Istanza di mediazione per risarcimento danni da sperimentazione farmaci off label

Emanuela Musi

Inquadramento

il paziente danneggiato instaura il procedimento di mediazione (alternativo a quello di cui all'art. 696 bis-c.p.c.) individuando nella prescrizione di farmaci off label da parte del professionista il possibile antecedente causale dell'insorgenza di effetti collaterali gravi rispetto ai quali non aveva ricevuto alcuna previa informazione.

Formula

ISTANZA DI MEDIAZIONE [1]

EX ART. 5, COMMA 1-BIS D.LGS. 4 MARZO 2010, N. 28

-parte che attiva il procedimento-

Per la Sig.ra ...., nata .... il ...., C.F. ....,residente in ...., rappresentata ed assistita per il presente procedimento di mediazione dall'Avv. ...., C.F....., in virtù di mandato in calce alla presente istanza, ed elettivamente domiciliata, ai fini del presente procedimento, presso il suo studio in ...., via ...., tel_________ fax _________ PEC _________;

NEI CONFRONTI DI:

- Assicurazioni ...., C.F./P.I....., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....;

- Dott. ...., nato a ...., il ...., C.F....., residente in ...., via ....;

Premesso

che verte controversia tra le parti, meglio specificate e generalizzate in epigrafe, avente ad oggetto:

risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria. In particolare:

- in data .... l'istante si recava presso lo studio medico-specialistico del Dott. ...., per sottoporsi a visita in quanto da tempo malata di patologia neoplastica (doc. 1).

- stante la perdurante patologia e la lunga durata della medesima, il medico prescriveva alla Sig.ra .... il farmaco .... (doc. 2), ritenuto più efficace in considerazione dello stato del paziente. In tale circostanza il medico faceva presente che trattavasi di un medicinale cosiddetto “off-label”, ovvero di un prodotto non conforme a quanto previsto in scheda tecnica ed autorizzata dal Ministero della Salute, per cui il medico procede per indicazioni, modalità di somministrazione e dosaggi differenti da quelli indicati nel foglio illustrativo;

- in considerazione del sempre peggio quadro clinico, l'istante si rendeva disponibile alla prescrizione del citato farmaco, secondo le modalità e le indicazioni riportate e prescritte dallo specialista;

- la Sig.ra .... utilizzava il farmaco rispettando le indicazioni che le erano state fornite, senza tuttavia, avere alcun miglioramento; a contrario, la patologia aveva un repentino peggioramento e si presentavano effetti collaterali gravi e frequenti, per cui non aveva avuto alcuna informazione;

- di tal guisa si recava da un altro specialista che, a seguito di analisi cliniche e strumentali, accertava che la comparsa di ulteriori sintomatologie e il peggioramento generale della patologia era dovuto all'assunzione del farmaco di cui sopra (doc. 3). Tra l'altro, come si evince dall'allegata certificazione medica, l'ultimo specialista evidenziava che per la medesima malattia esistevano protocolli farmacologici ben più efficaci, che avevano in concreto dimostrato la loro validità;

- alla luce di tutto quanto appena evidenziato, sussiste la responsabilità ex art. 2043 c.c. delle convenute per tutti i danni subiti all'integrità psico-fisica dell'istante. A tal fine è bene evidenziare che, contrariamente a quanto avvenuto nel caso di specie, ai fini di un legittimo utilizzo off-label dei farmaci e dell'assunzione di una responsabilità per la terapia farmacologica prescritta è necessario, che il medico effettui una valutazione clinica, identifichi un avallo scientifico per la somministrazione del farmaco e proceda ad un'appropriata informazione del paziente ed all'ottenimento del suo consenso. In particolare, l'informazione deve concernere le caratteristiche della nuova terapia, la possibilità di scegliere una cura tradizionale ed i possibili effetti collaterali non riscontrati. In particolare, il medico deve avere un consenso informato del paziente, dal quale risulti che è consapevole degli aspetti relativi alla mancata valutazione del medicinale da parte del Ministero della Sanità ai fini dell'autorizzazione all'immissione in commercio, sotto il profilo della qualità, della sicurezza e dell'efficacia. Al riguardo, il medico deve comunicare, secondo il livello di comprensione del paziente ogni aspetto di rilievo della cura ed in particolare il rapporto rischio-beneficio. Nel contesto di una terapia, al di fuori di un'autorizzazione, l'informazione deve riguardare le caratteristiche della cura e la possibilità di una scelta, che confermi un trattamento più tradizionale e consolidato, ovvero gli effetti collaterali e gli eventi avversi connessi all'impiego dei medicinali off-label e non altrimenti riscontrabili nella terapia ufficializzata a livello regolatorio.

In relazione al caso di specie, nulla di quanto testè evidenziato è accaduto, anzi dall'assunzione del farmaco off-label sono insorte complicazioni all'istante, oltre che un peggioramento alla patologia già sofferta, come si evince da allegata perizia medico.-legale di parte (doc. 4).

Inoltre, secondo quanto riportato dal secondo specialista esistevano farmaci 8convenzionali) ben più efficaci e meno rischiosi.

PERTANTO

l'istante ritiene di avere diritto al risarcimento di tutti i danni alla sua integrità psico-fisica, determinati in Euro ...., come da allegata perizia medico-legale di parte.

Tutto cio' premesso,

LA PARTE ISTANTE CHIEDE

all'Organismo di Mediazione adito, di avviare il procedimento di mediazione ex d.lgs. n. 28/2010, art. 8, e per l'effetto

CHIEDE

al Responsabile dell'Ufficio di designare il mediatore e fissare la data per l'incontro delle parti.

Valore della controversia: Euro ....

Documenti allegati:

....;

....;

....;

....;

....;

Dichiara di conoscere il regolamento dell'Organismo di Mediazione di ....” (disponibile sul sito ....), ai sensi d.lgs. n. 28/2010, art. 3, e dichiarano di averne preso visione e di averne accettato il contenuto [2].

Dichiara, altresì, ai fini e per gli effetti di quanto previsto dal d.lgs. n. 28/2010, art. 5, comma 6, di essere consapevole del proprio interesse a comunicare la presente istanza alla parte invitata, ex d.lgs. n. 28/2010, art. 8, comma.

Luogo e data....

L'istante....

Autorizza il trattamento dei dati personali, limitatamente a quanto necessario all'organizzazione ed all'esecuzione del procedimento di mediazione.

Dichiara di conoscere che il conferimento dei dati è obbligatorio e di essere informati dei diritti conferiti agli interessati dal d.lgs. n. 196/2003, art. 7.

Luogo e data....

L'istante....

Delega ad assisterla nel presente procedimento di mediazione l'Avv. ...., conferendogli ogni più ampia facoltà di legge, dato per fermo e rato il loro operato. A tal fine autorizza, inoltre, il trattamento dei dati personali ai soli fini del presente procedimento, ai sensi del d.lgs. n. 196/2003.

Luogo e data....

L'istante....

[1] Ai sensi della l. n. 24/2017, art. 8, comma 2, in alternativa al procedimento di cui al c.p.c. art. 696-bis è possibile esperire il procedimento di mediazione ai sensi del d.lgs. n. 28/2010, art. 5, comma 1-bis. Art. 6: “Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi”.

[2] Ai sensi del d.lgs. n. 28/2010, art. 3: «Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti. 2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'articolo 9, nonché modalità' di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico.3. Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità. 4. La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell'organismo».

Commento

La normativa di riferimento.

L'art. 3, comma 1, del d.l. n. 23/1998, convertito nella l. n. 94/1998, recita «fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità»; la medesima norma delinea chiaramente gli ambiti entro cui può legittimamente collocarsi la cosiddetta "prescrizione off label" dei farmaci, che deve essere ancorata alla ricorrenza di ipotesi specifiche ed individuali in ragione del beneficio presumibilmente ricavabile per il paziente. La valutazione operata dal medico sarà di tipo discrezionale, sebbene l'art. 3, comma 2, della l. n. 94/1998 abbia inteso limitarla individuando quale presupposto per l'attivazione della cura off label, l'esistenza di lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale, le quali confermino che l'impiego proposto sia già noto e verificato, quand'anche non definitivamente recepito dalle autorità regolatorie. Ulteriore requisito previsto dalla norma è che l'erogazione avvenga in assenza di oneri a carico dello Stato, con conseguente obbligo di pagamento del farmaco da parte del paziente (diversamente, avviene nella cd. somministrazione compassionevole disciplinata dal D.M. 3 maggio 2003: in detta ipotesi, la valutazione del medico sul singolo paziente deve essere integrata da quella dell'AIFA che, per la patologia in questione, deve certificare l'assenza di un'alternativa terapeutica già autorizzata, ammettendo così che la spesa per il farmaco o per l'indicazione non autorizzati possa essere addossata allo Stato).

Anche il legislatore sovranazionale è intervenuto a disciplinare la prescrizione dei farmaci off label: la Direttiva 2001/83/CE, pur riferendosi più direttamente alla fattispecie della produzione industriale di medicinali su richiesta del medico, individua un perimetro che può essere eccezionalmente sottratto alla disciplina più generale, che impone l'autorizzazione regolatoria come requisito imprescindibile per la prescrizione dei farmaci.

L'inadeguatezza della disciplina interna, a fronte delle peculiarità ed eterogeneità delle situazioni concretamente profilabili, ha reso necessario un ulteriore intervento del legislatore nazionale: con l'art. 1 comma 796 lett. z) della l. n. 296/2006 (legge Finanziaria 2007) si è precisato che l'applicazione dell'art. 3, comma 2, del d.l. n. 94/1998 non può assumere un carattere diffuso e sistematico a carico del Servizio Sanitario, ove la prescrizione fuori indicazione si riferisca a pazienti le cui patologie possono essere curate con farmaci con indicazioni già specificamente autorizzate: in tali casi, infatti, l'utilizzo di medicinali off label può essere legittimo soltanto nell'ambito di sperimentazioni cliniche avviate e condotte ai sensi del d.lgs. n. 211/2003.

Accanto alle responsabilità a carico del medico già previste dalla l. n. 94/1998, la l. n. 296/2006 introduce quindi una specifica "posizione di garanzia" di tipo amministrativo, alla quale è rimesso il compito di adottare le misure idonee a prevenire il rischio che un trattamento farmaceutico, di per sé legittimo, possa assumere una fisionomia abusiva per l'inosservanza dei presupposti normativi, ed a controllarne la corretta attuazione.

Con la Finanziaria 2008, invece, il legislatore ha introdotto una modifica di carattere sostanziale: il comma 348 dell'art. 2 della l. n. 244/2007 ha, infatti, chiarito che la prescrizione fuori indicazione può essere effettuata soltanto una volta che siano disponibili le risultanze di studi clinici di fase seconda, introducendo così un elemento di oggettività riconoscibile secondo criteri scientifici certi e riconosciuti.

La normativa nazionale va poi, eventualmente, coordinata ed integrata con quella regionale (in ragione dei rapporti tra Stato e Regioni in materia di assistenza e spesa farmaceutica). L'esempio più significativo è rappresentato dalla legge della Regione Emilia Romagna n. 24 del 22 dicembre 2009, la quale all'art. 35 stabilisce che, avvalendosi della Commissione Regionale del farmaco, in sede di revisione del Prontuario Terapeutico Regionale, la Regione può prevedere «l'uso di farmaci anche al di fuori delle indicazioni registrate nell'AIC, quando tale estensione consenta, a parità di efficacia e di sicurezza rispetto a farmaci già autorizzati, una significativa riduzione della spesa farmaceutica a carico del Servizio Sanitario Nazionale e tuteli la libertà di scelta terapeutica da parte dei professionisti del SSN». 

Con la recente l. n. 2/2018 il Governo e'stato delegato ad adottare, entro dodici mesi uno  o  più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni  vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per  uso  umano, introducendo specifico riferimento alla medicina di genere e all'età pediatrica. Importante, ai fini che occupano, il riferimento alla semplificazione delle procedure per l'utilizzo a scopi di ricerca clinica di materiale biologico o clinico residuo  da precedenti attività diagnostiche o terapeutiche o a qualunque  altro titolo detenuto, previa prestazione del consenso informato  da  parte del  paziente  sull'uso  del  materiale  biologico  che  lo  riguarda direttamente, nonché la definizione dei contenuti minimi che devono presentare  i contratti   per   le sperimentazioni  cliniche che,  per gli sperimentatori, ne attestino terzietà, imparzialità e indipendenza.

La responsabilità del professionista.

La decisione di sottoporre un paziente ad un trattamento non ancora approvato dall'AIFA impone al professionista di compiere un'accurata valutazione preventiva in merito alla reale necessità dell'opzione curativa, nonché un elevato onere di sorveglianza in ordine al suo svolgimento, e tanto in base ai criteri di diligenza previsti per le attività pericolose. Ne consegue che la responsabilità del medico, sia nel caso di somministrazione di farmaci fuori indicazione, sia in quello di applicazione di trattamenti sperimentali va, necessariamente, inquadrata nell'ambito dell'art. 2050 che, a fronte di un danno determinatosi nel corso di un'attività pericolosa, richiede al professionista di dimostrare di aver adottato le misure idonee ad evitarlo, esigendo pertanto un livello di diligenza elevato e commisurato alla pericolosità del servizio in questione. In dette ipotesi, alla stregua del combinato disposto dell'art. 2050 c.c. e dell'art. 2236 c.c., il medico è chiamato a dimostrare che la terapia fuori indicazione sia stata prescritta soltanto dopo che siano state escluse le alternative tradizionali sulla base di una valutazione condotta con una diligenza adeguata alla criticità specifica.

È bene evidenziare che l'art. 3, comma 2, della l. n. 94/1998 individua tassativamente le condizioni di legittimità della prescrizione off label, cosicché la relativa violazione consente di configurare una fattispecie di colpa «per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline» (art. 43 c.p. ), in base ad una graduazione correlata alla gravità della infrazione normativa ed alle sue conseguenze sulle scelte cliniche, ove queste si rivelino inadeguate.

Appare, piuttosto, evidente che, in caso di danno provocato dalla cura off label, sussisterà colpa professionale laddove risulti che sarebbe stato possibile trattare il paziente con farmaci ed indicazioni già autorizzate dall'AIFA: occorrerà, all'uopo, valutare non solo le concrete condizioni cliniche del paziente prima e dopo la terapia, ma anche lo stato dell'arte generale in relazione alla patologia, l'idoneità e l'efficacia dei trattamenti già approvati a livello regolatorio, così come la credibilità scientifica delle cure alternative somministrate (verifica da compiersi mediante un'accurata indagine sui protocolli clinici specificamente adottati a livello internazionale per casi analoghi a quello in discussione). Giova, poi, sottolineare che la colpa sarà tanto più grave in presenza di un evento lesivo del paziente che si possa considerare estraneo alla terapia d'elezione, e peculiare invece del trattamento fuori indicazione: in questo caso, infatti, il danno dovrà essere ricondotto ad una precisa scelta del medico, la cui responsabilità civile sarà di grado maggiore o minore, a seconda della criticità della patologia, ovvero della disponibilità di cure autorizzate presumibilmente prive di un analogo rischio. Nel contempo, ove siano effettivamente accessibili terapie approvate dall'AIFA, la prescrizione off label costituirà un evento lesivo rilevante a fini risarcitori non soltanto quando abbia arrecato un danno addizionale al paziente, ma anche nell'ipotesi in cui essa non abbia determinato vantaggi realmente dimostrabili.

Infatti, stante la connotazione contrattuale pacificamente attribuita alla responsabilità del medico (per il medico ospedaliero, la recente Legge Gelli subordina la responsabilità alla ricorrenza dei requisiti di cui all'art. 2043 c.c. – v. formula responsabilità medica contrattuale o extracontrattuale), il paziente potrebbe assolvere il proprio onere probatorio semplicemente correlando tra loro l'assenza di un miglioramento clinico e l'opzione terapeutica adottata dal medico con finalità di risparmio; il medico, a sua volta, andrà esente da responsabilità soltanto qualora sia in grado di provare, con un giudizio controfattuale, che la cura adottata costituisse l'opzione più appropriata al caso clinico concreto, e che la decisione di utilizzare un farmaco non autorizzato, ma meno costoso, non si sia rivelata pregiudizievole per il paziente, in quanto la somministrazione di farmaci autorizzati non gli avrebbe arrecato un maggiore beneficio.

Occorre, poi, domandarsi se l'espressione di un consenso informato da parte del paziente possa assumere un'efficacia esimente per il medico, al quale è rimesso anche l'obbligo di informare adeguatamente il proprio interlocutore in merito alla disponibilità di altre terapie già approvate dalle autorità regolatorie ed agli obiettivi di risparmio perseguiti con la terapia off label.

Il consenso informato costituisce un presupposto di liceità del trattamento, ma giammai può implicare la rinuncia del paziente a ricevere la cura sulla base di un'ipotetica condivisione degli obiettivi finanziari della regione e della struttura ospedaliera, e neppure assume la fisionomia di un'autorizzazione di diritto pubblico dotata di efficacia scriminante, quale quella prevista dall'art. 50 c.p. (v. per approfondimenti formula il consenso informato ed il risarcimento del danno lesione del diritto all'autodeterminazione): di conseguenza, il suo rilascio da parte del paziente non potrà importare un'attenuazione della colpa del medico in caso di inefficacia della cura, e neanche il trasferimento in capo al paziente del rischio prevedibilmente connesso agli eventi avversi.

Sul punto, si segnala Corte di Appello di Ancona sent. del 24 giugno 2016 la quale evidenzia che, mentre un consenso implicito può considerarsi ammissibile e sottinteso alla relazione tra medico e paziente qualora la prestazione sanitaria abbia contenuti ordinari, esso dovrà essere invece esplicito quando la terapia risulti di particolare rischiosità e, a maggior ragione, quando essa presuppone l'utilizzo di farmaci c.d. offlabel (nel caso di specie, tuttavia, la Corte conclude nel senso che non sussiste la lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente in quanto questi avrebbe dovuto fornire la prova, anche attraverso presunzioni, che avrebbe rifiutato la somministrazione della cura alternativa se adeguatamente informato dei rischi ad essa connessi).

La giurisprudenza in punto di prescrizione di farmaci off label o in fase di sperimentazione.

Soltanto la Cassazione Penale ha avuto modo di occuparsi della tematica in esame: il riferimento va a Cass. Pen. IV, n. 37077/2008 (la fattispecie riguardava la somministrazione di un farmaco antiepilettico con fini anoressanti nei confronti di una ragazzina di 12 anni affetta da obesità; in primo grado nei confronti del medico veniva riconosciuto il dolo eventuale, reato poi derubricato in Corte d'Appello in lesioni colpose, configurazione confermata anche in sede di legittimità) ove la S.C., escludendo che il medico avesse inteso attuare "una sperimentazione” (invero, i giudici di appello avevano accertato l'esistenza di pubblicazioni scientifiche che attribuivano preventivamente una certa dignità scientifica all'ipotetica prescrizione del farmaco off label), evidenzia come la finalità curativa perseguita dal medico spieghi rilievo dirimente al fine di obliterare l'ipotesi del dolo eventuale, che si sarebbe invece potuto ravvisare qualora il professionista avesse inteso essenzialmente valutare l'efficacia del farmaco in via sperimentale, senza osservare i principi etici e gli adempimenti previsti dalla normativa a tutela del paziente. Secondo questa prospettiva, la scelta prescrittiva fuori indicazione può considerarsi come espressione dell'autonomia con cui il professionista può operare in scienza e coscienza, a condizione che si attenga ai criteri di diligenza e perizia imposti dalla complessità del caso clinico. Ed è proprio l'insufficienza di tali presupposti soggettivi a radicare la responsabilità del medico, che abbia omesso di verificare con la dovuta continuità e precisione gli effetti del trattamento farmacologico sulla minore, consentendo così che il rapporto rischio/beneficio, definito in via presuntiva come accettabile all'atto della prescrizione, finisse per alterarsi di fatto, determinando dei danni che sarebbe stato possibile prevenire mediante l'osservanza delle leges artis.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 10348 del 20 aprile 2021 è intervenuta in tema di risarcimento dei danni conseguiti all’esito della partecipazione ad una sperimentazione medica a base di un farmaco sponsorizzato dalla casa farmaceutica e svolta presso l’Azienda Ospedaliera, affermando che la casa farmaceutica che abbia promosso, mediante la fornitura di un farmaco, una sperimentazione clinica eseguita da una struttura sanitaria a mezzo dei propri medici, può essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni sofferti dai soggetti cui sia stato somministrato il farmaco a causa di un errore dei medici sperimentatori, soltanto ove risulti, sulla base della concreta conformazione dell’accordo di sperimentazione, che la struttura ospedaliera e i suoi dipendenti abbiano agito quali ausiliari della casa farmaceutica, sì che la stessa debba rispondere del loro inadempimento (o inesatto adempimento) ai sensi dell’art. 1228 c.c.; in difetto, a carico della casa farmaceutica risulta predicabile soltanto una responsabilità extracontrattuale (ai sensi dell’art. 2050 c.c. o, eventualmente, dell’art. 2043 c.c.), da accertarsi secondo le regole proprie della stessa.

Medicina off label e Covid 19

Il COVID-19 è stato affrontato, specie nella fase in cui ancora non erano in uso i vaccini, curandone i sintomi in modo da poterne favorire la guarigione (c.d. terapia di supporto).

Si pensi alla somministrazione ai pazienti affetti dal virus del Tocilizumab, farmaco approvato nel 2010 negli Stati Uniti per la cura dell’artrite reumatoide ma ora inserito dalla National Health Commission cinese nelle linee guida per il trattamento dei casi gravi da Coronavirus in virtù delle sue capacità di contrastare i danni conseguenza del COVID-19. I miglioramenti riscontrati nei pazienti cinesi sottoposti a tale terapia, peraltro, hanno indotto un ospedale partenopeo a sperimentare il medicinale; ciò ha naturalmente portato l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a valutare il potenziale impatto che il farmaco, in termini di efficacia e sicurezza, possa avere attraverso un ampio studio di fase II: invero, nonostante la preoccupazione per la sicurezza dei pazienti ed i costi a carico del sistema sanitario, partendo dal presupposto che in alcuni casi le prescrizioni off label si sono rivelate una valida alternativa terapeutica per patologie che non rispondono alle terapie correnti, è ben comprensibile che un virus di origine ignota venga contrastato con tutti gli strumenti possibili e, in particolare, con il ricorso a medicinali somministrati per la cura di altre malattie oppure con il c.d. uso compassionevole di prodotti farmaceutici, autorizzati e non, sottoposti a sperimentazione. Tale urgenza viene oltremodo evidenziata dalla scelta dell’AIFA di inserire a carico del SSN l’uso off label di alcuni medicinali utilizzati per il trattamento e la lotta contro il Coronavirus pur in presenza di soli dati preliminari di potenziale efficacia, non essendo possibile, in presenza di una simile emergenza, attendere risultati più approfonditi.

Le procedure per far fronte all’emergenza epidemiologica causata dal COVID-19 diventano, poi, più delicate quando toccano l’aspetto dell’impiego cd. compassionevole di farmaci ancora in fase di sperimentazione. Infatti, in tal caso, per accedere al farmaco, l’iter procedimentale richiede un parere favorevole da parte del Comitato Etico a cui afferisce il centro clinico e la conferma, da parte della casa farmaceutica che produce il medicinale, della disponibilità di una fornitura gratuita da sperimentare sul paziente. Il ricorso all’uso compassionevole di un medicinale, rischioso in quanto privo dell’autorizzazione alla sua commercializzazione, deve, tuttavia, rappresentare un’eccezione concessa solo a quei pazienti per i quali non vi siano alternative terapeutiche o che versino in uno stato della malattia in cui vi sia pericolo di vita. L’Agenzia Italiana del Farmaco, inoltre, ha recentemente approvato un protocollo, sottoposto alla revisione scientifica dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, per l’uso compassionevole del farmaco Ruxolitinib, già utilizzato in ambito ematologico, per i pazienti affetti da COVID-19.

L’art. 4 del D.M. del 7 settembre 2017 disciplina il processo autorizzativo del farmaco ad uso compassionevole: tuttavia, in presenza dell’attuale pandemia, l’iter procedimentale previsto dal D.M. è destinato a cedere il passo ad una maggiore flessibilità che permetta un accesso più celere al farmaco. Invero, tale logica è stata prevista per tutti i presidi farmacologici che mostrino risultati positivi per il trattamento del virus SARS-CoV-2, istituendo per quest’ultimi percorsi autorizzativi accelerati. La ratio alla base di tale strategia operativa è da rintracciarsi nel tentativo di garantire la massima trasparenza ed efficienza nella programmazione delle tempistiche relative alla valutazione e avvio delle sperimentazioni, ovviando a quelle che, allo stato di fatto, siano procedure burocratiche irrilevanti.

Sotto il profilo della responsabilità del professionista, nel contesto del Covid 19, è stato ritenuto (Iorio, 2020) che il sanitario dovrà dimostrare che la peculiarità del caso in esame rendeva opportuna la somministrazione del farmaco contestato  stante: 1. l’assenza di indicazioni terapeutiche per trattare il Coronavirus; 2. l’accreditamento dell’impiego di quel medicinale fuori etichetta da parte di studi scientifici; 3. nonché, in fase esecutiva, l’avvenuta stretta sorveglianza in ordine allo svolgimento della cura ed alla sua evoluzione.

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