Atto di citazione di risarcimento dei danni non patrimoniali da lesione del diritto a nascere saniInquadramentoLa madre di un minorenne, nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul medesimo, avendole un medico prescritto, durante la gestazione, una terapia farmacologica per facilitare il parto, senza informarla delle possibili conseguenze, ed essendo poi il figlio nato, in conseguenza di tale terapia, affetto da una grave patologia, agisce, nella detta veste, in giudizio, al fine di conseguire il risarcimento dei danni in tal guisa patiti dal minore. Pur consapevole della non risarcibilità del danno da nascita indesiderata, la madre sostiene la ristorabilità del danno da lesione del diritto a nascere sani, il quale si verifica nelle ipotesi in cui il nascituro era sano e la malformazione sia addebitabile sotto il profilo eziologico ad una condotta del sanitario, quale può essere, appunto, la somministrazione di un farmaco in corso di gravidanza che sia causa di malformazioni per il feto. FormulaTRIBUNALE DI .... 1 ATTO DI CITAZIONE 2 La Sig.ra ...., nata a ...., il ...., residente in .... alla via .... n. ...., C.F. ...., n. q. di esercente la potestà genitoriale sul minore ...., elettivamente domiciliata in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. 3.... , che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto 4, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax 5.... o all'indirizzo di posta elettronica 6....@ ...., espone quanto segue. PREMESSO CHE: 1) In data ..../..../...., la Sig.ra si recava presso l'Ospedale ...., al fine di effettuare dei controlli sul feto. In quell'occasione il Dott. .... prescriveva alla gestante una terapia di .... (doc. 2) 7, da effettuarsi presso il suddetto Ospedale; 2) in conseguenza di tale terapia, in data ..../..../.... il figlio ....nasceva affetto da .... 8 (doc. 3); 3) in data ..../..../.... veniva esperito il tentativo di mediazione obbligatoria previsto dal d.lgs. n. 28/2010 in caso di risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria 9; ma il tentativo non andava a buon fine (doc. 4) 10; 4) a seguito di ricorso ex art. 696 bis c.p.c.11, il CTU ha depositato la consulenza medico legale. IN DIRITTO 1) Sul danno da lesione del diritto a nascere sani Il danno subito dal concepito è un danno da lesione del diritto a nascere sani, da non confondere con il presunto diritto a non nascere se non sano. A differenza del cd. danno da nascita indesiderata, della cui risarcibilità si ha ragione di dubitare, il danno da lesione del diritto a nascere sani è pacificamente risarcibile e si verifica nelle ipotesi in cui il nascituro era sano e la malformazione è addebitabile sotto il profilo eziologico ad una condotta del sanitario, quale può essere la somministrazione di un farmaco in corso di gravidanza che sia causa di malformazioni per il feto. Ciò significa che, in mancanza della condotta del medico, il concepito sarebbe nato privo di malformazioni. Il diritto a nascere sani è un danno non patrimoniale, risarcibile in quanto espressione di un diritto costituzionalmente garantito all'art. 32, cioè è espressione del diritto alla salute del concepito. In tale ipotesi non vi sono dubbi sulla legittimazione attiva ad agire del nato malforme e della madre. Pur considerando il concepito come oggetto di tutela da parte dell'ordinamento, e non come soggetto di diritto, l'evento della nascita rappresenta, infatti, una condicio iuris per l'esercizio dei diritti, ma non per la loro titolarità. La giurisprudenza ha in più occasioni rilevato che eventuali lesioni verificatesi prima della nascita, quale conseguenza di attività diretta eziologicamente riconducibile al medico e concretizzatesi dopo di questa, legittimano la risarcibilità di danni subiti nella vita prenatale (Cass. S.U., n. 25767/2015). Nel caso di specie non vi è dubbio che la malformazione di cui è affetto il piccolo .... è eziologicamente riconducibile alla condotta del medico, che è consistita in .... 12. 2) Sull'onere probatorio nel giudizio civile di responsbilità medica Al fine di valutare la fondatezza della presente pretesa, giova premettere che l'accettazione del paziente in una struttura, deputata a fornire assistenza sanitaria, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto di prestazione d'opera atipico di spedalità. Il carattere atipico del contratto discende dalla natura complessa della prestazione cui è tenuta la struttura sanitaria, che comprende sia le cure mediche e chirurgiche cui fa riferimento l'art. 2 legge del 12 febbraio 1968 n. 132, sia altre prestazioni, quali la messa a disposizione di medicinali e di tutte le attrezzature tecniche necessarie, nonché di quelle lato sensu alberghiere. Ne deriva che la responsabilità contrattuale dell'ente ospedaliero si estende sia all'inadempimento degli obblighi ad essa direttamente riferibili, sia al comportamento dei medici dipendenti. In particolare, la responsabilità della struttura sanitaria per il comportamento dei medici dipendenti trova fonte nell'art. 1228 c.c., secondo cui il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (c.f.r. Cass. III, n. 8826/2007). Pur essendo estraneo rispetto al rapporto tra paziente e la struttura sanitaria, il medico dipendente della stessa che esegue la prestazione assume obblighi di natura contrattuale in base alla teoria del contatto sociale. Il medico, infatti, non è legato al paziente da un vero e proprio contratto, ma da un rapporto che prende il nome di contatto sociale, il quale è da ricondurre agli "altri atti o fatti" individuati dall'art. 1173 c.c. quali fonti del diritto. Sul punto, si precisa che la natura della responsabilità contrattuale del medico da contatto sociale non è venuta meno per effetto dell'introduzione dell'art. 3 comma 1 del d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. in l. 8 novembre 2012 (cd. legge Balduzzi), come ribadito da Cass. III, n. 4030/2013. Posta tale ricostruzione della natura della responsabilità medica, la giurisprudenza consolidata suggerisce di distribuire l'onere probatorio tra medico e paziente secondo le regole generali vigenti in materia contrattuale, delineate da Cass. S.U., n. 13533/2001, sia a proposito dell'inadempimento che dell'inesatto adempimento, secondo le quali «in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento». Applicando tali coordinate in materia di responsabilità professionale del medico, il paziente che agisce in giudizio per l'inesatto adempimento deve dimostrare il titolo della propria pretesa ed allegare l'inadempimento del sanitario, consistente nell'aggravamento della propria situazione patologica o nell'insorgenza di nuove patologie, mentre il contenuto della prestazione medica ricevuta rimane, in ogni caso, a carico del medico, quale prova dell'esatto adempimento. E invero, il medico, per fornire la prova del fatto estintivo della pretesa dedotta in giudizio, dovrà provare che la prestazione è stata eseguita in modo diligente e che gli esiti peggiorativi o l'aggravamento della situazione patologica sono stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile. Nel caso di specie, la Sig.ra ha adempiuto all'onere di provare la fonte dell'obbligazione del medico, consistente nella .... (doc. 1), ed ha allegato l'inadempimento del debitore-medico da cui è derivato il danno .... 13, consistente nella malformazione del nato. Stante il rinvio operato dall'art. 3 della Legge Balduzzi alle tabelle di liquidazione dei danni biologici previste dall'art. 138 e 139 cod. ass., il danno riportato dal minore, consistente in ...., è quantificabile nella somma di Euro .... Tutto ciò premesso l'attrice, come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata CITA Il Dott. .... (C.F. ....), residente in .... via .... n. ...., nonché l'Ospedale ...., nella persona del proprio rapp.te legale p.t., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del .... , ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis 14 , AVVERTE il convenuto che:
per ivi sentire accogliere le seguenti CONCLUSIONI 15 Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la responsabilità del medico .... e dell'Ospedale .... per i danni cagionati a .... e, per l'effetto, condannarli in solido a corrispondere all'attrice, a titolo di risarcimento dei danni, la somma di Euro ...., oltre rivalutazione e interessi. Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege. IN VIA ISTRUTTORIA Chiede ammettersi prova testimoniale 16 sui seguenti capitoli di prova 17 e con i testi a fianco di ciascuno indicati: 1) «Vero che ....» - Sig. .... 2) «Vero che» - Sig. .... 3) «Vero che ....» - Sig. .... Si allegano: 1) accettazione ospedaliera del ....; 2) referto della visita effettuata in data ....; 2) prescrizione medica del dott. ....; 3) perizia medico-legale del dott. ...., attestante la malformazione; 5) verbale negativo di mediazione del ....; Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro 18.... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv. ...., ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze. L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe. Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti. Eleggo domicilio presso il Suo studio in ....(indicare la città),via ....n. .... Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato. Luogo e data .... Firma .... La firma è autentica ed è stata apposta in mia presenza Firma Avv. .... [1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 281 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. La competenza si determina ai sensi dell'art. 18 c.p.c., che prevede come foro generale quello in cui il convenuto ha il domicilio, la residenza o la dimora, ovvero, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., che prevede come foro alternativo e speciale quello del luogo in cui l'obbligazione è sorta. In particolare, l'obbligazione da fatto illecito sorge nel luogo in cui il fatto produttivo di danno si verifica e nella nozione di fatto rientra, oltre al comportamento illecito, anche l'evento dannoso che ne deriva. Pertanto, qualora i due luoghi non coincidano, il forum delicti, previsto dall'art. 20 c.p.c. deve essere identificato con riguardo al luogo in cui è avvenuto l'evento (Cass. III, n. 18906/2004). Peraltro, il contratto di prestazione d'opera professionale concluso tra paziente e medico rientra nell'ambito della disciplina dei contratti del consumatore, anche se il contratto non sia stato concluso per iscritto ed il paziente abbia scelto di avvalersi dell'attività di un medico esercente in un luogo diverso dalla sua residenza; ne consegue che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, il paziente può proporre la domanda davanti al foro della propria residenza, ai sensi dell'art. 1469-bis, commi 1 e 3, n. 19, c.c., prima dell'entrata in vigore dell'art. 33, commi 1 e 2, lett. u, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. codice del consumo; c.f.r. Cass. III, n. 6824/2010). [2] [2] Premesso che la nuova disciplina normativa sulla responsabilità sanitaria ha previsto che dopo l'espletamento dell'ATP le cause di merito debbano essere introdotte con il rito sommario di cognizione, si potrebbe sensatamente ritenere che, instaurando ai fini della procedibilità della domanda il procedimento di mediazione, allora non vi sia più l'obbligo di introduzione della lite ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. (ben potendo optare l'attore per il rito ordinario di cognizione). Ed effettivamente, il legislatore ha previsto il ricorso al rito sommario di cognizione dopo l'ATP in quanto l'atto istruttorio fondamentale è stato già effettuato. E che il necessario impiego della procedura di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c. sia da limitare al solo caso dell'ATP (e non della mediazione) lo si ricava pure dal fatto che l'art. 8, comma 3, del nuovo testo normativo prevede che il ricorso ex art. 702-bis c.p.c. vada depositato entro il termine di 90 giorni dal deposito della relazione medica o dalla scadenza del termine perentorio di 6 mesi per l'ultimazione dell'ATP (e ciò a pena di perdita di efficacia della domanda). [3] [3] L'indicazione del C.F. dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. [4] [4] La procura può essere apposta in calce o a margine del ricorso (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. [5] [5] L'art. 125 c.p.c.. prevede che il difensore deve indicare in epigrafe il numero di fax. L'omessa indicazione, come previsto dalla legge n. 111/2011, modificata dalla legge n. 114/2014, comporta l'aumento del contributo unificato della metà. [6] [6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014. [7] [7] Indicare il tipo di condotta del medico che ha di fatto determinato la lesione del diritto a nascere sano. [8] [8] Indicare il tipo di malformazione che è conseguita alla condotta del medico. [9] [9] Tra le materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria vi è, infatti, anche il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. È stata inserita, con la legge n. 98/13, accanto alla “responsabilità medica” (ossia, tecnicamente, quella afferente il rapporto medico-paziente) anche la “responsabilità sanitaria” (vale a dire, quella della struttura sanitaria indipendente dalle responsabilità del personale medico, come nel caso di insufficienza delle apparecchiature). Il previo accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, in alternativa al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010. Per munire di procedibilità la sua domanda l'attore potrà, quindi, scegliere tra ATP e mediazione (v. note 9 e 10). [10] [10] La disciplina introdotta dalla legge Gelli-Bianco (l. 8 marzo 2017, n. 24) contempla all'art. 8 un tentativo obbligatorio di conciliazione in sede di consulenza preventiva che si ascrive alla nota tendenza a rendere il più possibile residuale il ricorso alla giurisdizione contenziosa. La condizione di procedibilità prevista dall'art. 8 è riferibile alle azioni di risarcimento e d'indennizzo in materia sanitaria disciplinate dalla stessa legge. Più precisamente, si deve ritenere che tutte le azioni risarcitorie e di indennizzo del danneggiato disciplinate dalla nuova legge siano soggette a tale condizione di procedibilità, si tratti dell'azione nei confronti della struttura sanitaria o dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'art. 7 l. n. 24/2017, ovvero dell'azione diretta nei confronti dell'assicurazione della struttura sanitaria o del professionista medico-sanitario di cui all'art. 12 l. n. 24/2017; il che - del resto - trova un'espressa conferma da quanto sancito in quest'ultimo articolo, là dove vengono «fatte salve le disposizioni dell'articolo 8». [11] [11] Ai sensi della legge n. 24/2017, art. 8, comma 1: «Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente». In base all'art. 8 della legge 8 marzo 2017, n. 24 - G.U. 17 marzo 2017. n. 64: - 1) la procedibilità della domanda di risarcimento del danno è condizionata alla presentazione del ricorso per consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite, ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c. ovvero all'esperimento del procedimento di mediazione, ex art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28; 2) espletata almeno una delle due suddette procedure, le parti non sono tenute a stipulare la convenzione di negoziazione assistita, neppure qualora la controversia presenti un valore non superiore all'importo di Euro 50.000,00; 3) l'improcedibilità della domanda deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d'ufficio non oltre la prima udienza, a pena di decadenza; 4) qualora rilevi che il procedimento di CTP ex art. 696-bis c.p.c. non sia stato introdotto o non sia ancora terminato, il Giudice deve assegnare alle parti termine di quindici giorni per la presentazione, dinanzi a sé medesimo, di istanza per l'apertura o per il completamento della procedura; 5) nell'ipotesi in cui la conciliazione non abbia successo ovvero il procedimento non si esaurisca entro il termine perentorio di sei mesi dalla presentazione del ricorso, la domanda diviene procedibile. In questo caso, gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio per il completamento della procedura, venga depositato, innanzi al Giudice che ha trattato l'istanza di CTP ex art. 696-bis c.p.c., ricorso per procedimento sommario di cognizione (successivamente, il processo segue le regole di cui agli artt. 702-bis - 702-quater c.p.c.); 6) la partecipazione al procedimento per CTP ex art. 696-bis c.p.c. è obbligatoria per tutte le parti coinvolte, ivi comprese le imprese di assicurazione che garantiscono, in virtù dell'obbligo di cui all'art. 10, le strutture sanitarie e sociosanitarie; 7) queste ultime hanno l'obbligo di formulare offerta per il risarcimento del danno ovvero di comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla; 8) qualora l'impresa di assicurazione non formalizzi alcuna proposta di risarcimento, il Giudice, in caso di sentenza favorevole al danneggiato, ne trasmette copia all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, cd. IVASS, per l'effettuazione degli accertamenti e l'irrogazione delle sanzioni; 9) il Giudice, con il provvedimento conclusivo del processo ed indipendentemente dall'esito del giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al procedimento di CTP ex art. 696-bis c.p.c. al pagamento delle spese di consulenza e di lite, nonché ad una pena pecuniaria, equitativamente determinata, in favore della parte che ha presenziato al procedimento. [12] [12] Indicare il tipo di errore medico da cui è derivata la malformazione. [13] [13] Indicare il tipo di malformazione lamentata. [14] [14] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione. [15] [15] Le conclusioni contengono il petitum della domanda, cioè il bene della vita o la prestazione richiesta al convenuto (petitum mediato), ovvero il provvedimento giudiziale richiesto al giudice (petitum immediato). L'oggetto della domanda è previsto dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione. [16] [16] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c. [17] [17] L'attore, ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno deve provare, oltre alla causalità materiale, cioè il nesso eziologico tra condotta e danno evento (lesione della posizione giuridica o inadempimento), anche la causalità giuridica, cioè il nesso eziologico tra il danno evento e il danno conseguenza. Le regole della causalità giuridica di selezione del danno-conseguenza sono indicate agli artt. 1223,1225,1227 c.c., per i quali non ogni danno prodottosi è risarcibile, essendo tale solo il danno che sia conseguenza immediata e diretta dell'illecito; prevedibile dal danneggiante e non altrimenti evitabile dal danneggiato. Al fine dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lesione del diritto a nascere sani, pertanto, dovrà provarsi che la lesione subita dal concepito rispetti i criteri di selezione del danno previsti dal codice civile. [18] [18] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, co. 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui «Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». Orbene, l'art. 13, co. 6 del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore, affermando che «Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...»; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato. CommentoIl danno da nascita indesiderata In termini generali, il danno da lesione del cd. diritto a nascere sani è il danno subito dal nascituro che, per effetto di una condotta negligente del medico durante la fase della gestazione, nasce affetto da una malformazione. In passato, la Suprema Corte aveva affermato che, nel caso in cui il medico avesse omesso di segnalare alla gestante l'esistenza di più efficaci test diagnostici prenatali rispetto a quello in concreto prescelto, impedendole così di accertare l'esistenza di una malformazione congenita del concepito, quest'ultimo, ancorché privo di soggettività giuridica fino al momento della nascita, una volta venuto ad esistenza, avesse il diritto, fondato sugli artt. 2, 3, 29, 30 e 32 Cost., ad essere risarcito, da parte del sanitario, del danno consistente nell'essere nato non sano, rappresentato dall'interesse ad alleviare la propria condizione di vita impeditiva di una libera estrinsecazione della personalità (Cass. III, n. 16754/2012), a nulla rilevando né che la sua patologia fosse congenita, né che la madre, ove fosse stata informata della malformazione, avrebbe verosimilmente scelto di abortire. Il vulnus lamentabile da parte del minore malformato, tuttavia, non era la malformazione in sé considerata, bensì lo stato funzionale di infermità, sintesi generatrice di una vita handicappata, che merita di essere vissuta meno disagevolmente, attribuendo direttamente al soggetto che di tale condizione di disagio è personalmente portatore il dovuto importo risarcitorio (di questo avviso, nella giurisprudenza di merito, era altresì App. Trento, 18 ottobre 1996, secondo cui con la nascita, il concepito acquistava, con effetto retroattivo, la capacità giuridica). In particolare, si sosteneva che la lesione subita dal nascituro durante la gestazione potesse essere qualificata come danno ingiusto, e potesse, conseguentemente, far sorgere in capo al soggetto leso, una volta nato, il diritto al relativo risarcimento, comprensivo sia della valutazione relativa al c.d. "danno biologico", sia di quella relativa ai danni che di quest'ultimo sono conseguenze indotte, ossia quello di natura morale e quello attinente alla diminuita capacità lavorativa (Trib. Verona, 15 ottobre 1990). Tuttavia, soprattutto nella giurisprudenza di merito, già si era fatto strada l'orientamento secondo cui il sanitario che fosse stato consultato, rendendo una prestazione professionale in favore di una gestante nell'ambito del servizio sanitario nazionale, in ordine ai rischi di malformazione del concepito e che per negligenza professionale non avesse diagnosticato la grave malformazione dello stesso - si pensi alla erronea valutazione degli esiti di un'ecografia che mostrava la mancanza di arti di un feto alla ventesima settimana dal concepimento - rispondesse nei confronti dei genitori dei danni cagionati dalla nascita del figlio malformato in riferimento alla perdita di chance della gestante di optare per l'interruzione della gravidanza per ragioni terapeutiche, ma non anche nei confronti del concepito per danno da vita indesiderata (wrongful life), non essendo configurabile nel nostro ordinamento un diritto a non nascere se non sano (Trib. Pesaro, 26 maggio 2008; Trib. Catania, n. 1037/2006). L'orientamento aveva tratto origine da una pronuncia della Suprema Corte, a mente della quale il concepito nato malformato, non essendo titolare del diritto a non nascere se non sano, non è legittimato ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata informazione della grave disabilità congenita risultante dall'ecografia (Cass. III, n. 16123/2006). Il momento centrale del sistema della responsabilità è rappresentato dal danno inteso come “perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva”. Tuttavia, affinché vi sia una perdita risarcibile, è necessario che vi sia la lesione di una posizione giuridica soggettiva, quale non può essere considerato il diritto a non nascere se non sani. E invero, tale presunta posizione giuridica sarebbe in primo luogo adespota, in quanto la sua soddisfazione presuppone la non nascita del concepito. Inoltre, anche a voler ritenere sussistente il diritto a non nascere se non sano, mancherebbe il danno-conseguenza, in quanto la lesione di tale diritto ha comportato la nascita e la vita, sia pure malforme, non può essere qualificata come danno giuridicamente meritevole di risarcimento. Per vero, della struttura dell'illecito civile difetterebbe, oltre alla posizione giuridica lesa e al danno-conseguenza, anche il nesso causale tra la condotta omissiva del medico e la vita malforme, in quanto l'omissione del medico non è causa della malformazione, ma della vita del concepito. L'eventuale risarcimento del danno da nascita indesiderata, pertanto, in assenza di un danno-conseguenza, avrebbe una funzione sanzionatoria del medico, piuttosto che riparatoria di un danno ingiusto. In tale prospettiva, tale ipotesi di risarcimento del danno sarebbe in chiaro contrasto con la matrice riparatoria della responsabilità civile, la quale esclude la ristorabilità del solo danno-evento. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con sentenza Cass. n. 25767/2015, hanno enunciato, tra l'altro, i seguenti principi di diritto: 1) il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno, neppure sotto il profilo dell'interesse ad avere un ambiente familiare preparato ad accoglierlo, giacché l'ordinamento non conosce il "diritto a non nascere se non sano", né la vita del bambino può integrare un danno-conseguenza dell'illecito omissivo del medico; 2) il sanitario, seppure in colpa per non avere fatto effettuare i dovuti esami onde accertare il pericolo di malformazioni del nascituro, non risponde, pertanto, dei danni nei confronti del minore malformato per non avere la madre optato, stante l'ignoranza del rischio, per l'interruzione volontaria della gravidanza. In sintesi, il ragionamento della Suprema Corte è il seguente: in astratto non può essere negata la titolarità di un diritto (oltre che la legittimazione attiva) del figlio handicappato alla tutela risarcitoria, non trovando essa un ostacolo insormontabile nell'anteriorità del fatto illecito rispetto alla nascita - giacché si può essere destinatari di tutela anche senza essere soggetti dotati di capacità giuridica ai sensi dell'art. 1 c.c. - né nelle teorie della causalità giuridica, perché tra causa ed evento lesivo può intercorrere uno spazio intertemporale, tale da differire il relativo diritto al ristoro solo al compiuto verificarsi dell'effetto pregiudizievole purché senza il concorso determinante di concause sopravvenute. In concreto, tuttavia, ove il figlio handicappato lamenti di essere nato non sano perché la propria madre, non essendo stata informata dal medico della ricorrenza della malattia genetica fetale, non è potuto ricorrere all'interruzione della gravidanza, fa difetto un danno-conseguenza, quale consacrato dall'art. 1223 c.c., stante che il danno riuscirebbe legato alla stessa vita del bambino e l'assenza di danno alla sua morte (in senso parzialmente conforme Cass. n. 16754/2012; Cass. n. 7269/2013; Cass. n. 27528/2013; Cass. n. 12264/2014). Ne consegue ulteriormente che, verificatasi la nascita, non può dal minore essere fatto valere come proprio danno da inadempimento contrattuale l'essere egli affetto da malformazioni congenite per non essere stata la madre, per difetto d'informazione, messa nella condizione di tutelare il di lei diritto alla salute facendo ricorso all'aborto ovvero di altrimenti avvalersi della peculiare e tipicizzata forma di scriminante dello stato di necessità (assimilabile, quanto alla sua natura, a quella prevista dall'art. 54 c.p.) prevista dall'art. 4 l. n. 194/1978, risultando in tale ipotesi comunque esattamente assolto il dovere di protezione in favore di esso minore, così come configurabile e tutelato (in termini prevalenti rispetto - anche - ad eventuali contrarie clausole contrattuali: art. 1419, comma 2, c.c.) alla stregua della vigente disciplina (Cass. III, n. 14488/2004). Ciò comporta che il concepito malformato, una volta nato, non può far valere, come danno proprio da inadempimento contrattuale, il fatto che, non essendo stata posta la madre nella condizione di tutelare il suo diritto alla salute, attraverso l'aborto, egli sia nato con malformazioni congenite e con conseguenze dannose alla persona ed eventualmente al patrimonio. Il dovere di protezione nei suoi confronti è stato, infatti, esattamente adempiuto. Il danno da lesione del diritto a nascere sani A differenza del cd. danno da nascita indesiderata, della cui risarcibilità si ha ragione di dubitare, il danno da lesione del diritto a nascere sani è tendenzialmente risarcibile e si verifica nelle ipotesi in cui il nascituro era sano e la malformazione è addebitabile sotto il profilo eziologico ad una condotta del sanitario, quale può essere la somministrazione di un farmaco in corso di gravidanza che sia causa di malformazioni per il feto. In quest'ottica, stanti la soggettività giuridica - entro determinati limiti - del concepito e il suo diritto a nascere, nei confronti di questi e dei suoi genitori rispondono per i danni, patrimoniali e non, connessi a rilevanti patologie del feto, i sanitari che abbiano mancato di informare la madre (il cui rapporto con i medici produce effetti protettivi nei confronti del nascituro) dei probabili rischi connessi all'assunzione di farmaci per facilitare il concepimento, quando tali sostanze abbiano determinato l'insorgenza di gravi malformazioni del nascituro (Cass. III, n. 10741/2009). Pertanto, in relazione ad un'azione di risarcimento danni proposta nei confronti dei medici curanti dai genitori, in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale, di un minore nato con gravi malformazioni causalmente collegate alla somministrazione alla madre, ai fini dell'ovulazione, di farmaco con proprietà teratogene, senza il rispetto dell'obbligo di una corretta informazione, ai fini del consenso, in ordine ai rischi della terapia adottata, limitatamente alla titolarità di alcuni interessi personali protetti (quali il diritto alla vita, il diritto alla salute o integrità psico-fisica, il diritto all'onore o alla reputazione, il diritto all'identità personale), tra cui il "diritto a nascere sano", il nascituro è soggetto giuridico. In proposito, occorre, peraltro, precisare che la nozione di soggettività giuridica è più ampia di quella di capacità e di quella di personalità giuridica e rispetto ai predetti diritti l'avverarsi della condicio iuris della nascita, o cui al comma 2 dell'art. 1, c.c., è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori. Invero, il concepito, pur non avendo una piena capacità giuridica, è comunque un soggetto di diritto, perché titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall'ordinamento sia nazionale che sovranazionale, tra cui quello a nascere sano. |