Atto di citazione per risarcimento danni derivanti da condotta negligente dell'intermediario finanziario

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

La disciplina italiana in materia di intermediazione finanziaria, costituita principalmente dal Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria contenuto nel d.lgs. n. 58/1998 ( cd. T.U.F.) nonché dai Regolamenti Consob n. 29 ottobre 2007 n. 16190 e Regolamento congiunto della Consob e della Banca d'Italia di pari data, altro non è che il risultato di un processo di armonizzazione della nostra alla normativa comunitaria in materia i cui principali atti sono: 1) la Direttiva 2004/39 CE relativa ai mercati ed agli strumenti finanziari; 2) la Direttiva 2006/73/CE riguardante i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento (cd. direttiva di secondo livello); 3) il Regolamento CE n. 1287/06 della Commissione del 10 agosto 2006 riguardante gli obblighi in materia di registrazione per le imprese di investimento.

Premessa la mancanza di una definizione giuridica nell'ambito del Testo Unico in materia Finanziaria dei servizi ed attività di investimento, tale complesso di norme ne propone un'elencazione all'art. 1 comma 5.

Secondo tale disposizione i servizi ed attività di investimento che attengono a strumenti finanziari, secondo un'elencazione non esaustiva, sono: 1) la negoziazione per conto proprio; 2) l'esecuzione di ordini per conto dei clienti; 3) la sottoscrizione e/o il collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; 4) il collocamento senza assunzione né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; 5) la gestione di portafogli; 6) la ricezione e trasmissione di ordini; 7) la ricezione e trasmissione di ordini; 8) consulenza in materia di investimenti; 9) gestione dei sistemi multilaterali di negoziazione.

Per strumenti finanziari ( art. 1 comma 2 T.U.F.) si intendono – anche qui un maniera non esaustiva - invece: 1) valori mobiliari (ovvero valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali quali: azioni societarie o titoli equivalenti; obbligazioni o altri titoli di debito; qualsiasi titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o vendere i valori mobiliari come sopra descritti; qualsiasi titolo che comporta un regolamento in contanti con riferimento ai valori mobiliari come descritti); 2) strumenti del mercato monetario (buoni del tesoro; certificati di deposito; carte commerciali); 3) quote di organismi di investimento collettivo del risparmio ( ad esempio fondi comuni di investimento); 4) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), swap, accordi per scambi futuri e contratti derivati connessi a valori mobiliari con consegna fisica del sottostante o il pagamento di differenziale in contanti o a discrezione di una delle parti; 5) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), swap, accordi per scambi futuri e contratti derivati connessi a variazioni climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali.

La nozione di prodotti finanziari, invece, assume rilevanza solo nell'ambito delle discipline dell'offerta fuori sede e dell'offerta al pubblico.

L'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento è riservato solo ad alcuni soggetti autorizzati dalla Consob o dalla Banca d'Italia che, esemplificativamente, sono identificati nelle banche, nelle società di gestione del risparmio, le società di intermediazione mobiliare (SIM), gli intermediari finanziari iscritti nell'albo tenuto dalla Banca d'Italia ai sensi dell'art. 106, d.lgs. n. 385/1993 ( limitatamente ai servizi di negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti su strumento finanziari derivati), i consulenti finanziari e le società di consulenza finanziaria ( limitatamente al servizio di consulenza in materia di investimenti).

Con la presente comparsa di risposta la banca intermediaria, chiamata in giudizio dal correntista che per il tramite del promotore finanziario si era visto addebitare sul conto gestito on line due operazioni non autorizzate, declina ogni responsabilità a causa della condotta imprudente e negligente del cliente che aveva- in forza anche del rapporto di amicizia con il promotore e per motivi esulanti i rapporti contrattuali – comunicati a questi i propri codici di accesso all'home banking.

La condotta dell'attore viene considerata, dalla banca citata in giudizio in via solidale per il risarcimento dei danni, tale da elidere il nesso causale di occasionalità necessaria tra il fatto illecito del promotore ed il danno subito dal cliente.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

R.G....Giudice....Udienza....

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

PER

la Banca.... C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ...., rappresentata e difesa, per mandato in calce/a margine del presente atto ed in virtù di procura per Notar ...., repertorio ...., del ...., dall'Avv. ...., C.F. .... [2], presso il cui studio elettivamente domicilia in ...., via .... [3]. Si dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax n.... [4], ovvero all'indirizzo PEC [5] ....

- convenuta

CONTRO

la Sig.ra .... rappresentata e difesa dall'Avv. ....

- attrice

NONCHÈ

il Sig. .... rappresentato e difeso dall'Avv. ....

- convenuto

FATTO

Con atto di citazione notificato il .... (documento 1), la sig.ra Tizia conveniva in giudizio la Banca .... ed il sig. .... quale promotore finanziario, per sentirli condannare in solido al pagamento della somma di euro .... oltre accessori.

In punto di fatto, sosteneva di intrattenere con la banca rapporto di conto corrente di corrispondenza con possibilità di effettuare operazioni finanziarie mediante servizio di internet home banking; lamentava che il Sig. .... avesse eseguito in data .... due operazioni non autorizzate, addebitate sul suo conto corrente, in forza delle quali aveva bonificato, rispettivamente, gli importi di Euro .... e di Euro ...., utilizzando i codici personali di accesso al servizio, che gli erano stati forniti da essa attrice.

Pertanto essendo rimasti insoluti gli assegni di cui sopra, conveniva in giudizio il promotore e la banca, quest'ultima ai sensi del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31.

Asseriva, inoltre, che senza esito era rimasta la richiesta di risarcimento effettuata con raccomandata a/r del ...., nonché il procedimento di mediazione di cui al D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28.

Tanto premesso con il presente atto si costituisce la Banca .... in persona del legale rapp.te p.t., come sopra, la quale, nell'impugnare tutto quanto ex adverso dedotto, prodotto ed eccepito, chiede il rigetto della domanda perché infondata alla stregua delle seguenti considerazioni in

DIRITTO

La domanda così come formulata da parte avversa deve essere rigettata nei confronti della banca convenuta alla luce del difetto di legittimazione passiva della stessa, nonché per la chiara infondatezza.

Preliminarmente, in punto di diritto si rammenta che la legge 2 gennaio 1991, n. 1, art. 5, comma 4, e il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 3, pongono a carico dell'intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

Detta responsabilità, la quale presuppone, pur sempre, che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all'esercizio delle incombenze a lui facenti capo, trova la sua ragion d'essere, per un verso, nel fatto che l'agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l'intermediario si avvale nell'organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l'antica regola per cui ubi commoda et eius incommoda; per altro verso, e in termini più specifici, nell'esigenza di offrire una adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall'intermediario per il tramite del promotore, giacché appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte la buona fede dei clienti può più facilmente esserne sorpresa e aggirata.

Preme evidenziare che la norma, sebbene non circoscriva la responsabilità del preponente alle negoziazioni che abbiano ad oggetto prodotti finanziari del medesimo, postula un nesso tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni a lui affidate, che la giurisprudenza inquadra nell'ampio significato del rapporto di "occasionalità necessaria", ponendo la previsione normativa in una relazione di continuità con l'art. 2049 c.c., nel contempo, cogliendone la portata di più efficace strumento di tutela degli interessi degli investitori.

Ciò posto va rilevata l'assoluta estraneità della Banca al fatto del promotore sullo specifico rilievo che l'illecito è stato reso possibile dalla incauta iniziativa dello stesso investitore di comunicare al promotore i codici di accesso al conto corrente.

A sostegno di ciò si fa rilevare, non solo il distacco temporale tra la consegna dei detti codici e le indebite operazioni di bonifico, ma anche il rapporto personale tra l'attore ed il suo amico promotore; soprattutto, ciò che rileva maggiormente in relazione al caso di specie è la circostanza per cui la siffatta consegna dei codici fosse avvenuta al di là e al di fuori di uno specifico rapporto di investimento.

Di talchè, contrariamente a quanto prospettato da parte attrice, non è possibile evidenziare alcuna forma di responsabilità in capo alla banca, quale intermediario. E ciò perché – come detto - la consegna dei codici personali di accesso al servizio home banking non era in alcun modo riconducibile al compimento di operazioni finanziarie.

Il fatto illecito del promotore, quindi, non è dipeso dalle mansioni allo stesso affidate dal preponente - intermediario e/o dallo sfruttamento, sia pure anomalo, del ruolo di promotore, risultando, in tal modo, esclusa in radice la sussistenza del c.d. nesso di occasionalità necessaria, in presenza del quale, soltanto, è possibile configurare la responsabilità indiretta della S.I.M., in solido con quella del promotore.

Tra l'altro e non di meno è chiaramente evidenziabile un profilo di responsabilità in concorso dell'investitore esclusivamente con la colpa del promotore alla luce dell'incauto comportamento tenuto da entrambi.

Tutto ciò premesso la convenuta, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata, rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, rigettata ogni avversa istanza, domanda ed eccezione, così provvedere:

- in via preliminare, rigettare la domanda alla luce del difetto di legittimazione passiva della banca;

- nel merito rigettare la domanda attrice nei confronti della banca perché priva di ogni fondamento sia in fatto che in diritto;

- nel merito ed in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda, dichiarare il concorso di colpa tra le parti, in tal modo limitando la responsabilità della banca.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si chiede di essere ammessi alla prova contraria sulle circostanze di fatto ex adverso articolate con gli stessi testi indicati da controparte e con i seguenti propri testi: 1) .... residente in ....; 2) .... residente in ....

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Il sottoscritto Sig. .... (C.F. ....), nato a .... il .... e residente in .... alla Via .... informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F.: ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Giudice di Pace / Tribunale di .... ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. 196/03 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in .... alla Via .... n. ....

Luogo e data....

Sig. ....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento.

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014.

Commento

Gli obblighi dell'intermediario finanziario. La responsabilità da inadempimento in caso di violazione

L'impianto normativo citato nella sezione “Inquadramento” è improntato alla definizione di una serie di regole di condotta dell'intermediario, attraverso la valutazione e la verifica delle quali, è possibile identificare i suoi obblighi e la loro eventuale violazione.

Innanzitutto, si pone a carico dell'intermediario finanziario l'obbligo di protezione del cliente che consiste nel tutelare sempre gli interessi del cliente a favore del quale vengono prestati i servizi.

Poi, è prevista nel T.U.F. una dettagliata regolamentazione delle informazioni che gli intermediari finanziari devono o possono ( allorquando si tratta di informazioni pubblicitarie) fornire ai clienti, le quali debbono assumere i caratteri della chiarezza, correttezza e identificabilità.

Ad eccezione, ancora, della consulenza in materia di investimenti, gli intermediari hanno l'obbligo di redigere in forma scritta a pena di nullità i contratti relativi alle prestazione di servizi ed attività di investimento, anche se la stessa può essere fatta valere solo dal cliente ( cfr. da ultimo Cass.  I, n.1452/2019 per cui “Per i contratti per i quali è prevista la forma scritta "ad substantiam", la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l'oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti che abbiano concordemente ammesso l'esistenza del diritto costituito con l'atto non esibito. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia di merito che, in un contratto di intermediazione finanziaria, aveva determinato la controprestazione dovuta dal cliente all'investitore in base ad una clausola, sottoscritta dall'investitore, che rimandava ad un "prospetto allegato riportante l'ammontare delle commissioni", prospetto mai prodotto, ma la cui esistenza era incontestata tra le parti)”.

A proposito dell'ammissibilità degli ordini orali e dei limiti probatori che li riguardano si è da ultimo precisato che “In tema di intermediazione finanziaria, ove la previsione contenuta nel contratto quadro richiami ai sensi dell'art. 1352 c.c. la possibilità di dare all'intermediario ordini orali, secondo quanto prevede il regolamento Consob n. 11522/1998, imponendo alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, la documentazione attraverso la registrazione dell'ordine non costituisce un requisito di forma, sia pure “ad probationem”, degli ordini suddetti, ma uno strumento atto a facilitare la prova, altrimenti più difficile, dell'avvenuta richiesta di negoziazione dei valori, con il conseguente esonero da ogni responsabilità quanto all'operazione da compiere (Cass. I, n. 3087/2018).

Da segnalare in ordine alla forma dei contratti di investimento la recente sentenza delle  S.U. della Corte di cassazione n. 28314/19 del 04.11.19 che nel dirimere il contrasto in ordine alla possibilità da parte del cliente di avvalersi della nullità solo con riguardo a taluna delle operazioni compiute, ha posto l’accento  sull’obbligo solidaristico, di matrice costituzionale, di buona fede, gravante anche sull’investitore, che impone che l’esercizio del diritto, potestativamente riconosciutogli, di far valere la nullità di protezione, non possa travalicare in abuso, traducendosi in ingiustificato pregiudizio in danno dell’altra parte. Ritengono quindi le Sezioni Unite che criterio guida nel valutare la legittimità dell'uso selettivo delle nullità di protezione nei contratti d'investimento debba pertanto essere il principio di buona fede, per evitare che l'esercizio dell'azione in sede giurisdizionale possa produrre effetti distorsivi ed estranei alla ratio riequilibratrice in funzione della quale lo strumento di protezione è stato introdotto. Sotto questo profilo le Sezioni Unite precisano che l’avvenuto uso selettivo della nullità non comporta automaticamente, di per sé, la violazione del principio di buona fede perché, diversamente ragionando, si determinerebbe un effetto sostanzialmente abrogativo del regime giuridico delle nullità di protezione, dal momento che si stabilirebbe un'equivalenza, senza alcuna verifica di effettività, tra uso selettivo delle nullità e violazione del canone di buona fede.

Può accertarsi che gli ordini non colpiti dall'azione di nullità abbiano prodotto un rendimento economico superiore al pregiudizio confluito nel petitum. In tale ipotesi, esse ritengono che possa essere opposta dall’Intermediario, ed al solo effetto di paralizzare gli effetti della dichiarazione di nullità degli ordini selezionati, l'eccezione di buona fede, al fine di non determinare un ingiustificato sacrificio economico in capo all'intermediario stesso;  Può, tuttavia, accertarsi che un danno per l'investitore, anche al netto dei rendimenti degli investimenti relativi agli ordini non colpiti dall'azione di nullità, si sia comunque determinato. In tale evenienza, entro il limite del pregiudizio per l'investitore accertato in giudizio, l'azione di nullità non contrasta con il principio di buona fede. Oltre tale limite, opera, ove sia oggetto di allegazione, l'effetto paralizzante dell'eccezione di buona fede.

Ne consegue, concludono le  S.U. ,  che, se i rendimenti degli investimenti non colpiti dall'azione di nullità superino il petitum, l'effetto impeditivo è integrale, ove invece si determini un danno per l'investitore, anche all'esito della comparazione con gli altri investimenti non colpiti dalla nullità selettiva, l'effetto paralizzante dell'eccezione opererà nei limiti del vantaggio ingiustificato conseguito.

Dal canto suo  “L'intermediario, alla luce del peculiare regime giuridico delle nullità di protezione, non può avvalersi degli effetti diretti di tale nullità e non è conseguentemente legittimato ad agire in via riconvenzionale od in via autonoma ex artt. 1422 cc e  2033 cod. civ., potendo solo, come sopra detto, quando sussistono i presupposti e nei limiti precisati, opporre l’eccezione paralizzante di buona fede, che, pur non configurando eccezione in senso stretto, tuttavia deve essere oggetto di specifica allegazione.

L'ampiezza ed il rigore del rispetto delle regole di condotta è direttamente proporzionale al grado di discrezionalità e di impegno richiesto all'intermediario nello svolgimento della sua attività ( da quella a “più alto valore aggiunto” come la consulenza in materia di investimenti e la gestione del portafogli a quella puramente esecutiva) ed all'esigenza di tutela della clientela.

Nell'impegno informativo rientra anche l'obbligo di diversificazione del portafoglio: di recente, infatti la Suprema Corte di Cassazione  ha chiarito che “ In tema di intermediazione finanziaria, va riconosciuta la responsabilità della banca e, in particolare, dell'intermediario finanziario che abbia convogliato tutte le somme affidate nell'acquisto di bond argentini, anche se all'epoca dell'investimento questi non presentavano un indice di pericolosità. Ciò in quanto anche se i titoli al tempo erano ritenuti sicuri, questo elemento non rappresentava una condizione per esimere la banca dall'obbligo di informare gli investitori, dovendo questi ultimi essere comunque informati sulla natura e i caratteri propri degli specifici titoli mobiliari. Ad affermarlo è la Cassazione per la quale, dunque, non è buona regola per un intermediario far investire un intero patrimonio su un numero limitato di titoli, in quanto ciò viola la regola prudenziale di diversificare l'investimento (Cass. I, n. 6911/2018).

Il grado di impegno informativo e di tutela del cliente da parte dell'intermediario è, invece, inversamente proporzionale al grado di conoscenza ed esperienza del cliente nell'ambito del mercato finanziario: nei confronti dei clienti professionali pubblici o privati, di diritto o su richiesta, ovvero coloro che si deve ritenere che abbiano le conoscenze e le competenze necessarie per comprendere le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi, gli obblighi dell'intermediari sono da considerarsi meno pregnanti rispetto a quello da esercitare in favore dei clienti cd. al dettaglio considerati, per esclusione, quelli che non rientrano né nella categoria dei clienti professionali né delle controparti qualificate.

A proposito di alcuni dei più esaminati obblighi dell'intermediario finanziario, si rammenta che (ad esempio), “Nei contratti aventi ad oggetto la gestione di portafogli di valori mobiliari, gli obblighi di comportamento normativamente posti a carico dell'intermediario (artt. 36 e segg. del reg. Consob n. 11522/1998) prevedono, tra l'altro, la preventiva indicazione, per ciascuna linea di gestione patrimoniale, di un parametro oggettivo coerente con i rischi ad essa connessi (cd. benchmark), il quale, se anche non impone al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, costituisce un modo per valutare la razionalità e l'adeguatezza dell'attività dell'intermediario, per cui, ove la gestione sia risultata in contrasto con il predetto parametro e, quindi, con i rischi contrattualmente assunti dagli investitori, l'intermediario risponde delle perdite che gli stessi abbiano, per l'effetto, subìto” (Cass. I, n. 24/2017), tanto che lo scostamento dal benchmark contrattualmente stabilito per gli investimenti finanziari configura inadempimento dell'intermediario e dà luogo al risarcimento del danno patito dall'investitore.

Se poi per “best execution” si intende l'obbligo dell'intermediario di adoperarsi affinchè gli ordini dei clienti vengano eseguiti nelle migliori condizioni possibili in termini di prezzi ( pagati o ricevuti) ed altri oneri sostenuti, tenuto conto del momento delle dimensioni e della natura delle operazioni, “Non vi è violazione dell'art. 21 TUF qualora non si individui alcun profilo di responsabilità, quanto alla tempistica, dal generale dovere della best execution: che, presuppone in ogni caso, anche una congrua attivazione da parte del cliente nei confronti dell'intermediario, con la puntuale e tempestiva trasmissione delle caratteristiche specifiche dell'ordine. Diversamente ragionando, non è dato individuare alcun paletto temporale a parametrare la diligenza dell'operatore professionale; ben potendo, in ambito finanziario, essere tardivo, in ipotesi, anche l'esecuzione a distanza di un solo giorno o anche di un termine inferiore, laddove specifiche disposizioni di legge o contrattuali lo prevedano espressamente. Nel caso di specie, invece, nessuna disposizione di legge o di contratto prevedeva termini entro i quali doveva perfezionarsi il richiesto trasferimento su piazza estera (Trib. Milano VI, 19 aprile 2016, n. 4908).

In dettaglio si vedano le formule relative agli obblighi degli intermediari.

La responsabilità dell'intermediario per fatto illecito del promotore. Natura giuridica

Fiorenti sono le pronunce giurisprudenziali in materia di responsabilità dell'intermediario per fatto illecito del promotore, visti i casi spesso saliti agli onori della cronaca di condotte infedeli di quest'ultimo.

Le norme di cui agli art. 5, comma 4, l. n. 1/1991 (c.d. legge SIM), art. 23, comma 3 d.lgs. n. 415 del 23 luglio 1996, e, da ultimo, art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 58/1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) configurano, in capo all'intermediario, una responsabilità oggettiva indiretta per fatto altrui; tale responsabilità, in particolare, opera per il solo fatto che l'illecito del promotore abbia un nesso di occasionalità con lo svolgimento dell'attività per conto dell'intermediario (cfr. Cass. III, n. 17393/2009, Cass. III, n. 1741/2011, Cass. III, n. 6829/2011, Cass. III, n. 12448/2012), non presuppone alcuna colpa in capo al preponente (né sotto il profilo della erronea scelta del collaboratore, né sotto l'aspetto della negligente vigilanza sulla sua attività) e non è esclusa dal comportamento doloso del promotore, come si ricava all'evidenza dalla norma che include anche il caso di danni derivanti da illecito penale ( cfr. Trib. Mantova, II, 10 maggio 2016, n. 562 per cui “In tema di intermediazione finanziaria, ai sensi dell'art. 31/3 d.lgs. 58/1998 il soggetto abilitato che conferisce l'incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale. Detta responsabilità ha natura oggettiva, assimilabile alla responsabilità extracontrattuale per fatto altrui ex art. 2049 c.c., che pertanto non richiede la valutazione in merito alla colpa in eligendo o in vigilando, ma che necessita di prova di una rapporto di preposizione, del fatto illecito del promotore e della connessione tra le incombenze e il danno).

Si tratta di una responsabilità assimilabile a quella prevista dall'art. 2049 c.c., essendo imputato alla società intermediaria (nell'interesse della quale l'attività del promotore viene svolta) il costo del rischio creato dalla società stessa, prescindendo da ogni indagine relativa alla colpa, e ciò al fine di offrire una tutela rafforzata all'investitore, che può così contare anche sul patrimonio dell'intermediario.

E la responsabilità sussiste, come già detto, anche se il promotore abbia agito oltre i limiti delle sue incombenze o trasgredendo gli ordini ricevuti o addirittura con dolo, purché l'attività sia in sé riconducibile all'incarico affidato.

Sul punto da ultimo, la giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 1741/2014; cfr. anche Cass. III, n. n. 5020/2014) ha puntualizzato che “In tema di intermediazione finanziaria, l'intermediario preponente risponde in solido del danno causato al risparmiatore dai promotori finanziari da lui indicati in tutti i casi in cui sussista un nesso di occasionalità necessaria tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli. Tale responsabilità sussiste non solo quando detto promotore sia venuto meno ai propri doveri nell'offerta dei prodotti finanziari ordinariamente negoziati dalla società preponente, ma anche in tutti i casi in cui il suo comportamento, fonte di danno per il risparmiatore, rientri comunque nel quadro delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze affidategli”, salvo i limite del concorso doloso del cliente nella commissione del reato del promotore (cfr. Trib. Bari, I, 16 marzo 2016, n. 1469).

Quanto, poi, al riparto dell'onere della prova nel giudizio di risarcimento dei danni introdotto dall'investitore, la Suprema Corte di Cassazione di recente ha puntualizzato che “La previsione di cui all'art. 23, comma 6, del d.lgs. n. 58 del 1998, che pone a carico del soggetto abilitato all'esercizio dell'attività di intermediazione mobiliare "l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta", riguarda esclusivamente il giudizio di risarcimento del danno che il cliente abbia promosso a titolo di responsabilità contrattuale, sicché non si applica nel giudizio con il quale il danneggiato intende far valere la responsabilità extracontrattuale dell'intermediario per fatto altrui (Cass. I, n. 16616/2016).

In particolare per ciò che riguarda le operazioni nel cd. grey market, ovvero nel periodo anteriore alla messa sul mercato, l'intermediario, per essere assolto dalla responsabilità addebitatagli dal risparmiatore, deve fornire la prova positiva della sua diligenza e dell'adempimento degli obblighi informativi a suo carico (Cass.  I, n. 15770 /2018).

Dunque, in tema di contratti di intermediazione finanziaria, onde pervenire all'affermazione della responsabilità solidale del promotore e dell'intermediario per i danni dall'investitore a causa della condotta del primo, nelle relative controversie, è l'attore che deve fornire la specifica allegazione e dimostrazione degli illeciti asseritamente compiuti dal promotore finanziario, della sussistenza di un nesso di cd. occasionalità necessaria fra i lamentati illeciti e l'incarico conferito al promotore dall'intermediario autorizzato nonché del danno e della sua eziologica riconducibilità ai lamentati illeciti (Trib. Cosenza, 6 febbraio 2017, n. 245).

Non è necessario, però, che il danneggiato provi il dolo o la colpa della società assicuratrice, ovvero di aver verificato la reale esistenza e la riconducibilità alla stessa del prodotto venduto (cfr. Cass. III, n. 18860/2015).

Sempre sotto il profilo processuale è stato affermato che “Il promotore finanziario che abbia agito quale mandatario senza rappresentanza di un intermediario finanziario, e non abbia mai intrattenuto rapporti con lo stesso, non è incapace a deporre, ex art. 246 c.p.c., nel giudizio intrapreso dall'investitore nei confronti dell'intermediario medesimo, non avendo un interesse attuale e concreto all'esito di tale giudizio, stante la distinta responsabilità del promotore e del soggetto abilitato per le eventuali violazioni dei propri doveri di comportamento (Cass. III, n. 13212/2016).

Concorso colposo dell'investitore

Sull'incidenza, poi, del concorso colposo dell'investitore in caso di fatto illecito del promotore a suo danno ex art. 1227 comma I e II c.c., la giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 1741/14; Cass. III, n. 5020/14) ha puntualizzato che In tema di contratti di intermediazione finanziaria, al fine di escludere la responsabilità solidale dell'intermediario per gli eventuali danni arrecati ai terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, non è sufficiente la mera consapevolezza da parte dell'investitore della violazione da parte del promotore delle regole di comportamento poste a tutela dei risparmiatori, ma occorre che i rapporti tra promotore ed investitore presentino connotati di anomalia, se non addirittura di connivenza o di collusione in funzione elusiva della disciplina legale. Incombe all'investitore l'onere di provare l'illiceità della condotta del promotore, mentre spetta all'intermediario quello di provare che l'illecito sia stato consapevolmente agevolato in qualche misura dall'investitore(cfr. Cass. III, n. 6708/2010).

Consacrazione di tale principio è la recente sentenza della Suprema Cass. I, n. 28634/2020 per cui “Gli istituti di credito rispondono dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate, quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all'esercizio delle mansioni, ma la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto l'estraneità della banca rispetto alla condotta illecita posta in essere dal proprio promotore finanziario ai danni del cliente, che aveva sottoscritto in bianco le distinte per le richieste di assegni circolari, poi consegnate al dipendente, consentendogli di apporre sottoscrizioni apocrife sui moduli predisposti per le operazioni di versamento di contanti e di assegni)”.

D'altronde, va escluso sia che "la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle valga, in caso d'indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell'attività del promotore finanziario medesimo e la consumazione dell'illecito, e quindi precluda la possibilità d'invocare la responsabilità solidale dell'intermediario preponente; sia che un tal fatto possa essere addotto dall'intermediario come concausa del danno subito dall'investitore in conseguenza dell'illecito consumato dal promotore al fine di ridurre l'ammontare del risarcimento dovuto” (Cass. III, n. 1741/2011; Cass. I, n. 4037/2016).

Si è pure chiarito che "le disposizioni di legge e regolamentari dettate in ordine alle modalità di corresponsione al promotore finanziario dell'equivalente pecuniario dei titoli acquistati o prenotati, infatti, sono dirette unicamente a porre a suo carico un obbligo di comportamento al fine di tutelare l'interesse del risparmiatore e non possono, quindi, logicamente interpretarsi come fonte di un onere di diligenza a carico di quest'ultimo, tale da comportare un addebito di colpa (concorrente, se non addirittura esclusiva) in capo al soggetto danneggiato dall'altrui atto illecito, e salvo che la condotta del risparmiatore presenti connotati di "anomalia", vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi, quali ad esempio il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle operazioni, l'esperienza acquisita nell'investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso "iter" funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e socio-economiche (Cass. I, n. 6829/2011; cfr. App. Milano 2 marzo 2016).

Nè la consegna di denaro al di fuori del rispetto delle modalità previste dalle discipline regolamentari può costituire concausa del danno provocato all'investitore al fine di ridurre l'ammontare del risarcimento dovuto ( cfr. Cass. III, n. 8229/2006 e Cass. III, n. 4047/2016 secondo cui l'intermediario finanziario non solo non può invocare, quale causa di esclusione della responsabilità il fatto che il cliente abbia consegnato al promotore le somme di denaro di cui quest'ultimo si è illecitamente appropriato con modalità difformi da quelle previste dal regolamento Consob vigente (all'epoca il reg. n. 11522/1998, che all'art. 96, faceva, fra l'altro, obbligo al promotore di ricevere esclusivamente assegni bancari o circolari intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale operava, muniti di clausola di non trasferibilità), ma neppure può addurre tale circostanza come concausa del danno subito dall'investitore al fine di ridurre l'ammontare del risarcimento dovuto”).

In definitiva, la società d'intermediazione mobiliare è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, purché sussista un rapporto di necessaria occasionalità tra incombenze affidate e fatto del promotore, ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il comportamento di questi rientri nel quadro delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze di cui è investito; né rileva che il comportamento del promotore abbia esorbitato o no dal limite fissato dalla società, essendo sufficiente che la sua condotta sia stata agevolata e resa possibile dall'inserimento del promotore stesso nell'attività della società d'intermediazione mobiliare e si sia realizzata nell'ambito e coerentemente alle finalità in vista delle quali l'incarico è stato conferito, in maniera tale da far apparire al terzo in buona fede che l'attività posta in essere, per la consumazione dell'illecito, rientrasse nell'incarico affidato (cfr. Cass. III, n. 3625/2016).

Sanzioni amministrative

Il rispetto degli obblighi degli intermediari finanziari è presidiato anche sotto il profilo amministrativo.

Organo che valuta tale condotta e titolare del potere sanzionatorio è la Consob, mentre avverso le ordinanza di irrogazione delle sanzioni è previsto il rimedio dell'opposizione alle ordinanze-ingiunzione.

Solo per citare alcune decisioni processuali in materia che possono avere utilità indipendentemente dai casi specifici, valga rammentare – senza pretesa di esaustività – che “In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, l'obbligatorietà dell'azione di regresso prevista dall'art. 195, comma 9, del d.lgs. n. 58 del 1998 nei confronti del responsabile, comporta che alla persona fisica autrice della violazione, anche se non ingiunta del pagamento, deve essere riconosciuta un'autonoma legittimazione "ad opponendum", che le consenta tanto di proporre separatamente opposizione quanto di spiegare intervento adesivo autonomo nel giudizio di opposizione instaurato dalla società, configurandosi in quest'ultimo caso un litisconsorzio facoltativo, e potendosi nel primo caso evitare un contrasto di giudicati mediante l'applicazione delle ordinarie regole in tema di connessione e riunione di procedimenti; peraltro, in caso di inerzia della persona fisica, il giudicato formatosi nel giudizio di opposizione intentato dalla società spiega effetti nel successivo giudizio di regresso quanto ai fatti accertati, mentre, in caso di mancata opposizione da parte della società non si verifica alcuna preclusione e la persona fisica potrà, in sede di regresso, spiegare tutte le opportune difese anche sul merito della sanzione” (cfr. Cass. S.U., n. 20929/2009; Cass. II, n. 6738 /2016).

Ed ancora, “In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ex art. 145 del d.lgs. n. 385 del 1993, la persona fisica autrice materiale della violazione che sia convenuta in regresso, quale coobbligata solidale, dalla società o dall'ente che, destinatari dell'ingiunzione, abbiano provveduto al relativo pagamento senza proporre opposizione avverso la delibera irrogativa della stessa, può, in tale sede, sollevare contestazioni sulla sua responsabilità, all'uopo spiegando tutte le opportune difese, anche sul merito della sanzione medesimaCass. II, n. 8919/2017; Cass. II, n. 6738/2016).

Infine, “In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, il d.lgs. n. 58/1998 individua una serie di fattispecie a carattere ordinatorio, destinate a salvaguardare procedure e funzioni ed incentrate su mere condotte considerate doverose, sicché il giudizio di colpevolezza è ancorato a parametri normativi estranei al dato puramente psicologico, con limitazione dell'indagine sull'elemento oggettivo dell'illecito all'accertamento della "suitas" della condotta inosservante, per cui, una volta integrata e provata dall'autorità amministrativa la fattispecie tipica dell'illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dall'art. 3 della l. n. 689/1981, l'onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza” (cfr. Cass. I, n. 4114/2016).

Principali soggetti responsabili per le violazioni delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, cui seguono le sanzioni comminate dalla Consob, sono i sindaci delle società di investimenti : “la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società di investimenti non può comportare l'esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo "quoad functione", gravando sui sindaci, da un lato, l'obbligo di vigilanza - in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche della verifica dell'adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob, a garanzia degli investitori - e, dall'altro lato, l'obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d'Italia ed alla Consob” .

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