Memoria difensiva su richiesta danni da incolpevole affidamento su provvedimento ampliativo illegittimo della P.A.InquadramentoCon la memoria difensiva il Comune si costituisce in un giudizio ordinario introdotto da un'impresa di costruzioni onde ottenere il risarcimento danni per lesione del proprio legittimo affidamento sulla legittimità di un titolo abilitativo, poi rimosso dal Comune in autotutela a distanza di diversi anni dalla sua emanazione e sulla cui scorta la società aveva, medio tempore, costruito un fabbricato che, per effetto dell'annullamento in autotutela del relativo titolo abilitativo, era stato interessato, altresì, dalla consequenziale ordinanza di demolizione. FormulaTRIBUNALE DI .... [1] Giudice....R.G....Udienza.... MEMORIA DIFENSIVA PER il Comune di ...., C.F...., in persona del Sindaco p.t., Sig...., nato a ...., il ...., C.F...., dom.to per la carica presso la Casa comunale in ...., via ...., rapp.to e difeso, per delibera di Giunta municipale n...., del ...., e per procura in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax...., ovvero all'indirizzo PEC... - convenuto– CONTRO Società .... in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dall'Avv. .... - attrice - FATTO Con atto di citazione notificato il...., l'attrice assumeva (documento 1): - di essere proprietaria di un fondo sito in .... e riportato nel catasto comunale al foglio ...., particella ...., collocato in zona classificata F3 - Centro direzionale e di servizi per le attività produttive, nella quale è ammessa la costruzione di edifici da destinarsi a uffici. - il fondo suddetto è situato in una zona totalmente urbanizzata del Comune; - in data ...., il Comune rilasciava il permesso di costruire n...., relativo alla edificazione di un fabbricato da destinare a uffici, in perfetta conformità con la destinazione urbanistica dei suoli e con gli indici fissati dal p.r.g.; - il Comune, con ordinanza n. .... del ...., disponeva la sospensione dell'efficacia del permesso di costruire n. .... del ...., ritenendo necessari approfondimenti istruttori sullo stesso; - trascorso il periodo di 45 giorni, previsto dal d.P.R. n. 380/2001, art. 27, comma 3, per l'efficacia ex lege dell'ordinanza di sospensione dei lavori, il Comune non emetteva provvedimenti ulteriori. Per l'effetto, l'attrice, previa rituale comunicazione al Comune, riprendeva i lavori e comunicando al Comune l'avvenuta conclusione dell'intervento; - negli anni .... vendeva anche alcune unità immobiliari a privati cittadini, restando proprietaria di parte degli edifici realizzati; - a distanza di oltre sette anni dal rilascio del permesso a costruire e quando i lavori di edificazione erano oramai ultimati da anni e molti degli immobili realizzati erano stati venduti a terzi, il Comune, con provvedimento protocollo n...., del ...., disponeva l'annullamento in autotutela del titolo autorizzatorio; - in data .... il Comune notificava alla società l'ordinanza n.... del .... con la quale veniva disposta la demolizione delle opere realizzate sulla base del permesso di costruire n....; - avverso tali provvedimenti, la società istante proponeva ricorso al T.A.R. ...., chiedendone l'annullamento per evidente illegittimità sotto vari profili; - con sentenza n...., depositata il...., il T.A.R.... rigettava il ricorso, ritenendo legittimo il provvedimento emesso in autotutela dal Comune di .... Tanto, premesso il Comune chiedeva la condanna ex c.c. art. 2043 del Comune di .... al risarcimento dei danni relativi pregiudizio patrimoniale patito dalla perdita della disponibilità delle unità immobiliari realizzate sulla scorta del permesso a costruire n...., del ...., il quale le aveva generato un affidamento incolpevole. I danni, come da perizia allegata, venivano quantificati in complessivi Euro .... Con il presente atto si costituisce il Comune di...., in persona del Sindaco p.t., il quale chiede rigettarsi la domanda, in quanto inammissibile, improcedibile, improponibile, nonché infondata per le seguenti ragioni in DIRITTO La domanda risarcitoria non può trovare accoglimento nel merito, difettando innanzitutto il presupposto dell'illegittimità dell'azione amministrativa. Invero, come bene evidenziato in punto di fatto, anche dalla stessa attrice, il T.A.R.... nel pronunciarsi sul ricorso dalla stessa proposto avverso i provvedimenti negativi emessi dal Comune di...., chiaramente affermava la piena legittimità del procedimento amministrativo e di tutti gli atti posti in essere dall'Amministrazione, la quale aveva bene perseguito l'interesse pubblico. Infatti, secondo il Giudice amministrativo, il Comune aveva fatto buon governo dei principi giurisprudenziali in materia di esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titoli edilizi, avendo dato conto, nel provvedimento di autotutela impugnato, dell'illegittimità originaria del titolo edilizio per contrasto con il citato art. 32 delle NTA del PRG, e avendo motivato sull'interesse pubblico alla rimozione del permesso di costruire, pur tenendo conto del tempo trascorso dalla emanazione dello stesso. Sul punto la prevalente giurisprudenza ha precisato che la domanda di risarcimento del danno da incolpevole affidamento su provvedimento ampliativo illegittimo della PA deve ritenersi priva di fondamento in quanto, una volta accertato che gli atti impugnati sono esenti dai vizi di legittimità denunciati, viene meno un elemento costitutivo della responsabilità della P. A.. [2] Nemmeno si può affermare la responsabilità del Comune per avere rilasciato il permesso di costruire n.... senza la preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo. Invero, l'istanza di rilascio del permesso di costruire per intervento edilizio diretto non poteva avere esito favorevole alla luce di quanto stabilito dal già citato art. 32 delle NTA del PRG. Oltretutto, l'ordinanza di demolizione era un atto dovuto per l'Amministrazione convenuta e rigorosamente vincolato. Per tali ragioni, l'interesse pubblico risultava essere stato ponderato in modo adeguato dal parte del Comune. Parimenti deve affermarsi per quel che concerne la valutazione dell'interesse privato. Invero, così come evidenziato bene nella summenzionata sentenza del T.A.R. ...., alcun affidamento tutelabile in capo all'attrice poteva ravvisarsi in relazione al caso in esame, posto che l'ordinaria diligenza avrebbe dovuto comportare un'attenta vigilanza circa la supina adesione all'accoglimento di una richiesta palesemente esorbitante dai limiti legali. A corroborare tale assunto, si fa rilevare che il Comune, con ordinanza n.... del ...., aveva disposto la sospensione dell'efficacia del permesso di costruire in parola, ritenendo necessari approfondimenti istruttori sullo stesso. Ciò nonostante, l'attrice, sulla scorta del decorso del termine, previsto dal d.P.R. n. 380/2001, art. 27, comma 3, provvedeva ad ultimare comunque le opere nel corso dell'anno .... Dall'analisi dei contrapposti interessi non risultava affatto superflua la previsione di piani attuativi, idonei a restituire efficienza all'abitato, riordinando e definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona. Inoltre, pur considerando il tempo trascorso dal rilascio del titolo autorizzativo, il provvedimento di annullamento era necessario per il perseguimento dello scopo cui è teleologicamente vincolata l'amministrazione. Proprio in ragione del tempo trascorso e della situazione di fatto che medio tempore si era determinata, si rilevava l'effettiva utilità ed esigenza per la collettività territoriale del Comune di .... di perseguire l'assetto urbanistico congegnato al momento della prescrizione di piano e l'indisponibilità di altri strumenti in grado di rendere effettiva la potestà pianificatoria dell'ente. Di tal guisa, appare arduo affermare la sussistenza di un affidamento tutelabile in capo alla società attrice, in virtù dell'originario ed illegittimo titolo autorizzativo rilasciato. Viceversa, evidente è la mala fede con cui la società attrice ha agito nel corso degli anni; in tal modo la stessa va considerata quale unico responsabile di tutto quanto accaduto. Alla luce di ciò l'attrice nemmeno potrebbe ottenere il riconoscimento dell'indennizzo ex l. n. 241 del 1990, art. 21 quinquies. A tal proposito, si fa rilevare innanzitutto che alcuna domanda in tal senso è stata proposta dalla società attrice; inoltre ed in ogni caso la eventuale domanda non potrebbe trovare accoglimento, poiché il provvedimento di revoca dell'originario permesso è riconducibile non alla categoria della revoca ma a quella dell'annullamento d'ufficio, in relazione alla quale la l. n. 241 del 1990, art. 21 nonies non contempla alcun indennizzo. CONCLUSIONI Alla luce di tutto quanto testé evidenziato, voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione: - In via preliminare, dichiarare l'improcedibilità, inammissibilità ed improponibilità della domanda, oltre che la relativa nullità per assoluta genericità; - Nel merito, rigettare la domanda, in quanto destituita di fondamento in fatto e diritto, nonchè non provata; Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario. IN VIA ISTRUTTORIA Si chiede altresì di essere ammessi alla prova contraria sulle circostanze di fatto ex adverso articolate con gli stessi testi indicati da controparte e con i seguenti propri testi: 1) Sig. .... residente in ....; 2) Sig. .... residente in .... In via gradata, si impugna e contesta la CT di parte depositata. Inoltre, si chiede la nomina di CTU per accertare e quantificare gli eventuali danni patiti dalla società attrice. Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [1] Anche nell'assetto normativo scaturito dal codice del processo amministrativo, non è possibile ritenere che l'azione di risarcimento danni per affidamento incolpevole del beneficiario del provvedimento amministrativo emesso illegittimamente e poi rimosso per annullamento in autotutela divenuto definitivo o per annullamento in sede giurisdizionale possa spettare alla giurisdizione del giudice amministrativo in forza della norma dell'art. 7, comma 4, c.p.a., nel presupposto che si tratti di una controversia relativa al risarcimento del danno per la lesione di un interesse legittimo, dovendosi in tal caso viceversa ritenere che la giurisdizione spetta al giudice ordinario, avendo la pretesa azionata natura di diritto (Cass. S.U., n. 17586/2015). [2] Cons. St., n. 3997/2016 CommentoIl legittimo ed incolpevole affidamento del privato nei confronti della P.A.. Fondamento e nozioni. Nell'ambito dei rapporti tra privato e P.A., il cd. “affidamento incolpevole” (id est, “legittimo affidamento”), connota quella situazione in cui il soggetto privato confidi nell'apparente legittimità delle situazioni giuridiche soggettive allo stesso attribuite da un provvedimento dell'Amministrazione avente carattere ampliativo della propria sfera giuridica. L'affidamento legittimo, dunque, sorge per il privato nel momento in cui si pone in contatto con, ovvero viene interessato dall'esercizio di, un pubblico potere. Ciò, in quanto, secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico, in particolare desumibili dall'art. 2 Cost. e dagli artt. 1175, 1337, 1338 e 1375, c.c. la parte soggettiva di un rapporto giuridico – indipendentemente dalla propria natura, pubblica o privata - oltre ad essere tenuta ad osservare le disposizioni specifiche che regolano quel rapporto, deve osservare, altresì, il generale canone di lealtà, il quale comporta, con tutta evidenza, il connesso dovere di non ingenerare falsi affidamenti, di non speculare su affidamenti errati e di non tradire ragionevoli aspettative insorte nella controparte. Il legittimo affidamento trova fondamento nei doveri inderogabili di solidarietà, politica, economica e sociale, di cui all'art. 2, Cost., il cui adempimento tale disposizione impone; proprio tali doveri di solidarietà sociale richiedono a tutte le parte delle relazioni giuridiche soggettive di collaborare lealmente e reciprocamente tra loro. Quanto alla natura giuridica dell'istituto in oggetto, si è dibattuto se lo stesso possa dar luogo ad una situazione giuridica autonoma, ovvero si correli a quella nascente dal rapporto sulla cui legittimità la parte confida in buona fede. La risoluzione della questione produce, altresì, indubbi riflessi in punto di giurisdizione, soprattutto per quanto concerne l'esercizio delle azioni, in particolare quella risarcitoria, in caso di lesione dell'incolpevole affidamento del privato da parte della P.A. (su cui, v. infra). Sul punto, infatti, è stato osservato (T.A.R. Lombardia, II, 20 gennaio 2015 n. 218), da parte dei fautori della tesi della non autonomia dell'affidamento quale situazione giuridica, che quest'ultimo si configuri come un'aspettativa delle parti di un rapporto giuridico in ordine al reciproco rispetto di un generale canone di lealtà e correttezza. Così definito l'affidamento, lo stesso non viene a costituire una situazione giuridica autonoma, quanto piuttosto un elemento che contribuisce ad arricchire il contenuto delle situazioni giuridiche cui esso accede e che, pertanto, assume natura e qualificazione diversa a seconda della tipologia dei rapporti cui esso si correla. Ne discende, anche per quanto concerne l'individuazione del giudice cui affidarne la tutela che, quando il rapporto giuridico è un rapporto obbligatorio, ed i suoi elementi sono l'obbligazione, da una parte, ed il diritto soggettivo dall'altra, l'affidamento arricchisce, costituendo un elemento intrinsecamente protetto, il contenuto di questa situazione giuridica soggettiva. E non vi è dubbio che, in tal caso, la sua lesione determini la lesione del sottostante diritto, con conseguente giurisdizione, sul punto, del giudice ordinario. Viceversa, quando ad essere interessati in un rapporto giuridico sono il potere autoritativo della P.A., da una parte, e l'interesse legittimo del privato, dall'altra, l'affidamento inerisce a quest'ultima situazione giuridica soggettiva. Discende da ciò che la lesione dell'affidamento provocata dall'esercizio scorretto del potere autoritativo determina, sempre, la lesione della situazione giuridica sostanziale tipica che si instaura fra il cittadino e la P.A., vale a dire l'interesse legittimo. In sostanza, e sempre per quel che attiene al riparto di giurisdizione, venendo leso, in tali ipotesi, sempre l'interesse legittimo, della relativa controversia deve conoscere il giudice amministrativo. Altra impostazione ermeneutica considera il legittimo affidamento nei confronti dei pubblici poteri come autonoma situazione giuridica soggettiva, avente natura di diritto soggettivo, per cui la tutela della stessa va azionata innanzi al giudice ordinario. Autorevole espressione di tale orientamento è costituita dal pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza n. 17586 del 4 settembre 2015). Invero, secondo la Suprema Corte, l'azione di risarcimento dei danni per l'affidamento incolpevole del beneficiario del provvedimento amministrativo emesso illegittimamente e poi rimosso per annullamento in autotutela divenuto definitivo o per annullamento in sede giurisdizionale spetta alla giurisdizione del giudice ordinario. Ciò, in quanto, secondo la Corte, l'agire autoritativo della P.A. e la conseguente emanazione del provvedimento favorevole, non comportano che la lesione ed il pregiudizio cagionati dalla successiva rimozione dello stesso vadano riferiti all'interesse legittimo che il privato aveva in relazione all'esercizio del pubblico potere, poiché, in tali ipotesi, l'interesse legittimo pretensivo del privato va individuato non nell'interesse al corretto e legittimo esercizio delle pubbliche potestà, bensì in quello più concreto e specifico all'ottenimento del bene della vita mediante l'adozione del provvedimento ampliativo, interesse, sia pure illegittimamente, soddisfatto. Dunque, successivamente all'annullamento, a venire in rilievo è il diritto soggettivo del privato alla propria integrità patrimoniale, per aver sopportato perdite e/o mancati guadagni a causa dell'agire della P.A., concretatosi nell'illegittima emissione del provvedimento, in cui egli aveva legittimamente confidato, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario. Il principio del legittimo affidamento trova espressione normativa, come sopra anticipato nell'art. 2 Cost. e, per quanto concerne il settore privato, negli artt. 1175, 1337, 1338 e 1375, c.c., che, seppur dettati a disciplina dei rapporti obbligatori e contrattuali in ambito privatistico, contengono principi a carattere generale, valevoli per ogni tipologia di situazione giuridica soggettiva, indipendentemente dal suo contenuto, patrimoniale o non, ovvero a prescindere dalla natura, pubblica o privata, delle relative parti. Inoltre, con più specifico riguardo al settore della P.A., l'incolpevole affidamento costituisce diretto corollario dei principi di certezza del diritto e delle situazioni giuridiche soggettive nonché di quello di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97, Cost.). Da tale disposizione, invero, può ricavarsi che il legittimo affidamento deve presiedere allo svolgimento dell'azione amministrativa, la quale, in ossequio al medesimo, è tenuta a prestare tutela alle situazioni di vantaggio assicurate da un atto amministrativo. In tal modo, il principio in commento rappresenta, altresì, un limite all'esercizio dei poteri autoritativi della P.A., la quale, laddove intenda adottare determinazioni sanzionatorie o, più in generale, sfavorevoli per il privato, deve considerare l'eventuale sussistenza, in capo a quest'ultimo, di un legittimo affidamento da tutelare. I presupposti per la tutela dell'affidamento ed i rimedi apprestati dall'ordinamento in caso di sua lesione. Il problema della tutela dell'affidamento dei privati nei confronti dell'agire amministrativo si pone in quanto la P.A., titolare di un potere di autotutela - attualmente disciplinato agli artt. 21 quinquies e 21 nonies, legge 7 agosto 1990, n. 241, che, rispettivamente, attribuiscono alla medesima il potere di revocare atti amministrativi originariamente legittimi e quello di procedere all'annullamento d'ufficio di propri atti, ab origine affetti da vizi di legittimità – con il suo esercizio va a rimuovere dal mondo giuridico proprie determinazioni, fino a quel momento produttive di effetti per il privato, che, confidando incolpevolmente sulla loro legittimità, abbia tratto dalle medesime una serie di benefici. Al riguardo, va fatto rilevare che non ogni aspettativa del privato sulla permanenza di un atto amministrativo nel mondo giuridico può essere considerata meritevole di tutela: occorre, infatti, la presenza di un affidamento qualificato dai requisiti della legittimità ed incolpevolezza del privato. Più in dettaglio, è stato osservato in proposito che l'affidamento può dirsi qualificato e non configura una mera aspettativa di fatto laddove, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, risulti in modo inequivoco che la P.A. abbia indotto nel privato la ragionevole consapevolezza che gli atti posti in essere comportino vantaggi, anche a seguito del lungo tempo trascorso dalla loro adozione senza l'intervento di atti di autotutela (cfr., ex multis, Cons. St. VI, n. 2019/2015). La prevalente ed autorevole giurisprudenza amministrativa ha, altresì, individuato gli elementi che devono concorrere affinché il soggetto privato possa vantare un affidamento meritevole di tutela nei confronti della P.A.: 1) requisito oggettivo, consistente nella chiarezza, certezza e univocità del vantaggio del privato, che deve trovare fonte in un comportamento attivo; 2) requisito soggettivo, rappresentato dalla plausibile convinzione del privato di aver titolo all'utilità ottenuta; 3) requisito cronologico, ovvero il passaggio del tempo che rafforza la convinzione della spettanza del bene della vita ottenuto (Cons. St. V, n. 4440/2012). Nel dettaglio, quanto al requisito oggettivo, ovvero il provvedimento attributivo di un vantaggio, va fatto rilevare che, per la sussistenza di un affidamento tutelabile, occorre che si tratti di atti favorevoli per il privato, che producano per il medesimo un beneficio, poi venuto meno per effetto della rimozione ad opera della P.A. del relativo provvedimento favorevole. Invero, nel diverso caso di statuizioni amministrative sfavorevoli, non producendo le stesse alcun vantaggio per il privato nel cui mantenimento lo stesso confidi, sussiste unicamente un interesse concreto, diretto ed immediato al loro rimozione, tutelabile mediante l'ordinaria azione di annullamento innanzi al giudice amministrativo (art. 29 d.lgs. n. 104/2010). L'elemento soggettivo - per il quale occorre che il privato difenda un'utilità ottenuta nella plausibile convinzione di averne titolo - richiama, in ultima analisi, la buona fede del soggetto destinatario dell'atto. La tutela del legittimo affidamento, dunque, non opera allorquando lo stesso sia riconducibile alla condotta negligente ed imprudente del cittadino o dell'operatore economico, nei casi in cui l'ordinaria diligenza avrebbe dovuto comportare un'attenta vigilanza circa la supina adesione all'accoglimento di un'istanza palesemente esorbitante dai limiti legali (T.A.R. Campania (Napoli), VIII, n. 374/2015,). Ancora, nell'ipotesi in cui i soggetti privati abbiano scientemente violato le regole giuridiche, ovvero abbiano palesemente indotto in errore l'Amministrazione, essi non potranno, in alcun modo, invocare la tutela che scaturisce dal principio giuridico del legittimo affidamento, in quanto non sussiste, nella fattispecie, alcuna situazione di apparente legittimità né alcuna incolpevole convinzione ad averne titolo da parte dei soggetti privati. In proposito, giova segnalare quanto sostenuto dalla Corte dei Conti, a Sezioni Riunite, con la sentenza n. 27 dicembre 2007, QM7/2007, che, dettata in materia pensionistica, tuttavia con riguardo ai presupposti del legittimo affidamento, contiene dei principi valevoli per ogni branca del diritto: “è peraltro evidente che l'affidamento di cui si discute, per essere definito legittimo e tutelabile, deve collocarsi nel contesto di una condotta del percettore connotata dall'assenza di qualsiasi violazione dolosa del dovere di correttezza, in tal caso venendo a mancare il presupposto stesso della tutelabilità della posizione soggettiva del pensionato che abbia personalmente concorso alla formazione dell'indebito e che non può dunque attribuire al comportamento dell'amministrazione in sede di recupero dell'indebito stesso alcuna censura di contraddittorietà e di incoerenza, né di penalizzante tardività”. Infine, per quanto concerne l'ultimo requisito, ovvero il decorso di un certo lasso temporale dall'adozione dell'atto ampliativo della sfera giuridica del privato, l'affidamento diventa pieno allorquando si sia in presenza di un vantaggio che viene conseguito da un arco di tempo tale da persuadere il beneficiario della sua stabilità, se non definitività (Corte conti, 2 luglio 2012, n. 2). Delineati, in tal modo, i presupposti per la tutela dell'affidamento del privato nei confronti di atti autoritativi della P.A., occorre procedere alla individuazione delle forme di tutela esperibili nel caso di sua lesione. In primo luogo, sussista una tutela in forma specifica, azionabile dal privato nei confronti dell'atto emesso in autotutela della P.A. e col quale sia stato revocato ovvero annullato il provvedimento attributivo di benefici al medesimo. In sostanza, il privato può impugnare innanzi al giudice amministrativo, chiedendone l'annullamento, l'atto di rimozione del provvedimento amministrativo a lui favorevole; in tal caso, l'annullamento in via giurisdizionale del provvedimento in autotutela appare sufficiente a soddisfare l'interesse del privato inciso dal detto atto (Cons. St. VI, n. 3997/2016), in quanto, caducando il provvedimento di rimozione in autotutela, ripristina la situazione di beneficio, goduta dal privato fino all'emissione dell'atto di annullamento e/o revoca. Accanto alla tutela in forma specifica, si affianca quella per equivalente, in forza della quale il soggetto destinatario dell'atto eliminato dalla P.A. in autotutela chiedere il risarcimento del danno subito per effetto di tale eliminazione. Tale tutela nella casistica si ravvisa specialmente: 1) in materia edilizia, laddove è risultata controversa la risarcibilità del danno lamentato dal soggetto che, ottenuto il rilascio di un titolo abilitativo, abbia concretamente eseguito l'opera, salvo poi subire successivamente l'annullamento del titolo originariamente conseguito; 2) in materia di appalti pubblici, con riferimento alla risarcibilità del danno patito dall'aggiudicatario, che, in fase di esecuzione del contratto, sia raggiunto da una pronuncia giudiziale di annullamento dell'aggiudicazione. In argomento, poi, è stato precisato dalla giurisprudenza che, in tali ipotesi, il privato leso potrebbe soltanto domandare il risarcimento derivante dalla lesione del proprio legittimo affidamento e non anche il risarcimento del danno derivante dalla lesione del proprio interesse legittimo pretensivo, il quale postula la presenza di un danno ingiusto da risarcire, elemento di per sé non configurabile ogniqualvolta al privato non spettasse, ab origine, il provvedimento favorevole illegittimamente adottato dalla pubblica amministrazione (Cons. St. V, n. 4059/2013). Tali considerazioni contribuiscono a rafforzare gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza amministrativa che, proprio argomentando dalla citata distinzione tra lesione dell'interesse oggetto del provvedimento rimosso e quella all'interesse al suo legittimo mantenimento, soprattutto nella materia degli appalti pubblici, ha riconosciuto ad un'impresa il risarcimento danni derivanti dalla lesione dell'affidamento ingeneratole dalla P.A. che, dopo aver bandito una gara, successivamente, ha revocato gli atti della procedura, nonostante la legittimità dell'atto di revoca. Si è, in particolare, sostenuto che “la legittimità dell'atto di revoca, tuttavia, non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento della stessa Amministrazione con riguardo al rispetto del dovere di buona fede e correttezza nell'ambito del procedimento formativo della volontà negoziale”. (T.A.R. Puglia (Lecce), n. 4921 dell'8 luglio 2004; e ancora che “è configurabile la responsabilità precontrattuale della Pubblica amministrazione che, dopo aver bandito una gara d'appalto e dopo la sua aggiudicazione provvisoria, ne ritiri d'ufficio gli atti con inescusabile ritardo sulla base della loro manifesta non conformità alla legge e ai principi della logica e della buona amministrazione, con ciò evidenziando superficialità e negligenza della condotta. La violazione da parte della Pubblica amministrazione dei doveri di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. danno luogo a responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che il debito relativo al conseguente risarcimento danni deve ritenersi di valore e non di valuta e come tale soggetto a rivalutazione monetaria e ad interessi legali” (T.A.R. Lazio (Roma), n. 77 dell'1 gennaio 2007). In proposito, dunque, a venir violate sono le regole di correttezza e buona fede che devono presiedere, altresì, lo svolgimento dei rapporti tra privato e P.A., e che inducono il privato a confidare legittimamente nel loro rispetto; sicché, la loro violazione costituisce autonoma fonte di responsabilità per la P.A., anche quando perpetrata mediante un atto di revoca posto in essere in presenza di tutti i relativi presupposti di legittimità. Quanto alle voci di danno risarcibili nella specie, la giurisprudenza le ha circoscritte alle spese sostenute per la partecipazione alla gara di appalto oltre che alle occasioni perdute, per non aver potuto partecipare ad altre gare, ovvero conseguire altri lavori (T.A.R. Lazio (Roma), n. 77/2007 citata). Con più specifico riguardo alla materia edilizia, la giurisprudenza amministrativa ha negato il risarcimento dei danni lamentati dal privato cui era stato concesso un titolo abilitativo successivamente annullato. In tali ipotesi, nel negare la risarcibilità dei pregiudizi per asserita violazione dell'incolpevole affidamento del privato sulla legittimità del titolo edilizio, si è sostenuto che, in consimili casi, difettava il presupposto dell'illegittimità dell'azione amministrativa, non potendo l'istanza di rilascio del titolo abilitativo avere esito favorevole (T.A.R. Campania (Napoli), Sez. VIII, n. 374 del 21 gennaio 2015,) e che mancasse l'elemento dell'ingiustizia del danno, poiché al richiedente non spettava l'ottenimento del bene della vita sotteso al suo interesse legittimo e, pertanto, l'Amministrazione, qualora avesse agito, sin dall'origine, in maniera legittima, avrebbe dovuto respingere l'istanza per la concessione del titolo edilizio (Cons. St. V, n. 183 del 17 gennaio 2014,). Da ultimo va segnalato, sempre in tema di strumenti di tutela del legittimo affidamento privato nei confronti della P.A., che l'art. 21 quinquies legge 7 agosto 1990, n. 241, ha introdotto, per il solo caso di revoca di un precedente atto amministrativo, un obbligo di indennizzo per la P.A. a favore di soggetti che abbiano a subire un pregiudizio dalla rimozione del provvedimento che direttamente li riguardi. La ragione di tale previsione indennitaria limitata al solo caso di revoca può rinvenirsi nella diversa natura e nei diversi presupposti di tale provvedimento rispetto all'annullamento d'ufficio: in tal caso, l'illegittimità originaria dell'atto oggetto di annullamento induce, con tutta evidenza, ad escludere qualsivoglia indennizzabilità delle posizioni private interessate da un atto che, sin dall'origine, avrebbe dovuto essere rimosso dal mondo giuridico, salvo poi il risarcimento danni per il caso di violazione del legittimo affidamento ingenerato dalla perduranza e dall'apparente legittimità del provvedimento annullato in autotutela. |