Comparsa di risposta con eccezione di carenza di legittimazione passiva per responsabilità dello studio legale associato dell'inadempimento dell'associato nel rapporto col clienteInquadramentoCostituendosi in giudizio evocato dal cliente che invoca la responsabilità dello studio professionale per inadempimento dell'associato derivante dal contratto di mandato, lo studio legale nella persona dei titolari eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva. FormulaGIUDICE DI PACE DI /TRIBUNALE DI .... R.G. N. .... G.I. DOTT. .... COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA [1] dello Studio Legale Associato .... (P.I. ....) [2], con sede in ...., via .... nella persona dell'Avv. ...., nato a .... il ..../..../.... , residente in .... alla via .... n. ...., e dell'Avv. ...., nato a .... il ..../..../.... , residente in .... alla Via .... n. ...., rappresentati e difesi dall'Avv. .... [3] (C.F. ....) [4], con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso il suo studio ...., fax .... [5], PEC: .... @ ...., giusta procura .... [6] -convenuto- CONTRO Il Sig. ...., rappresentato e difeso come in atti -attore- PREMESSO l'odierno attore aveva conferito all'Avv. ...., socio dello Studio Legale Associato ...., l'incarico di proporre un ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di ....avverso due avvisi di accertamento; il ricorso veniva dichiarato inammissibile dal giudice tributario, per essere stato sottoscritto dalle parti personalmente invece che da un difensore abilitato; la sentenza della commissione tributaria provinciale veniva impugnata dinanzi alla commissione tributaria regionale, ma anche il gravame veniva rigettato; con l'atto di citazione notificato il ...., il Sig. .... ha convenuto innanzi al Tribunale di .... l'odierno comparente al fine di vederlo condannato al risarcimento dei danni subiti a causa della mancata proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello resa dalla Commissione Tributaria Regionale per la ...., assumendo di non essere stato informato della notificazione della predetta sentenza da parte dello studio associato; in conseguenza della condotta della società convenuta, i due avvisi di accertamento notificati all'odierno attore erano divenuti inoppugnabili, ed in base ad essi era stata avviata la procedura per la riscossione forzata del credito tributario; per effetto della asserita negligente condotta della società convenuta, l'attore aveva perduto la possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale; aveva, altresì perduto la possibilità di aderire ai vari condoni che si erano susseguiti. Tuttavia, nessuno dei componenti dello studio legale - titolari e collaboratori era a conoscenza di tale notifica la quale, infatti, risulta dai documenti depositati da controparte essere stata consegnata al vecchio indirizzo dello studio successivamente alla comunicazione, da parte dei titolari e degli associati, eccetto l'Avv. .... dominus della causa, del nuovo indirizzo al Consiglio dell'Ordine di .... Con il presente atto lo Studio Legale Associato .... si costituisce in giudizio al contestando quanto dedotto dall'attore in fatto e in diritto e chiedendo l'integrale rigetto delle pretese avversarie in quanto infondate per i seguenti MOTIVI Si eccepisce: - in via preliminare il difetto di legittimazione passiva di parte convenuta. L'odierno attore ha conferito all'Avv. .... l'incarico di promuovere un giudizio di impugnazione dinanzi alla commissione tributaria provinciale di ...., e successivamente di impugnare il relativo provvedimento dichiarativo di inammissibilità del ricorso. Il predetto professionista era socio dell'associazione professionale denominata “Studio Legale Associato .... ”. Da questa circostanza discenderebbe, a parere dell'odierno attore, che dell'adempimento delle obbligazioni aventi ad oggetto l'assistenza giudiziale risponde anche l'associazione professionale odierna convenuta, di cui l'Avv. .... faceva parte, quale obbligata in solido nei confronti del cliente. Tale affermazione è tuttavia del tutto priva di fondamento: la Suprema Corte di Cassazione ha, infatti, riconosciuto alla associazione professionale la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione del rapporto giuridico, come tale dotato di capacità di stare in giudizio in persona dei componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza, purché l'oggetto della prestazione non attenga un rapporto professionale che presupponga la personalità del rapporto tra cliente e professionista (Cass. II, n. 24410/2006). Conforme tra le altre, Cass. III, n. 8853/2007, la quale ha parimenti escluso la responsabilità solidale degli altri professionisti associati per l'attività svolta da uno di loro, ribadendo che la responsabilità nell'esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dall'intuitus personae. Pertanto, anche se il professionista è associato del suo studio non sussiste alcun vincolo di solidarietà con i professionisti dello stesso studio né per l'adempimento della prestazione, né per la responsabilità nell'esecuzione della medesima. Nel merito, ferma restando la totale estraneità dell'odierno convenuto al presente giudizio, manca in ogni caso la prova di una condotta colposa addebitabile allo studio legale, stante il fatto che la notifica della sentenza era stata fatta al vecchio indirizzo dello studio legale e che l'Avv. .... non aveva ancora comunicato il nuovo indirizzo al Consiglio dell'Ordine di ...., a differenza di tutti gli altri associati. Il comportamento negligente è pertanto da addebitarsi esclusivamente all'Avv. .... . Nella specie, pertanto, non era onere dello studio legale comunicare al Sig. ...., come ha erroneamente ritenuto l'odierno attore, ma era onere esclusivamente dell'avvocato ....premurarsi di verificare se le notifiche degli atti riguardanti i suoi assistiti continuavano ad essere effettuate al precedente indirizzo, anche eventualmente chiedendo ad un collaboratore dello studio di fare gli opportuni accertamenti, come peraltro avevano fatto tutti gli altri colleghi, al fine di non pregiudicare gli interessi dei clienti. Non è inoltre neppure allegato, nel merito, che la tempestiva proposizione dell'impugnazione avrebbe sortito, per l'odierno attore, l'esito sperato, tenuto conto che .... Tanto premesso, lo Studio Legale Associato ...., come sopra rappresentato, domiciliato e difeso, rassegna le seguenti conclusioni CONCLUSIONI Voglia l'On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, — in via pregiudiziale, accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva dello studio legale .... nel presente giudizio per i motivi esposti nel presente atto e per l'effetto estromettere lo stesso dal giudizio de quo; — nel merito, ritenere e dichiarare le domande attrici infondate e sfornite di prova e, conseguente, rigettarle integralmente. Con vittoria delle spese e dei compensi del presente giudizio, oltre accessori nella misura di legge. A fini istruttori [7], si depositano i seguenti documenti in copia: — comunicazione del cambio di indirizzo dello studio legale effettuata in data ....dall'Avv. .... — comunicazione del cambio di indirizzo dello studio legale effettuata in data ....dall'Avv. .... — copia dell'atto di citazione notificato; Si chiede inoltre ammettersi prova testimoniale con la Sig. ...., residente in .... via .... sulle seguenti circostanze: — vero che nell'anno ....ero la segretaria dello Studio Legale Associato ....; — vero che subito dopo il trasloco dello studio legale in via ...., l'Avv. .... non mi chiedeva di recarmi presso il precedente indirizzo dello studio legale fino a quando non avesse effettuato la comunicazione del nuovo al Consiglio dell'Ordine di .... Con riserva di formulare ulteriori istanze istruttorie, anche in esito alla condotta della controparte, nei termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., che sin d'ora si richiedono. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM Il sottoscritto Avv. .... (C.F. .... ), nato a .... il .... e residente in .... alla via ...., e il sottoscritto avv. .... (C. F. .... ), residente in .... alla via ...., informati ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferiamo incarico all'Avv. .... (C.F.: .... ) a rappresentarci e difenderci nel giudizio da promuovere dinanzi al Giudice di pace / Tribunale di ...., ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizziamo, infine, al trattamento dei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggiamo domicilio presso il suo studio in .... alla via ...., n. .... Luogo e data .... Avv. .... È autentica Firma Avv. .... Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione. Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti". [2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella l. n. 114/2014. [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [6] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: “giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.”. Indicazione dei mezzi istruttori di cui ci si intende valere. L'art. 183 c.p.p.è stato così sostituito dall'art. 3, comma 13, lett. b), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”. CommentoLa controversa soggettività dello studio professionale associato Prima dell'intervento operato dalla l. 7 agosto 1997, n. 266 (c.d. Legge Bersani), l'esercizio in forma associata delle professioni intellettuali c.d. “protette” era soggetto alla l. 23 novembre 1939 n. 1815 che disciplinava gli “studi associati di assistenza e di consulenza” Tale forma associativa non ha mai trovato, tuttavia, nel nostro sistema legislativo una vera e propria definizione; la stessa l. n. 1815/1939, abrogata dalla l. n. 183/2011, prevedeva esclusivamente il divieto all'esercizio in forma societaria dell'attività professionale ed i criteri in merito alla denominazione dello studio, recitando all'art. 1: «Le persone che, munite dei necessari titoli di abilitazione professionale, ovvero autorizzate all'esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge, si associano per l'esercizio delle professioni o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate, debbono usare, nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti coi terzi, esclusivamente la dizione di «studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario», seguita dal nome e cognome, coi titoli professionali dei singoli associati. (...)». Il testo, quindi, non forniva una definizione di studio associato: prevedeva semplicemente i criteri per l'esercizio associato della professione senza esplicitare nulla in merito alla disciplina applicabile. Restava dunque irrisolto il problema in merito alla qualificazione giuridica dello studio associato. In passato, Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 2555/1987) ha individuato un modello di massima sancendo che sono validi gli accordi conclusi da professionisti legittimati - disciplinati dall'art. 1 l. 23 novembre 1939 n. 1815 - relativi all'esercizio congiunto di professioni cosiddette protette per la pratica delle quali è richiesto un titolo specifico di abilitazione ed un'apposita autorizzazione - al fine di consentire la ripartizione delle spese e dei compensi, a patto che non contengano clausole contrastanti con le prescrizioni della suddetta norma riguardanti la denominazione dell'ufficio e l'indicazione dei nomi e dei titoli professionali dei singoli associati. L'associante rimane l'unico titolare dell'attività affidatagli e l'esclusivo responsabile (oltre che il solo creditore del compenso) nei confronti del cliente, stabilisce l'impostazione e la linea dello svolgimento dell'opera, dirige ed indirizza il lavoro degli associati, i quali assumono la veste di sostituti o di ausiliari ai sensi dell'art. 2232 c.c., ossia di collaboratori tecnici. Tutta l'attività, compresa quella svolta dagli associati, fa capo intellettualmente (e giuridicamente) all'associante e ne rivela l'impronta personale. Appunto perché l'associato riveste la qualifica di sostituto dell'associante nell'esercizio della attività professionale di quest'ultimo, egli, sempre sotto la direzione del mede-simo, può intrattenere colloqui e rapporti con il cliente e svolgere anche quei compiti professionali che vanno eventualmente compiuti fuori dello studio (ad es. attività procuratoria e di difesa legale). Il cliente, che continua ad avere come controparte il suo professionista al quale ha affidato l'incarico, sa, d'altra parte, che il predetto professionista può avvalersi, nell'espletamento dell'incarico, di sostituti ed ausiliari e perciò anche di colleghi associati, per cui egli non può pretendere, se non risulti diversamente dal contratto o dalla natura dell'opera, che all'esecuzione di questa provveda in via esclusiva, personalmente il professionista prescelto” (Cass. n. 2555/1987, cit.). Secondo un diverso risalente orientamento, l'associazione professionale è un accordo di collaborazione, sfornito di soggettività. Con riferimento ad un'associazione di studi notarili, costituita ai sensi dell'art. 82 della l. 16 febbraio 1913 n. 89, si affermò che non potesse configurarsi «né come ente collettivo o centro di imputazione di interessi, fornito di una personalità giuridica, né come azienda professionale, che rivesta una sua autonomia strutturale e funzionale”, con la conseguenza che essa”non può sostituire i singoli studi notarili, in persona dei relativi titolari, nei rapporti con i terzi, siano essi i clienti o i lavoratori dipendenti, ma delineandosi soltanto come un patto interno avente contenuto anche la divisione delle spese, tra cui i compensi del personale, non ne assume la titolarità del relativo obbligo continuante a gravare sui notai associati, anche se tenuti all'apporto contabile relativo» (Cass. sez. lav., n. 10354/1997). Stesso principio è stato affermato a proposito dello studio legale associato. È, infatti, costante l'orientamento della Corte di legittimità secondo cui «l'associazione tra professionisti non è configurabile come centro di imputazione di interessi nè come ente collettivo, con autonomia strutturale e funzionale; essa non può pertanto sostituirsi ai suoi aderenti e non assume la titolarità dei rapporti con i clienti, che continua a gravare sugli associati» (v. Cass. n. 62/1997; Cass. n. 1933/1997; Cass. n. 10354/1997; Cass. n. 13142/2003; Cass. II, n. 15633/2006). Si è pertanto esclusa la responsabilità solidale degli altri professionisti associati per l'attività svolta da uno di loro, ribadendo che la responsabilità nell'esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dall'intuitus personae. Pertanto, anche se il professionista è «associato del suo studio (...) non sussiste alcun vincolo di solidarietà con i professionisti dello stesso studio né per l'adempimento della prestazione, né per la responsabilità ne l'esecuzione della medesima». (Cass. III, n. 8853/2007). La Suprema Corte ha, tuttavia, più recentemente riconosciuto alla associazione professionale la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione del rapporto giuridico, come tale dotato di capacità di stare in giudizio in persona dei componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza, purché l'oggetto della prestazione di cui si chiede la liquidazione non attenga ad un rapporto professionale che presupponga la personalità del rapporto tra cliente e professionista (Cass. II, n. 24410/2006). Ha tuttavia ribadito che «I professionisti che si associano per dividere le spese e gestire congiuntamente proventi della propria attività non trasferiscono perciò solo all'associazione tra loro costituita la titolarità del rapporto di prestazione d'opera ma conservano la rispettiva legittimazione attiva nei confronti dei propri clienti». Sicché non sussiste una legittimazione alternativa dei professionisti e dello studio professionale e quindi all'espressione utilizzata (in proprio e quali titolari dello studio associato) va attribuito un valore meramente descrittivo senza alcuna incidenza sulla legittimazione dei singoli professionisti (Cass. I, n. 6994/2007). Riguardo alla questione - a lungo dibattuta - se uno studio professionale sia autonomamente legittimato ad agire in giudizio per chiedere il pagamento di compensi dovuti a fronte di prestazioni rese dai singoli che ne fanno parte, i giudici di legittimità si sono più recentemente espressi riconoscendo la legittimazione processuale delle associazioni professionali di cui alla legge 1815, definendole, persino nelle sentenze d'indirizzo più restrittivo, centri autonomi di aggregazione di interessi e di imputazione di rapporti giuridici distinto dai suoi componenti, dotati di rilevanza esterna (Cass. II, n. 24410/2006; Cass. III, n. 8853/2007; Cass. III, n. 25735/2008; Cass. I, n. 17683/2010, che ha però espressamente ribadito che il suddetto studio professionale associato non può legittimamente sostituirsi ai singoli professionisti nei rapporti con la clientela, ove si tratti di prestazioni per l'espletamento delle quali la legge richiede particolari titoli di abilitazione di cui soltanto il singolo può essere in possesso; nello stesso senso Cass. I, n. 15694/2011). Alla questione è stata data risposta affermativa alla condizione della prova della cessione del credito dell'associato in favore dello studio (Cass. I, . n. 18455/2011; Cass. VI, n. 11052/2012) o di accordi tra gli associati, che abbiano attribuito all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati (Cass. I, n. 15694/2011). Dall'analisi dei riferiti indirizzi giurisprudenziali può trarsi la conclusione, sul punto della “entificazione” o meno della associazione professionale, che la stessa viene negata quanto alla possibilità per lo Studio Associato di assumere la titolarità del contratto d'opera professionale con i clienti, come controparte dei quali resta necessariamente il professionista persona fisica; allorché, invece, si discuta di questioni non attinenti al rapporto di prestazione dell'opera professionale, come la capacità di essere parte di un contratto (es. locazione di immobile ad uso diverso da quello abitativo) o di agire per il recupero di un credito proprio (Cass. VI, n. 443/2016) o di un associato, si tende a riconoscere nello studio un autonomo centro di imputazione di diritti, dotato della soggettività giuridica e della capacità di stare in giudizio in persona dei suoi componenti o di chi, comunque, ne abbia la legale rappresentanza, secondo il paradigma delineato dall'art. 36 c.c. (Cass. I, n. 17683/2010). |