Ricorso amministrativo per il risarcimento danni per esposizione a uranio impoverito.

Emanuela Musi

Inquadramento

Con il ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo, un soldato esposto all'uranio impoverito nel corso di una missione militare di pace chiede il risarcimento dei danni alla salute riportati in base al combinato disposto dell'art. 2087 c.c. e del d.lgs. n. 165/2001.

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER .... [1]

RICORSO

PER

Il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F....., residente in ...., via ...., rapp.to e difeso, con mandato in calce (a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., con il quale elett.te domicilia in ...., via .... Si dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC ....,

CONTRO

Ministero della Difesa, C.F...., in persona del Ministro p.t., rapp.to e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale/Generale dello Stato in ...., via ....,

PER IL RISARCIMENTO

di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, in conseguenza dell'esposizione prolungata alle nano particelle di uranio impoverito durante la missione estera in Kosovo dell'anno ....

FATTO

- Il ricorrente si arruolava nell'Arma dei Carabinieri nell'anno .... (doc. 1);

- Nel corso del predetto servizio prendeva parte a due missioni militari nell'area Balcanica: la prima, dalla data ...., alla data ...., in Albania, la seconda in Kosovo dall'anno .... fino alla data .... (doc. 2)

- Al rientro da quest'ultima missione veniva sottoposto a controlli medici in base al c.d. "Protocollo Mandelli" di cui alla legge n. 27 del 2001. All'indomani di tali accertamenti venivano disposti ulteriori approfondimenti diagnostici all'esito dei quali gli veniva riscontrata una "Leucemia Mieloide Acuta" (doc. 3).

- Dopo un primo ciclo di terapie chemioterapiche svolte presso l'Ospedale di ...., al ricorrente veniva accertato un evidente miglioramento, tanto da sospendere la cura (doc. 4).

- Tuttavia, in data ...., a seguito di controlli di routine veniva accertata il riacutizzarsi della patologia tumorale, tanto che da quel momento il Sig. .... deve sottoporsi a continui cicli chemioterapici (doc. 5).

***

Sussiste il diritto del ricorrente al risarcimento dei danni conseguenti dell'esposizione prolungata a nano particelle di uranio impoverito per le seguenti ragioni in

DIRITTO

Come ampiamente descritto in punto di fatto, il ricorrente ha operato in Albania e in Kosovo a più riprese, tra l'anno .... e l'anno ....; in tali missioni il Sig. .... è stato costantemente esposto all'uranio impoverito, sostanza chimica massicciamente impiegata negli armamenti usati dalle forze Armate NATO durante l'intervento militare nei Balcani.

Nonostante la risaputa pericolosità e nocività della detta sostanza, la P.A. convenuta ha omesso di adottare tutte le misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l'integrità fisica del dipendente, per giunta nella consapevolezza della esposizione di tale personale a concreti fattori di rischio.

Invero, l'amministrazione si è limitata ad introdurre una campagna di monitoraggio sanitario di per sé utile ad intercettare talune malattie con un certo tempismo, ma di sicuro non altrettanto idonea a costituire mezzo sufficiente di prevenzione e precauzione (doc. 6).

Né possono ritenersi idonee alcune circolari richiamate in più occasioni dalla convenuta, che genericamente richiamano l'attenzione su tale fenomeno, senza tuttavia fornire precise indicazioni o meglio ordini di servizio circa le misure in concreto da impiegare (doc. 7).

A contrario, sarebbe stato indispensabile l'adozione di determinati dispositivi, quali ad esempio l'utilizzo di opportuno abbigliamento e di adeguata protezione; a tali cautele non risulta avere fatto ricorso l'amministrazione militare italiana a differenza degli altri paese impegnati nella missione, come ad esempio quello americano (doc. 8).

Sussiste pertanto la responsabilità del Ministero convenuto ai sensi dell' art. 2087 c.c., il quale prevede a carico del datore di lavoro l'adozione di tutte le necessarie misure di prevenzione per tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. La disposizione ha natura inderogabile ed è posta a salvaguardia del diritto alla salute dei lavoratori e del dovere di tutela gravante sull'imprenditore, in ottemperanza alla Costituzione artt. 2, 32 e 41 [2].

Invero, l'Amministrazione della Difesa, come detto, ha impiegato senza alcuna protezione specifica personale militare in zona da lei stessa contaminata con l'uso di proiettili con uranio impoverito, pur nella consapevolezza della esposizione di tale personale a concreti fattori di rischio, così come chiaramente si desume dall'emanazione della normativa di cui al d.l. n. 393/2000 art. 4-bis, introdotto dalla legge di conversione n. 27/2001, con la quale era stata disposta «la realizzazione di una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che a qualunque titolo hanno operato o operano nei territori della Bosnia -Herzegovina e del Kosovo».

La patologia sofferta dal ricorrente è sicuramente ricollegabile alla esposizione all'uranio impoverito (cd. sindrome dei Balcani), così come evidenziato dalla consulenza medico-legale agli atti (doc. 9).

D'altra parte costituisce nella sostanza fatto notorio che un cospicuo numero di militari impiegati in missione all'estero hanno nel tempo accusato patologie, prevalentemente di natura cancerosa, associate all'esposizione all'uranio impoverito [3].

Il nesso eziologico tra prestazione di attività lavorativa in area obiettivamente e notoriamente contaminata in quanto teatro di conflitti bellici consumati mediante uso massiccio di armi "ad uranio impoverito" e l'insorgenza di siffatte gravi patologie trova innanzitutto conferma sul piano scientifico, nel cui ambito pacificamente si afferma che i danni derivanti dal contatto con tali sostanze sono permanenti, con effetti particolarmente gravi sul midollo osseo; esse sarebbero in particolare in grado di penetrare nel nucleo cellulare e legarsi chimicamente al DNA, alterandolo o provocando errori nella produzione di proteine, così portando le cellule in stato pre-canceroso.

Anche sul piano legislativo e giurisprudenziale si è dato atto della sussistenza di tale fenomeno e dunque delle conseguenze che da esso possono ragionevolmente derivare. [4]

Alla luce di quanto sopra riportato può dunque ritenersi sussistente il diritto del ricorrente al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, quantificati in complessivi Euro ...., come da perizia medico-legale agli atti.

CONCLUSIONI

Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito così provvedere:

- accertare e dichiarare la responsabilità del Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., ai sensi dell'art. 2087 c.c., e per l'effetto,

- condannarlo al risarcimento in favore del ricorrente di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, quantificati in Euro ...., o in quella diversa, minore o maggiore, comunque ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA [5]

(indicazione dei mezzi istruttori di cui si intende valere)

Si chiede ai sensi del c.p.a art. 67 ed in caso di contestazione, che venga disposta apposita CTU medico-legale (consulenza tecnica d'ufficio), al fine di accertare il nesso di causalità tra l'esposizione all'uranio impoverito e l'insorgenza della patologia, nonché per la quantificazione del danno lamentato.

Si chiede, inoltre, di essere ammesso alla prove per testimoni sulle circostanze indicate (in premessa/in punto di fatto) ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione “Vero che....”)..... A tal fine si indicano come testimoni i Sig.ri: 1) Sig. ...., residente in ....; 2) Sig. ...., residente in .....

Si deposita copia dei seguenti documenti, con riserva di ulteriori produzioni ed articolazioni di richieste istruttorie: 1) ....; 2) ....; 3) .... [6]

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... e, pertanto, trattandosi di causa di lavoro, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato ridotto del 50% e pari ad Euro .....

Luogo e data....

Firma Avv.....

PROCURA

RICHIESTA DI NOTIFICA

[1] «Nel caso di controversia relativa ad un rapporto di pubblico impiego non soggetto, per ragioni soggettive o temporali, alla privatizzazione, la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della integrità psicofisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta; infatti, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. L'accertamento del tipo di responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall'attore, anche attraverso il richiamo strumentale a singole norme di legge, quali il c.c. art. 2087 o 2043, mentre assume rilievo decisivo la verifica dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, e quindi l'accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di "neminem laedere" 2. Nel caso di azione di risarcimento dei danni (nella specie derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito e ad altre sostante nocive, subita da un militare durante il servizio prestato nella missione internazionale di pace in Bosnia) proposta iure proprio e iure successionis dagli eredi del militare in relazione alla malattia contratta in servizio dal loro congiunto, deve ritenersi che: a) l'azione proposta dagli attori iure hereditatis appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata dedotta quale condotta colposa dell'Amministrazione l'aver fatto operare il militare defunto in un ambiente irreversibilmente inquinato senza fornirgli le necessarie dotazioni di sicurezza e senza averlo informato dei rischi connessi all'esposizione e perciò sulla base di una condotta che non presentava un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego, ma costituiva la diretta conseguenza dell'impegno del militare in un "teatro operativo", senza adempiere, secondo l'assunto, all'obbligo di provvedere alla tutela dei personale impiegato nelle operazioni; b) l'azione proposta dagli attori iure proprio appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario poiché, da un lato, i proponenti erano estranei al rapporto di impiego del loro congiunto e poiché, d'altro canto, il d.lgs. n. 165/2001, art. 63, comma 4, nel riservare al giudice oltre alle controversie relative ai rapporti di lavoro non contrattualizzati, anche i diritti patrimoniali connessi, sottintende la riferibilità di tali diritti alle parti del rapporto di impiego” (Cass. S.U. ord., n. 9573/2014)

[2] La domanda del dipendente volta alla condanna dell'Amministrazione al risarcimento deldanno biologicosi presti ad essere qualificata sia come azione di natura extracontrattuale, se proposta ai sensi del c.c. art. 2043, e dunque appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario, sia come azione per l'accertamento dellaresponsabilità contrattualedella Pubblica Amministrazione quando essa sia invece correlata alla violazione da parte dell'Amministrazione di appartenenza dell'obbligo di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori dipendenti (cfr. Cass. S.U., n. 5785/2008; Cass. S.U., n. 7394/1998).

[3] T.A.R. Campania con la sentenza n. 2800/2013.

[4] Sotto il profilo legislativo, tale consapevolezza scientifica - circa un concreto e non aleatorio rischio di degenerazione neoplastica ovvero blastica degli elementi cellulari del sangue - è stata tradotta nel c.d. "Protocollo Mandelli", ossia nell'art. 4-bis del d.l. n. 393/2000, convertiti nella l. n. 27/2001. In giurisprudenza si veda Trib. Cagliari, 4 agosto 2011; Trib. Roma, XII, 1 dicembre 2009, n. 10413; Trib. Firenze, 19 dicembre 2008.

[5] Ai sensi del c.p.a. 63:«Fermo restando l'onere della prova a loro carico, il giudice può chiedere alle parti anche d'ufficio chiarimenti o documenti. Il giudice, anche d'ufficio, può ordinare anche a terzi di esibire in giudizio i documenti o quanto altro ritenga necessario, secondo il disposto degli articoli 210 e seguenti del codice di procedura civile; puo' altresì disporre l'ispezione ai sensi dell'articolo 118 dello stesso codice. Su istanza di parte il giudice può ammettere la prova testimoniale, che è sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile. Qualora reputi necessario l'accertamento di fatti o l'acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l'esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica. Il giudice può disporre anche l'assunzione degli altri mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento».

[6] Cass. sez. lav., n. 15082/2014 «Quanto alla ripartizione degli oneri probatori, la giurisprudenza di legittimità è altrettanto univoca nel ribadire che – posta la natura contrattuale della responsabilità che incombe sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c. – al lavoratore spetta l'onere di riscontrare il fatto costituente inadempimento dell'obbligo di sicurezza, nonché il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento stesso ed il danno da lui subito, mentre non è gravato dall'onere della prova relativa alla colpa del datore di lavoro danneggiante, onere che, invece, incombe sul datore di lavoro e che si concreta nel provare la non imputabilità dell'inadempimento».

Commento

Premessa

La fattispecie risarcitoria in esame, stante l'elevato numero dei soggetti danneggiati (stimato fra circa 600 ed oltre 2.500 casi di patologie correlate all'esposizione all'uranio impoverito, con circa 100 decessi) ben si inquadra nella più ampia categoria dei danni di massa, nella quale si suole ricomprendere quei pregiudizi che, pur potendo derivare da cause diverse o mostrando differenze, tanto con riguardo alle forme assunte dall'elemento soggettivo riferibile all'agente, quanto alle modalità con cui i danni si verificano, risultano accomunati dalla numerosità dei soggetti lesi e, conseguentemente, dalla sproporzione rispetto alla dimensione ordinaria dei danni. È bene rilevare che, in simili casi, la concomitanza di eventi dannosi, rispetto ai quali il ricorso agli ordinari strumenti risarcitori non sempre risulta agevole (costi di accesso alla giustizia, incertezza del nesso causale, durata dei processi), con la numerosità dei soggetti lesi, involge valutazioni di tipo necessariamente politico. In detto contesto, peraltro, i rappresentanti delle categorie dei soggetti lesi solitamente ambiscono ad ottenere una qualche forma indennitaria da parte dello Stato, incentrata su di un accertamento della sussistenza del danno e del nesso causale che sia più agevole rispetto a quello tipico della sede giudiziaria, sia in termini di onere probatorio che di tempo.

Caratteri del danno e rimedi nell'evoluzione legislativa - giurisprudenziale

Come tutti i danni di massa, anche quelli da esposizione ad uranio impoverito, sono caratterizzati dalla lungolatenza, dall'importanza delle misure di prevenzione e del controllo pubblico, dalla rilevanza dei rischi da innovazione tecnologica nella relativa generazione: a fronte di dette caratteristiche, che rendono indubbiamente oneroso il carico probatorio del soggetto danneggiato, al tradizionale rimedio aquiliano vengono affiancate dal legislatore misure specifiche di tutela riparatoria, che spesso sono ulteriormente associate a preesistenti forme di assistenza e sicurezza sociale (rivelatesi, in concreto, insufficienti).

Nel caso dei danni da uranio impoverito, un primo strumento di tutela delle vittime era il riconoscimento della c.d. causa di servizio (si fa riferimento alla pensione privilegiata e all'equo indennizzo di cui alla l. n. 1094/1970, come richiamati dagli artt. 2,4 e 5 l. n. 308/1981); tuttavia, il ridotto ristoro conseguito e l'incidenza fortemente lesiva delle patologie riportate indussero i militari ad instaurare contenziosi risarcitori dinanzi all'autorità giudiziaria (il leading case è rappresentato da Trib. Roma 9 giugno 2004, in cui viene riconosciuta la sussistenza di un nesso causale fra la condotta colposa del Ministero della Difesa, omissiva nell'adozione delle opportune misure di protezione nei confronti dei militari, ed il danno patito in seguito all'esposizione all'uranio impoverito, la cui nocività per l'uomo era da ritenersi nota).

A partire dal 2005, il legislatore pone, poi, in essere specifici interventi volti a chiarire ed arricchire il previgente quadro normativo: si vedano art. 1, commi 563 e 564, l. n. 266/2005 ed art. 6 d.P.R. n. 243/2006, sul riconoscimento della "causa di servizio per particolari condizioni ambientali od operative di missione", con possibilità di beneficiare dell'elargizione speciale di cui all' art. 3 l. n. 466/1980; inoltre, un significativo stanziamento di fondi viene previsto nella legge finanziaria 2008 (cfr. art. 2, commi 78 e 79, l. n. 244/2007), stanziamento che diviene poi operativo con il d.P.R. n. 37/2009 che definisce il «Regolamento per la disciplina dei termini e delle modalità di riconoscimento di particolari infermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali».

In detto contesto si vanno ad inserire importanti pronunce giurisprudenziali di merito: Corte di Appello di Roma 17 novembre 2008 ,che conferma la sentenza del 2004 del Tribunale (cit.) e Trib. Firenze 17 dicembre 2008, ove vengono ricostruiti i profili essenziali del nesso causale e quelli di responsabilità, con condanna del Ministero al pagamento di oltre 500.000 Euro a titolo di risarcimento.

Con il successivo d.P.R. n. 37/2009 si prevede la concessione di un'elargizione speciale in favore di una pluralità di soggetti - non solo militari - «che abbiano contratto menomazioni all'integrità psicofisica permanentemente invalidanti o a cui è conseguito il decesso, delle quali l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nano-particelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico abbiano costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante» (art. 2 comma 1 d.P.R. n. 37/2009): l'entità dell'elargizione è fissata nella misura di 2.000 Euro a punto di invalidità, con divieto di cumulo con altri benefici specificatamente indicati (cfr. art. 4, comma 1, d.P.R. n. 37/2009 ed ora art. 1084, comma 1, d.P.R. n. 90/2010). Va evidenziato, in relazione al detto intervento normativo che la determinazione dell'ammontare massimo del danno risarcibile in 200.000 Euro si pone ben al di sotto di quanto liquidato in sede giudiziale; peraltro, tale valore risulta in parte teorico, poiché suscettibile di ulteriore contenimento a seguito dell'attuazione del piano di riparto previsto dall' art. 4 del d.P.R. n. 37/2009 (cfr. ora art. 1080, comma 5, d.P.R. n. 90/2010).

La giurisprudenza in materia è uniforme quanto al riconoscimento della responsabilità in capo al Ministero della Difesa per omessa adozione delle opportune misure di protezioni dei militari, ma anche in ordine alla liquidazione di somme ingenti a titolo risarcitorio (v. tra le altre Trib. Roma, 15 luglio 2009, Trib. Roma, 1 dicembre 2009; TAR Campania, 5 agosto 2010). Un'evoluzione la si riscontra, invece, quanto alla individuazione del fondamento giuridico della tutela invocata dai militari o dai relativi eredi, inizialmente ravvisato nell'art. 2043 c.c. e, successivamente, distinto a seconda che l'azione venga proposta dal soggetto leso o dai congiunti jure successionis, (di natura contrattuale), ovvero esperita jure proprio da terzi danneggiati in maniera indiretta, quali i familiari, di natura extracontrattuale (cfr. Trib. Roma, 15 luglio 2009 e Trib. Cagliari, 4 agosto 2011).

Ed invero, posto che l'omissione contestata al Ministero concerne le misure di protezione di dipendenti pubblici (militari) nell'esercizio delle proprie funzioni, appare piuttosto evidente che la norma cui far riferimento è l'art. 2087 c.c., piuttosto che l'art. 2043 c.c. (con la precisazione che, nei casi di pregiudizio dell'integrità psico-fisica del dipendente pubblico, ove il fatto lesivo costituisca contemporaneamente violazione sia del generale principio del neminem laedere, che dei diritti che scaturiscono dal vincolo giuridico contrattuale, è ritenuto pacifico in giurisprudenza il concorso dell'azione extracontrattualeex art. 2043 c.c., incentrata sul danno alla persona e di competenza del giudice ordinario, con quella contrattuale basata sulla violazione degli obblighi di sicurezza posti a carico del datore di lavoro, rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel caso di controversie relative a rapporti di pubblico impiego non soggetti alla privatizzazione, quale è quello dei militari (ex multis, v. Cass. S.U., n. 5468/2009).

Nelle fattispecie concrete oggetto di giudizio, le Corti hanno tutte ritenuto che i danni fossero dipesi dall'omessa protezione dei militari rispetto ai rischi di contaminazione strettamente correlati all'attività svolta in area bellica e, poiché tali misure non riguardavano genericamente tutti i soggetti presenti in tali contesti, né il rischio derivante dall'impiego di proiettili all'uranio impoverito (coinvolgente tanto i militari quanto i civili presenti nelle aree di conflitto) è stato ingenerato direttamente dal Ministero della difesa, hanno concluso nel senso che la condotta lesiva della pubblica amministrazione sia stata tale da avere effetto solamente sui propri dipendenti, trovando applicazione l'art. 2087 c.c. (cfr. T.A.R. Campania, 5 agosto 2010, cit., e T.A.R. Campania Napoli, 28 novembre 2007).

Quanto alla giurisdizione, stante il regime di diritto pubblico che contraddistingue il rapporto di lavoro dei militari, si appartiene al G.A. (cfr. Cass. S.U., n. 9666/2014; Cass. S.U., n. 5785/2008, e Cass. S.U., n. 22101/2006); diversamente, l'azione esperita jure proprio da terzi danneggiati in maniera indiretta, quali i familiari, conservando natura extracontrattuale sarà soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario (in tal senso tra le molte v. Cass. S.U., n. 5785/2008, nonché Cass. S.U., n. 22101/2006).

Nel caso in cui un militare, a seguito dell'esposizione all'uranio impoverito durante una missione internazionale, abbia contratto una patologia tumorale, dal risarcimento del danno spettantigli, sulla scorta di quanto esplicitato supra, deve essere detratto, in applicazione del principio della " compensatio lucri cum damno ", l'indennizzo già erogatogli ai sensi dell'art. 2, commi 78 e 79, della l. n. 244 del 2007 ("ratione temporis" applicabile), trattandosi di una elargizione avente finalità compensativa ed essendo posta a carico del medesimo soggetto (Amministrazione statale) obbligato al risarcimento del danno (Cass. n.1002/2019).

In particolare: sul nesso di causalità.

In tutti i precedenti, già citati, della giurisprudenza di merito in argomento viene ravvisato un rapporto eziologico fra la su menzionata condotta colposa ed i danni subiti dai militari, in particolare individuandosi quale fattore generatore di quest'ultimi l'esposizione alle polveri di uranio impoverito conseguenti agli effetti dei bombardamenti e sottolineandosi la genesi di carattere multifattoriale delle patologie medesime - ricostruzione causale che trova conferma sia negli studi scientifici, sia nelle disposizioni militari volte a definire le opportune misure di protezione.

Giova precisare che la giurisprudenza suole riconoscere prevalentemente ruolo concausale all'uranio impoverito, individuando altri fattori di rischio potenzialmente rilevanti, al fine di valutarne la consistenza e l'incidenza sulla configurazione della fattispecie di responsabilità: uso nelle operazioni di pulizia delle armi di benzina, oli minerali e solventi (quali lo xilene o il benzene); assoggettamento a programmi vaccinali; generico inquinamento ambientale delle aree belliche. Nondimeno, quale che sia la ricostruzione in concreto del nesso causale, in termini di esposizione alle polveri di uranio di cui è nota la tossicità, ovvero di esposizione ai solventi o agli inquinanti presenti nell'ambiente a seguito delle operazioni belliche o di assoggettamento a prassi vaccinali errate, in ogni caso viene ritenuto responsabile il Ministero della Difesa, tenuto alla vigilanza sulla salute dei dipendenti esercitati anche attraverso la sanità militare ed, in quanto tale, obbligato ad adottare le opportune misure di sicurezza.

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