 6 dell'art. 130, dopo aver sentito le parti, se presenti, all'udienza di discussione, il collegio pronuncia la sentenza.

Anche il previgente rito si improntava al principio di celerità. Infatti, l' art. 83/11 del d.P.R. n. 570/1960 prevedeva che all'udienza fissata, salvo esigenze istruttorie — sulle quali il giudice disponeva con ordinanza non appellabile potendo anche richiedere l'ausilio di organi della prefettura in caso di particolari verifiche — il Collegio pronunciava la decisione con lettura immediata del dispositivo (cfr. Gigli, 1235 e, per la relative prassi applicative, v. Cons. St. V, n. 2001/3212; Cons. St. V, n. 471/1986; Cons. St. V, n. 1160/1991)

L'art. 73 ultimo comma, nella parte in cui impone al giudice — che ritenga di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio — di indicarla alle parti in udienza, dandone atto a verbale, è del tutto compatibile con il rito speciale proprio del contenzioso elettorale, trattandosi di norma avente a fondamento generale il canone del contraddittorio; né la semplice indicazione alle parti, in udienza, di una questione rilevabile d'ufficio ha di per sé un impatto sui tempi processuali suscettibile di apparire incompatibile con il regime accelerato proprio del rito delineato dagli artt. 130 e 131 (Cons. St. V, n. 3557/2012).

Ai sensi del successivo comma 7, la sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Nel caso in cui la «complessità delle questioni» oggetto del giudizio non consente la pubblicazione della sentenza in un termine così ristretto, si prevede in ogni caso la pubblicazione del dispositivo (sempre entro il giorno successivo all'udienza) e la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi (alla pubblicazione del dispositivo).

A differenza del rito di cui all'art. 129, che dispone espressamente la forma semplificata per la sentenza che definisce il relativo giudizio, nel caso del rito in commento la sentenza è redatta nella forma ordinaria.

Il comma 8 dispone, infine, la trasmissione immediata della sentenza, a cura della segreteria del tribunale amministrativo, all'ente cui si riferisce l'elezione (ossia, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, o al presidente dell'ufficio elettorale nazionale). Questi, ricevuta la sentenza, ha l'obbligo di pubblicare entro ventiquattro ore il dispositivo della sentenza nell'albo o nel bollettino ufficiale dell'ente interessato a mezzo del segretario. La pubblicazione dovrà durare almeno 15 giorni. Nel caso di elezioni relative a comuni, province e regioni la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Il medesimo onere di pubblicazione sussiste anche una volta sia passata in giudicato la sentenza; in tal caso si annota sulla copia già pubblicata, la sua definitività.

Ulteriore obbligo di trasmissione incombe sull'ente della cui elezione si tratta, il quale dovrà comunicare, ai sensi del comma 11, «agli interessati la correzione del risultato elettorale» (nel caso di elezioni europee, la comunicazione dovrà essere eseguita, oltre che agli interessati, anche alla segreteria del parlamento europeo).

Il potere correttivo del giudice

Con riguardo al contenuto della sentenza, il comma 9 attribuisce al giudice, in caso di accoglimento del ricorso, il potere di correzione diretto del risultato delle elezioni, sostituendo ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo.

Si è osservato trattarsi di un'ipotesi particolare di giurisdizione estesa al merito, dove il giudice — non si sostituisce all'amministrazione nelle valutazioni di opportunità che le competono — ma interviene direttamente sul risultato elettorale, mediante un potere sostitutivo di tipo correttivo (Caringella,Manuale, 776), che rappresenta espressione di potestà amministrative vincolate, quale è il potere di proclamazione degli eletti (Pellegrino, 1067).

Il potere correttivo riguarda anche le elezioni relative al Parlamento europeo, riguardo alle quali la norma precisa che i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto (con ciò innovando rispetto al regime precedente in cui il potere correttivo spettava all'ufficio elettorale).

La peculiare natura del potere di correzione diretta dei risultati delle elezioni trova ragione anche nella natura temporanea degli organi elettorali che, una volta sciolti, non potrebbero in ogni caso intervenire in autotutela per correggere il risultato.

Per questi ultimi, invero, la giurisprudenza ha da tempo osservato che essi dispongono del potere di intervenire in autotutela per correggere gli errori in cui siano eventualmente incorsi, ma nel rispetto di precisi limiti temporali, segnati dalla scadenza della fase del procedimento elettorale alla quale quegli organi sono preposti ed oltre la quale essi non possono più disporre degli effetti degli atti da loro stessi adottati (cfr. Cons. St. V, n. 2588/2011; Cons. St. V, n. 19/1987; T.A.R. Campania, n. 3640/2013), né, tanto meno, possono riconvocarsi a tale scopo (cfr. Cons. St. V, n. 64/1974).

La giurisprudenza, nel procedere alla correzione dei risultati elettorali, ha delineato alcuni principi che guidano l'esercizio di tale potere sostitutivo. In particolare, si tratta de:

- il principio della strumentalità delle forme, in base al quale possono comportare l'annullamento delle operazioni elettorali un'irregolarità o la mancanza di requisiti aventi carattere sostanziale, ossia insuscettibili di essere rinvenuti aliunde e posti a presidio di una espressa manifestazione di volontà elettorale (e, di converso, non determinano annullamento delle operazioni i vizi di tipo formale o mere irregolarità, che non compromettono la libera espressione del diritto di voto) (cfr. Cons. St. III, n. 2159/2016, che ha ritenuto non invocabile il principio nel caso di mancanza dell'autenticazione della sottoscrizione del candidato di accettazione della lista, la quale è posta a presidio della effettiva e certa volontà di accettazione della candidatura nella lista per quella specifica Municipalità; v. anche Cons. St. V, n. 3151/2014). Il principio in questione comporta, anche alla luce dei generali principi di conservazione dell'atto, che deve considerarsi quale illegittimità non invalidante nel procedimento elettorale la presenza di vizi formali, qualora sia accertato che il contenuto del provvedimento non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in ossequio al preminente interesse alla stabilità del risultato elettorale ( Cons.St. III, 4863/2016; Cons. St. V, n. 1374/2015; v. anche Cons. St., V, n. 2920/2015; Cons.St. n. 6089/2002; Cons. St. n. 6104/2000; Cons. St. n. 4830/2001; Cons. St. n. 3097/2011; T.A.R. Emilia-Romagna II, 16 maggio 2016, n. 512; T.A.R. Campania (Salerno) I, 9 febbraio 2016, n. 332; T.A.R. Campania (Napoli) II, 24 aprile 2015, n. 2362; T.A.R. Puglia (Bari) II, 6 maggio 2015, n. 673).

- il principio della c.d. prova di resistenza, in base al quale non è consentito al giudice di pronunciare l'annullamento dei voti in contestazione se l'illegittimità denunciata al riguardo non ha influito in concreto sui risultati elettorali, e quindi l'eliminazione di tale illegittimità non determinerebbe in ogni caso la modifica dei risultati medesimi. Così, ad esempio, un evidente disordine nello svolgimento delle operazioni elettorali, attesa la non corrispondenza tra i numeri delle schede autenticate, votate e residuate, non appare suscettibile di condurre all'annullamento delle operazioni, se non viene altresì dimostrata la sua concreta incidenza sul risultato elettorale, non essendo sufficiente un mero dubbio (Cons. St. II, n.  7294/2021; Cons. St. III, n. 275/2017; Cons. St. n. 2950/2016).

Tale regola non è tuttavia invocabile qualora le irregolarità siano così diffuse e generali da comportare una lesione profonda al diritto di voto e alla stessa trasparenza del procedimento elettorale, ovvero sono tali da far emergere un quadro di assoluta incertezza in ordine al corretto formarsi della volontà elettorale (Cons. St. III, n. 1489/2017; Cons. St. n. 610/2016; Cons. St. V, n. 1059/2016; Cons. St. V, n. 4241/2014; C.G.A. n. 46/2014; Cons. St. V, n. 5670/2011; T.A.R. Sardegna I, 28 aprile 2016, n. 374; T.A.R. Piemonte I, 25 febbraio 2015, n. 352).

- il principio della domanda che, nella peculiare materia elettorale, si traduce nel divieto per il GA di procedere ad un controllo generalizzato delle operazione elettorali, potendo lo stesso pronunciarsi solo su vizi specifici, dovendo rimanere nei limiti della domanda. Sarebbe illegittimo l'esercizio di un potere correttivo riferito, ad esempio, a candidati diversi che non hanno impugnato l'atto di proclamazione ( Cons. St., n. 610/2016; Cons. St. V, n. 3280/2016; Cons. St.Ad. plen., 32/2014;T.A.R. Lazio (Roma) II, 3468/2017; Cons. St. n. 12034/2014).

Nello stesso senso si è sottolineato come, nel giudizio elettorale, il giudice non esercita una giurisdizione di diritto obiettivo e non può rieffettuare alcun calcolo, se non in sede di esame di censure ritualmente proposte. Infatti, pur rientrando nella giurisdizione tradizionalmente definita «estesa al merito», nella quale cioè al giudice amministrativo sono attribuiti poteri di intervento aggiuntivi ed ulteriori rispetto a quello puramente demolitorio, tali giudizi non riguardano tanto la tutela di diritti soggettivi, quanto piuttosto l'interesse alla certezza dei rapporti di diritto pubblico, con la conseguenza che i poteri esercitabili dal giudice sono necessariamente circoscritti nell'ambito costituito dall'oggetto del giudizio, così come delimitato dal ricorrente con la tempestiva indicazione degli specifici vizi da cui sono affette le operazioni elettorali e, in particolare, dell'atto di proclamazione degli eletti che le conclude ( Cons.St. V, n. 2773/2014; Cons. St. n. 755/2014; v. anche Cons. St. V, n. 2009/2002; Cons. St. n. 796/2001; Cons. St. n. 3735/2002).

Cionondimeno, l'interesse generale alla correzione del risultato elettorale può giustificare l'accoglimento della impugnativa anche qualora l'addizione dei voti non conduca alla elezione del ricorrente (ma soltanto ad una sua migliore posizione nella graduatoria dei non eletti), anche avuto riguardo ad un possibile avvicendamento tra i candidati eletti e quelli non eletti ma collocati in graduatoria (T.A.R. Bologna, Emilia-Romagna,  II, 31/10/2017, n. 699).

Se per effetto della decisione del giudice è disposto l'annullamento delle elezioni comunali, trova applicazione l' art. 85, d.P.R. n. 570/1960, a mente del quale il Prefetto provvede all'amministrazione del Comune a mezzo di un commissario sino a quando, a seguito di impugnativa, la decisione predetta non venga sospesa o il Consiglio comunale non sia riconfermato con decisione definitiva, oppure sino a quando il Consiglio medesimo non venga rinnovato con altra elezione. Si procede, quindi, al rinnovo delle elezioni al primo turno utile.

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