Ricorso ex art. 702-bis c.p.c. per risarcimento del danno da erroneo intervento di chirurgia estetica.

Emanuela Musi

Inquadramento

Con il ricorso ex art. 702-bis c.p.c. viene fatta valere la responsabilità della struttura (privata) per i danni, patrimoniali e non (con particolare riguardo allo sconvolgimento delle abitudini di vita), causati da un erroneo trattamento estetico e consistiti sia nelle lesioni patite in conseguenza dell'errore del sanitario, sia nel mancato conseguimento del risultato atteso.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

RICORSO EX ART. 702-BIS C.P.C. [2] [3]

PER

La Sig.ra .... nata a...., il ...., C.F. .... [4], residente in ...., via ...., rappresentata e difesa, per mandato in calce/a margine del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in ...., via.... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax...., ovvero all'indirizzo PEC .... [5]

CONTRO

Clinica Estetica .... C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....;

NONCHE'

Assicurazioni .... C.F./P.I. .... in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....;

PREMESSO CHE

- L'odierna attrice in data .... si recava presso la “Clinica Estetica” per ivi sottoporsi ad una seduta di “luce pulsante” per una depilazione permanente nella regione sottomentoniera e sottomandibolare (doc. 1).

- Una volta recatasi a casa, la ricorrente avvertiva l'aumento progressivo di un intenso bruciore al viso, e si avvedeva che la zona trattata appariva rossa, tumefatta e dolorante con la presenza di vesciche. Pertanto, in pari data, si recava presso il Policlinico di .... ove le veniva consigliata l'applicazione di una crema (doc. 2).

- Persistendo la sintomatologia, sia estetica che dolorosa, in data .... la Sig.ra .... si recava a visita presso la Clinica di Chirurgia Plastica-Ricostruttiva del Policlinico di .... ove venivano riscontrati aree rettangolari di ustioni di II grado superficiali  a livello delle regioni mandibolari e sottomentoniera. Inoltre, veniva evidenziata la presenza di “esiti discromici a sinistra e a destra in sede mandibolare cicatrice di forma ovalare“ (doc. 3).

- In seguito ai predetti eventi, l'odierna attrice ha riportato gravi conseguenze sul piano estetico, stante la deturpazione del suo volto a causa di due vistose cicatrici. Da dette lesioni sono residuati esiti di carattere permanente, come indicato nella relazione della specialista Dott.ssa .... (doc. 4).

- Inoltre, la ricorrente era iscritta all'epoca dei fatti al collocamento dello spettacolo (doc. 5). Dalla data del sinistro non ha più partecipato a nessuna trasmissione né è stata chiamata in alcuna produzione.

- Con racc. a/r del .... la Sig.ra .... richiedeva alla “Clinica Estetica” il risarcimento di tutti i danni patiti a seguito dell'intervento di chirurgia estetica di cui sopra (documento 6). Tuttavia, l'istanza rimaneva senza esito.

- Con ricorso ex art. 696-bis c.p.c. [6] (doc. 7) l'istante adiva l'intestato Tribunale al fine di ottenere la nomina di un C.T.U. che, previo esperimento del tentativo di conciliazione, accertasse la natura e l'entità delle lesioni subite nonché il nesso di causalità tra l'evento lesivo e la condotta medica, imprudente imperita e negligente, con la quantificazione del danno.

- Fallito il tentativo di conciliazione il CTU depositava la consulenza medico legale che si produce (doc. 8) dalla quale è emerso che gli esiti di invalidità permanente in capo alla Sig.ra .... siano nell'ordine del 6%, oltre ad un'invalidità temporanea assoluta pari a gg...., ed ad un'invalidità temporanea parziale pari a gg....

Sulla base di detta valutazione medico legale la quantificazione del danno biologico ammonta a complessivi Euro .... Inoltre la detta consulenza ha riconosciuto anche il danno morale nella misura del ....%, pari quindi ad Euro ...., viste le circostanze particolarmente gravi e traumatiche in cui si è consumato l'evento dannoso de quo. Dette circostanze hanno scosso in maniera forte ed indelebile l'odierna attrice che, a tutt'oggi, non riesce ad accettare il peggioramento del proprio aspetto estetico dovuto, cosa ancor più grave, all'inesatta esecuzione di un banalissimo trattamento estetico.

Inoltre, dalla detta consulenza risulta come l'odierna attrice abbia dovuto sostenere spese mediche per un totale di Euro ....

- Alla luce di tutto quanto sopra esposto appare in modo del tutto manifesto il diritto dell'odierna attrice ad ottenere il risarcimento dei gravi danni illegittimamente patiti a seguito del trattamento estetico eseguito presso la struttura convenuta.

In via preliminare, occorre sottolineare come i pregiudizi tutti arrecati alla Sig.ra .... così come da CTU espletata ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c., siano conseguenza immediata e diretta dell'inesatta esecuzione della prestazione pattuita dalle parti ossia della depilazione permanente attraverso un trattamento di luce pulsante.

Oltretutto l'attrice, prima di sottoporsi a detto trattamento estetico, non veniva informata circa la possibilità, anche remota, di rimaner vittima di un simile incidente.

Nel caso di specie, la permanente compromissione dell'aspetto estetico dell'odierna attrice, di così giovane età, ha cagionato nella stessa una grave lesione del proprio equilibrio psicofisico, limitandola nel compiere una serie di attività fonte di benessere, di realizzazione per la propria persona, e come tali costituzionalmente garantite. Infatti, a seguito dei danni patiti, la Sig.ra .... denota una forte timidezza, sino ad ora mai riscontrata, nonché un'estrema difficoltà nelle relazioni interpersonali. Inoltre, la Sig.ra .... prima dell'intervento risultava iscritta al collocamento dello spettacolo e dal sinistro non ha avuto più possibilità di essere selezionata, anche solo come comparsa, in alcuna produzione cine-tv.

- La l. n. 24/2017 stabilisce che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi del c.c. artt. 1218 e 1228, delle loro condotte dolose o colpose.

In tema di responsabilità medica, di regola le obbligazioni inerenti l'esercizio della detta attività professionale sono considerate generalmente come obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato considerato, ma non anche al suo conseguimento. 

Diversamente, accade in materia di attività medica inerente al settore della chirurgia estetica. Invero, la prevalente giurisprudenza ha precisato che la prestazione comporta non soltanto una diligente osservanza del comportamento pattuito, ma anche il diretto ed effettivo soddisfacimento dell'interesse creditorio, assunto come contenuto essenziale ed irriducibile della prestazione: in altri termini l'adempimento dell'obbligazione verrebbe a coincidere ed identificarsi con la piena realizzazione dello scopo perseguito dal paziente (il miglioramento dell'aspetto estetico), indipendentemente dalla diligenza spiegata dal medico estetico per tentare di conseguire il risultato prefissato [7]. Di tal che, ai fini dell'onere della prova, al danneggiato è sufficiente la mera allegazione del mancato ottenimento del risultato preventivato.

- Ai sensi dell'art. 12, comma 1, legge n. 24/2017, il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private.

Per i motivi sovraesposti, risultando accertato che il danno subito dalla ricorrente è dovuto ad una condotta omissiva dei sanitari che intervennero presso la Struttura convenuta ed essendo altresì accertata la misura del danno alla persona ed essendo altresì dimostrato documentalmente il danno patrimoniale e l'ammontare delle spese mediche sostenute, l'istante come sopra rappresentato difeso e domiciliato,

CHIEDE [8]

che codesto Ill.mo Tribunale voglia fissare, ai sensi dell'art. 702-bis, comma 3 c.p.c., con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione dei convenuti che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell'udienza, con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c e che, in difetto di costituzione, si procederà in loro contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, provvedere come appresso:

- “accertare e dichiarare la esclusiva responsabilità delle convenute in ordine ai danni subiti dalla ricorrente che si quantificano in complessivi Euro ...., come da allegata perizia espletata nel corso del procedimento di cui all'art. 696-bis c.p.c., oltre interessi e rivalutazione come per legge.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Si nomina C.T. di parte il Dott. ....

Ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento, secondo le norme del codice di procedura civile, è pari ad Euro ....ed è assoggettato a contributo unificato pari ad Euro ....

Luogo e data ....

Firma ....

PROCURA

[1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento. Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] Premesso che la nuova disciplina normativa sulla responsabilità sanitaria ha previsto che dopo l'espletamento dell'ATP le cause di merito debbano essere introdotte con il rito sommario di cognizione, si potrebbe sensatamente ritenere che, instaurando ai fini della procedibilità della domanda il procedimento di mediazione, allora non vi sia più l'obbligo di introduzione della lite ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. (ben potendo optare l'attore per il rito ordinario di cognizione). Ed effettivamente, il legislatore ha previsto il ricorso al rito sommario di cognizione dopo l'ATP in quanto l'atto istruttorio fondamentale è stato già effettuato. E che il necessario impiego della procedura di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c. sia da limitare al solo caso dell'ATP (e non della mediazione), lo si ricava pure dal fatto che l'art. 8, comma 3, del nuovo testo normativo prevede che il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. debba essere depositato entro il termine di 90 giorni dal deposito della relazione medica o dalla scadenza del termine perentorio di 6 mesi per l'ultimazione dell'ATP (e ciò a pena di perdita di efficacia della domanda). Tra le materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria vi è, infatti, anche il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. E' stata inserita, con la l. n. 98/2013, accanto alla “responsabilità medica” (ossia, tecnicamente, quella afferente il rapporto medico-paziente) anche la “responsabilità sanitaria” (vale a dire, quella della struttura sanitaria indipendente dalle responsabilità del personale medico, come nel caso di insufficienza delle apparecchiature). Il previo accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, in alternativa al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010. Per munire di procedibilità la sua domanda l'attore potrà, quindi, scegliere tra ATP e mediazione.

[3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011).

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] Cfr. art. 8, comma 1, l. n. 24/2017.

[7] Trib. Milano, I sent., 29 ottobre 2015 n. 12113.

[8] Cfr. art. 8, comma 3, l. n. 24/2017.

Commento

Inquadramento: la diligenza medica.

La diligenza richiesta al medico nell'esecuzione della sua prestazione è, non certo la generica diligenza del buon padre di famiglia, bensì quella media, ossia la diligenza normalmente esigibile dal professionista di media preparazione ed attenzione nell'esercizio della sua attività. Si afferma, in particolare, da parte della dottrina, che chi assuma un'obbligazione nella qualità di specialista, o assuma un'obbligazione che tale qualità comunque presupponga, sia conseguentemente tenuto ad una corrispondente perizia e capacità tecnica. Ai fini della responsabilità professionale, la prestazione del medico specialista viene, pertanto, valutata con maggior rigore, dovendosi aver riguardo alla peculiare specializzazione ed alla necessità di adeguarne la condotta alla natura della prestazione ed al suo livello di pericolosità.

In ogni caso, tra gli obblighi di protezione che assume il medico nei confronti del paziente, per effetto del "contatto sociale" tra il primo ed il secondo, non rientra quello di garantire un determinato risultato della prestazione sanitaria, a meno che il paziente - sul quale incombe il relativo onere - non dimostri l'espressa assunzione della garanzia del risultato da parte del medico (v. Cass. III, n. 16394/2010). Ben vero, il medico, come la struttura sanitaria (indifferentemente pubblica o privata), assume l'impegno del risultato esigibile secondo criteri di relativa normalità, da apprezzarsi in ragione ed in dipendenza di una pluralità di concorrenti fattori, e, tra questi, la particolare malattia da curare, le condizioni generali del paziente, l'attuale stato della tecnica e delle conoscenze scientifiche, oltre alla organizzazione dei mezzi adeguati all'adempimento. Ne consegue che, prima d'assumere l'obbligazione, il medico deve valutare con prudenza i limiti della propria preparazione professionale, onde ponderarne l'adeguatezza rispetto al caso concreto; deve, inoltre, adottare tutte le misure volte a prevenire o a rimediare ad eventuali carenze strutturali ed organizzative, incidenti sugli accertamenti diagnostici e sui risultati dell'intervento, informando il paziente, ove ciò non fosse possibile e mancasse l'urgenza di intervenire, della necessità del ricovero presso altra struttura più idonea ed attrezzata.

Con l'unica eccezione dei problemi tecnici di speciale difficoltà di cui all'art. 2236 c.c., la responsabilità del medico si estende dal dolo alla colpa lieve e presuppone la inosservanza di quanto, per il comune consenso delle autorità scientifiche, nonché per consolidata sperimentazione, possa ritenersi acquisito alla scienza ed alla pratica della medicina. Di tal che, la perizia viene a rappresentare il contenuto della obbligazione assunta dal professionista, costituendo la regola ordinaria di responsabilità del medico. Sul piano dell'onere della prova, ne consegue che grava sul professionista la dimostrazione dell'adempimento o dell'esatto adempimento della prestazione, sia sotto il profilo dell'obbligo di diligenza e perizia, sia della conformità quantitativa o qualitativa dei risultati che ne sono derivati, mentre sono a carico del paziente l'onere di allegazione dell'inadempimento o dell'inesatto adempimento e la dimostrazione del pregiudizio subito ed il nesso causale tra tale pregiudizio e l'attività del professionista.

In particolare: la diligenza medica nella legge Balduzzi e nella legge Gelli – Bianco.

Giova evidenziare che, con l'art. 3 della c.d. Legge Balduzzi, le clausole di linea guida e di buona pratica accreditate dalla comunità scientifica si vengono ad inserire nel bagaglio di conoscenze tecniche che il medico, nella veste d'esercente la professione sanitaria di media perizia, deve necessariamente osservare nell'adempimento della sua obbligazione. Tuttavia, la norma riguarderebbe regole di sola perizia, cosicché all'esercente la professione sanitaria non potrebbe estendersi alcuna limitazione di responsabilità, allorché gli fosse ascritta, a titolo di colpa, una condotta semplicemente negligente o imprudente (analogamente a quanto ritenuto con riguardo al dolo e alla colpa grave dall'art. 2236 c.c.). Si segnala, poi, che la stessa norma ha, invece, attribuito alla lieve mancanza della diligenza civilistica una funzione ulteriore e distinta da quella riconosciuta da secolare tradizione, attraverso la singolare funzione, concorrente rispetto a quella di imputazione della responsabilità, di criterio di valutazione e liquidazione del danno da risarcire (v. formula su linee guida e best practice mediche).

La legge Gelli-Bianco ha disciplinato più dettagliatamente il riferimento alle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali (in linea, peraltro, con quanto già affermato dalla giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, in punto di efficacia esimente del rispetto delle linee guida da parte dell'esercente la professione sanitaria; v. Trib. Milano 22 aprile 2008 secondo la quale “.. allorquando il medico o la struttura ospedaliera abbia provato di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione, e cioè di aver rispettato tutte le norme di prudenza, diligenza e perizia, i protocolli e le linee-guida più accreditate nel proprio settore di competenza, il paziente non può invocare l'art. 1218 c.c., neppure in presenza di un acclarato peggioramento delle proprie condizioni di salute in rapporto di causalità con la prestazione sanitaria” e Cass. III, n. 24213/2015 che ha confermato l'esclusione della responsabilità del medico per una vaccinazione inoculata per via intramuscolo, eseguita nel rispetto dei protocolli per la localizzazione e le modalità operative dell'iniezione, riconducendo l'evento dannoso al caso fortuito). Tuttavia, secondo quanto affermato dai primi commentatori della riforma, la prova dell'adempimento dell'obbligazione, sul presupposto del rispetto delle linee guida, rischia di diventare più “ingessata” atteso che: 1) sono rilevanti solo le linee guida pubblicate con la modalità previste dalla legge; 2) l'esercente, ai fini civili e penali, deve provare l'adeguatezza della linea guida adottata in relazione alle specificità del caso concreto; 3) in tal modo, risulta provato solo l'adempimento dell'obbligazione con perizia, rimanendo espressamente esclusi i profili della negligenza e della imprudenza, in un ambito nel quale la Medicina legale ha avvertito che le linee di demarcazione di questi diversi profili di colpa sono spesso sfumate; 4) perché la non punibilità penale è espressamente prevista solo per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose (limitazioni queste ultime non previste nell'abrogato art. 3, comma 1 della legge Balduzzi).

Obbligazione di mezzi e di risultato in campo medico.

Secondo la definizione tradizionale, nelle obbligazioni di mezzi la prestazione dovuta prescinde da un particolare esito positivo dell'attività del debitore, che adempie esattamente se svolge l'attività richiesta secondo le modalità esigibili: in tali ipotesi, è il comportamento del debitore ad essere oggetto di obbligazione, nel senso che la diligenza è considerata quale criterio determinativo del contenuto del vincolo, mentre il risultato è contraddistinto dall'aleatorietà in quanto dipendente, oltre che dal comportamento del debitore, da altri fattori esterni oggettivi o soggettivi; viceversa, nelle obbligazioni di risultato, ciò che importa è il conseguimento del risultato stesso, mentre è indifferente il mezzo utilizzato per raggiungerlo, operando, pertanto, la diligenza solo come criterio di controllo e valutazione del comportamento del debitore.

Le Sezioni Unite del gennaio 2008 (sentenza n. 577 cit.) ritengono di dover superare la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, che «se può avere una funzione descrittiva, è dogmaticamente superata, quanto meno in tema di riparto dell'onere probatorio dalla sentenza delle S.U. n. 13533/2001». In ogni obbligazione, si richiede, infatti, la compresenza sia del comportamento del debitore che del risultato, anche se in proporzione variabile, tant'è che molti autori in dottrina criticano la distinzione, poiché in ciascuna obbligazione assumono rilievo così il risultato pratico da raggiungere attraverso il vincolo, come l'impegno che il debitore deve porre per ottenerlo. Evidenzia, poi, la Corte che l'inadempimento rilevante nell'ambito dell'azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni di comportamento «non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno. Ciò comporta che l'allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno; resta, poi, onere del debitore dimostrare che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur ricorrendo, non assurge a causa del danno nel caso specifico”. Il debitore, chiamato a rispondere dell'inadempimento dell'obbligazione, dovrà provare di avere adottato tutte le misure di diligenza (ex art. 1176 c.c.), prudenza e perizia nell'eseguire la prestazione dovuta, qualunque sia il grado di difficoltà della stessa, per evitare offese ad interessi diversi del creditore, avuto riguardo non solo all'osservanza delle istruzioni previste dalla normativa vigente, ma anche a tutte le comuni regole di diligenza e prudenza, che impongono agli operatori condotte comunque adeguate alle condizioni del paziente, mediante l'adozione delle determinazioni più idonee a scongiurare l'esito infausto (Cass., n. 21090/2015 cit.).

Il medico, quindi, sarà adempiente solamente se riuscirà dimostrare (in applicazione delle regole generali) di avere tenuto una condotta conforme alle leges artis: in tal caso, egli andrà esente da responsabilità, a nulla rilevando che il danno patito dal paziente sia astrattamente riconducibile ad una possibile “complicanza”. Se non che, secondo parte della dottrina, nell'affermare il superamento della distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato, le Sezioni Unite avrebbero finito con l'ampliare i confini del regime della prova dell'adempimento tipico delle obbligazioni di risultato anche in campo sanitario: in conseguenza di tanto, il debitore (medico o struttura) verrebbe dichiarato inadempiente anche qualora avesse agito diligentemente e nel rispetto delle linee guida o (in mancanza) delle buone pratiche clinico-assistenziali e avesse quindi provato l'adempimento della propria obbligazione e, ciò nonostante, si fosse comunque verificato l'evento indesiderato per mera probabilità statistica o per una diversa causa ignota. 

Sulla perdurante valenza della distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato si sono espressi alcuni autori: invero, le obbligazioni, siano esse "di risultato" o "di mezzi", sono sempre finalizzate a riversare nella sfera giuridica del creditore una "utilitas" oggettivamente apprezzabile, fermo restando che, nel primo caso, il risultato stesso è in rapporto di causalità necessaria con l'attività del debitore, non dipendendo da alcun fattore ad essa estraneo, mentre, nell'obbligazione "di mezzi", il risultato dipende, oltre che dal comportamento del debitore, da fattori ulteriori e concomitanti: ne consegue che il debitore "di mezzi" prova l'esatto adempimento dimostrando di aver osservato le regole dell'arte e di essersi conformato ai protocolli dell'attività, mentre non ha l'onere di provare che il risultato è mancato per cause a lui non imputabili (in tal senso v. anche Cass. II, n. 4876/2014).

Peraltro, è pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, se il debitore della prestazione sanitaria ha assunto un'obbligazione di risultato (come sovente accade nella chirurgia estetica, per cui v. infra), il creditore-paziente contesterà il mancato raggiungimento del risultato ed il debitore (la struttura sanitaria o l'esercente la professione sanitaria) dovrà provare (a prescindere dall'adempimento delle obbligazioni “intermedie” o accessorie, diagnostiche o terapeutiche) il raggiungimento del risultato o altra causa estintiva dell'obbligazione a lui non imputabile (nella giurisprudenza di legittimità si veda Cass., n. 16394/2010 cit.).

Segue. L'obbligazione del chirurgo estetico (cenni e rinvio).

Con particolare riferimento alla natura degli obblighi a carico del chirurgo estetico, si profilano nella giurisprudenza di legittimità due opposti orientamenti che qualificano tale obbligazione, rispettivamente, come obbligazione di risultato (Cass. III, n. 10014/1994) e come obbligazione di mezzi (Cass. III, n. 12253/1997).

In ogni caso, al di là della qualificazione dell'obbligazione in esame come di mezzi o di risultato, appare evidente che chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità spesso esclusivamente estetiche e, dunque, per rimuovere un difetto e per raggiungere un determinato risultato, e non per curare una malattia, derivandone che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell'aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto e ne determina la natura. In ogni caso, sempre prescindendo dalla detta qualificazione, ciò che viene in rilievo nell'ambito della chirurgia estetica è la tematica del consenso informato e del relativo contenuto (per approfondimenti v. formula su consenso informato, in particolare nel paragrafo dedicato al consenso informato nella chirurgia estetica).

A conferma di tale conclusione, si segnala Cass. III, n. 8220/2021 che desume la sussistenza di un profilo di alterazione del sinallagma contrattuale legittimante l’esercizio dell’azione di risoluzione per inadempimento dall’erronea esecuzione di un intervento al seno, in considerazione della finalizzazione meramente estetica dello stesso, non raggiunta per condotta imputabile al medico.

In ordine al profilo specifico che qui interessa del risarcimento del danno, il chirurgo estetico non è obbligato solamente al rimborso della somma corrisposta per l'operazione, ma anche a risarcire al paziente i danni nelle sue componenti sia patrimoniale sia non patrimoniale. In relazione al danno patrimoniale, dovranno essere tenute in considerazione non solo le spese vive sostenute per effettuare l'intervento, ma anche le spese per eventuali menomazioni di tipo psicologico, qualora l'insuccesso dell'intervento estetico abbia causato uno stato di prostrazione psicologica tale da aver reso necessario il ricorso alle cure di un esperto. Sotto forma di lucro cessante dovranno essere risarciti, poi, sia  i guadagni che il paziente non abbia potuto maturare in quanto degente, sia i profitti a cui questi ha dovuto rinunciare a causa della diminuzione della propria integrità psico-fisica.

In relazione al danno non patrimoniale, potrà trovare risarcimento la lesione dell'integrità psicofisica del paziente, così come risultante a seguito dell'esperimento di specifica consulenza tecnica, secondo specifici parametri di liquidazione comprensivi anche del cd. “danno estetico”.

Infine, nel caso si rendesse necessario un secondo intervento allo scopo di ridurre i danni provocati dal primo, potranno rilevare  una serie di ulteriori fattori quali, ad esempio, dal punto di vista patrimoniale,  il maggior onorario per il chirurgo e la nuova  degenza in clinica per il paziente, ovvero, dal punto di vista non patrimoniale, il nuovo possibile trauma psichico del paziente (v. Cass. III, n. 18853/2004).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario