Comparsa di risposta della terza chiamata in manleva per il rigetto della domanda di risarcimento ex art. 2048 c.c. per la responsabilità per danni derivanti da infortunio sportivo

Giovanna Nozzetti

Inquadramento

Con la comparsa di costituzione e risposta, la compagnia assicurativa terza chiamata in manleva chiede il rigetto delle domande attoree formulate per il ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall'attrice in occasione di una partita di basket organizzata in ambiente scolastico durante l'ora di educazione fisica, eccependo il difetto di antigiuridicità della condotta rispetto alla quale si invoca la culpa in vigilando.

Formula

TRIBUNALE DI ....

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA [1]

Per la Società .... Assicurazioni, C.F. ...., in persona del legale rapp.te p.t. Sig. ...., con sede legale in .... alla via ...., n. ...., rappresentata e difesa, come da procura in calce, dall'Avv. .... (C.F. .... [2]), con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. ...., giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax .... [3], ovvero al seguente indirizzo di PEC: ....@ .... [4].

-terza chiamata-

CONTRO

la Sig.ra ...., nata a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via .... n .... rappresentata e difesa dall'Avv. ....

-attrice-

NONCHÈ NEI CONFRONTI DI

Scuola ...., corrente in ...., alla via ...., n ...., P.I., in persona del proprio legale rappresentante p.t. ...., rappresentata e difesa dall'Avv.

....

-convenuta-

PREMESSO CHE:

1. Con atto di citazione notificato in data ...., la Sig.ra ...., conveniva in giudizio la Scuola ...., al fine di sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni da ella patiti a causa dell'infortunio sportivo occorso in data .... ;

2. A tal fine, deduceva l'attrice che, all'età di ...., durante l'ora di educazione fisica e, in particolare, nel corso di una partita di basket, subiva gravi lesioni a causa della violenta torsione al braccio effettuata in suo danno dalla compagna .... che tentava di sottrarle la palla;

3. In data ...., si costituiva in giudizio la Scuola .... chiedendo, in primo luogo il rigetto della domanda attorea, in quanto infondata in fatto e in diritto e, in subordine, di essere autorizzata ex art. 106 c.p.c. alla chiamata in causa della Società assicuratrice ...., per essere manlevata nell'ipotesi di soccombenza;

4. In data ...., l'On. Tribunale adito autorizzava la chiamata della Società .... e, per l'effetto, differiva l'udienza ai sensi dell'art. 269 c.p.c.

4. Con il presente atto si costituisce la Società ...., chiedendo il rigetto della domanda attorea, in quanto in fondata in fatto e in

DIRITTO

1. Della non illiceità della condotta sportiva

Appare evidente dalla ricostruzione dei fatti come la vicenda che ci occupa attenga, essenzialmente, ad una ipotesi di danno cagionato da allievo ad altro allievo, riconducibile, in quanto tale, alla disciplina di cui all'art. 2048, comma 2, c.c.

In quanto fattispecie di responsabilità aquiliana, sia pure speciale, la disciplina ex art. 2048 c.c. intanto è applicabile in quanto il precettore sia chiamato a rispondere dell'illecito cagionato da un proprio allievo ad un terzo.

Presupposto imprescindibile della responsabilità del precettore ex art. 2048 c.c., pertanto, è l'antigiuridicità della condotta rispetto alla quale si invoca il difetto di vigilanza.

Nel caso di specie, l'azione perpetrata da .... in danno di ...., pur fallosa, si consumava nel corso di una normale azione di gioco.

La torsione del braccio praticata in danno di ...., al fine di sottrarle la palla, non è avulsa dal contesto di gioco, come dimostra la circostanza che è un'azione espressamente contemplata, ancorché sanzionata, dal regolamento di gioco, né attuata con modalità spropositate rispetto al risultato.

La circostanza della normalità dell'azione fallosa durante il contesto del gioco, peraltro, esclude che essa sia compiuta allo scopo di ledere.

Infatti, il comportamento che ha cagionato il danno in occasione del gioco è esente da responsabilità quando, ancorché sussista violazione delle regole dell'attività sportiva specificamente svolta, le lesioni siano conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e funzionalmente connesso al gioco (Cass. VI, 31 marzo 2017, n. 8553).

Diversamente, sussiste responsabilità quando l'atto sia realizzato allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, circostanze che non sussistono nel caso di specie.

2. Della non imputabilità dell'evento lesivo a difetto di vigilanza del personale scolastico

Nel caso di specie, inoltre, non può che evidenziarsi l'idoneità delle misure preventive e della “situazione ambientale” in cui l'attività sportiva si è svolta.

Secondo giurisprudenza costante, quand'anche l'azione dannosa non presenti profili di illiceità, sussiste la responsabilità del precettore se la condotta è stata perpetrata in un contesto ambientale inadeguato all'attività sportiva ovvero inadeguato alla qualità delle persone che vi partecipano (Cass. VI, n. 8553/2017).

Dette circostanze non sussistono nella fattispecie che ci occupa.

Ed invero, l'amministrazione scolastica ha provveduto ad una minuziosa organizzazione della gara, organizzando un incontro non agonistico tra allievi appartenenti alla medesima squadra, quindi in assenza di aggressività competitiva e tra giocatori aventi medesime caratteristiche, incaricando due istruttori della vigilanza e dell'arbitrato della partita.

Ciò dimostra che nessun addebito di colpa può essere mosso all'istituto scolastico, il quale provvedeva a fornire all'attività di vigilanza sui minori il necessario supporto.

Detti accorgimenti, invero, costituiscono senz'altro quelle misure organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo, che per la giurisprudenza di legittimità escludono l'inosservanza del dovere di vigilanza (Cass. I, n. 9337/2016) e quindi la responsabilità del precettore.

Tanto premesso e considerato, la ....rappresentata e difesa come in epigrafe, rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'On.le Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione, richiesta e conclusione, rigettare la domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, con vittoria di spese e compensi.

IN VIA ISTRUTTORIA [5]

Chiede ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e con i testi a fianco di ciascuno indicati:

«Vero che la partita di basket si svolgeva tra allievi appartenenti alla medesima squadra» - Sig. ....

«Vero che la partita di basket era arbitrata da due istruttori» - Sig. ....

«Vero che l'azione fallosa si svolgeva senza modalità particolarmente aggressive» - Sig. ....

«vero che l'azione non era stata preceduta alcun comportamento aggressivo o anomalo che potesse fare presagire il fallo ai danni della minore ....»

Si allegano:

1. certificato di iscrizione del ....

2. regolamento di gioco del ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Il sottoscritto Sig. .... (C.F.: .... ), nato a ...., il .... e residente in .... alla via ...., nella qualità di amministratore unico e legale rapp.te della Società .... Assicurazioni (C.F. ....) con sede legale in .... alla via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. .... ) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di .... ivi comprese le fasi esecutive di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs n. 196/03 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in ....alla via ...., n. ....

Luogo e data....

Sig. ....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge [82, 86 c.p.c.], almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell'articolo 163-bis ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 168bis, quinto comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[3] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis: «ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dalla l. n. 114/2014.

[5] L'art. 167 c.p.c. non prevede alcuna sanzione per l'omessa indicazione dei mezzi di prova nella comparsa di risposta del convenuto. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183 c.p.c.

Commento

La responsabilità per infortunio sportivo subito dallo studente

La giurisprudenza di legittimità e di merito ha mostrato di conformarsi nel giudicare le azioni risarcitorie scaturite da infortuni sportivi verificatisi in ambito scolastico alla regola di giudizio secondo la quale non è sufficiente, per la configurabilità della responsabilità civile a carico dell'insegnante e dell'istituto scolastico, che l'evento lesivo si sia verificato nell'orario delle lezioni, occorrendo altresì che esso si ponga in relazione causale con l'inosservanza dell'obbligo del personale scolastico di vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità degli allievi nel tempo in cui essi fruiscono della prestazione scolastica e di approntare tutte le misure idonee a prevenire situazioni pericolose o comunque a scongiurare.

In particolare, ove sia invocata la responsabilità di cui all'art. 2048 c.c., è necessario che il danno sia scaturito dall'azione colposa di altro allievo, che questa fosse prevedibile in relazione al contesto in cui si è consumata e che siano mancati, da parte dell'insegnante, gli accorgimenti che avrebbero potuto evitarne l'accadimento.

Per cui il solo fatto di aver incluso nel programma di educazione motoria e aver fatto svolgere tra gli studenti una gara sportiva non basta per ritenere integrata la responsabilità in argomento, ove risulti che il danno non sia conseguenza della condotta antigiuridica di altro studente impegnato nella gara ovvero l'amministrazione scolastica dimostri di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il fatto dannoso (Trib. Roma, 13 giugno 2016 n. 11952).

Viene dunque generalmente esclusa la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dell'amministrazione scolastica quando l'evento lesivo si sia consumato nell'ambito di una normale azione di gioco (Trib. Bari, 28 giugno 2016 n. 3589) ovvero se tale condotta, pur se astrattamente prevedibile in relazione al tipo di sport o di allenamento praticato, non avrebbe potuto essere evitata neppure da una serrata sorveglianza da parte dell'insegnante o dell'istruttore (Cass. III, n. 18600/2016).

Con riguardo alla distribuzione dell'onere probatorio tra le parti, è principio costante che tanto l'art. 1218 c.c. quanto l'art. 2048 c.c. (a seconda che il danno sia cagionato dall'allievo a se stesso o altro allievo) sollevano il danneggiato dall'onere di provare la colpa del maestro o del precettore ma non da quello di provare la causa del danno (Cass. n. 3365/2015), per cui “in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo verificatosi a carico di uno studente all'interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, nell'ambito dello svolgimento di una partita, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 c.c., incombe sullo studente l'onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l'illecito subito da parte di un altro studente, e sulla scuola l'onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno; in particolare, non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, e si è tradotta in un comportamento normalmente praticato per risolverla, senza danno fisico, in favore di quello dei contendenti che se ne serve, se non è in concreto connotata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili col contesto ambientale e con l'età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco (Cass. n. 15321/2003; vds. anche Cass. III, n. 6844/2016 che ha confermato la sentenza di secondo grado ritenendo corretta l'esclusione della responsabilità del MIUR e della Scuola Media Statale convenuti in relazione all'evento lesivo provocato dal calcio di un pallone da parte di un allievo a breve distanza dal volto dell'avversario, avvenuto nel corso di una normale azione di gioco del calcio, rientrante nella normalità della pratica, non violento in sé né esaltato dagli spintonamenti che altri giocatori si stavano dando in altra zona del terreno di gioco).

Si è, peraltro, in più occasioni negata, da parte della Suprema Corte, la riconduzione dell'attività sportiva riferita al gioco del calcio nell'alveo delle attività pericolose, in ragione della natura della disciplina, che privilegia l'aspetto ludico, pur consentendo, con la pratica, l'esercizio atletico, così da essere normalmente praticata nelle scuole di tutti i livelli come attività di agonismo non programmatico finalizzato a dare esecuzione ad un determinato esercizio fisico, tanto da rimanere irrilevante, ai fini della possibile responsabilità dell'insegnante di educazione fisica e dell'istituto scolastico, anche ogni indagine volta a verificare se la medesima attività faccia, o meno, parte dei programmi scolastici ministeriali (Cass. n. 1197/2007; Cass. n. 20982/2012).

In relazione alle attività ginniche, la responsabilità dell'insegnante è configurabile o a fronte di specifica violazione del dovere di sorveglianza e di addestramento; o, in relazione a lesioni o ad altri danni subiti dagli allievi che di per sé dimostrino che è stato loro consentito di svolgere attività violente o tali da comportare l'uso di attrezzature inidonee od intrinsecamente pericolose; o tali da implicare un margine di rischio di incidenti superiore a quello suscettibile di prevenzione tramite il controllo e la disciplina esercitati dall'insegnante (Cass. n. 11188/2015).

A titolo esemplificativo, dunque, il danno subito dall'allievo infortunatosi, può considerarsi imputabile a colpa della scuola: a) se quest'ultima non abbia assicurato che l'attività si svolgesse su un idoneo campo di gioco; b) se gli studenti non siano stati preventivamente istruiti circa le regole da osservare e circa il comportamento da tenere nei confronti degli avversari; c) se i partecipanti siano stati sprovvisti dell'abbigliamento e delle protezioni comunemente utilizzati e necessari ad evitare gli incidenti che più frequentemente si verificano in quel tipo di competizione; d) se la gara si sia svolta in assenza di un insegnante o se quest'ultimo, pur presente, non abbia vigilato, controllando l'andamento della competizione e dissuadendo o prevenendo comportamenti troppo esuberanti o violenti.

L'ambito del rischio consentito

Va ricordato che la pura e semplice violazione delle regole del gioco non comporta automaticamente l'illegittimità del comportamento; è invece richiesto un quid pluris per configurare una responsabilità dell'agente.

L'ambito del “rischio consentito” è delineato dalle regole del gioco contenute nei rispettivi regolamenti sportivi, e consente al giocatore di valutare preliminarmente e consapevolmente la componente di rischio cui si espone allorquando si determini alla pratica di una determinata attività sportiva.

Se l'attività sportiva praticata al momento della verificazione dell'evento lesivo rientra nei programmi didattici della scuola, essa deve intendersi tacitamente consentita dai genitori degli alunni che non abbiano manifestato un esplicito dissenso, con la conseguenza che, in ragione del consenso prestato agli accadimenti lesivi involontari insiti nell'alea della pratica sportiva, dev'essere esclusa l'antigiuridicità del fatto lesivo derivante da una condotta strettamente funzionale allo svolgimento del gioco, che non sia compiuto con lo scopo di ledere e che non sia caratterizzato da un grado di violenza od irruenza incompatibile con lo sport praticato” (Cass. III, n. 7247/2011).

Il limite del rischio consentito può intendersi superato allorquando il fallo posto in essere, pur se finalizzato all'attuazione del gioco, sia di tale durezza da comportare un pericolo serio dell'evento lesivo, tale da non essere compatibile con le caratteristiche proprie del gioco, in quanto in tal caso viene posta scientemente a repentaglio l'incolumità dell'avversario che viene esposto ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante medio, cioè ad un rischio non consentito (Cass. pen. n. 20595/2010).

L'area del c.d. “rischio consentito” non coincide, dunque, perfettamente con l'area delimitata dalle regole del gioco, posto che la violazione di queste ultime può risultare involontaria, derivando piuttosto da un'evoluzione della concitazione agonistica del momento, e non sfociare automaticamente in una condotta antigiuridica. Il giocatore, infatti, “legittimamente si attende dall'avversario un comportamento agonistico anche rude, purché non sia di tale durezza da comportare la prevedibilità di pericolo serio dell'evento lesivo a carico dell'avversario che trasmodi nel disprezzo per l'altrui integrità fisica” (Cass. n. 12012/2002).

In assenza di antigiuridicità del fatto lesivo, la responsabilità di cui all'art. 2048 c.c. non è neppure astrattamente configurabile, presupponendo essa l'illiceità della condotta dell'allievo ai danni dell'altro.

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