Comparsa di costituzione e risposta in giudizio per risarcimento danni da illecita pubblicazione di atti di procedimento penale.

Emanuela Musi

Inquadramento

Con la comparsa di costituzione e risposta in un giudizio risarcitorio intrapreso dal soggetto asseritamente leso dalla condotta del giornale che aveva pubblicato ampi stralci delle dichiarazioni dallo stesso rese in sede penale nonché atti del procedimento in questione, il giornale convenuto eccepisce la non risarcibilità dei danni richiesti alla luce della mancata ricomprensione, nella cornice normativa dell'art. 684 c.p., di altri beni tutelati all'infuori del buon andamento delle indagini.

Formula

GIUDICE DI PACE DI ..../TRIBUNALE DI ....

R.G. ....Giudice ...Udienza del ....

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

PER

Il Giornale, C.F./P.I. ...., in persona del legale rappresentante p.t., Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., con sede legale in ...., via ...., rappresentato e difeso, per mandato in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. .., presso il cui studio elettivamente domicilia in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC ....

- convenuto -

CONTRO

Società .... C.F./P.I. ...., in persona del legale rappresentante p.t., con l'Avv. ...

- attore –

NONCHE'

Il Sig. .... nato a ...., il ...., C.F. ...., con l'Avv. ...

- convenuto -

FATTO

- Con atto di citazione notificato il .... e depositato il ...., l'istante conveniva dinanzi a questo Giudice di Pace/Tribunaledi .... Il Giornale ed il Sig. .... quale Direttore responsabile della predetta testata, nonché autore dell'articolo pubblicato in data ...., per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni sofferti per la violazione delle norme sulla privacy e del c.p. art. 684.

- In punto di fatto/in premessa specificava che il Giornale, a firma del Sig. .... aveva pubblicato il predetto articolo avente ad oggetto un procedimento penale a carico dei vertici del gruppo societario istante in merito a una presunta frode fiscale nella compravendita di diritti televisivi. Segnatamente l'attrice lamentava la pubblicazione di ampi stralci dei verbali delle dichiarazioni testimoniali raccolte dal Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari, nonché di documenti acquisiti al fascicolo processuale.

- Per tali ragioni chiedeva accertarsi la responsabilità del Giornale e del Sig. .... Direttore Responsabile ed autore dell'articolo in questione, e per l'effetto la condanna degli stessi al pagamento della complessiva somma di Euro ...., oltre interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento del danno per violazione delle norme sulla privacy e del c.p. art. 684.

Con il presente atto si costituisce il Giornale, in persona del legale rappresentante pro tempore, il quale chiede rigettarsi la domanda, in quanto inammissibile, improponibile ed improcedibile, nonché infondata in fatto e diritto per le seguenti ragioni in

DIRITTO

Infondatezza della domanda

Nel merito si eccepisce la infondatezza della domanda. Invero, alla luce delle disposizioni di cui agli c.p. artt. 684, c.p.p. 114 e 329, si può affermare che nel nostro ordinamento non vi è una completa coincidenza tra regime di segretezza e di divulgazione; pertanto, esiste un doppio filtro alla pubblicazione degli atti: un divieto assoluto di pubblicazione, operante, ex c.p.p. art. 329, fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari; e un divieto relativo, limitato ai soli elementi testuali, vigente oltre siffatta barriera temporale, fino al termine dell'udienza preliminare (comma 2) e, se si procede a dibattimento, fino alla pronuncia in grado di appello (comma 3). Ne deriva che laratiodel c.p. art. 684 si atteggia in maniera diversa a seconda della fase processuale cui appartiene l'atto coperto da segreto; se infatti durante la fase delle indagini preliminari taleratioè da individuarsi nella necessità di non compromettere la fase di acquisizione della prova, successivamente, e specificamente nel corso del dibattimento, l'obiettivo avuto di mira dal legislatore è salvaguardare la serenità del giudicante, che deve essere il più possibile libero da condizionamenti esterni, così da consentire il pieno operare del principio del contraddittorio tra parti poste in posizione di – tendenziale – parità. Poste tali premesse, va rilevato chela fattispecie criminosa di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale di cui all'art. 684 c.p., integra un reato monoffensivo, atteso che obiettivo della norma, prima della conclusione delle indagini preliminari, è quello di non compromettere il buon andamento delle stesse e, dopo tale momento, quello di salvaguardare i principi propri del processo accusatorio; nessuna autonoma pretesa risarcitoria può essere avanzata dalla parte coinvolta nel processo perciò solo che sia stata violata la norma incriminatrice in discorso; la portata della violazione, sotto il profilo della limitatezza e della marginalità della riproduzione testuale di un atto processuale, va apprezzata dal giudice di merito, in applicazione del principio della necessaria offensività della concreta condotta ascritta all'autore, nonché, sul piano civilistico, della irrisarcibilità del danno patrimoniale di lieve entità. Non vi è, quindi, alcun obiettivo di tutela della reputazione del privato nella norma; deve escludersi, pertanto, che tale bene giuridico sia stato preso di mira dal legislatore nell'emanazione del precettode quo. Ne deriva, quindi, che nessuna autonoma pretesa risarcitoria può essere avanzata in dipendenza della sola violazione della norma incriminatrice in discorso, salvo che dal fatto non sia derivata la lesione di beni della persona autonomamente tutelabili in base ad altre norme dell'ordinamento. Oltretutto, in relazione al caso di specie, l'articolo in questione è stato strutturato in modo tale che il giornalista aveva esercitato correttamente il diritto di cronaca e che il ricorso a toni aspri e graffianti restava nell'ambito di una legittima manifestazione del diritto di critica.

CONCLUSIONI

Alla luce di tutto quanto testé evidenziato, voglia l'Ill.mo Giudice di Pace/Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione:

Nel merito, rigettare la domanda, in quanto destituita di fondamento in fatto e diritto, nonché non provata;

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si chiede altresì di essere ammessi alla prova contraria sulle circostanze di fatto ex adverso articolate con gli stessi testi indicati da controparte e con i seguenti propri testi: 1) Sig. .... residente in ....; 2) Sig. .... residente in ....

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Luogo e data....

Firma Avv. ....

PROCURA

Commento

Inquadramento della tematica

Al fine di affermare la risarcibilità o meno del danno non patrimoniale derivante dalla pubblicazione arbitraria di atti di procedimento penale, occorre chiedersi: 1) se la previsione della norma incriminatrice, che blinda la divulgabilità degli atti del processo penale, integri o meno un reato plurioffensivo, in quanto preordinato a garanzia non solo dell'interesse dello Stato al retto funzionamento dell'attività giudiziaria, ma anche delle posizioni delle parti e, segnatamente, della reputazione delle stesse (si tratta, in particolare, di stabilire se, accanto all'interesse dello Stato al corretto funzionamento dell'attività giudiziaria, l'art. 684 c.p. tuteli anche le parti in vario modo coinvolte nel processo, di talché, a prescindere dalla concorrenza o meno di una lesione della riservatezza o di una diffamazione ai loro danni, la commissione del reato le abiliti all'attivazione di un'autonoma pretesa risarcitoria fondata sul fatto in sé che vi sia stata pubblicazione arbitraria di atti di un processo penale che le riguardi); 2) se sia scrutinabile l'entità della riproduzione, sì da potersi accedere a un giudizio di insignificanza del dato riportato e quindi di sostanziale inoffensività della condotta ascritta all'autore della pubblicazione.

La giurisprudenza prima delle Sezioni Unite

In ordine al carattere plurioffensivo o meno del reato di cui all'art. 684 cod. pen. si registravano nella giurisprudenza di legittimità due differenti orientamenti. Secondo un indirizzo, la fattispecie criminosa in esame "costituisce, pacificamente, reato plurioffensivo... in quanto diretto a tutelare, nella fase istruttoria, la dignità e la reputazione di tutti coloro che, sotto differenti vesti, partecipano al processo", oltreché a garantire l'interesse dello Stato al retto funzionamento dell'attività giudiziaria” (in tal senso v. Cass., n. 838/2015, Cass. III, n. 17602/2013). Nella medesima prospettiva è la giurisprudenza delle sezioni penali (cfr. Cass. pen., n. 17051/2013; Cass. pen., n. 473/2013) nonché quella della Corte costituzionale la quale, sia pure in tempi alquanto risalenti - e con riferimento al contesto normativo antecedente alla riforma del 1988 - ha a più riprese affermato il carattere plurioffensivo della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 684 del codice penale (cfr. Corte cost. n. 457/1987; Corte cost., n. 18/1966). Di segno contrario l'altro indirizzo, sposato da Cass. pen., n. 2320/1981, che individua il bene giuridico protetto esclusivamente nell'interesse dello Stato al normale funzionamento dell'attività giudiziaria mediante la segretezza della fase istruttoria al fine di impedire l'inquinamento della prova o la fuga di compartecipi, nonché, sul versante civilistico, da Cass., n. 19746/2014, che ha escluso ogni attinenza della tutela penale accordata dall'art. 684 c.p. alla sfera di riservatezza dell'indagato o dell'imputato, circoscrivendola alla sola protezione delle esigenze di giustizia inerenti al processo penale nella delicata fase di acquisizione della prova.

Le Sezioni Unite del 2016

Il riferimento è alla sentenza n. 3737/2016 che, nel risolvere il contrasto come dianzi delineato, ha inteso escludere il carattere plurioffensivo del reato, negando la legittimazione del privato a far valere una pretesa risarcitoria in dipendenza della sola

violazione della predetta norma, in assenza, cioè, di una concreta lesione alla sua reputazione e alla sua riservatezza. In particolare, il Supremo Consesso ha individuato nell'ultimo comma dell'art. 114 c.p.p., a mente del quale è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto la chiave di volta dell'approdo esegetico prescelto: “consentendo che degli stessi si facciano sintesi o parafrasi che ne divulghino il contenuto, ma contestualmente negando la loro riproduzione testuale, il legislatore ha concesso al diritto di informare - e allo speculare diritto a essere informati il massimo che poteva ragionevolmente permettere la necessità di salvaguardare anche i principi del processo accusatorio, evitando che il modello prescelto, volto a garantire la formazione della prova in dibattimento, nei contradditorio di accusa e difesa, diventasse il vuoto simulacro di un rito che aveva recuperato per altre vie formule ritenute idonee a ingenerare pregiudizi nell'animo del giudicante”. La scelta del differente regime normativo della pubblicazione dell'atto e della pubblicazione del contenuto dell'atto viene motivata con la ritenuta "inidoneità di notizie di stampa più o meno generali e prive di riscontri documentali a determinare la cristallizzazione di pregiudizi del giudice del dibattimento", di talché il legislatore, vietando la pubblicazione dell'atto ma contestualmente consentendo la pubblicazione del suo contenuto, ha inteso evitare che le notizie relative ad un atto di indagine possano acquistare "il crisma dell'ufficialità". Sicché detta scelta si rivelerebbe priva di senso laddove la si ritenesse preordinata anche a tutelare la dignità e la reputazione dei soggetti che, in varia guisa, partecipano al processo, posto che non è dato sapere come siffatti beni possano essere conculcati dalla riproduzione testuale degli atti processuali più che dalla esplicitazione del loro contenuto, che mette in ogni caso sulla piazza vicende personali della parte di volta in volta interessata.

Ne deriva di conseguenza che non sussiste la legittimazione alla richiesta risarcitoria in ragione della sola pubblicazione arbitraria degli atti del procedimento penale, richiedendosi per contro la lesione di beni quali la riservatezza o la reputazione di per sé suscettibili di tutela risarcitoria.

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