Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 118 - Decreto ingiuntivo

Raffaele Tuccillo

Decreto ingiuntivo

 

1. Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, si applica il Capo I del Titolo I del Libro IV del codice di procedura civile. Per l'ingiunzione è competente il presidente o un magistrato da lui delegato. L'opposizione si propone con ricorso.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Emissione decreto ingiuntivo 30 giorni Dal deposito del ricorso
Notificazione decreto ingiuntivo 60 giorni se l'intimato risiede in Italia o 90 giorni se all'estero Dalla pronuncia
Termine per il pagamento della somma ingiunta 40 giorni, riducibili a 10 o aumentabili a 60. Se l'intimato risiede in altro Stato d'Europa: 50 giorni riducibili a 30. Se l'intimato risiede fuori Europa: da 30 a 120 giorni. Dalla notifica
Opposizione a decreto ingiuntivo 40 giorni Dalla notificazione del decreto
Deposito opposizione a decreto ingiuntivo 30 giorni Dal perfezionamento dell'ultima notificazione

Inquadramento

L'istituto del decreto ingiuntivo trova applicazione dinanzi al giudice amministrativo solo per le materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ed aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale. Più precisamente, il legislatore rinvia interamente al Capo I, Titolo I, del Libro IV del codice di procedura civile al fine di individuare la disciplina applicabile, premurandosi solo di sottolineare che, per la fase dell'ingiunzione, è competente il presidente o un magistrato da lui delegato e l'opposizione si propone con ricorso. La rilevanza del procedimento monitorio risiede nel fatto che esso consente di ottenere, in presenza dei presupposti di legge, inaudita altera parte, un provvedimento di condanna denominato ingiunzione costituente titolo esecutivo. Tale funzione si realizza, consentendo al giudice di emanare un provvedimento di condanna in assenza di contraddittorio e spostando sul debitore ingiunto (destinatario del provvedimento di condanna) l'onere di instaurare un processo a cognizione piena.

Evoluzione normativa

Prima della legge 21 luglio 2000, n. 205, dottrina e giurisprudenza dibattevano sull'ammissibilità del procedimento per decreto ingiuntivo dinanzi al giudice amministrativo, in caso di controversia vertente su diritti soggettivi. L' art. 8 l. 21 luglio 2000, n. 205, consentiva l'introduzione del ricorso per decreto ingiuntivo limitatamente alle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale in ipotesi di giurisdizione esclusiva. Il contenuto della disposizione è stato sostanzialmente trasposto nell'art. 118 che, con riferimento alla disciplina applicabile, richiama integralmente il codice di procedura civile, salva la competenza per l'ingiunzione e le modalità di proposizione dell'opposizione (Caringella; De Nictolis).

Ambito di applicazione

Il legislatore ha limitato l'applicabilità della disposizione alle controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale (Cass.S.U., n. 16308/2013; T.A.R. Abruzzo (Pescara), n. 4/2013).

L'impatto della sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004 (Corte cost. n. 204/2004) ha inevitabilmente inciso sulle ipotesi di applicabilità del procedimento.

Devono infatti ritenersi escluse dalla procedura le controversie aventi ad oggetto il mancato pagamento del corrispettivo dovuto per prestazioni effettuate dall'impresa aggiudicataria di un appalto, in quanto sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedura di affidamento, inerenti quindi la fase pubblicistica di scelta del contraente, mentre quelle successive alla conclusione del contratto, più propriamente privatistiche, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche con riferimento alla controversia avente ad oggetto il mancato pagamento di canoni concessori (Caringella).

Il procedimento di cui all'art. 118 non può proporsi dinanzi al giudice amministrativo per controversie rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario.

Ai sensi dell' art. 28, comma 3, del d.l. n. 69/2013, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, ove ne ricorrano i presupposti, il procedimento di cui all'art. 118 può essere esperito, limitatamente ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa, per ottenere il pagamento dell'indennizzo per il ritardo nella conclusione del procedimento.

La fase monocratica

La competenza ad adottare il decreto ingiuntivo è attribuita al presidente o a un magistrato da lui delegato. Si tratta di un provvedimento emesso da un organo monocratico e senza contraddittorio.

Il decreto ingiuntivo non opposto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile, dopo il decorso del tempo per proporre opposizione, solo per revocazione o per opposizione di terzo nei casi indicati dall' art. 656 c.p.c. (Ronco), e assume la piena autorità di cosa giudicata ai fini della proposizione del ricorso per ottemperanza.

La competenza territoriale

L'inadeguatezza delle regole poste dall'art. 13 per individuare il tribunale amministrativo regionale competente sul punto, lascia allo stato priva di una soluzione adeguata la tematica (De Nictolis). Si sottolinea, in dottrina, che anche nella giurisdizione esclusiva vi è pur sempre un atto amministrativo da impugnare o un comportamento connesso all'esercizio di un potere pubblicistico, sicché può ritenersi che la competenza per il decreto ingiuntivo vada determinata individuando il tribunale competente per l'atto amministrativo impugnato o per il comportamento inadempiente tenuto.

In caso di incompetenza o di difetto di giurisdizione del giudice adito, il ricorso sarà rigettato con decreto motivato ai sensi dell' art. 640, comma 2, c.p.c., che si riferisce a tutte le ipotesi in cui la domanda non è accoglibile. Ne discende che il ricorrente non potrà riassumere il giudizio dinanzi al giudice competente o dotato di giurisdizione (Ronco).

Il procedimento di ingiunzione

Il procedimento d'ingiunzione si articola in due fasi (Garbagnati; Colla).

La prima fase è sempre necessaria e si sviluppa dal momento del deposito del ricorso a quello della notifica del decreto ingiuntivo ovvero della pronuncia del decreto di rigetto dell'istanza, dando vita ad un procedimento sommario tipico, caratterizzato da una cognizione parziale (per l'assenza di contraddittorio), sottoposto a speciali condizioni di ammissibilità ed attraverso il quale viene esercitata un'azione speciale di condanna: questa è chiaramente finalizzata alla rapida formazione di un titolo esecutivo (Mandrioli) e si fonda sulla possibilità che la pretesa creditoria fatta valere suo tramite non venga contestata dal debitore (Proto Pisani).

La successiva seconda fase, invece, è solamente eventuale e viene introdotta su iniziativa del soggetto ingiunto, il quale — con la notifica di un atto di citazione o con il deposito di un ricorso — propone opposizione al decreto ingiuntivo notificatogli, introducendo un processo ordinario disciplinato dalle regole della cognizione piena ed esauriente e destinato a concludersi con una sentenza che direttamente (in caso di accoglimento, anche parziale, dell'opposizione) o indirettamente (in caso di rigetto dell'opposizione e di conferma del decreto ingiuntivo) detterà il regolamento sostanziale della res controversa.

I presupposti della tutela monitoria

Ai sensi dell' art. 633, comma 1, c.p.c., il ricorso per decreto ingiuntivo presuppone la sussistenza di un diritto di credito avente ad oggetto una somma di denaro o una determinata quantità di cose fungibili o il diritto alla consegna di una cosa determinata.

Nel caso in cui il ricorso abbia ad oggetto un credito pecuniario occorre che si tratti di un credito liquido, cioè determinato nel suo ammontare, ed esigibile. Ne deriva che non è utilizzabile lo strumento del decreto ingiuntivo per le domanda da risarcimento del danno derivante da responsabilità extracontrattuale (Garbagnati; Ronco).

Ai fini dell'accoglimento dell'istanza (Mandrioli) è necessario in via alternativa che: sia fornita la prova scritta del credito, come poi disciplinata agli artt. 634,635,636 c.p.c.; il credito riguardi onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese sostenute da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro abbia prestato la propria opera in occasioni di un processo; il credito riguardi onorari diritti o rimborsi spettanti a notai a norma della loro legge professionale oppure ad altri esercenti una libera professione o arte per la quale esiste una tariffa legalmente approvata. Negli ultimi due casi il ricorso deve essere accompagnato dalla parcella delle spese e delle prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, salva l'ipotesi di tariffe obbligatorie.

Per quanto riguarda la prova scritta il legislatore ne utilizza ai fini della fase monitoria una nozione estesa, facendovi rientrare: le polizze e le promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile; per i crediti relativi a somministrazione di merci e denaro o prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un'attività commerciale, gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 ss. c.c. purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture. L' art. 634 c.p.c. non contiene un espresso riferimento alla scrittura privata che tuttavia rientra nel concetto generale di prova scritta di cui all' art. 633, comma 1, n. 1, c.p.c. Nel caso del procedimento monitorio e a differenza di quanto previsto nel rito ordinario, la scrittura privata funge da prova idonea all'emissione del decreto ingiuntivo anche se non autenticata, verificata o riconosciuta, sulla base di una sorta di presunzione juris tantum di autenticità della sottoscrizione che il giudice potrà superare in presenza di significativi elementi di segno opposto. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per la fotocopia della scrittura privata, per la quale nel corso della fase monitoria può ritenersi operante una presunzione di conformità della fotocopia alla scrittura originale. Le considerazioni che precedono riguardano le scritture che si assumono provenienti dal soggetto contro il quale si richiede la pronunzia dell'ingiunzione, mentre problematiche diverse si pongono nel caso di scritture provenienti dallo stesso soggetto che agisce in giudizio ovvero da terzi. Nel caso di scrittura proveniente dal soggetto che agisce deve senz'altro affermarsi l'irrilevanza di una scrittura privata favorevole al suo autore. Il problema è stato esaminato con riferimento alle dichiarazioni a carattere recettizio, soprattutto con riferimento alla dimostrazione della conformità della copia prodotta in atti all'originale della scrittura inoltrata alla controparte, nonché alla sua avvenuta trasmissione ed al suo ricevimento da parte del destinatario. Anche in questo caso si presume la conformità della copia prodotta dal ricorrente all'originale contenuto nel plico spedito, mentre la prova della trasmissione deve essere fornita mediante la produzione dell'avviso di ricevimento rilasciato dall'incaricato del servizio postale o mediante l'acquisizione di elementi che a norma di legge consentano di accertare l'effettiva conoscenza dell'atto in capo al destinatario o il suo arrivo nella sua sfera di conoscibilità. Con riferimento alle scritture provenienti da terzi, il giudice sarà libero di valutarne l'autenticità, laddove non si tratti di scritture già autenticate o verificate.

Il procedimento per ingiunzione può riguardare anche la consegna di una cosa mobile determinata, come emerge già dall' art. 633 c.p.c. in tema di condizioni di ammissibilità del procedimento. Il termine consegna è da riferirsi alle sole prestazioni di dare che costituiscono il contenuto di un rapporto obbligatorio.

Pertanto, secondo la giurisprudenza, deve ritenersi inammissibile l'esercizio dell'azione di rivendica di una cosa mobile nelle forme del procedimento di ingiunzione, non essendo la procedura in questione finalizzata alla tutela del diritto di proprietà o di altri diritti reali (Cass. n. 3690/1974). Al contrario, il procedimento può essere utilizzato per l'emissione di un decreto ingiuntivo diretto a ottenere la restituzione di una cosa mobile, costituente oggetto dell'esercizio di un'azione di carattere personale (Cass. n. 6322/2006).

Il procedimento per ingiunzione può riguardare anche la consegna di una quantità determinata di cose fungibili, come emerge dall' art. 633 c.p.c. in tema di condizioni di ammissibilità del procedimento. Il riferimento alle cose fungibili consente di rinviare al disposto dell' art. 1178 c.c. che le definisce come i beni individuati solo nel genere. In considerazione della particolarità dell'oggetto dell'ingiunzione il legislatore ha ritenuto di prescrivere un contenuto in parte diverso rispetto a quello descritto all' art. 638 c.p.c. In particolare, al fine di consentire l'esecuzione dell'ingiunzione anche nell'ipotesi in cui manchi l'individuazione dei beni fungibili secondo le regole della separazione e della specificazione di cui agli artt. 1377 e 1378 c.c., il legislatore ha previsto che il creditore è tenuto a indicare anche una somma di denaro che sarebbe disposto ad accettare in luogo della consegna delle cose fungibili (la legge ha introdotto un meccanismo di automatica trasformazione tipologica dell'obbligazione, per effetto della pronunzia dell'ingiunzione, che da semplice diventa ope judicis alternativa, exartt. 1285 ss. c.c., con l'attribuzione al debitore di una facoltà insindacabile di scelta). Nell'ipotesi in cui non venga indicata la somma di denaro sostitutiva, il giudice emetterà ugualmente l'ingiunzione per la sola consegna delle cose fungibili. La somma che il creditore dichiara di accettare deve essere proporzionata al valore della quantità delle cose fungibili chieste con la domanda di ingiunzione. Il giudice, se ritiene la somma dichiarata non proporzionata, prima di pronunciare sulla domanda può invitare il ricorrente a produrre un certificato della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Il decreto ingiuntivo

La cognizione svolta dal giudice nella fase monitoria è di tipo sommario, soprattutto per la sua parzialità, in quanto limitata all'esame dei soli fatti costitutivi e di quelli estintivi, modificativi ed impeditivi rilevabili d'ufficio, sulla base di quanto affermato e documentato dal solo ricorrente; per il resto, sui fatti dedotti la cognizione è tendenzialmente analoga a quella ordinaria, quando le prove prodotte dal ricorrente siano documenti in senso tecnico, mentre ovviamente il discorso cambia nei casi in cui lo stesso legislatore — attraverso gli artt. 634,635,636 c.p.c. — richieda una prova documentale attenuata o addirittura una mera dichiarazione di parte, allorché la pronuncia dell'ingiunzione presupponga la formazione di un grado di convincimento inferiore a quello cui tende la cognizione ordinaria.

Qualora il giudice accerti la sussistenza dei presupposti di cui all' art. 633 c.p.c. emetterà decreto motivato di accoglimento entro il termine ordinatorio di trenta giorni dal deposito del ricorso, ingiungendo all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o le cose chieste entro quaranta giorni, con l'avvertimento che nello stesso termine può essere proposta opposizione e che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata (Ronco; Valitutti, De Stefano).

Quando concorrono giusti motivi il termine di pagamento può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta. Nel caso in cui l'intimato risieda in altro stato dell'Unione europea, il termine è di cinquanta giorni e può essere ridotto fino a venti giorni, mentre se risiede in stati extra Unione europea, il termine è di sessanta giorni e non può essere inferiore a trenta né superiore a centoventi.

Con il decreto il giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento.

In base all' art. 642 c.p.c., il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare il bene, senza dilazione, autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell'opposizione (Cataldi), nelle ipotesi in cui: il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato; se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo; se il ricorrente produce documentazione, sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere. L' art. 642, comma 1, c.p.c. a fronte di una documentazione ritenuta particolarmente probante (cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato), prevede che il decreto ingiuntivo deve essere necessariamente dichiarato provvisoriamente esecutivo. La dottrina ravvisa la ratio della norma nella peculiare natura delle prove sulle quali si fonda l'ingiunzione, la cui attendibilità è tale da far ritenere tendenzialmente fondata la pretesa del ricorrente e, correlativamente, meno probabile la fondatezza dell'eventuale opposizione del debitore.

Il secondo comma della disposizione prevede che qualora il ricorrente alleghi e dimostri la ricorrenza di un grave pregiudizio nel ritardo il giudice ha la facoltà di autorizzare l'immediata esecutività del decreto ingiuntivo.

Ai sensi dell' art. 649 c.p.c. il collegio, su istanza dell'opponente, quando ricorrono gravi motivi può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l'esecuzione del decreto concessa a norma dell' art. 642 c.p.c. La sospensione dell'esecuzione può essere richiesta nelle ipotesi in cui il giudice abbia concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. La sospensione si distingue dalla revoca, in quanto la prima non incide sugli atti esecutivi eventualmente già posti in essere. Ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione è necessaria la sussistenza di gravi motivi, espressione ampia che ricomprende in sé varie possibili ed eterogenee situazioni. La valutazione dei gravi motivi è rimessa alla discrezionalità del giudice il quale potrà attribuire rilevanza alla probabile fondatezza dell'opposizione e alla sussistenza del pericolo di danno che può derivare all'opponente dell'esecuzione del decreto. La sospensione dell'esecutorietà del decreto ingiuntivo comporta anche la sospensione dell'esecuzione forzata promossa in base a quel titolo ed impedisce quindi che il processo esecutivo instaurato contro il debitore ingiunto possa proseguire.

Nel caso in cui il decreto ingiuntivo non venga notificato entro sessanta giorni dalla pronuncia questo perde efficacia, ma la domanda può essere riproposta. Se la notificazione non viene eseguita nel termine assegnato, il decreto d'ingiunzione diventa inefficace e la legge attribuisce al debitore ingiunto la facoltà di rivolgersi con ricorso allo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato il provvedimento, per chiedere la declaratoria della sua inefficacia, attraverso il procedimento delineato dall' art. 188 disp. att. c.p.c.; dopo la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti e la notifica al creditore ricorrente, la questione viene decisa con ordinanza non impugnabile.

Anche se il codice non disciplina specificamente l'ipotesi, è pacifico che al giudice non si prospetti l'alternativa secca tra accoglimento e rigetto integrali, ben potendo accogliere la domanda monitoria solo parzialmente, e ciò soprattutto all'esito del subprocedimento previsto dall' art. 640, comma 2, c.p.c. durante il quale è immaginabile che il ricorrente possa rinunziare in parte alla pretesa inizialmente azionata.

La provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo può essere concessa fin dalla relativa emissione nel caso in cui ricorrano le condizioni di cui all' art. 642 c.p.c. In difetto, ai sensi dell' art. 647 c.p.c., l'esecutorietà può essere concessa per mancata opposizione dell'ingiunto oppure nell'ipotesi in cui l'opponente non si sia costituito. L' art. 647 c.p.c. dispone che il giudice dichiara esecutivo il decreto in due casi: se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito o se l'opposizione è stata proposta davanti a un giudice diverso da quello che ha emesso il decreto ingiuntivo (in caso di mancata opposizione, il giudice ordina la rinnovazione della notificazione, se risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del decreto a causa dell'irregolarità della notifica o, comunque, per motivi a lui non imputabili); se l'opponente non si è costituito in giudizio nei termini.

La dichiarazione di esecutorietà impedisce di proporre una nuova opposizione contro il decreto o il proseguimento di quella proposta e di proporre in altro giudizio la domanda tendente a contrastare l'accertamento contenuto nel decreto ingiuntivo (Cass. n. 6355/1980). Il decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo costituisce titolo esecutivo e consente al creditore di iscrivere ipoteca giudiziale. L'esecutorietà del decreto pronunciata ex art. 647 c.p.c. può essere contestata per la mancanza dei presupposti necessari nell'ambito del giudizio di opposizione (Cass. n. 6777/1991).

In mancanza dei presupposti di cui agli artt. 647 e 642 c.p.c., l' art. 648 c.p.c. prevede la possibilità di ottenere la dichiarazione di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo in pendenza di opposizione, qualora: l'opposizione non sia fondata su prova scritta o di pronta soluzione; l'opponente non contesti la debenza di parte delle somme indicate nel decreto ingiuntivo (nel qual caso sarà concessa esecuzione provvisoria parziale); l'opposto offra una cauzione. In particolare, l' art. 648 c.p.c. disciplina l'ipotesi in cui l'esecuzione provvisoria del decreto non venga concessa a norma dell' art. 642 c.p.c. e venga invece richiesta dopo la proposizione dell'opposizione.

La prima ipotesi prevista dalla norma attiene al fatto che l'opposizione non sia fondata su prova scritta o di pronta soluzione. Per prova scritta deve intendersi qualsiasi documento idoneo a provare il fondamento dell'eccezione del debitore ingiunto e quindi l'inesistenza del diritto del creditore. In tal caso, la concessione della provvisoria esecuzione, come emerge dal tenore letterale della norma, è una facoltà per il giudice e non un obbligo.

La seconda ipotesi prevista dall' art. 648 c.p.c. concerne l'ipotesi della non contestazione. In particolare, a seguito della novella introdotta dall' art. 4, comma 1, lett. m), d.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 giugno 2016, n. 119, vi è l'obbligo in capo al giudice di concedere l'esecuzione provvisoria parziale del decreto opposto, seppure limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia proposta per vizi procedurali.

La terza ipotesi prevista dalla disposizione è rappresentata dall'offerta di cauzione nel qual caso l' art. 648 c.p.c. impone al giudice di concedere la provvisoria esecuzione del decreto.

Sul punto è, tuttavia, intervenuta la Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' art. 648, comma 2, c.p.c.., nella parte in cui prevede l'obbligo e non la facoltà per il giudice di concedere la provvisoria esecuzione del decreto a fronte del versamento di cauzione (Corte cost. n. 137/1984). In seguito all'intervento della Corte costituzionale, pertanto, anche a fronte di cauzione, non vi è più l'obbligo per il giudice di concedere la provvisoria esecuzione del decreto che il giudice potrà concedere dopo averne valutato l'opportunità. Sulla natura della cauzione la giurisprudenza di legittimità ha precisato che essa può anche consistere in una fideiussione (Cass. n. 12861/1992) o può essere prestata, in favore della creditrice, da compagnia assicuratrice (Cass. n. 13069/2007).

L' art. 644 c.p.c. stabilisce che il decreto ingiuntivo diventa inefficace se non viene notificato al destinatario dell'ingiunzione entro 60 giorni o entro 90 giorni se la notifica deve avvenire all'estero. Tale termine è soggetto a sospensione nel periodo feriale ed è perentorio. Se la notificazione non viene eseguita nel termine di cui all' art. 644 c.p.c., il decreto ingiuntivo diventa inefficace e la legge attribuisce al debitore ingiunto la facoltà di rivolgersi con ricorso allo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato il provvedimento, per chiedere la declaratoria della sua inefficacia attraverso il procedimento delineato dall' art. 188 disp. att. c.p.c.. Se la notificazione non viene eseguita nel termine assegnato, il decreto d'ingiunzione diventa inefficace e la legge attribuisce al debitore ingiunto la facoltà di rivolgersi con ricorso allo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato il provvedimento, per chiedere la declaratoria della sua inefficacia; dopo la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti e la notifica al creditore ricorrente, la questione viene decisa con ordinanza non impugnabile.

Quanto al regime di tale provvedimento, gli orientamenti consolidati della giurisprudenza evidenziano come esso sia variabile, poiché in caso di rigetto dell'istanza esso non è impugnabile (Cass. n. 12135/2006) e l'ingiunto può riproporre la domanda d'inefficacia nei modi ordinari; in caso di accoglimento, invece, il provvedimento che dichiara l'inefficacia viene comunemente ritenuto impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione previsto dall' art. 111 Cost. (Cass. n. 19799/2006) e — comunque — non preclude al ricorrente la possibilità di riproporre la domanda di condanna, in via sia monitoria, che ordinaria.

In via generale, si ritiene che il procedimento speciale disciplinato dall' art. 188 disp. att. c.p.c. non costituisca la strada obbligata per ottenere la dichiarazione d'inefficacia del decreto ingiuntivo e che la relativa domanda possa essere proposta anche con autonoma azione ordinaria di mero accertamento o in via di eccezione.

Con riferimento al campo applicativo dell'istituto, attualmente, l'orientamento prevalente in giurisprudenza considera ammissibile il procedimento d'inefficacia nelle sole ipotesi in cui il decreto non sia stato affatto notificato, mentre in caso di notificazione tardiva l'ingiunto può far valere il vizio solamente attraverso l'opposizione ex art. 645 c.p.c. (Cass. n. 21050/2006).

Il giudice fissa con decreto un'udienza per la comparizione delle parti e il termine entro cui il ricorso e il decreto devono essere notificati alla controparte. La notificazione è fatta nel domicilio eletto se avviene entro l'anno dalla pronuncia oppure personalmente se fatta posteriormente.

Per quanto concerne le spese del procedimento, è stato affermato che le disposizioni processuali vigenti escludono ogni possibilità di separazione del giudizio sulla domanda da quello sulle spese di causa provocate dalla domanda medesima, ogni qual volta la prima di tali pronunce sia idonea a definire il processo. Pertanto, una volta definito un giudizio ex art. 188 disp. att. c.p.c. senza alcuna statuizione sulle spese del procedimento, rimane preclusa la possibilità di provvedere con un successivo provvedimento sulle spese, poiché tale provvedimento verrebbe ad assumere il carattere, abnorme, di una decisione idonea ad incidere definitivamente su una posizione di diritto soggettivo della parte, a carico della quale è assunto, senza essere soggetto ad alcun mezzo di impugnazione (Cass. n. 12859/2005).

Il rigetto del ricorso

Il provvedimento di rigetto deve avere la forma del decreto e deve essere steso in calce al ricorso e motivato (Franco): è opportuno rilevare che la norma integra una delle ipotesi eccezionali in cui, per il decreto, viene espressamente richiesta una motivazione (in deroga alla previsione generale contenuta nell' art. 135 c.p.c.) e che l'imposizione dell'obbligo di motivazione si spiega con la possibilità di riproporre la domanda, anche in via ordinaria, che il ricorrente potrà esercitare tenendo conto del motivo — seppur enunciato sommariamente — che ha determinato il rigetto (Garbagnati). L' art. 640, comma 1, c.p.c. dispone che se il giudice ritiene non sufficientemente giustificata la domanda, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere ad integrare la prova. Se il ricorrente non vi provvede o comunque se la domanda non è accoglibile, il giudice lo rigetta con decreto motivato.

Quanto al regime del provvedimento, la dottrina ritiene che la facoltà di riproposizione della domanda sia tendenzialmente illimitata, indipendentemente dalle ragioni che hanno portato al rigetto e, quindi, anche quando ciò sia dipeso dalla sua infondatezza nel merito: in tal caso, la pronuncia non è destinata ad assumere alcuna efficacia decisoria sostanziale ed alcuna portata preclusiva, il che si spiega tenendo conto dell'estrema sommarietà della cognizione nella fase monitoria e delle limitazioni probatorie imposte all'istante (Garbagnati; Rocco; Ronco).

La maggioranza degli autori ritiene che il decreto di rigetto non sia impugnabile, nemmeno con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. A tale conclusione si perviene argomentando dal regime di illimitata riproponibilità dell'istanza, che determina una sostanziale carenza d'interesse del soggetto che si è visto respingere l'istanza ingiuntiva a proporre una qualsiasi forma di gravame (Andrioli); ancora, il decreto viene prevalentemente considerato non revocabile o modificabile (Ronco).

Analogamente, la giurisprudenza ha sempre ritenuto che il decreto di rigetto non sia impugnabile (Cass. n. 4510/2006; Cass. n. 19130/2005), né revocabile o modificabile.

In tutti i casi di rigetto, la domanda è liberamente riproponibile (Andrioli), sia in via monitoria, che in via ordinaria, mentre non è previsto alcun mezzo per impugnare il provvedimento di rigetto, che determina l'irrimediabile esaurimento del procedimento e la definitiva caducazione degli atti che fino a quel momento lo avevano strutturato.

Opposizione

L'opposizione al decreto ingiuntivo si propone con ricorso al collegio in base all' art. 645 c.p.c., che deve essere notificato alla controparte nei quaranta giorni successivi alla notifica del decreto. La competenza a conoscere il giudizio di opposizione nel processo amministrativo spetta al collegio e non al presidente, essendo eccezionali e tassative le competenze monocratiche nel processo amministrativo. In ogni caso, non vi è incompatibilità tra funzione di organo monocratico che ha emesso decreto ingiuntivo e l'appartenenza al collegio che decide sull'opposizione ad esso. La giurisprudenza ha chiarito che non è motivo di nullità della sentenza il fatto che del collegio che ha deciso sull'opposizione a decreto ingiuntivo abbia fatto parte il magistrato delegato che ha emesso il decreto ingiuntivo, atteso che il rapporto tra decreto e successivo giudizio è caratterizzato da reciproca autonomia atteso che il primo non perde mai valore fino alla revoca, mentre nel giudizio di opposizione è irrilevante il difetto delle condizioni di ammissibilità del decreto, potendo il creditore portare in giudizio nuove prove, conseguendo in tal caso la conferma del decreto e atteso che sotto il profilo della giurisdizione, nel decreto il giudice limita la sua indagine alle condizioni di ammissibilità della domanda, mentre è solo nell'opposizione che si realizza, nella pienezza del contraddittorio, il giudizio di cognizione ordinaria (Cons. St. IV, n. 8242/2004). La costituzione e la comparizione in udienza dell'opposto non sanano l'omessa notificazione dell'atto di opposizione (T.A.R. Molise, n. 489/2013). L'opposizione a decreto ingiuntivo è lo strumento processuale mediante il quale l'ingiunto introduce il giudizio ordinario volto all'accertamento della sussistenza del credito portato dal decreto emesso nei suoi confronti. Deve essere proposta con ricorso, per espressa previsione dell' art. 118 c.p.a., davanti all'ufficio giudiziario che ha emesso il decreto nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del decreto stesso o in quello maggiore o minore fissato dal giudice in base alla disciplina processualcivilistica.

Nella fase dell'opposizione si assiste a un'inversione dell'iniziativa processuale che spetta quindi al convenuto/resistente in senso sostanziale. Il debitore opponente, proponendo la domanda di opposizione, diviene attore in senso formale, pur rimanendo convenuto in senso sostanziale. In ogni caso, ad esempio, ai fini della ripartizione dell'onere della prova si dovrà attribuire rilevanza giuridica alla relativa posizione in una prospettiva sostanziale e non formale. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è una "actio nullitatis" o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo (Cass., S.U., 927/2022).

L'opposizione va proposta dinanzi all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto (Mandrioli; Garbagnati). Tale competenza ha natura funzionale ed inderogabile, tanto che secondo un orientamento il giudice investito dell'opposizione, ove accerti l'incompetenza del proprio ufficio ad emettere il provvedimento monitorio non dovrà rimettere la causa al giudice competente, bensì dichiarare la nullità del provvedimento stesso o con ciò esaurendo la propria competenza funzionale.

L'orientamento della giurisprudenza più recente è nel senso di ritenere la competenza sull'opposizione inderogabile anche in ipotesi di connessione, continenza e litispendenza (Cass. n. 20324/2006; Cass. n. 2237/2019).

Per effetto del rinvio al codice di procedura civile operato dall'art. 118, il termine perentorio per proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo è di quaranta giorni dalla sua notifica; tuttavia, poiché l'opposizione non si propone nelle forme previste dall' art. 645 c.p.c., ossia con atto di citazione notificato al ricorrente, bensì, per espressa previsione dell' art. 118 c.p.a., con ricorso, ne consegue che in tal caso entro il suindicato termine è necessario effettuare solo la notifica del ricorso all'amministrazione resistente, mentre il successivo deposito presso la segreteria del giudice adito va fatto nell'osservanza degli ordinari termini processuali (Cons. St. III, n. 1515/2014).

L'opposizione introduce un giudizio ordinario di cognizione (Cons. St. III, n. 5866/2012; Cass. n. 26664/2007), in cui l'opponente è processualmente attore, ma sostanzialmente convenuto. Ne deriva che: l'opposizione lascia inalterate le regole relative alla ripartizione dell'onere probatorio tra le parti; il giudizio di opposizione dà luogo a un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere e non a verificare se l'ingiunzione sia stata emessa legittimamente. L'accoglimento della domanda dell'ingiungente creditore risulta indipendente dalla validità, dalla sufficienza e dalla regolarità degli elementi in base ai quali è stato emesso il decreto ingiuntivo opposto (Cass. n. 24438/2016). Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l'oggetto non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto stesso, ma è ampliato fino a ricomprendere l'accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia e non a quello della domanda o del decreto. Pertanto, se il magistrato riconosce anche solo in parte la fondatezza dell'opposizione, è tenuto a revocare in toto il decreto, salvo pronunciare condanna al pagamento della somma effettivamente dovuta (Cass. n. 15026/2005). Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che nel sistema delineato dal codice si configura come un procedimento il cui oggetto non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende anche all'accertamento, della situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora riconosca fondata, seppur parzialmente, un'eccezione di pagamento formulata dall'opponente (che è gravato dal relativo onere probatorio) con l'atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve revocare in toto il decreto opposto, senza che possa rilevare l'eventuale posteriorità dell'accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione del decreto suddetto, giacché la sentenza di condanna al pagamento di residui importi del credito si sostituisce all'originario decreto ingiuntivo. Alla luce di queste considerazioni, la pronuncia di sentenza senza la previa totale revoca del decreto ingiuntivo in conseguenza della riconosciuta fondatezza della sollevata eccezione di intervenuto pagamento della sorte capitale, nel violare l' art. 653 c.p.c. integra un'ipotesi di error in procedendo ed è impugnabile attraverso il ricorso per cassazione (Cass. n. 16911/2005; Cass. n. 20872/2004).

La giurisprudenza ritiene che, in difetto di disciplina specifica per il deposito dell'atto di opposizione a seguito di sua notificazione, è da applicarsi il termine ordinario di deposito di trenta giorni decorrenti dal perfezionamento per il destinatario della notificazione ai sensi dell'art. 45 (Cons. St. III, n. 5866/2012). I termini sono quindi quelli ordinariamente applicabili per il giudizio amministrativo.

Nel processo amministrativo trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. in tema di esecuzione provvisoria o di sospensione dell'esecuzione nel corso del giudizio di opposizione. Allo stesso modo, è possibile la proposizione dell'opposizione tardiva nei casi previsti dall' art. 650 c.p.c., qualora l'intimato provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.

Nel caso in cui l'opposizione venga rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva oppure nel caso in cui venga dichiarata l'estinzione del processo con ordinanza, il decreto acquista efficacia esecutiva. In particolare, in base all' art. 653 c.p.c., il decreto ingiuntivo acquista efficacia esecutiva se: l'opposizione viene respinta con sentenza passata in giudicato, nel qual caso la sentenza che conferma il decreto non si sostituisce a quest'ultimo che continua ad essere il titolo esecutivo in forza del quale il creditore può procedere a esecuzione forzata; l'opposizione a decreto ingiuntivo viene respinta con sentenza provvisoriamente esecutiva, che consente di dare immediata attuazione a quanto in essa contenuto; è dichiarata con ordinanza l'estinzione del giudizio di opposizione.

Se l'opposizione viene accolta soltanto in parte, il titolo esecutivo è rappresentato esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma ridotta con la sentenza di accoglimento. Nei casi indicati, tuttavia, è necessaria un'espressa dichiarazione di esecutorietà, che può essere stata già apposta al decreto ai sensi degli artt. 642 e 648 c.p.c. oppure è disposta dal giudice dell'opposizione o da quello che pronuncia l'estinzione. Ai sensi dell' art. 654 c.p.c., se l'esecutorietà di cui all' art. 653 c.p.c. non è disposta con la relativa sentenza o con l'ordinanza, è prevista, su istanza di parte, con decreto del giudice che ha pronunciato l'ingiunzione.

Ove l'opposizione sia accolta il decreto, unitamente agli atti esecutivi eventualmente posti in essere, perde efficacia. Se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta.

La previsione dell' art. 653, comma 2, c.p.c., per cui se l'opposizione a decreto ingiuntivo è accolta parzialmente il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, implica che l'accoglimento, anche parziale, dell'opposizione, impone la revoca del decreto e, di conseguenza, la caducazione anche delle spese liquidate con tale provvedimento. Tale situazione non esclude che se l'accoglimento dell'opposizione è determinato dal totale adempimento sopravvenuto alla emanazione del decreto, ma permanga contrasto sull'onere delle spese, perché al momento dell'emanazione il decreto era stato correttamente emesso, il giudice deve provvedere sulle stesse, anche della fase monitoria, in base al principio della soccombenza virtuale (Cass. n. 19126/2004).

In base all' art. 650 c.p.c., l'intimato può fare opposizione anche dopo la scadenza del termine fissato nel decreto se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. In questo caso l'esecutorietà può essere sospesa. L'opposizione non è ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione.

Il debitore può proporre opposizione a decreto ingiuntivo anche dopo la scadenza del termine fissato nello stesso se dimostra, alternativamente: di non aver avuto conoscenza del decreto a causa della nullità della notificazione del decreto o dell'irregolarità della stessa ( Cass.S.U., n. 9938/2005); di non aver avuto conoscenza del decreto per un fatto imprevedibile (caso fortuito) o per una circostanza indipendente dalla volontà del debitore (forza maggiore) che ha impedito a quest'ultimo di prendere conoscenza del decreto; che pur avendo avuto conoscenza del decreto, non ha potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione nel termine fissato nel decreto (Corte cost. n. 120/1976). Occorre in ogni caso fornire la prova del legame tra il vizio della notifica (o il caso fortuito o la forza maggiore) e l'impossibilità, per il debitore, di proporre una tempestiva opposizione, nel senso che proprio a causa di quella irregolarità, di quel caso fortuito o di quella forza maggiore, egli non ha potuto conoscere il decreto (Cass. I, n. 12215/1995) o proporre opposizione. L' art. 650 c.p.c. risulta applicabile anche in relazione alla normativa riguardante la notifica degli atti giudiziari presso l'Avvocatura dello Stato (Cons. St. n. 1281/2007). Nel caso in cui il decreto ingiuntivo venga notificato presso l'amministrazione dello Stato e non presso l'avvocatura domiciliataria ex lege, l'opposizione tardiva è ammissibile solo se l'opponente provi che, a causa della nullità della notifica, non ha avuto tempestiva conoscenza del decreto stesso (Cass. n. 9938/2005). Al fine dell'opposizione tardiva prevista dall' art. 650 c.p.c. la irregolarità della notifica consistente nell'esecuzione di questa direttamente all'amministrazione, anziché presso l'Avvocatura dello Stato, fa presumere sia la mancata conoscenza che la ricollegabilità della stessa al vizio di notifica (Cass. n. 147/1996).

Esecuzione del decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo non opposto definisce la controversia ed è impugnabile solo per revocazione o per opposizione di terzo nei casi stabiliti dall' art. 656 c.p.c. o per opposizione tardiva ai sensi dell' art. 650 c.p.c. (Cons. St. V, n. 157/2005). Ne deriva che esso è idoneo a determinare in capo all'amministrazione un obbligo giuridico di conformarsi equiparabile a quello derivante dal giudicato formatosi sul provvedimento giurisdizionale di cui si chiede l'esecuzione ed è suscettibile di essere oggetto di ricorso per ottemperanza (Cons. St. V, n. 103/2009).

Le ragioni di eventuale opposizione al titolo non possono essere proposte per la prima volta o riproposte in sede di ottemperanza, in quanto è inibito al giudice dell'esecuzione l'esame di circostanze preesistenti alla formazione del titolo esecutivo, ove non siano state fatte valere nelle forme dell'opposizione a decreto ingiuntivo, dal momento che il titolo giudiziale copre i fatti estintivi del credito intervenuti anteriormente alla formazione del titolo (Cass. n. 7637/2004).

Rimedi avverso il decreto ingiuntivo esecutivo

Il decreto ingiuntivo, una volta divenuto esecutivo a norma dell' art. 647 c.p.c., può essere impugnato tramite la revocazione straordinaria e l'opposizione di terzo revocatoria.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che la sussistenza delle condizioni che, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., legittimano la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, è sindacabile esclusivamente nel giudizio di opposizione ex art. 645 ovvero ex art. 650 c.p.c. ovvero, ancora, in quello di opposizione all'esecuzione intrapresa in base al medesimo decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, non essendo previsto alcun mezzo d'impugnazione avverso il relativo decreto ex art. 647 cit., né essendo proponibile il ricorso per cassazione (Cass. n. 36196/2021).

Bibliografia

Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964; Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2016; Cataldi, La provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, Milano, 1999; Colla, Il decreto ingiuntivo. Il procedimento d'ingiunzione e il giudizio di opposizione, Padova, 2003; De Nictolis, Codice del processo amministrativo commentato, Milano, 2012; Franco, Guida al procedimento d'ingiunzione, Milano, 2002; Garbagnati, Il procedimento d'ingiunzione, Milano, 1991; Mandrioli, Diritto processuale civile, III, Torino, 2009; Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2002; Rocco, Trattato di diritto processuale civile, IV, 1, Torino, 1962; Ronco, Struttura e disciplina del rito monitorio, Torino, 2000; Valitutti, DeStefano, Il decreto ingiuntivo e la fase di opposizione, Padova, 2000.

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