Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 3 - Disposizione particolare per il giudizio di appello

Ines Simona Immacolata Pisano

Disposizione particolare per il giudizio di appello

Art. 3

1. La disposizione di cui all'articolo 101, comma 2, del codice non si applica agli appelli depositati prima dell'entrata in vigore del codice medesimo.

Inquadramento

Con l'entrata in vigore del codice del processo amministrativoil legislatore ha disciplinato la questione dei motivi assorbiti o non esaminati nella sentenza di primo grado. In particolare, l' art. 101, comma 2, del c.p.a. prevede che «si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio».

Con l' art. 3 disp. trans. c.p.a. (Norme transitorie), il legislatore ha introdotto una specifica disposizione per il giudizio di appello disponendo che l' art. 101, comma 2, c.p.a non si applica agli appelli depositati prima dell'entrata in vigore del c.p.a (ossia il 16 ottobre 2010).

La sentenza n. 4587/2016 del Consiglio di Stato, ha di recente ribadito che anche prima dell'entrata in vigore del c.p.a., la riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado, pur effettuata con memoria e non nelle forme tipiche dell'appello incidentale, doveva intervenire entro il termine decadenziale di cui all' art. 37 del r.d. n. 1054/1924 (applicabile al giudizio di appello ex art. 29 della l. n. 1034/1971) dovendosi altrimenti dichiararla inammissibile per tardività. È solo in applicazione estensiva dell' art. 346 c.p.c. che, nel processo amministrativo, si afferma il principio della riproponibilità dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria, così semplificando gli oneri dell'appellante incidentale (proprio), esentandolo dalla necessità di notificazione dell'atto. Tuttavia «l'introduzione di tale opportunità, non poteva comportare anche l'abbandono del termine (perentorio) previsto, in tal modo disapplicando una precisa norma di legge prescrittiva di un termine decadenziale, senza che vi sia una norma che consenta tale interpretazione, ovvero sostituisca un termine all'altro». Appurato che i termini sono quelli previsti dall' art. 37 r.d. n. 1054/1924, la sentenza in questione rileva ancora la necessità della specificità in caso di riproposizione dei motivi assorbiti. Come costante giurisprudenza afferma oggi, ed affermava anche prima dell'entrata in vigore del c.p.a., un indeterminato rinvio agli atti di primo grado, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, si rivela inidoneo ad introdurre nel thema decidendum del giudizio d'appello i motivi in tal modo dedotti. È evidente quindi che, ai fini della corretta riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado, non si possa prescindere dall'osservanza di due elementi: il primo, quello temporale, ed il secondo, quello della specificità della formulazione.

Per i giudizi depositati prima del 16 ottobre 2010, quindi, in base alla disciplina previgente al c.p.a., la riproposizione nel giudizio di appello dei motivi assorbiti può avvenire mediante semplice memoria difensiva, non soggetta alle forme e ai termini dell'appello incidentale o ad altra forma di decadenza; al contrario, l'assolvimento dell'onere di riproposizione esige che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende devolvere alla cognizione del giudice di secondo grado, a pena di preclusione al riesame dei motivi non espressamente riproposti, ai sensi dell' art. 346 c.p.c. (Cons. St. VI, n. 5907/2014).

Bibliografia

Chieppa, Il processo amministrativo dopo il correttivo al codice, Milano, 2012.

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