Contenuto degli atti di parte

24 Ottobre 2025

 

L'elenco degli atti di parte è fornito dall'art. 125 c.p.c. che, indicandone il contenuto-forma, provvede ad enumerarli: citazione, ricorso, comparsa, controricorso, precetto. In questa sede ci occuperemo dei più recenti approdi in tema di invalidità di tali atti previsti dalla norma.

Inquadramento

L'elenco degli atti di parte è fornito dall'art. 125 c.p.c. che, indicandone il contenuto-forma, provvede ad enumerarli: citazione, ricorso, comparsa, controricorso, precetto. Per tali atti il codice di rito prevede forme particolari, che fanno dunque eccezione al principio generale di libertà enunciato dall'art. 121 c.p.c.

Il cit. art. 125 c.p.c. fissa il contenuto minimo dei menzionati atti di parte (Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, 356), ma, evidentemente, le prescrizioni da esso dettate vanno di volta in volta integrate con quelle specificamente poste per ciascuno dei singoli atti processuali ivi contemplati (in proposito si rinvia a G. Ianni, Citazione, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it); G. Fanelli, Controricorso, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it); V. Colandrea, Precetto, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), dovendosi piuttosto notare in questa sede che la disposizione non stabilisce alcuna sanzione dipendente dall'inosservanza delle prescrizioni poste.

In relazione all'indicazione del contenuto minimo degli atti di parte va segnalato che, per effetto del d.lgs. n. 164/2024, per i giudizi instaurati successivamente al 28 febbraio 2023, non è più necessario indicare il numero di fax del difensore.

La citazione

In tema di contenuto-forma dell'atto di citazione, va segnalato che, sempre per effetto del d.lgs. n. 164/2024, per i giudizi instaurati successivamente al 28 febbraio 2023 è necessario che l'atto di citazione l'indirizzo di posta elettronica certificata del convenuto, risultante da pubblici elenchi.

Per effetto del d.lgs. n. 149/2022, per i giudizi instaurati successivamente al 30 giugno 2023, il numero 3-bis dell'art. 163 c.p.c. prevede anche l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento. Con pari decorrenza e applicabilità, il novellato n. 4) prevede che l'atto debba contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Con pari decorrenza e applicabilità, il novellato n. 7) eleva da venti a settanta giorni il termine dell'invito alla costituzione del convenuto e prevede che la citazione contenga, altresì, l'avvertimento che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In tema di invalidità dell'atto di citazione si rafforza l'orientamento sostanzialista che relega a ipotesi eccezionali i casi di inesistenza e nullità.

Il principio che si è consolidato è nel senso di estendere la sanabilità dei vizi, applicando la sanzione della nullità a ipotesi residuali e del tutto patologiche.

Così si è ritenuto che il vizio della citazione per essere stato assegnato un termine inferiore a quello prescritto dall'art. 163-bis c.p.c., al pari di quello derivante dalla mancanza dell'avvertimento previsto dall'art. 163, comma 3, n. 7), c.p.c., è sanato dalla costituzione del convenuto solo però se costui, costituendosi, non avanza richiesta di fissazione di una nuova udienza nel rispetto dei termini, poiché in tal caso il giudice è tenuto ad accogliere la richiesta, non rilevando all'uopo che il convenuto si sia difeso nel merito, dovendosi presumere che l'inosservanza del termine a comparire gli abbia impedito una più adeguata difesa (Cass.18 aprile 2025, n. 10289),

Così si è ritenuto che la citazione notificata a una società di persone, estinta per intervenuta cancellazione volontaria dal registro delle imprese, è nulla per inesistenza della parte convenuta ma tale vizio, rilevabile di ufficio, è sanato dalla costituzione in giudizio del successore dell'ente (nella specie il socio accomandatario), indipendentemente dalla volontà e dall'atteggiamento processuale di questo (Cass. 4 dicembre 2024, n. 31130).

E si è pure affermato che l'omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell'atto di citazione e nella relata di notificazione, del nominativo di una delle parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un'irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l'atto era stato notificato, mentre l'irregolarità formale o l'incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell'atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l'identificazione di tutte le parti e la consegna dell'atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l'apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall'effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l'effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria (Cass. 29 agosto 2024, n. 23351).

Si è chiarito, in relazione al n. 6), che la procura alle liti è atto caratterizzato da autonomia e autosufficienza rispetto alle vicende dell'atto su cui viene rilasciata, di talché l'eventuale invalidità di quest'ultimo non inficia la validità della stessa ai fini della riproposizione dell'atto sanzionato di invalidità (Cass. 12 dicembre 2023, n. 34801).

Determina nullità della citazione anche l'omessa specificazione della causa petendi nell'ipotesi di introduzione di una pluralità di domande distinte, non potendo il giudice operare la relativa qualificazione sostituendosi all'onere di parte (Cass. 10 giugno 2015, n. 12059); quanto all'esposizione delle ragioni in fatto e in diritto della domanda, la sussistenza del vizio va scrutinata tenendo conto dell'esigenza difensiva del convenuto, sicché si verifica solo ove sia assolutamente incerto, anche in relazione alla documentazione depositata dall'attore, il contenuto della domanda giudiziale o le ragioni che la sorreggono (Cass. 15 maggio 2013, n. 11751). Al proposito si è affermato che nel caso di nullità della citazione per indeterminatezza del "petitum" o della "causa petendi", non è ammessa la sanabilità attraverso l'esercizio del potere di precisazione e di modificazione delle domande (e delle eccezioni e conclusioni) già proposte, ai sensi dell'art. 183, comma 6 c.p.c., giacché l'esercizio dello "ius poenitendi" - di cui al citato art. 183, comma 6 c.p.c. – presuppone che le domande principali ed (eventualmente) quelle riconvenzionali siano state ritualmente proposte sin dall'origine o, in caso di nullità, siano state rinnovate od integrate nel termine perentorio all'uopo concesso dal giudice, ai sensi dell'art. 164, comma 5 c.p.c. (Cass. 12 giugno 2023, n. 16517).

Va ricordato che i rimedi della rinnovazione dell'atto e della sua sanatoria per raggiungimento dello scopo sono stati dichiarati espressamente applicabili anche al rito sommario di cognizione (Cass. 6 marzo 2017, n. 5517).

In tema di vizi della costituzione dell'attore si è ritenuto che in ipotesi di notificazione non valida scatti il meccanismo della sua rinnovazione, del tutto a prescindere dalla eventuale costituzione dell'attore oltre i dieci giorni dal suo compimento (Cass. 31 maggio 2017, n.13775); possibile anche la iscrizione con “velina”, salva la necessità della produzione dell'originale al fine dell'eventuale controllo della regolare instaurazione del rapporto processuale (Cass. 9 febbraio 2017, n. 3527; Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598); i vizi della nota di iscrizione a ruolo determinano nullità solo ove ridondino in assoluta incertezza sulla domanda giudiziale cui l'atto si riferisce, diversamente risultando mere irregolarità formali (Cass. 2 marzo 2015, n. 4163).

Il ricorso

In tema di giudizi introdotti con ricorso, si è ritenuto che la mancanza della firma digitale dell'avvocato non determini l'inesistenza dell'atto, ma solo la sua nullità sanabile attraverso il raggiungimento dello scopo (Cass. 14 marzo 2017, n. 6518); all'uopo si è precisato che se privo dell'apposizione della firma digitale, il ricorso per cassazione in forma di documento informatico è affetto da un vizio di nullità, che è sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la paternità certa dell'atto processuale da elementi qualificanti, tra i quali la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella PEC dell'Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito della sua copia analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall'avvocato dello Stato (Cass., sez. un., 12 marzo 2024, n. 6477); che la mancanza di procura alle liti in fase di ricorso per ingiunzione determini l'invalidità della fase monitoria e dell'eventuale fase di opposizione se introdotta sulla base del medesimo titolo (Cass. 26 febbraio 2013, n. 4780); che il ricorso per cassazione, ai fini della sua completezza, ove deduca un error in procedendo, debba indicare specificamente la fattispecie cui si riferisce e la collocazione fisica degli atti e dei documenti nel fascicolo processuale, non potendo la Corte procedere a un'indagine autonoma sul punto (Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077; Cass. 30 luglio 2024, n. 21346); che, in tema di ammissibilità del ricorso per cassazione è essenziale che la procura speciale al difensore sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell'impugnazione mentre è irrilevante che sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del ricorso e che non sia stata indicata la data del suo rilascio, non essendo tali requisiti previsti a pena di nullità (Cass. 17 marzo 2017, n. 7014; Cass. 26 febbraio 2019, n. 5557); che, sempre in tema di ricorso per cassazione, l'omessa esposizione dei fatti di causa determini l'inammissibilità dell'atto, senza che ad esso possa applicarsi il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, non potendo il giudice sostituirsi alla parte nella ricostruzione della vicenda attraverso gli atti processuali (Cass. 22 settembre 2016, n. 18623).

La comparsa

In tema di contenuto-forma della comparsa di risposta va segnalato che, per effetto del d.lgs. n. 149/2022, per i giudizi instaurati successivamente al 30 giugno 2023, il primo comma dell'art. 167 c.p.c. prevede deve il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda.

In relazione alla validità della comparsa di risposta si è ritenuto che la mancata formulazione delle conclusioni richiesta dall'art. 167 c.p.c., pur integrando un elemento costitutivo dell'atto, non determini nullità dell'atto ove, dal tenore complessivo della comparsa, non risultino genericità o imprecisioni, e dunque sia raggiunto il suo scopo (Cass. 12 giugno 2008, n. 15707); più in generale, in tema di comparse, si è affermato che la mancata assegnazione dei termini, in esito all'udienza di precisazione delle conclusioni, per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie finali di replica ai sensi dell'art. 190 c.p.c., costituisce motivo di nullità della conseguente sentenza, impedendo ai difensori delle parti di svolgere nella sua pienezza il diritto di difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio (Cass. 15 settembre 2016, n. 18149; Cass. 12 giugno 2012, n. 9539; contra: Cass. 9 aprile 2015, n. 7086 e 13 novembre 2003, n. 17133; vedi, ora, Cass., sez. un., 25 novembre 2021, n. 36596, a tenore della quale la parte che proponga l'impugnazione della sentenza d'appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; invero, la violazione determinata dall'avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo.); che la comparsa di intervento del successore a titolo particolare nel diritto controverso deve essere notificata al convenuto contumace anche se l'interventore si associ alle domande degli altri soggetti, già partecipi del giudizio, poiché il contumace, oltre a poter contestare la legittimità dell'intervento od opporre eccezioni personali, ha comunque diritto ad essere informato della presenza in causa di una nuova parte (Cass. 31 agosto 2015, n. 17328); sul punto, tuttavia si è anche precisato che la nullità conseguente può essere eccepita soltanto dal contumace successivamente costituitosi o da lui fatta valere con uno specifico motivo d'impugnazione della sentenza, e non può essere rilevata d'ufficio dal giudice (Cass. 17 giugno 2010, n. 14625); l'errore in merito al computo dei termini stabiliti dall'art. 190 c.p.c. per il deposito della comparsa conclusionale non comporta la nullità della sentenza, non essendo tale sanzione comminata da alcuna disposizione di legge (Cass. 20 luglio 2001, n. 9926; Cass. 9 agosto 1989, n. 3678). Si è anche precisato che la comparsa con cui interviene volontariamente nel processo il successore a titolo particolare nel diritto controverso non deve essere notificata al contumace, non rientrando tale atto tra quelli per i quali l'art. 292 c.p.c. prescrive, con elencazione tassativa, la notificazione personale al contumace, atteso che, subentrando il successore nella stessa posizione processale del proprio dante causa, nessuna lesione del diritto e della garanzia del contraddittorio deriva al contumace medesimo dalla omessa notifica di detto intervento (Cass. 23 gennaio 2023, n. 1935).

Il controricorso

Nel giudizio di cassazione, la notifica del controricorso contenente ricorso incidentale ad un difensore diverso da quello risultante dalla procura apposta a margine del ricorso principale è stata considerata inesistente anziché nulla - con conseguente inammissibilità del ricorso incidentale - in quanto espletata in un luogo assolutamente non riferibile alla persona del destinatario, a nulla rilevando l'identità di tale luogo (medesimo indirizzo di studio) e il fatto che il difensore destinatario abbia assistito la parte nel giudizio di merito (Cass., sez. un., sent., 13 febbraio 2008, n. 3395); così come inesistente è stata ritenuta la notificazione del controricorso solo tentata e non compiuta (Cass. 21 giugno 2007, n. 14487); è stata ritenuta invece valida la notificazione del controricorso per cassazione eseguita ad istanza dell'avvocato munito di procura speciale per il giudizio di legittimità, ancorché non iscritto nell'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, perché il particolare requisito dell'iscrizione nell'albo speciale riguarda l'attività difensiva e non quella procuratoria, le quali possono non coesistere nello stesso soggetto, e la notificazione è atto dell'ufficiale giudiziario eseguibile ad istanza del procuratore (Cass.  27 aprile 2017, n. 10403); parimenti valida la notificazione del controricorso per cassazione da parte dell'ufficiale giudiziario territoriale, anziché da parte di quello di Roma (Cass. 31 ottobre 2014, n. 23172). Si è anche affermato che, ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione tardiva del cd. contumace involontario, ai sensi dell'art. 327, comma 2, c.p.c., quest'ultimo ha l'onere di allegare e dimostrare - oltre alla causa della nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio - di non aver avuto conoscenza del processo in conseguenza di quel vizio, salvo che nell'ipotesi di notificazione invalidamente eseguita con consegna in un luogo o a una persona privi di alcun collegamento col destinatario, la quale, escludendo la presunzione iuris tantum di conoscenza del processo da parte dell'impugnante, fa gravare sulla controparte l'onere di provare che vi sia stata ugualmente la predetta consapevolezza (Cass. 11 ottobre 2023, n. 28425).

Il precetto

In relazione al contenuto dell'atto, va segnalato che, per effetto del d.lgs. n. 164/2024, per i giudizi instaurati successivamente al 28 febbraio 2023, il precetto deve contenere anche l'indicazione del giudice competente per l'esecuzione e, se è sottoscritto dalla parte personalmente, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice oppure l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o l'elezione di un domicilio digitale speciale. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso, salvo quanto previsto dall'art. 149-bis per le ipotesi che la notificazione avvenga a mezzo di posta elettronica certificata eseguita dall'ufficiale giudiziario.

In relazione alla validità del precetto, si è ritenuto che: il precetto deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi che permettano l'esatta identificazione del titolo esecutivo, in quanto requisito formale indispensabile perché il precetto stesso possa raggiungere lo scopo, che è quello di assegnare al debitore un termine per adempiere l'obbligo risultante dal titolo dispositivo e di preannunciare, per il caso di mancato adempimento, l'esercizio dell'azione esecutiva (Cass. 25 maggio 2007, n. 12230); che l'omessa indicazione del titolo esecutivo azionato non determina la nullità del precetto ai sensi dell'art. 480, comma 2, c.p.c., quando l'esigenza di individuazione del titolo risulti comunque soddisfatta attraverso altri elementi contenuti nel precetto stesso o attraverso il successivo comportamento del debitore (Cass. 20 giugno 2017, n. 15316; Cass. 2 dicembre 2014, n. 25433); che Il precetto fondato su decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione non deve essere preceduto da un'ulteriore notifica del provvedimento monitorio, ma deve fare menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione della formula esecutiva (ex art. 654, comma 2, c.p.c.), nonché della data di notifica dell'ingiunzione (ex art. 480, comma 2, c.p.c.). I suddetti elementi formali sono prescritti, a pena di nullità dell'atto di precetto, allo scopo di consentire all'intimato l'individuazione inequivoca dell'obbligazione da adempiere e del titolo esecutivo azionato, sicché la loro omissione (nella specie, l'indicazione della data di notificazione del decreto ingiuntivo) non comporta l'invalidità dell'intimazione qualora sia stato comunque raggiunto lo scopo dell'atto e, cioè, il debitore sia stato messo in condizione di conoscere con esattezza chi sia il creditore, quale sia il credito di cui si chiede conto e quale il titolo che lo sorregge (Cass. 28 gennaio 2020, n. 1928). E' stato parimenti posto in luce: che la mancata indicazione nel precetto del termine entro il quale dev'essere adempiuta l'obbligazione non costituisce causa di nullità ma una mera irregolarità operando, in caso di mancata ovvero diversa indicazione, il termine fissato dall'art 482 c.p.c. (Cass. 8 gennaio 1980, n. 133; Cass. 10 marzo 1990, n. 1985). Si è sostenuto che: il titolo esecutivo può essere notificato unitamente al precetto, pur essendo logicamente anteriore (Cass. 25 febbraio 1994 n. 1930); che il precetto deve essere sottoscritto dalla parte o da un suo rappresentante, ma non anche da un difensore necessariamente munito di procura alle liti, non trattandosi di atto del processo, di talché, ove sottoscritto da avvocato che si dichiari difensore dell'istante pur essendo sfornito di procura, esso è affetto da nullità sanabile con il conferimento successivo, salva l'avvenuta anteriore proposizione dell'opposizione da parte del debitore (Cass. 8 maggio 2006, n. 10497); che il precetto può essere validamente sottoscritto anche da un procuratore esercente extra districtum (Cass. 11 maggio 1989, n. 2151; Cass. 16 giugno 1992, n. 7394); che la mancanza assoluta di sottoscrizione determina nullità insanabile (Cass. 9 luglio 2001, n. 9292); che l'assenza di sottoscrizione della parte e del suo difensore sulla copia notificata del precetto non è causa di nullità dell'atto, né impedisce allo stesso di raggiungere il suo scopo qualora l'ufficiale giudiziario attesti di aver ricevuta la detta copia dal difensore ivi indicato e la copia risulti conforme all'originale (Cass. 22 giugno 2001 n. 8593); che l'eventuale nullità della notificazione del precetto resta sanata per raggiungimento dello scopo dalla avvenuta proposizione della relativa opposizione da parte del debitore (Cass. 15 dicembre 2016, n. 25900); che la nullità del precetto, derivante dalla mancata indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, è sanata, per il raggiungimento dello scopo, dalla proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, in tutti i casi in cui questa si limiti a lamentare l'esistenza della irregolarità formale in sé considerata, senza dedurre che essa abbia causato pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento della procedura esecutiva (Cass. 18 luglio 2018, n. 19105); che il precetto deve contenere l'indicazione delle parti, della data di notifica del decreto ingiuntivo, nonché del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e l'apposizione della formula esecutiva, in quanto la completa identificazione del titolo sostituisce, in forza dell'art. 654 c.p.c., la notifica dello stesso, sicché, in assenza di tali indicazioni, l'atto è viziato ex art. 480 c.p.c., producendosi una nullità equivalente a quella che colpisce il precetto non preceduto dalla notifica del titolo esecutivo, non suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo con la mera proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. 23 ottobre 2014, n. 22510); che l'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo - contenuta nel precetto a norma dell'art. 480, comma 1, c.p.c. - non richiede, quale requisito formale a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla (Cass. 19 febbraio 2013, n. 4008); che la mancata dichiarazione di residenza od elezione di domicilio da parte del creditore procedente nell'atto di precetto, ai sensi del terzo comma dell'art. 480 c.p.c., non importa nullità del precetto bensì soltanto l'individuazione del forum executionis, ai fini della proposizione della opposizione a precetto, nel luogo in cui l'atto è stato notificato (Cass. 11 maggio 1989, n. 2151); che l'eccessività della somma portata nel precetto non travolge questo per l'intero, ma dà luogo soltanto alla riduzione della somma domandata nei limiti di quella dovuta, con la conseguenza che l'intimazione rimane valida per la somma effettivamente spettante, alla cui determinazione provvede il giudice, che è investito di poteri di cognizione ordinaria a seguito dell'opposizione in ordine alla quantità del credito (Cass. 30 gennaio 2013, n. 2160; Cass. 29 febbraio 2008, n. 5515); che è nullo il precetto intimato sulla base di una procura conferita dalla parte nella fase di merito e poi deceduta, non trovando applicazione il principio di ultrattività del mandato (Cass. 8 febbraio 2012, n. 1760); che la fissazione di un termine ad adempiere inferiore ai dieci giorni contenuta nel precetto non costituisce causa di nullità dell'atto a condizione che l'esecuzione non sia iniziata prima del termine stabilito "ex lege" (Cass. 4 gennaio 2002, n. 55); che l'omessa trascrizione integrale del fronte e del retro dell'assegno nel precetto - se impedisce all'intimato di trarre conoscenza dell'esistenza (o meno) di una clausola di girata per l'incasso e di riscontrare se l'intimante, pur coincidente con il beneficiario indicato nel titolo, mantiene la legittimazione alla riscossione dello stesso oppure abbia incaricato, in sua vece, un banchiere giratario, a norma degli artt. 43, 55, comma 3, e 86 del r.d. n. 1736/1933 - rende nullo l'atto di intimazione, privo di un essenziale requisito di contenuto-forma; detta invalidità, pregiudicando in maniera autoevidente il diritto dell'intimato ad un adempimento sicuramente liberatorio, è deducibile con l'opposizione agli atti esecutivi, senza che sia necessario allegare in modo specifico il pregiudizio patito (Cass. 15 maggio 2024, n. 13373); che 'avvertimento al debitore esecutato prescritto, quale contenuto del precetto, dall'art. 480, comma 2, secondo periodo, c.p.c. (e volto a renderlo edotto della possibilità di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento mediante le procedure di composizione della crisi di cui alla l. n. 3/2012) ha la finalità, precipuamente "promozionale", di stimolare o incentivare l'accesso a una delle citate procedure, il quale non è comunque precluso dall'inizio o dalla progressione dell'esecuzione; ne consegue che l'omissione del predetto avvertimento non determina la nullità, bensì una mera irregolarità, dell'atto di intimazione.(Cass. 26 luglio 2022, n. 23343); che l'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo, contenuta nel precetto a norma dell'art. 480, comma 1, c.p.c., non richiede, quale requisito formale a pena di nullità, oltre all'indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla. (Cass. 18 marzo 2022, n. 8906).

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