Atto di citazione per risarcimento del danno da interferenze illecite nella vita privata e familiare

Maria Carolina De Falco
aggiornato da Maurizio Tarantino

Inquadramento

Il legislatore ha inteso con la norma appena menzionata, contrastare le sempre più presenti minacce alla riservatezza personale (privacy) legate all'evoluzione delle moderne tecnologie e all'utilizzo, esagerato, e spesso anomalo, di quest'ultime ingaggiando una lotta per la tutela della riservatezza della vita familiare o comunque, di quei diritti inviolabili garantiti e sanciti agli artt. 2 e 14 della Costituzione (cfr. Corte App. L'Aquila, n. 9/2011).

Il termine “indebitamente” sottolinea la sostanza dell'illiceità della condotta, esigendo – per la configurazione della fattispecie di reato, nonché del presupposto risarcitorio – l'assenza di "qualsivoglia ragione giustificativa della condotta dell'agente, che, di conseguenza, sia da ritenere ispirata dalla sola finalità di gratuita intrusione nella vita privata altrui ed implica, altresì, mancanza di espedienti di sorta per superare eventuali protezioni che l'avente diritto alla riservatezza abbia, all'uopo, appositamente frapposto, a schermo della propria intimità" (Cass. pen. V, n. 25453/2011).

La violazione diritto alla riservatezza nei luoghi adibiti a privata dimora costituente ipotesi di reato ex art. 615 bis c.p., indipendentemente da una pronuncia dell'Autorità giudiziaria penale, merita ristoro ove comporti il mutamento di abitudini di vita e ripercussioni anche sull'integrità psichica del soggetto leso.

Con il presente atto l'attrice cita in giudizio il suo vicino di casa che aveva installato al di fuori della propria abitazione delle telecamere dirette solo ed esclusivamente verso alcune camere della propria abitazione, costringendola a mutare condotta all'interno della stessa e comportandole, tale condotta, conseguenze anche di tipo psicologico, per sentirlo condannare al corrispondente risarcimento dei danni.

Formula

TRIBUNALE DI........ [1]

ATTO DI CITAZIONE

Sig.ra .... nata a .... il .... residente in .... alla via .... n. .... C.F. .... [2] elettivamente domiciliata in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. .... [3], C.F. .... [4] che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al fax .... [5] o all'indirizzo di posta elettronica ....@.... [6] espone quanto segue.

FATTO [7] E DIRITTO:

1. In data .... il Sig.... ha fatto installare n. 2 telecamere sulla parete esterna del proprio balcone;

2. Dette telecamere, tuttavia, sono state orientate, all'insaputa dell'istante, esclusivamente verso il suo appartamento e, in particolare, verso la .... e verso la ....;

3. Tale condotta, pertanto, realizza un'illecita intrusione nella vita privata e familiare dell'istante, ledendone il diritto alla libertà personale e domiciliare, rispettivamente tutelate dall'art. 13 e dall'art. 14 Cost.;

4. Essa, inoltre, è astrattamente idonea a configurare la fattispecie penalmente rilevante di cui all'articolo 615 bis c.p., che punisce chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata altrui;

5. Peraltro, tale condotta è stata realizzata dal Sig. .... al solo di fine di procurarsi immagini relative alla vita privata dell'istante e non, invece, per fini difensivi della propria abitazione, come dimostra la circostanza che l'obiettivo delle telecamere è stato rivolto esclusivamente verso l'abitazione della Sig.ra ....;

6. Tale evenienza ha costretto la Sig.ra ....a modificare completamente le sue abitudini di vita, arrecandole un pregiudizio non tollerabile ex art. 2 Cost., in quanto l'istante ha dovuto limitare la propria libertà nell'ambito di quel contesto, la propria dimora, che più di ogni altro contribuisce all'esplicazione e al completamento della persona umana.

Ed in particolare, a causa delle restrizioni psichiche subite dall'istante per l'abusiva ingerenza del .... negli spazi di vita privata e familiare, l'istante si è trovata costretta a non accendere le luci, ad allontanarsi dalle finestre e spesso a lasciare abbassate le persiane;

7. Il turbamento e l'alterazione dello stile di vita della Sig.ra .... causate dalla condotta illecita del Sig. .... integrano un danno esistenziale risarcibile, sia in quanto derivante dalla lesione di un diritto fondamentale della persona sia in quanto patimento derivante da una condotta configurante reato.

8. Com'è noto, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. [8], ha chiarito che, al di fuori delle ipotesi di reato, il danno non patrimoniale è risarcibile nei casi espressamente previsti dalla legge o quando il fatto illecito violi in modo grave diritti inviolabili della persona.

9. Nel caso in esame l'illecita condotta del Sig. .... viola gravemente i diritti inviolabili della persona, quali sono la libertà personale ex art. 13 Cost. e la libertà di domicilio ex art. 14 Cost., ed integra la fattispecie di cui all'art. 615 bis c.p., di tal che il danno non patrimoniale patito dalla istante è a maggior ragione risarcibile in quanto discente da reato;

10. Detto danno, consistendo in un pregiudizio di tipo non economico ma personale e quindi difficilmente quantificabile nel suo esatto ammontare da parte attrice, va liquidato dal giudice in via equitativa, tenendo conto delle circostanze del caso concreto quali la gravità del fatto, le condizioni soggettive delle vittima, l'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo [9].

11. Nonostante l'attore abbia invitato il Sig. ....alla procedura di negoziazione assistita, la sua richiesta, formulata con lettera raccomanda a/r del .... è rimasta inevasa [10];

Tutto ciò premesso l'attore, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

CITA

il Sig. .... C.F. .... residente in .... Via .... n. .... a comparire innanzi al Tribunale di <....>, nell'udienza del <....>, ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la fondatezza della domanda e, per l'effetto, condannare il convenuto a corrispondere all'attrice, a titolo di risarcimento danni non patrimoniali la somma di Euro .... quantificata in via indicativa, o comunque la minore o maggiore somma ritenuta equa dall'adito Tribunale, oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

IN VIA ISTRUTTORIA CHIEDE:

disporsi C.T.U. sulle telecamere, al fine di accertare l'angolo prospettico delle stesse;

ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e per i testi a fianco di ciascuno indicati:

1) «Vero che la Sig.ra .... evitava di accendere le luci in .... » – Sig. ....

2) «Vero che la Sig.ra .... si allontanava sempre dalle finestre .... » – Sig. ....


3) «Vero che la Sig.ra ....lasciava sempre le persiane abbassate » – Sig. ....

Si allegano:

1) perizia di parte sull'angolo prospettico delle telecamere

2) lettera raccomandata a/r .

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro .......

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv. .... ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze.

L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe.

Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti.

Eleggo domicilio presso il Suo studio in.... (indicare la città), via.... n....

Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato.

Luogo e data ....

Sig. ....

E' autentica

Firma Avv. ....

[1] Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicate le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014.

[7] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c.

[8] Cfr. la nota sentenza a Cass. S.U., n. 26972/2008.

[9] Cfr. Cass., n. 208595/2015.

[10] E' obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita e costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro (art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. In ogni caso, la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 l. n. 162/14).

Commento

Tempo e luogo:

Ai fini della applicabilità dell'art. 615-bis c.p., “deve ritenersi luogo di privata dimora anche quello in cui si svolge parte significativa della vita affettiva di chi si trattiene, anche non abitualmente, in detto luogo (nel caso esaminato è stata confermata la condanna del convivente che aveva registrato le conversazioni della sua compagna avvenute con la sorella nell'abitazione in cui i due convivevano)” (Cass. pen. V, n. 8762/2012).

La definizione di luogo di privata dimora, dunque, ha la funzione di delimitare gli ambienti nei quali l'interferenza nella altrui vita privata assume penale rilevanza.

il concetto di “vita privata” si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato, da intendersi non in astratto, ma come luogo riservato a quel soggetto (o, quanto meno, anche a quel soggetto) nei confronti del quale la captazione (di immagini, parole, ecc.) è avvenuta.

E' stato ritenuto tale, ad esempio la toilette di uno studio professionale (Cass. pen, n. 27847/2015), ma non i locali destinati alle docce di una piscina comunale (cfr. sul punto Cass. pen. V, n. 28174/2015 per la quale “Il luogo pubblico, quando frequentato da un numero indeterminato di persone, non è 'stabilmente' frequentato dalla persone offese, non è domicilio; sicché integra il reato di violenza privata e non di interferenza illecita nella vita privata la condotta dell'imputato che aveva indebitamente ottenuto le immagini attinenti alla vita privata di persone maggiorenni e minorenni, filmate con l'uso di un'apparecchiatura di ripresa audiovisiva (una telecamera per cassette mini-dvd), celata all'interno di un cestino per i rifiuti, posizionato davanti alle docce degli spogliatoi femminili della piscina comunale”)

Lo stesso luogo può, però, assumere rilevanza a seconda del soggetto da cui provenga l'aggressione al diritto alla riservatezza.

Ad esempio mentre con la decisione n. 9235/2012 la Suprema Corte di Cassazione Penale V, ha ritenuto sussistente il reato di interferenze illecite nella vita privata nel caso della condotta dell'investigatore privato che aveva effettuato riprese di un rapporto sessuale all'interno di una abitazione privata con il consenso del suo titolare, ma all'insaputa dell'altro soggetto coinvolto nel rapporto, il reato è stato escluso (cfr. ad esempio, Cass. pen. V, n. 22221/2017) per la condotta di colui che, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva, provveda a filmare in casa propria rapporti intimi avvenuti con la convivente, “in quanto l'interferenza illecita prevista e sanzionata dal predetto art. 615-bis c.p. è quella proveniente dal terzo estraneo alla vita privata, e non già quella del soggetto che invece sia ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte; mentre è irrilevante l'oggetto della ripresa, considerato che il concetto di "vita privata" si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato”.

È configurabile il delitto di interferenze illecite nella vita privata anche quando l'agente sia il titolare o contitolare del domicilio, da dove carpisca immagini o registri conversazioni attinenti alla vita privata di altra persona, che nel domicilio si trovi, senza il consenso, espresso o implicito, di tale persona (Cass. VI, n. 39550/2024).

Invece, il reato non sussiste se le riprese effettuate dall'imputato avvengono da un luogo liberamente visibile dall'esterno, senza l'uso di espedienti o accorgimenti per eludere la volontà della persona offesa di escludere la visuale. La tutela della riservatezza si applica solo ai comportamenti sottratti alla normale osservazione, in luoghi di privata dimora che non siano visibili a terzi senza particolari mezzi o artifici (Trib. Lecce pen. 10 giugno 2024, n. 1681).

Oggetto della condotta

Quanto alla condotta propriamente vietata, ovvero a cosa si intenda esattamente per interferenze illecite, ancora una volta gli Ermellini (cfr. Cass. pen. V, n. 46509/2008) chiariscono che per “procurarsi”, si intende “l'acquisizione immagini o qualsiasi altro tipo di informazione che riguardi lo svolgimento della vita privata dei soggetti offesi nell'ambito dei luoghi di domicilio o privata abitazione”.

La norma, così come prospettata, ha inteso tutelare e proteggere quei luoghi in cui si presuppone "un soggiorno, sia pur breve, ma di una certa durata, sufficiente per far ritenere ragionevolmente apprezzabile l'esplicazione di vita privata che in esso si svolge" (Cass. pen. V, n. 35497/2001).

Non sono oggetto di questa tutela i luoghi pubblici o aperti al  pubblico:   ad esempio Le videoregistrazioni disposte dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari all'interno di una casa di cura e di riposo sono utilizzabili senza necessità di autorizzazione preventiva dell'autorità giudiziaria, in quanto gli ambienti di degenza costituiscono luoghi aperti al pubblico e, comunque, non qualificabili come di privata dimora ( Cass . Pen. VI, n. 28004/2019 ;   Trib. Bergamo III, 27 febbraio 2019, n.  502 ) .

Non c'è, però, reato di interferenze illecite nella vita privata né illecito civile se manca l'abusiva captazione di condotte in località protetta  “Non commette il reato di interferenze illecite nella vita privata colui che sulla tettoia della propria azienda installi una telecamera idonea a riprendere l'ingresso di un stabilimento industriale di proprietà altrui, laddove non risulti che la telecamera sia in grado di riprendere, non solo l'accesso e l'uscita dei mezzi e le relative targhe, ma anche l'attività lavorativa svolta all'interno dello stabilimento, Nel caso di specie, il Tribunale ha assolto dal reato ex articolo 615-bis del codice penale l'imputato, tratto a giudizio per aver posizionato una telecamera del sistema di videosorveglianza verso la proprietà altrui. Per il giudice, nello specifico, manca la prova che ci sia stata abusiva captazione di condotte tenute in località protetta, ai sensi della disposizione incriminatrice ”   (Trib.  Nola 14 gennaio 2020, n. 9 ; negli stessi termini  Cass .  Pen. V, n. 17346/2019     “Il reato di cui all'art. 615-bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) non è configurabile per il solo fatto che si adoperino strumenti di osservazione e ripresa a distanza, nel caso in cui tali strumenti siano finalizzati esclusivamente alla captazione di quanto avvenga in spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei” ).

Le nuove tecnologie in materia di comunicazione hanno influito da ultimo anche nella definizione dei limiti della condotta lesiva.

Si veda la sentenza della Corte Appello Napoli pen. I 6 giugno 2013 n. 2073 per la quale “L'immissione dell'immagine lesiva nel sistema Internet integra il reato di diffamazione aggravata ma non anche quello di interferenze illecite nella vita privata ex art. 615-bis, comma 2, c.p., non essendo l'immagine divulgata oggetto di indebita captazione”, o ancora la decisione del Trib. Torino 2 maggio 2013 per cui “In caso di registrazioni di conversazioni tra presenti da parte di un partecipante alle stesse (e quindi con il consenso di uno dei presenti alla conversazione), non è configurabile l'ipotesi di reato di cui all'art. 615-bis c.p. e la registrazione è utilizzabile come prova nel processo civile”.

Infatti,  elementi determinanti per la configurazione del reato e dell'illecito  il fatto che l'agente riprenda immagini di luoghi in cui non sia ammesso  ( cfr.   Cass . Pen. V,  n.   46158/2019   “Non integra il reato di illecita interferenza nella vita altrui la condotta di chi, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva, in un'abitazione in cui sia lecitamente presente, sia quale convivente che ospite occasionale, filmi scene di vita privata ), nonché la compartecipazione dell'autore alle riprese dell'evento ed il disvalore obiettivo delle immagini riprese.

Non portano a differenti conclusioni le norme del codice della privacy, allorché le conversazioni registrate non contengano riferimenti a dati sensibili o anche solo a dati personali, intesi come qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione.

In ogni caso, ai sensi dell'art. 24 codice della privacy, il consenso al trattamento dei dati personali non è richiesto “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale”, nel senso che quando siano in gioco dati ordinari, il diritto alla privacy e alla riservatezza deve soggiacere rispetto al diritto di difesa.

Anche condotte meno sofisticate come il semplice origliare – pure agevolate dalle nuove tecnologie di comunicazione - possono configurare l' ipotesi di reato: a tal proposito la decisione della Cass. pen. VI, n. 15003/2013 ha chiarito che “Non commette il reato di cui all'art. 615-bis c.p., né quello di cui agli art. 617 e 623 c.p. colui che assiste ad una conversazione telefonica svoltasi fra altre persone, in quanto autorizzato da una delle stesse. La fattispecie era proprio relativa alla utilizzabilità della testimonianza resa da colui che ascolta semplicemente un colloquio in modalità viva voce”.

Elemento psicologico del reato

Di più difficile individuazione e collocazione rispetto all'elemento oggettivo è quello soggettivo quando si parla di interferenza illecita nella vita familiare.

Si individua, per alcuni, nel dolo specifico l'elemento soggettivo di questo reato, perché sarebbe strettamente necessaria la volontà di procurarsi in modo indebito quelle immagini concernenti la vita privata del titolare del luogo firmato senza motivo alcuno (così Cass. pen. V, n. 25453/2011 e Cass. pen. V, n. 8753/2001); di converso si rinviene, per altri, nella norma il riferimento a un dolo generico, essendo sufficiente la sola volontà di procurarsi immagini private del soggetto interessato (Cass. pen. V, n. 25666/2003).

La persona offesa

In punto di persona offesa, in via principale, si richiama la statuizione della Suprema Corte che, a tal proposito, prevede come sia irrilevante “la mancata identificazione, o la non identificabilità, della persona cui si riferisce l'immagine abusivamente captata dal terzo, atteso che il titolare dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice, nel cui ambito rientra la riservatezza che connota i momenti tipici della vita privata, non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini, ma da chiunque, all'interno del luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino” (Cass. pen. V, n. 7750/2011;Cass. pen. V, n. 41021/2012; Cass. pen. V, n. 18058/2003).

Dunque, quanto alla sfera soggettiva di applicazione del disposto normativo il titolare dell'interesse protetto dall'art. 615-bis c.p., nel cui ambito deve ricomprendersi la riservatezza che connota i momenti tipici della vita familiare, non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini o notizie o immediatamente coinvolto dalla loro diffusione, ma anche chiunque, nel luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino, sì da comporre un unitario quadro rappresentativo di un'area riservata e preclusa alle indebite intrusioni ab externo idonee a scalfirlo.

La Corte di Cassazione sul punto ha più volte affermato, tra l'altro, che non vi è ragione di non estendere la tutela a chi de facto possa essere legato all'imputato da un rapporto assimilabile a quello coniugale e che, ai fini dell'applicabilità dell'art. 615-bis c.p., deve ritenersi luogo di privata dimora anche quello in cui si svolge parte significativa della vita affettiva di chi si trattiene, anche non abitualmente, in detto luogo (Cass. pen. V, n. 9235/2011).

Chi frequenta un luogo di privata dimora, infatti, anche se si tratta della dimora altrui, fa affidamento sul carattere di "privatezza" dello stesso e, dunque, agisce sul presupposto che la condotta che in quel luogo egli tiene sarà percepita solo da coloro che in esso siano stati lecitamente ammessi.

Le sanzioni penali

Al comma 1 è prevista la pena della reclusione da un minimo di sei mesi a un massimo di quattro anni, prevedendo inoltre la medesima pena per la fattispecie di cui al secondo comma, "salvo che il fatto costituisca più grave reato".

Viene inserita, dunque, una clausola che ne limita la portata a favore di eventuali punizioni più gravi alle quali corrisponderebbe fattispecie di reato più grave e conseguente pena più grave.

Il delitto è punibile, sempre secondo l'art. 615-bis, a querela della persona offesa, che come è stato già accennato può essere chiunque e non solo il proprietario del luogo di privata dimora.

La sola ipotesi dell'ultimo comma rende diverso il procedimento di verifica del reato e conseguentemente di applicazione della sanzione.

Lo stesso recita: "se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato", si procede d'ufficio e in tal caso la pena è della reclusione da uno a cinque anni, più alta quindi nei minimi e nei massimi.

Sono, poi, inutilizzabili sia nel processo penale che in quello civile, in quanto acquisite in violazione della norma dell'art. 615-bis c.p., anche tutte le prove ottenute attraverso una interferenza illecita nella vita privata (si pensi al caso della registrazione illegittimamente effettuata da un coniuge delle conversazioni intrattenute, in ambito domestico, dall'altro coniuge con un terzo, come rilevato in Cass. pen. V, n. 35681/2014; Cass. pen. V, n. 8762/2012).

Rapporti di vicinato e “vita” condominiale. Casi di esclusione dell'illecito.

Come di frequente la materia condominiale costituisce fonte di casistiche utili alla definizione delle fattispecie risarcitorie.

Tenuto conto, nel caso di specie, della nozione di privata dimora, ad esempio è stato chiarito che una ripresa/ingerenza/interferenza, astrattamente non è ammessa, in un contesto condominiale, che differisce e di molto dalla vita privata a cui fa riferimento l'articolo.

Invero, “Non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'art. 615-bis c.p., la quale concerne, sia che si tratti di "domicilio", di "privata dimora" o "appartenenze di essi", una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza (Cass. II, n. 71/2013).

Anche in materia di rapporti di vicinato la casistica è indubbiamente copiosa.

Non integra, per esempio, il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che faccia riprese fotografiche e videofilmate dell'attività edificatoria in corso nella contigua proprietà della persona offesa e consistente nella realizzazione di un muretto di confine, considerato che, ai fini della fattispecie delittuosa, piuttosto “l'attività intrusiva deve essere indebita e, pertanto, priva di qualsivoglia ragione giustificativa della condotta dell'agente, sostanziandosi in una gratuita intrusione nella vita privata altrui, il che non si verifica nel caso di realizzazione di un manufatto in prossimità di un confine prediale, il quale postula il rispetto delle prescrizioni civilistiche e, per di più, costituisce attività agevolmente osservabile e, come tale, non sottratta alla normale osservazione dall'esterno” (Cass. pen. VI, n. 25453/2011).

La materia condominiale è utile per comprendere anche la differenza tra il reato di interferenze illecite nella vita privata e quelli connessi alla violazione della privacy.

Invero, la ratio della norma in commento è quella di salvaguardare la libertà domestica, assicurando che la sfera ambientale in cui si svolge resti al riparo da qualsiasi intromissione altrui — realizzata mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora atti a captare notizie o immagini attinenti alla vita privata — che possa attentare alla pace, alla tranquillità e alla sicurezza di quell'ambito di riservatezza in cui si esplica la personalità (così Cass. pen. V, n. 35947/2001); il codice della privacy trova, invece, applicazione in caso di utilizzazione di un sistema di ripresa di aree condominiali da parte di più proprietari o condomini, oppure da un condominio, dalla relativa amministrazione, da studi professionali, società o da enti no-profit.

In tali casi l'installazione di questi impianti è ammissibile esclusivamente in relazione all'esigenza di preservare la sicurezza di persone e la tutela di beni da concrete situazioni di pericolo, oppure nel caso di attività che comportano, ad esempio, la custodia di denaro, valori o altri beni, secondo una valutazione di proporzionalità.

La Corte di legittimità, peraltro, ricorda ( cfr. Cass. I, n. 14346/2012; Cass. II, n. 17440/2015; Cass. II, n. 1422/2016) che le aree comuni non rientrano nei concetti di domicilio, privata dimora o “appartenenze di essi” ai quali si riferisce l'art. 614 c.p. (richiamato dall'art. 615-bis c.p.), essendo destinate all'uso di un numero indeterminato di soggetti, con la conseguenza che la tutela penalistica di cui all'art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese (Cass. pen., n. 44701/2008; Cass. pen. n. 3753/2006).

Sui giornalisti cd. ”paparazzi” e sugli investigatori privati

Interessante è anche il punto di vista degli Ermellini su una delle più frequenti ipotesi di interferenze nella vita privata.

Così, “Integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che consenta ai giornalisti di introdursi nell'abitazione di un soggetto privato, in assenza di quest'ultimo, e di effettuare riprese fotografiche - successivamente diffuse sulla stampa e su trasmissioni televisive - dei locali e delle cose ivi contenute (Cass. pen. V, n. 46509/2008).

A proposito, poi, di altra figura particolarmente soggetta alla contestazione dell' illecito di cui in oggetto, come supra visto, la fattispecie circostanziata prevede un aggravamento di pena nel caso in cui i suddetti strumenti vengano utilizzati da pubblici ufficiali o da incaricati di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio ovvero da chi – in particolare - esercita (anche abusivamente) la professione di investigatore privato.

Le due ipotesi prese in considerazione dal terzo comma dell'art. 615-bis c.p., si perfezionano con l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora realizzato, nel primo caso, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alla funzione o al servizio e, nel secondo, esercitando la professione di investigatore privato.

Invero, viene evidenziato come la formulazione dell'art. 615-bis, comma 3, c.p. sia la medesima che si rinviene nell'art. 61, comma 1, n. 9, c.p., a proposito del quale la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto non sufficiente la mera qualifica funzionale dell'agente, dovendo altresì sussistere una correlazione tra la realizzazione della fattispecie di reato e l'esercizio del potere (o la violazione del dovere), nel senso che detta qualità abbia almeno agevolato la commissione del reato.

Di conseguenza, si ritiene che anche nell'ipotesi di chi esercita la professione di investigatore privato debba sussistere una connessione, nel senso appena indicato, tra la condotta di interferenza e l'esercizio della professione in questione, connessione che è esclusa, ad esempio, allorquando l'investigatore si sia limitato a installare strumenti di video –sorveglianza o di captazione di immagini, trattandosi di meri antefatto materiale non punibile (Cass. pen. V, n. 33265/2015).

A proposito della delimitazione delle condotte considerate lesive svolte da un pubblico ufficiale, da ultimo si è chiarito che  “Non integra il reato di cui all'art. 615-bis c.p. la ripresa fotografica da parte del pubblico ufficiale di comportamenti che si svolgono in luoghi di privata dimora i quali siano liberamente osservabili dall'esterno senza ricorrere a particolari accorgimenti, in quanto la tutela della riservatezza del domicilio è limitata a ciò che ivi si compie in modo da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei. (Fattispecie relativa al reato di resistenza a pubblico ufficiale, rispetto al quale è stata esclusa, ai sensi dell'art. 393-bis c.p., l'arbitrarietà della ripresa fotografica effettuata da vigili urbani, attraverso il cancello semiaperto della proprietà del ricorrente, al fine di verificare se fossero in corso di realizzazione abusi edilizi)” ( Cass. Pen. VI, n. 9932/2020).

Registrazioni audio e video. Le telecamere interne e gli altri strumenti di osservazione. Altre ipotesi escluse.

Nella pratica diverse sono le pronunce che riguardano lo specifico utilizzo degli strumenti di ripresa audiovisiva ai fini della configurazione del reato, e dell'illecito.

Invero, ad esempio come visto «Non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.) nel caso in cui il soggetto attivo effettui, attraverso l'uso di telecamere installate all'interno della propria abitazione, riprese dell'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'art. 615-bis c.p., la quale concerne, sia che si tratti di "domicilio", di "privata dimora" o "appartenenze di essi", una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza» (Cass. pen. VI, n. 44701/2008 resa in una fattispecie relativa ad una ripresa fotografica dalla strada pubblica di due persone che uscivano di casa e si trovavano in un cortile visibile dall'esterno; cfr. anche Cass. pen. VI, n. 44156/2008 ove il caso verteva un impianto di videosorveglianza installato sul balcone di abitazione e idoneo a riprendere aree comuni non intercluse allo sguardo degli estranei e di comproprietà dell'imputato).

Sul punto si è anche precisato sempre nella stessa decisione che il reato di cui all'art. 615-bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) non è configurabile per il solo fatto che si adoperino strumenti di osservazione e ripresa a distanza, nel caso in cui tali strumenti siano finalizzati esclusivamente alla captazione di quanto avvenga in spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei.

Tra le ipotesi escluse dall'illecito, infine, rientra anche il caso in cui la registrazione audio o video che abbia ritratto un luogo visibile dalla pubblica via (“Non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.) la condotta di colui che installi nell'auto di un soggetto (ex fidanzata) un telefono cellulare, con suoneria disattivata e con impostata la funzione di risposta automatica, in modo da consentire la ripresa sonora di quanto accada nella predetta auto, in quanto, oggetto della tutela di cui all'art. 615-bis è la riservatezza della persona in rapporto ai luoghi indicati nell'art. 614 c.p. - richiamato dall'art. 615-bis - tra i quali non rientra l'autovettura che si trovi sulla pubblica via” (Cass. pen. V, n. 28251/2009; Cass. pen. V, n. 4926/2009).

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