Comparsa di costituzione per dichiarare l'estraneità dell'architetto dalla responsabilità nell'esecuzione dei lavori da parte della impresa appaltatrice

Giovanna Nozzetti

Inquadramento

L'architetto, incaricato della progettazione dei lavori di ristrutturazione di appartamento situato in un edificio del centro storico urbano, si costituisce nel giudizio promosso dai proprietari dell'appartamento adiacente, danneggiato nel corso dell'esecuzione dei lavori, affermando la propria estraneità all'attività edilizia della società appaltatrice

Formula

TRIBUNALE DI ...

R.G. n. ... G.I. dott. ...

COMPARSA DI COSTITUZIONE 1

Dell'arch. ... (C.F. ...) 2 , nato a ... il .../.../19..., residente in ... alla via ... n. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ... 3 (C.F. ...) 4 , con domicilio eletto in ..._ alla Via ... n. ... presso il suo studio ..., fax ... 5 , PEC: ...@..., giusta procura ... 6

-convenuto-

CONTRO

i Sigg.ri ..., rappresentati e difesi come in atti

-attori -

e nei confronti di

La società ... , in persona dell'amministratore pro tempore, rappresentata e difesa come in atti

-convenuta -

PREMESSO

-Con atto di citazione notificato il ..., la Sig.ra ... conveniva innanzi al Tribunale di ... l'Arch. ... e la società ... al fine di vederli condannati, in solido o per quanto di ragione, al risarcimento dei danni subiti all'appartamento di cui è proprietaria durante e a causa dell'esecuzione di lavori di ristrutturazione eseguiti nell'attiguo appartamento, di proprietà di tale Sig. ....

-Segnatamente, l'attrice deduceva che la società ... avrebbe eseguito materialmente i lavori sulla scorta di un progetto, asseritamente errato, realizzato dall'arch. ... odierno comparente, ed inoltre che, questi, in qualità di direttore dei lavori, pur avvedendosi dell'errata esecuzione e, in particolare, della realizzazione di demolizioni ... che hanno determinato ... e dunque una situazione di pericolo evidente, avrebbe colposamente omesso di .........

Con il presente atto si costituisce in giudizio l'Arch. ... per chiedere il rigetto delle avverse domande, per i seguenti

MOTIVI

L'avversa domanda, quanto meno nei confronti dell'odierno comparente, è del tutto destituita di fondamento, oltre a non essere provata né nell'an né nel quantum debeatur. Difatti, nel caso che ci occupa non sussistono i profili di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., non avendo l'odierno comparente cagionato alcun danno alla Sig.ra ... etiologicamente connesso alla propria attività.

L'Arch. ... ha redatto il progetto, sulla scorta del quale venivano eseguiti i lavori di ristrutturazione nell'appartamento del Sig. ..., a perfetta regola d'arte e nel rispetto di tutte le normative vigenti. Egli inoltre, non avendo mai ricevuto l'incarico della direzione lavori, si è soltanto saltuariamente recato nell'immobile per verificare la corrispondenza del materiale arrivato in cantiere a quello previsto in progetto e senza mai impartire alcuna direttiva alle maestranze.

Invero, i pretesi e non provati danni cagionati durante l'esecuzione dei lavori nell'appartamento attiguo, sono imputabili esclusivamente all'errata esecuzione degli stessi posti in essere dalla ditta appaltatrice, società ... s.r.l., la quale si è discostata dall'originario progetto redatto dall'odierno comparente, come è dato evincersi dalle seguenti circostanze ..._ e ha adottato modalità non conformi a ...

Pertanto, nessuna responsabilità può configurarsi a carico dell'Arch. ..., odierno comparente, per i danni cagionati nel corso di una ristrutturazione all'edificio confinante, come statuito dalla Giurisprudenza di Legittimità, la quale esclude la detta responsabilità allorquando il danno lamentato dall'attore sia riconducibile alla condotta realizzata dall'appaltatrice nell'esecuzione dei lavori ovvero allorquando la stessa si sia discostata da quello che era stato il progetto, così implicitamente escludendo errori di progettazione.

Per quanto sopra, l'Arch. ..., come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, con il presente atto

Voglia il Tribunale di ...

Affinché l'On.le Tribunale adito voglia:

1.Accertare e dichiarare l'assenza di responsabilità in capo all'Arch.... per i danni per cui è causa e per l'effetto rigettare l'avversa domanda risarcitoria in danno dell'odierno comparente per i motivi tutti di cui al presente atto;

2.Condannare l'attrice al risarcimento del danno ex art. 96 ult. co. c.p.c., da liquidarsi equitativamente in misura non inferiore al triplo del contributo unificato versato per l'iscrizione a ruolo della causa;

3.Con vittoria delle spese e dei compensi del presente giudizio, oltre accessori nella misura di legge.

A fini istruttori, Si depositano i seguenti documenti in copia:

Si depositano i seguenti documenti in copia:

1)Atto di citazione notificato in data ...;

2)Progetto redatto dall'Arch. ... in data...;

3)Perizia del ... in ordine alla consistenza dei lavori realmente eseguiti.

Si chiede inoltre ammettersi prova testimoniale con la sig. ... residente in ... via ... sulle seguenti circostanze:

1)vero è che l'arch. ... non ha svolto l'incarico di direttore di lavori

2)vero è che l'arch. ... si è recato in cantiere soltanto in occasione delle consegne dei materiali e non ci ha impartito direttive nel corso dell'esecuzione delle opere;

3)vero è che nella realizzazione di ... l'impresa non si è attenuta al progetto che prevedeva ...

Con riserva di formulare le istanze istruttorie nei termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c., che sin d'ora si richiedono.

Luogo e data...

Firma Avv.......

PROCURA

Firma Avv. ...

[1] [1] Il convenuto che intenda chiamare in causa un terzo deve, a pena di decadenza, costituirsi a mezzo del procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell'udienza fissata nell'atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione dei termini a norma del secondo comma dell'art. 163 bis c.p.c., ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c., depositando il proprio fascicolo contenente la comparsa di risposta di cui all'art. 167 c.p.c., farne dichiarazione nella medesima comparsa e chiedere contestualmente al Giudice lo spostamento della prima udienza allo scopo di con sentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini di cui all'art. 163 bis c.p.c., come previsto dall'art. 269 co. 2 c.p.c.

[2] [2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[3] [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., nella legge 114/2014.

[4] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3.

[5] [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata,«Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] [6] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'.

Commento

La responsabilità contrattuale nei confronti del committente

L'attività professionale dell'architetto, anche quando presuppone operazioni di carattere materiale e meccanico, come ad esempio le operazioni che si risolvono in un mero calcolo matematico, costituisce una creazione intellettuale.

Rispetto all'inadempimento e al grado di diligenza dovuto nell'assolvere all'obbligazione assunta nei confronti del cliente, vale anche per il professionista tecnico e, in particolare, per l'architetto la regola comune a ogni prestatore d'opera intellettuale: l'esattezza della prestazione deve essere verificata alla stregua del dovere di diligenza di cui all'art. 1176, comma 2, c.c. (Cass. n. 443/2012): la diligenza richiesta è allora non già quella ordinaria del buon padre di famiglia (cfr. Cass. n. 583/2005) bensì quella ordinaria del buon professionista (v. Cass. n. 12995/2006), e cioè la diligenza normalmente adeguata in ragione del tipo di attività delle relative modalità di esecuzione (l'art. 6 del Codice deontologico degli architetti italiani prevede che l'architetto deve svolgere l'attività professionale con diligenza e il successivo art. 33, n. 1 stabilisce che l'architetto deve svolgere l'incarico con diligenza e perizia richieste dalle norme che regolano la professione).

Si tratta del modello di condotta che si estrinseca (per il professionista o per l'imprenditore) nell'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi (Cass. III, n. 16254/2012).

La riconduzione dell'obbligazione professionale nell'ambito del rapporto contrattuale e della eventuale responsabilità che ne consegua nell'ambito di quella da inadempimento ex art. 1218 c.c. e segg., ha uno dei suoi principali corollari sul piano probatorio: conformemente ai principi generali (Cass. S.U., n. 13533/2001; Cass. S.U. n. 577/2008) in materia di ripartizione dell'onere della prova tra le parti del rapporto obbligatorio, il creditore ha il mero onere di allegare il contratto d'opera professionale ed il relativo inadempimento o inesatto adempimento, non essendo tenuto a provare la colpa del professionista e la relativa gravità.

Né la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (art. 2236 c.c.) può valere come criterio di distribuzione dell'onere della prova, rilevando essa solamente ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa riferibile al professionista (cfr., con riferimento al sanitario, Cass. n. 8826/2007).

L'imposizione dell'onere probatorio in capo al debitore, il cui fondamento si è indicato nell'operare del principio di c.d. vicinanza alla prova o di riferibilità (v. v. Cass. n. 23918/2006; Cass. n. 11488/2004) va ancor più propriamente giustificato ... col criterio della maggiore possibilità per il debitore onerato di fornire la prova, in quanto rientrante nella sua sfera di dominio, in misura tanto più marcata quanto più l'esecuzione della prestazione consista nell'applicazione di regole tecniche sconosciute al creditore, essendo estranee alla comune esperienza, e viceversa proprie del bagaglio del debitore come nel caso specializzato nell'esecuzione di una professione protetta (Cass. III, n. 16254/2012, cit).

La responsabilità extracontrattuale nei confronti dei terzi

Qualora, nello svolgimento della propria attività, cagioni danni a terzi, il professionista è tenuto a rispondere nei loro confronti ai sensi dell'art. 2043 c.c., e a tale responsabilità è esposto anche nel caso in cui il contratto d'opera sia nullo per contrarietà a norme imperative.

Prevale, tuttavia, in giurisprudenza la tendenza a valutare la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, ai fini dell'integrazione dell'illecito aquiliano, nei medesimi termini di scostamento della condotta del professionista dal modello di diligenza proprio dell'attività professionale esercitata e a ritenerlo quindi responsabile nei confronti dei terzi anche per colpa lieve, a meno che l'attività non abbia implicato la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. In tale ultimo caso, invece, la limitazione della responsabilità solo in presenza di dolo o colpa grave opererebbe anche in assenza di contratto, in quanto l'art. 2236 c.c. prevede un limite alla responsabilità derivante dallo svolgimento dell'attività professionale avente validità generale poiché intrinseco alla natura stessa della prestazione. L'attività professionale resta, infatti, sempre unica ed inscindibile, indipendentemente dall'esistenza di un vincolo contrattuale tra il professionista e il danneggiato (cliente o terzo; Cass. III, n. 11743/1998 (a proposito della responsabilità del medico); Cass. II, n. 1544/1981; Cass. S.U., n. 1282/1971).

Nella casistica giurisprudenziale le fattispecie in cui si discorre della responsabilità extracontrattuale dell'architetto nei riguardi di terzi attengono principalmente ad eventi dannosi che colpiscono l'integrità fisica o i beni dei terzi estranei al rapporto d'opera professionale avente ad oggetto la progettazione e/o la direzione di lavori edilizi per conto del committente. Si sostiene, infatti, che nei compiti inerenti la direzione dei lavori rientrino anche quello di accertare la conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità esecutive al capitolato e/o alle regole della tecnica e che, pertanto, l'architetto (o l'ingegnere) incorre in responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente (Trib. Milano, 29 settembre 2004).

Si è, in proposito affermato, che la responsabilità per fatto illecito del direttore dei lavori per un fatto dannoso cagionato ad un terzo durante o a causa dell'esecuzione di essi esula dai limiti del rapporto contrattuale con il committente o l'appaltatore e può concorrere con quella di costoro se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, hanno contribuito in modo efficiente a produrlo, con la conseguenza che, indipendentemente dalla graduazione delle colpe nei rapporti interni, tutti possono essere chiamati a risarcire integralmente il danno derivato ad un terzo. Infatti, per quanto attiene in particolare alla colpa del direttore dei lavori, questi è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di specifiche, peculiari cognizioni tecniche, acquisite per studi ed esperienze, e perciò deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative in guisa da assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, che non ne derivino danni a terzi. Ne consegue che il comportamento del direttore dei lavori deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto, rapportando la condotta effettivamente tenuta alla natura ed alla specie dell'incarico professionale assunto nonché alle concrete circostanze nelle quali la prestazione è svolta. Per quanto attiene in particolare al direttore dei lavori dell'appaltatore egli risponde del fatto dannoso verificatosi sia se non si è accorto del pericolo, percepibile in base alle norme di perizia e capacità tecnica esigibili nel caso concreto, che sarebbe potuto derivare dall'esecuzione delle opere, sia se ha omesso di impartire le opportune direttive al riguardo nonché di controllarne l'ottemperanza, al contempo manifestando il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi ed astenendosi dal continuare la propria opera di direttore se non venissero adottate le cautele disposte (Cass. III, n. 15789/2003).

Va invece esclusa la responsabilità dell'architetto - progettista allorchè l'attività posta in essere e foriera di pregiudizi per i terzi sia riconducibile esclusivamente alla condotta tenuta dall'appaltatore nell'esecuzione dei lavori, che si sia discostata dalle indicazioni progettuali (Cass. II, n. 13420/2013).

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