Il requisito di regolarità fiscale in capo ai singoli professionisti di un’associazione professionale
27 Novembre 2017
La vicenda. Il caso origina dal provvedimento di esclusione da una gara per l'affidamento di servizi legali disposto nei confronti di un'associazione professionale. Più esattamente, l'esclusione viene disposta perché in capo al professionista legale rappresentante dell'associazione sarebbero risultate delle irregolarità fiscali come tali preclusive della partecipazione ai sensi dell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 (attualmente cfr. art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016). Con un primo ricorso ai sensi dell'articolo 120 comma 1-bis, c.p.a., l'associazione professionale impugna l'esclusione deducendo che il requisito di regolarità tributaria deve essere parametrato sull'associazione professionale e non sui singoli professionisti associati, con la conseguenza che, in ragione della situazione di regolarità fiscale dell'associazione, il provvedimento di esclusione non avrebbe dovuto essere adottato. In secondo luogo, deduce che le violazioni tributarie riscontrate nei confronti del professionista non sarebbero comunque “definitivamente accertate” in quanto relative a cartelle di pagamento contestate giurisdizionalmente in procedimenti allo stato ancora pendenti. Le medesime censure vengono riproposte nel successivo ricorso ai sensi dell'articolo 120 c.p.a. avverso l'aggiudicazione definitiva.
Sulla necessità del requisito in capo al singolo professionista. Riuniti i due ricorsi, il TAR ribadisce anzitutto il principio, già affermato in giurisprudenza, secondo cui il professionista che partecipi in associazione con altri professionisti è considerato agli effetti del codice dei contratti pubblici un operatore economico che, al pari degli altri, deve necessariamente essere in possesso dei prescritti requisiti di moralità (TAR Calabria, Catanzaro, 8 novembre 2014 n. 1782). Come chiarito in giurisprudenza, il principio risponde a “elementari ragioni di trasparenza e di tutela effettiva degli interessi sottesi alle cause di esclusione”, in relazione all'ineludibile esigenza che “tutti gli operatori chiamati, a qualunque titolo, all'esecuzione di prestazioni di lavori, servizi e forniture, siano dotati dei requisiti morali di cui all'art. 38 citato” (Cons. St., Sez.V, 15 novembre 2012 n. 5780). Si tratta dello stesso principio enunciato, ad esempio, con riferimento agli operatori economici che partecipano nella forma del consorzio, laddove la giurisprudenza è solita affermare che “il consorzio che partecipi alla procedura, quale che sia la sua natura, deve dimostrare il possesso dei requisiti di tutti i consorziati che vengono individuati come esecutori delle prestazioni scaturenti dal contratto” (Cons. St., Sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3759; Sez. VI, 24 novembre 2009 n. 7380; Cons. St., Sez.V, 15 novembre 2012 n. 5780).
Sulla definitività dell'accertamento. Il TAR richiama poi il principio secondo cui la violazione tributaria preclusiva della partecipazione è soltanto quella che “sia definitivamente accertata, vale a dire sia divenuta incontestabile per decisione giurisdizionale o per intervenuta inoppugnabilità” (TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 7 aprile 2015, n. 939; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 14 giugno 2013, n. 1552). Poiché nel caso di specie è pacifico che le cartelle di pagamento relative al preteso debito tributario siano oggetto d'impugnazione giurisdizionale allo stato ancora pendente, la sentenza reputa sotto illegittimo il provvedimento di esclusione in quanto adottato in assenza dei presupposti per configurare una violazione tributaria rilevante ai fini della (non) partecipazione alle gare pubbliche.
In conclusione. Il Tar sottolinea conclusivamente che la stazione appaltante non sempre è necessariamente vincolata dalle risultanze delle certificazioni dell'Agenzia delle Entrate, specialmente nei casi in cui le suddette certificazioni si rivelino incomplete o non aggiornate e venga dimostrata in giudizio l'assenza dell'effettivo presupposto dell'irregolarità fiscale. |