Atto di citazione per il risarcimento del danno da reati sessuali ex art. 609-bis e ss. c.p.InquadramentoUna donna vittima di plurime condotte di violenza sessuale nell'ambiente di lavoro agisce per ottenere, dall'autore del reato, il risarcimento dei danni patrimoniali (da lucro cessante, per la perdita dell'occupazione lavorativa) e non patrimoniali (psichico e morale) sofferti. FormulaATTO DI CITAZIONE PER La Sig.ra ...., nata a .... il .... (C.F. ....) 3, residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliata in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. 4...., C.F. .... 5, fax .... 6, che la rappresenta e difende in forza di procura alle liti .... 7 PREMESSO IN FATTO — La Sig.ra ...., dipendente della Società ...., è stata vittima di una serie di atti e di intrusioni nella sua sfera sessuale perpetrati dal Sig. ...., collega di lavoro e dipendente della medesima società. — Le condotte lesive poste in essere dall'odierno convenuto sono state plurime e specificamente: 1) in data ...., presso ...., alla presenza di ...., compiva ....; 2) in data ...., presso ...., alla presenza di ...., compiva ....; 3) ....; — La Sig.ra .... non ha mai, neanche in modo implicito, prestato consenso al compimento dei predetti atti sessuali, essendo stata costretta a subire i comportamenti indesiderati, irragionevoli ed offensivi in conseguenza delle condotte violente e/o minacciose e/o di abuso di autorità del Sig. ....; — A seguito degli episodi sopraindicati, l'attrice sperimentava intense reazioni di shock, paura, ansia, umiliazione e tristezza oltre a disturbi acuti da stress, disturbi psicotici brevi o psicosi, disturbo d'ansia generalizzato, disturbi o disfunzioni sessuali, disturbi depressivi, fobie, disturbi alimentari psicogeni; il tutto certificato a seguito delle visite specialistiche cui la Sig.ra ....si è sottoposta, presso lo studio del dott. ....; — Per sottrarsi ad ulteriori condotte lesive, l'attrice ha dovuto assentarsi sempre più spesso dal posto di lavoro (per un totale di giorni .... ), ed infine lasciarlo. Ne derivano dunque danni patrimoniali che, considerando la retribuzione di Euro ....percepita all'epoca dei fatti, sono quantificabili in Euro ....; — In ordine al reato presupposto del presente giudizio è in corso il procedimento penale n. .... R.g.n.r. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di ....e n. .... R.g. dello stesso Tribunale; — In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita 8 di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a.r. n. ...., in cui l'attrice ha espressamente invitato le controparti a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ....; — Tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta da .... PREMESSO IN DIRITTO Alla luce della narrativa che precede, appare manifesto il diritto dell'odierna attrice di ottenere dal convenuto il risarcimento dei gravi danni illegittimamente patiti a seguito delle violenze sessuali subite. È, infatti, evidente che le condotte del convenuto, considerate tanto in modo isolato quanto complessivo, integrano il reato previsto e sanzionato dall'art. 609-bis c.p. sussistendo tutti gli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano tale figura di reato. In particolare, sussistono tutti i requisiti individuati dalla giurisprudenza affinché si configuri tale delitto, e cioè: 1) il contatto con una zona erogena del corpo della vittima; 2) la finalità e l'idoneità dell'atto a pregiudicare il diritto della vittima alla libera autodeterminazione della sfera sessuale; 3) l'assenza del consenso del soggetto passivo. Il convenuto è dunque responsabile in base agli artt. 2043,2059 c.c. e 185, comma 2, c.p. L'attrice chiede dunque un risarcimento che comprenda, oltre i danni patrimoniali, anche i danni non patrimoniali, in particolare il danno biologico o permanente ed il cd. danno morale da reato (o danno morale soggettivo), identificato con il pretium (o pecunia) doloris, ovvero come il ristoro che spetta al danneggiato per le sofferenze subite quale vittima di un reato. Trattasi della sofferenza collegata alla menomazione del diritto alla libera autodeterminazione della sfera sessuale e quindi del turbamento psicologico, del dolore e del patimento connessi alle violenze subite. L'esistenza ed entità di detto pregiudizio, oltre a desumersi in via presuntiva dalla natura delle aggressioni a scopo sessuale subite dall'attrice, potrà essere desunta: — Dalle prescrizioni dei farmaci sedativi ed ansiolitici assunti dalla Sig.ra .... in concomitanza con l'inizio degli episodi per cui è causa; — Dal mutato atteggiamento della sig.ra .... nell'ambiente lavorativo, nel quale ha negli ultimi tempi mostrato insofferenza, ansia, preoccupazione nel separarsi dai colleghi e nel rimanere da sola in una stanza; — Dai disturbi del sonno e dell'umore rilevati dai familiari e da ....; — Da .... Infine, sempre a titolo di danno non patrimoniale, non potrà non essere risarcito il danno esistenziale subito dall'attrice, derivante dalla forzosa rinuncia alle proprie abitudini di vita e alla propria occupazione lavorativa conseguenti alle morbose attenzioni e alle violenze subite. Tutto questo premesso, la Sig.ra ...., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata, CITA
Il Sig. ...., C.F. ...., residente in ...., alla via .... n… a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ....9, ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE il convenuto che:
per ivi sentire accogliere le seguenti: CONCLUSIONI — accertare e dichiarare l'esclusiva responsabilità del Sig. .... per le violenze sessuali subite dall'attrice e, per l'effetto, condannarlo al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti alle predette violenze, nell'importo complessivo che qui è dichiarato e quantificato in Euro .... tenuto conto, quanto al danno biologico o permanente delle tabelle del Tribunale di Milano, ovvero negli importi diversi, anche maggiori, ritenuti di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge. Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario 10. In via istruttoria, si chiede volersi ammettere prova testimoniale con il Sig. ...., residente in ...., alla Via ...., n. ....; Il Sig. ...., residente in ...., alla via ...., n. ...., sui seguenti capitoli di prova: a) “Vero che ....”; b) “Vero che ....”; c) “Vero che ....”. Si chiede, inoltre, in caso di contestazione relativa al quantum debeatur, volersi disporre CTU medica per l'accertamento del danno psichico nonché morale subito dall'attrice. Infine, si fa riserva di formulare ulteriori richieste istruttorie e di produrre altri documenti anche in conseguenza del comportamento processuale di controparte. Si offrono in comunicazione, mediante deposito in cancelleria, i seguenti atti e documenti: 1) Relazione medico - legale a firma del Dott. ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) Lettera Racc. a.r. n. .... del ...., avente ad oggetto l'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, a firma dell'Avv. ....; Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... Pertanto l'importo del contributo unificato è di Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM (Se non a margine o su documento informatico separato) [1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 281 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia . Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di Pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c. In alternativa è competente, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione. Trattandosi di responsabilità per fatto illecito sarà competente il giudice del luogo in cui il danno si è prodotto (forum commissi delicti). [2] [2] Ove sia stata esercitata l'azione penale, il danneggiato può, in alternativa, costituirsi parte civile ai sensi dell'art. 76 c.p.p. fino a quando non siano stati compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484 c.p.p. [3] [3] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. [4] [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014. [5] [5] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.. [6] [6] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [7] [7] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.». [8] [8] L'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita è obbligatorio per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non eccedenti cinquantamila euro, ai sensi dell'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014 n. 132. [9] Il termine a comparire deve essere non inferiore a 120 giorni se il convenuto è residente in Italia e non inferiore a 150 giorni se è residente all'estero. [10] [10] Ai sensi dell'art. 93 c.p.c il difensore della parte vittoriosa può ottenere la distrazione in proprio favore delle spese di lite, dichiarando di aver anticipato le spese e di non aver riscosso compensi. CommentoLa nozione di atto sessuale Con l'utilizzo della locuzione “atti sessuali” il legislatore ha proceduto ad una - almeno apparente - semplificazione nella descrizione delle condotte sessualmente rilevanti, rinunciando ad una qualsiasi ripartizione, in astratto, tra rapporti sessuali di maggiore o minore gravità. Tuttavia la definizione di atto sessuale si rivela particolarmente problematica in relazione alle ipotesi limite, cioè in presenza di atti non univocamente qualificabili come sessuali (ad es. baci sulla guancia, carezze sul braccio ecc.). In dottrina si registrano tre indirizzi al riguardo: 1) un orientamento soggettivista, secondo il quale vi sarebbe una perfetta coincidenza di contenuto tra la nozione di atto sessuale di cui all´art. 609-bis c.p. e quella di atto di libidine di cui all'art. 521 c.p. previgente; 2) la tesi della maggiore ampiezza dell'atto sessuale rispetto alla categoria degli atti di libidine; 3) l'orientamento oggettivista secondo il quale l'atto sessuale sarebbe solo quello che possiede un'ontologica natura sessuale, indipendentemente da valutazioni subiettive. La giurisprudenza propende per una concezione oggettivo-anatomica di atti sessuali, focalizzando l´attenzione sul concetto di “zone erogene”, intese quali zone del corpo umano deputate ad essere teatro precipuo delle violazioni sessuali penalmente rilevanti. Sono ritenute zone erogene tutte quelle considerate tali dalla scienza medica, psicologica e antropologica. «Anche i palpeggiamenti e i toccamenti possono costituire una indebita intrusione nella sfera sessuale altrui, dovendosi tenere a tal fine conto che il riferimento al sesso non deve limitarsi alle zone genitali, ma comprende pure quelle ritenute “erogene” (stimolanti dell'istinto sessuale) dalla scienza medica, psicologa e antropologica-sociologica» (Cass. pen. III, n. 35875/2007; Cass. pen. III, n. 12987/2008). Tuttavia, il solo requisito del contatto con una zona erogena del corpo della vittima non sempre è decisivo. Si pensi a quei casi in cui l'atto interessi senza dubbio una tale zona del corpo della vittima, ma astrattamente considerato non ha necessariamente un significato sessuale. Ad esempio il bacio può avere tanto natura sessuale, quanto affettiva o amichevole. «Non basta, dunque, talvolta, il solo riferimento alle parti anatomiche aggredite dal soggetto attivo e/o al grado di intensità fisica del contatto instaurato, non potendo trascurarsi la valenza significativa dell'intero “contesto” in cui il contatto si realizza e la complessa dinamica intersoggettiva. Più aderente alla logica dell'apprezzamento penalistico va considerato, conseguentemente, un approccio interpretativo di tipo sintetico, volto cioè a desumere il significato della violenza sessuale da una valutazione complessiva di tutta la vicenda sottoposta a giudizio» (Cass. pen. III, n. 33464/2006). Occorre cioè prendere in considerazione la situazione concreta ed il contesto socio-culturale in cui l'atto si inserisce, al fine di verificare la finalità e l'idoneità dell'atto - in concreto - a pregiudicare il diritto della vittima alla libera autodeterminazione della propria sfera sessuale. Ricorrente nella giurisprudenza è anche il riferimento al cd. fine libidinoso perseguito dall'agente, cioè la volontà di soddisfare con l'atto un proprio impulso sessuale. Solo in apparenza tuttavia è introdotto un requisito di natura soggettiva, precisandosi da parte dei medesimi giudici che gli atti devono comunque avere un'oggettiva valenza sessuale, essendo altrimenti insufficiente la sola volontà dell'agente a qualificare l'atto come sessuale (Cass. pen. III, n. 12425/2007). Violenza sessuale La violenza sessuale è incriminata dall'art. 609-bis c.p. che punisce con la reclusione da cinque a dieci anni Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Dalla norma si ricava dunque che le condotte punibili sono di due specie: da un lato c'è la fattispecie di violenza sessuale per costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), dall'altro quella per induzione (abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima o inganno circa la propria identità). Sembrerebbe trattarsi di un reato d'evento a forma vincolata, ove la condotta deve inquadrarsi in una delle cinque alternative elencate, ma, in realtà, la prassi applicativa si distanzia notevolmente dal modello legale. Dall'analisi della giurisprudenza si ricava, infatti, che il delitto di violenza sessuale è ormai considerato un reato d'evento a forma libera; i requisiti necessari e sufficienti ad inquadrare il fatto in tale fattispecie sono solo due: 1) il compimento di atti sessuali sul soggetto passivo; 2) l'assenza del consenso di tale soggetto. Un tale esito interpretativo è stato il risultato di una cd. spiritualizzazione dei concetti di violenza e di costrizione, che la giurisprudenza ha ritenuto spesso presunti o anche solo potenziali. Si è addirittura coniato il concetto di atti sessuali per “costrizione ambientale”, nei quali la vittima, pur dissentendo all'atto sessuale, non vi si oppone espressamente per lo stato di soggezione psicologica scaturita non da una minaccia attuale, ma da un timore più generico ed implicito di subire conseguenze negative in caso di rifiuto (Cass. pen. III, n. 21452/2015). Un altro esempio di tale tendenza può rinvenirsi nel caso degli atti sessuali “repentini” e “insidiosi”, come il bacio fugace e la pacca sul gluteo. Anche qui il concetto di violenza è stato ampliato dalla giurisprudenza ben oltre il significato originario del termine, così da non lasciare margini di impunità (ex multis Cass. pen. III, n. 15443/2014; Cass. pen. III, n. 19808/2006). Per quanto riguarda l'elemento psicologico, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale si reputa sufficiente il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della vittima non consenziente. Conseguenza della scelta del legislatore di ridurre ad unità le condotte sessualmente rilevanti è stata l'introduzione della circostanza attenuante speciale della minore gravità del fatto, al fine di garantire un trattamento sanzionatorio non sproporzionato nei casi più lievi. Essa garantisce, infatti, un forte sconto di pena fino a due terzi. Secondo la giurisprudenza l'attenuante in discussione non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto rapportata, in concreto, al bene giuridico tutelato. Pertanto assumono particolare importanza: la qualità dell'atto compiuto (più che la quantità di violenza fisica), il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni (fisiche e mentali) di quest'ultima, le caratteristiche psicologiche (valutate in relazione all'età), l'entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Cass. pen. III, n. 45179/2013). I danni risarcibili alla vittima La violenza sessuale vulnera fondamentali valori di libertà e dignità della persona, in primis il diritto all'integrità morale (artt. 2, 3, 32 Cost.) e alla libertà sessuale, definito dalla Corte Costituzionale (sent. 562/1987) come diritto soggettivo assoluto, inquadrato tra le prerogative inviolabili della persona tutelate dall'art. 2 Cost., ed inteso sia in positivo, come diritto all'autodeterminazione e alla libera esplicazione delle proprie scelte, sia in negativo, come diritto di pretendere che altri non aggredisca il proprio corpo a fini sessuali (Trib. Milano X, 16 dicembre 2009; Trib. Milano, 25 febbraio 2008). Se commessi ai danni di soggetto minore d'età, inoltre, atti sessuali e pratiche erotiche pregiudicano gravemente la salute psichica della vittima, in una fase fondamentale della crescita umana e della formazione del carattere e della disponibilità a relazionarsi nella vita sociale, ma causano anche una lesione del diritto del minore di intraprendere un normale, sereno, innocente e libero percorso di maturazione sessuale ed affettiva. Si tratta, infatti, di comportamenti che attingono non soltanto il corpo della vittima, quasi “oggettificata”, ma anche la sua dimensione spirituale, per cui l'offeso si porta dentro un frammento di vita spezzato dal fatto criminoso (Cass. III, n. 13611/2011). I profili di danno non patrimoniale, scaturenti dalla lesione di diritti intangibili diversi dal danno alla salute, in quanto allegati e provati (anche in via presuntiva) dall'offeso, acquistano rilievo autonomo rispetto ai perturbamenti psichici e alle sofferenze che la violenza naturalmente comporta: di essi occorre dunque tener conto nella liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, dando analiticamente conto del valore ponderale attribuito a ciascuno dei beni compromessi, non potendo attribuirsi “a priori” un maggior rilievo al danno biologico rispetto al danno morale, il quale non si configura esclusivamente come “pretium doloris”, ma anche come risposta satisfattiva alla lesione della dignità umana [11]. L'esame della casistica giurisprudenziale in materia di danno da reato rivela, d'altra parte, che non sempre al profondo turbamento suscitato nella vittima consegue una patologia clinicamente accertabile a carattere permanente, in quanto la “malattia” psichica non va confusa con la semplice sofferenza e la disaffezione ma consiste in una lesione dell'equilibrio psichico tale da configurare gli estremi di una vera e propria malattia inquadrabile nosograficamente, sebbene il disagio non debba necessariamente conseguire ad una lesione organica e possa derivare anche da uno shock emotivo quale può essere l'impatto derivante dall'aver assistito ad un evento traumatico (Cass. III, n. 28423/2008). La menomazione psichica - costituente vero e proprio danno biologico di natura psichica - non può perciò consistere in un mero turbamento soggettivo, di natura transeunte ovvero permanente (tristezza, paura, malinconia), sofferenze queste devono essere più correttamente ascritte alla voce di danno non patrimoniale denominata “danno morale”, involgendo invece il danno biologico la compromissione di una qualsiasi delle funzioni psichiche dell'individuo. Non è tuttavia necessario che il danno di natura psichica si configuri come conseguenza certa ed inequivoca dell'evento traumatico, essendo sufficiente che la derivazione causale del primo dal secondo possa affermarsi in base ad un criterio di elevata probabilità e che non sia stato provato l'intervento di un fattore causale tale da disconnettere la sequenza causale (Cass. III, n. 13530/2009). Frequentemente fatti di reato puniti dagli artt. 609-bis e ss. c.p. incidono soltanto temporaneamente sullo stato di salute psichica della vittima, non lasciando strascichi clinicamente apprezzabili, specie quando la favorevole struttura della personalità dell'offeso e il precoce ricorso al sostegno psicologico abbiano consentito un'adeguata elaborazione delle esperienze vissute, scongiurando l'evoluzione del disagio in una patologia psichiatrica riconoscibile e diagnosticabile. In casi siffatti, il danno alla salute consistente nella temporanea e tuttavia significativa alterazione del preesistente equilibrio psichico, in quanto provato, sarà suscettibile di risarcimento secondo i criteri in uso per il risarcimento del danno da invalidità temporanea. La liquidazione del danno morale (risarcibile ai sensi degli artt. 185 c.p. e 2059 c.c.), la cui prova è comunemente desunta in via presuntiva e secondo l'id quod plerumque accidit, dalla natura e dalle modalità della condotta illecita, non può che aver luogo, invece, in via equitativa, tenendo conto, ai fini della quantificazione, dell'età della vittima e dell'aggressore, delle modalità esecutive e della gravità del reato e del contesto in cui si è consumato, della reiterazione o meno degli episodi delittuosi, del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle condizioni fisiche e mentali di quest'ultima, delle conseguenze di tipo sociale e relazionale che ne sono derivate (si pensi al caso in cui la risonanza del fatto abbia compromesso la reputazione e l'immagine della persona offesa, costringendola a modificare le proprie abitudini o addirittura a trasferire altrove la propria residenza). L'innegabile difficoltà di parametrare il risarcimento alla sofferenza avvertita dalla vittima non giustifica liquidazioni irrisorie, non potendo trascurarsi, da un canto, l'impossibilità per l'offeso di fornirne una precisa quantificazione, anche per la proiezione temporale futura delle deteriori ripercussioni delle condotte abusanti sulla personalità, della vittima (spesso estremamente vulnerabile a cagione della minore età), dall'altro che non si tratta di ristorare soltanto il c.d. pretium doloris, ma anche di compensare per equivalente monetario la lesione della dignità umana (Cass. III, n. 22585/2013). I danni risarcibili ai genitori della persona offesa «In caso di violenza sessuale ai danni di un minore, va risarcito il danno subito anche dai genitori in conseguenza del dolore concretamente loro inferto per lo sconvolgimento imposto al normale sviluppo della convivenza familiare, l'alterazione indotta alle naturali dinamiche relazionali del nucleo costretto a fronteggiare l'immane disagio psichico e/o emotivo del figlio, il sentimento di impotenza e di frustrazione, l'evidente compromissione subita alla libera espressione e realizzazione della personalità, e, nel caso di appartenenza dell'autore del reato alla cerchia familiare o amicale, anche la delusione e la sofferenza generati dal tradimento della fiducia e del legame affettivo» (Trib. Varese, I, 10 febbraio 2010). Il danno arrecato ai genitori della vittima “primaria” può inoltre avere carattere patrimoniale e consistere negli esborsi sostenuti e da sostenere per le terapie psicologiche e il sostegno in favore del minore (Cass. pen. III, n. 38952/2007). La giurisprudenza più recente (Cass. III, n. 20667/2010; Cass. III, n. 10291/2001) ha dunque superato l'orientamento che negava il risarcimento del danno morale ai prossimi congiunti della persona che avesse subito a causa del reato lesioni personali ancorché gravissime (non anche la morte), in applicazione del principio di irrisarcibilità dei danni c.d. indiretti, e riconosce ai genitori della vittima dell'abuso sessuale il ristoro del danno non patrimoniale correlato alle implicazioni emotive suscitate dalla conoscenza del fatto - che incide sull'interesse dei genitori alla salvaguardia dell'integrità psicofisica del figlio e della sua sfera morale - e dalla percezione della sofferenza derivatane al figlio minore e alle corrispondenti proiezioni negative sull'esistenza della vittima secondaria sia in ragione delle possibili ripercussioni di carattere psicopatologico, sia in termini di incidenza sulle scelte e modalità di vita (Trib. Genova, 9 novembre 2010). È pertanto ritenuta ammissibile la costituzione di parte civile dei genitori “in proprio” nel processo penale a carico dell'autore del reato di violenza sessuale o di atti sessuali con minorenne (Trib. Trento 2 febbraio 2015). |