La manovra di bilancio 2018 e i fondi fallimentari destinati al FUG: dalla tutela dei creditori alla speculazione forzosa erariale
11 Gennaio 2018
Come già annunciato nelle news del 2 gennaio (“La Legge di Bilancio 2018 approda in G.U.“) e del 9 gennaio 2018 (“Deposito delle somme riscosse: le modifiche della Legge di Bilancio 2018“), la nuova Legge di Bilancio 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 29 dicembre, ha modificato – tra l'altro - l'art. 34 della legge fallimentare in tema di deposito, sui conti correnti fallimentari, delle somme riscosse dal curatore. A prima vista sembrerebbe essersi verificata, in tal guisa, una sorta di anticipazione minimale di un decreto attuativo (quello più corposo) della legge delega di riforma concorsuale n. 155/2017, che, nella versione consegnata dalla Commissione Rordorf II al Capo di Gabinetto ed al Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia in data 22.12.2017, prevede infatti, al terzo comma del nuovo art. 136 (corrispondente all'attuale art. 34 L.F.), la seguente disposizione: “3. Il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato e, nel periodo di intestazione “Fondo unico giustizia” del conto corrente, su disposizione di Equitalia Giustizia s.p.a.”.Tuttavia, per la verità, è stata la bozza di decreto attuativo a mutuare la suddetta disposizione dalla quasi contestualmente emananda Legge di bilancio, come dimostra il fatto che il disegno di tale Legge di bilancio approvato definitivamente dalla Camera dei deputati il 22.12.2017 (ossia lo stesso giorno in cui veniva consegnata la bozza di decreto attuativo) faceva seguito al disegno approvato prima dal Senato già il 30.11.2017. Ad ogni modo, l'intervento normativo è di portata più vasta di quanto attiene alla materia fallimentare, coinvolgendo – attraverso i commi 471 e 472, che hanno apportato modifiche all'art. 2 del D.L. 16 settembre 2008, n. 143 - non solo i conti correnti fallimentari, ma anche quelli relativi alle procedure esecutive immobiliari e finanche quelli contenenti somme oggetto di sequestro conservativo o a qualunque titolo depositate in relazione a procedimenti contenziosi. Tutte le somme depistate in tali conti confluiranno ora nel “Fondo unico di giustizia”, che, sebbene istituito (con l'articolo 61, comma 23, del D.L. 112/2008, convertito dalla legge 133/2008) per tutt'altre finalità (ricevere le somme di denaro e gli altri proventi relativi a titoli al portatore, crediti pecuniari, conti correnti, libretti di deposito ed ogni altra attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale sequestrati e/o confiscati nell'ambito di procedimenti penali, o dell'applicazione di misure di prevenzione o di irrogazione di sanzioni amministrative, oltre che, in base a successive modifiche, le somme sequestrate dall'Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di finanza nell'ambito delle attività di controllo sul denaro contante in entrata e in uscita ai confini comunitari, e i depositi giacenti da 5 anni presso Poste e banche nell'ambito dei processi civili e non reclamati e le somme che, al termine delle procedure fallimentari, non siano state riscosse dai creditori), diventa ora una sorta di super-calamita destinata ad attrarre quasi ogni somma che giaccia in depositi bancari o postali durante il corso di processi cautelari, fallimentari, esecutivi e contenziosi, per finalità puramente “speculative”.Vediamo in che modo. Si prevede anzitutto che tali somme rientrino in apposite gestioni separate del suddetto “Fondo unico giustizia”. Non mi occupo qui delle somme relative a depositi diversi da quelli fallimentari; per quanto riguarda questi ultimi, le somme depositate sui conti – bancari o postali – aperti dal curatore resteranno intestati al FUG (nelle gestioni separate) fino al riparto finale dell'attivo fallimentare. Vedremo fra poco in che modo s'intenda lucrare su tali somme.Per il momento mi preme in generale evidenziare che la manovra normativa, oscura e male articolata sotto vari aspetti, creerà non poche difficoltà sia interpretative che operative. Mi limito qui ad elencarne solo qualcuna.Anzitutto il nuovo sistema, data la sua centralizzazione, creerà evidentemente ed inevitabilmente notevoli difficoltà operative ai curatori ed un generalizzato allungamento dei tempi di riscossione e pagamento, che non si riscontrano invece oggi.Quando parlo di “centralizzazione” non intendo dire che le somme transiteranno dai conti bancari e postali ad una sorta di conto accentrato tenuto da Equitalia Giustizia S.p.A., ossia dall'ente che anche adesso è deputato a gestire l' “anagrafe” del FUG, l'intero ciclo di vita delle risorse sequestrate, a versare allo Stato le risorse confiscate o a restituire quelle dissequestrate, ed in generale ad assicurare la gestione finanziaria delle risorse liquide del FUG.Infatti la nuova norma non prevede uno spostamento fisico delle somme fallimentari (e degli altri conti) verso un diverso conto centralizzato, spostamento che avviene (e avverrà) solo quando la destinazione, secondo le norme già attualmente vigenti, risulti definitivamente sottratta ai titolari o creditori (ossia quando siano confiscate, o non siano state riscosse o reclamate dagli aventi diritto entro cinque anni dalla data in cui il procedimento si è chiuso, ovvero, nel caso di cui all'art. 117, comma 4, l.fall., i creditori siano rimasti irreperibili).Si tratterà invece di un'intestazione al FUG solo “formale”, contabile, da effettuarsi a cura delle banche o degli uffici postali, con riferimento alle somme presso di essi giacenti; sarà poi Equitalia Giustizia S.p.A. a sovraintendere alle gestioni separate. Sennonchè sarà proprio tale gestione, che dovrebbe tradursi finalisticamente in una gestione finanziaria – almeno nelle intenzioni – remunerativa (nel senso della probabile destinazione temporanea delle somme in investimenti lucrosi) a creare le più evidenti difficoltà operative.Infatti la nuova norma stabilisce che, nel periodo di intestazione “Fondo unico giustizia” del conto fallimentare, il prelievo delle somme sarà eseguito “su disposizione” di Equitalia Giustizia S.p.A. In altre parole, il curatore dovrà rivolgersi, per effettuare ogni pagamento, proprio a tale ente, con un inevitabile allungamento dei tempi, specie se la previsione normativa, alquanto ellittica sul punto, dovesse intendersi come implicante una duplicità di interventi, ossia del giudice delegato prima (che autorizza i prelievi ed emette il mandato di pagamento) e, per il periodo di intestazione del conto al “Fondo unico giustizia”, di Equitalia Giustizia S.p.A. poi. Soluzione – questa dell'intervento autorizzativo/dispositivo duplicativo e non sostitutivo - che mi sembrerebbe peraltro forzante, atteso che il controllo sull'utilizzo delle somme fallimentari non può che permanere sempre e comunque in capo al giudice delegato, e ciò anche nel periodo in cui il conto sia intestato al “Fondo unico giustizia”.La modifica normativa che, come dicevo, prevede che le somme depositate sui conti – bancari o postali – aperti dal curatore restino intestate al FUG (nelle gestioni separate) fino al riparto finale dell'attivo fallimentare, provoca poi anche criticità interpretative, oltre che operative. Non considera ad esempio il caso, contemplato dall'attuale art. 118 l.fall., in cui il fallimento prosegua pur dopo la sua formale chiusura, a sua volta conseguente ad un riparto finale, per la perdurante pendenza di alcuni giudizi. Che ne sarà delle somme che, a norma dell'art. 118, essendo necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi ai giudizi pendenti, o, essendo state ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, sono trattenute dal curatore secondo quanto previsto dall'articolo 117, secondo comma? Certo, alla luce della nuova disciplina non dovrebbero continuare a restare gestite nel FUG da Equitalia Giustizia S.p.A. (pur essendovi prima rientrate), poichè il citato comma 471 limita la giacenza con intestazione al FUG per tutte le somme depositate, come appena ricordato, solo fino al momento del riparto finale. Tale previsione sembra basata sul sotteso ed implicito presupposto che in tale momento tutte le somme giacenti sui conti fallimentari vengano pagate senza residui, e non solo a favore dei creditori (ma anche, ad esempio, relativamente al compenso dovuto al curatore). Sennonchè tale assunto può essere contraddetto non solo, per l'appunto, dalla possibilità di prosecuzione del fallimento anche in epoca post-chiusura, ma anche dalla sua ordinaria prosecuzione post-riparto e fino al decreto di chiusura, giacchè molti tribunali riservano ad esempio il pagamento del compenso al curatore ad epoca successiva alla data della sua liquidazione o al riparto, in particolare differendolo in coincidenza con il momento della chiusura (all'evidente fine di evitare che, ricevuto subito il compenso liquidato dopo il rendiconto, il curatore resti inerte nel dare poi corso alle operazioni successive finalizzate alla chiusura), sì che le somme relative a tale compenso continuano di norma a restare depositate sui conti fallimentari anche dopo il riparto. Ebbene, che ne sarà di tali somme? Andranno de-intestate dal FUG, o si dovrà ritenere che la nuova norma vada intesa, anche se al di fuori del suo dettato letterale, come implicante la perdurante intestazione al FUG delle somme in questione (compenso del curatore, ma anche somme residue nei fallimenti che proseguono post-chiusura) anche oltre il riparto finale? A tenore della nuova norma, peraltro, resteranno fuori dal FUG le somme inerenti all'esercizio provvisorio dell'impresa (essendo stati eccettuati i casi di cui all'art. 104, primo e secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267). Non è stato però precisato né in che modo calcolarle, né se, una volta che l'esercizio provvisorio sia stato autorizzato, per coerenza e continuità di disciplina nessuna somma vada poi a confluire nel FUG, neppure dopo che l'esercizio sia cessato, o se vadano invece a confluirvi dopo la cessazione dell'esercizio provvisorio le somme esistenti in quel momento, soluzione che forse sembra più in linea con la ratio normativa.La norma modificativa abroga inoltre la previsione finale dell'attuale primo comma dell'art. 34, secondo cui: “Su proposta del curatore il comitato dei creditori può autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purché sia garantita l'integrità del capitale”.Tale norma, che lasciava spazio ad un utilizzo profittevole delle somme fallimentari a favore dei creditori specie in caso di prevista lunga giacenza, non poteva certo resistere alla ratio della nuova disciplina, che, lungi dal prevedere una forma di deposito lucrativo delle somme fallimentari nell'interesse dei creditori concorsuali, sembra destinata ad operare indirettamente e parzialmente piuttosto in loro danno, ed a vantaggio invece dello Stato.La manovra infatti, nello specifico, prevede un nuovo meccanismo di assegnazione e riassegnazione “degli utili della gestione finanziaria” affidata ad Equitalia Giustizia S.p.A., utili consistenti nell'eventuale “surplus” (differenziale positivo o “spread”, per utilizzare un termine ormai in voga) derivante da tale gestione finanziaria rispetto al rendimento finanziario che sarebbe normalmente prodotto dalla giacenza delle somme sui conti bancari o postali.Per le nuove procedure (quelle cioè aperte dopo la data di entrata in vigore di un decreto attuativo che verrà emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero della giustizia), tale rendimento ordinario sarà pari “al tasso di interesse attivo di riferimento scelto tra quelli disponibili nel mercato interbancario per operazioni analoghe e continuativamente rilevati e pubblicati, che la banca o l'ufficio postale sono tenuti a riconoscere sulla somme depositate”.Al netto degli interessi spettanti ai creditori, tali utili andranno destinati – senza altra maggior giustificazione - guarda caso all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nella misura del 50% al Ministero della giustizia. Per le procedure già pendenti, invece, il differenziale andrà calcolato in relazione al tasso attivo già concretamente riconosciuto da banche e uffici postali.Ebbene, chiarito a grandi linee l'operare di questo meccanismo di “prelievo forzoso”, e senza entrare nel merito dell'ipotetico differenziale relativo a conti inerenti a procedure fallimentari già aperte prima dell'entrata in vigore della manovra (ipotetico, perché dubito assai che la gestione di Equitalia Giustizia S.p.A. possa davvero determinare un surplus rispetto agli interessi attivi – quasi sempre al massimo livello possibile - oggi riconosciuti ai fallimenti dalle banche e dagli uffici postali), mi par chiaro che l'unico fine della manovra è quello di speculare sulla grande massa dei depositi fallimentari per lucrare, a spese dei creditori, un differenziale positivo, che sarà tanto più alto per quanto bassi dovessero risultare gli interessi attivi di riferimento (il “rendimento”) scelti tra quelli disponibili nel mercato interbancario per operazioni analoghe.Sarà su questo aspetto che si giocherà infatti la sorte e l'utilità della manovra per le finanze statali, e quindi vedremo in che modo il decreto attuativo preconizzato dal nuovo comma 6-ter, destinato ad individuare il tasso attivo di riferimento, provvederà su tale aspetto. Sono pronto a scommettere, però, che tale tasso sarà, in ultima analisi, alquanto basso, in modo da far emergere il differenziale positivo, e che di conseguenza le somme a titolo di interessi che gli attuali tassi attivi praticati dalle banche e dagli uffici postali consentono di destinare ai creditori, o comunque a copertura del danno da ritardo nei pagamenti effettuati a loro favore secondo i tempi non sempre brevissimi dei riparti, saranno “deviate” sic et simpliciter dalle loro tasche per dirigersi verso quelle dell'erario. Tale prelievo forzoso non ha avuto e non ha alcuna esplicita motivazione se non quella, effettualmente evidente, della speculazione sul denaro altrui, in un quadro generale in cui, per le note precarie condizioni della finanza pubblica, si “inventano” di continuo nuovi espedienti per “raschiare il fondo del barile” e drenare risorse senza che l'operazione di prelievo appaia nei singoli casi troppo smaccatamente lesiva di specifiche categorie di “elettori”. Si utilizzano così, di sovente, modalità contorte di drenaggio che hanno come oggetto somme non direttamente riferibili a specifici soggetti, ma, come nel caso delle procedure giudiziali (fallimentari, esecutive ecc.), una vasta ed indistinta platea di non meglio identificabili contributori. Anche in questo caso si è persa purtroppo l'occasione per stabilire una qualunque forma di compensazione/giustificazione economica al prelievo forzoso, che avrebbe potuto non solo renderlo meno ingiusto, ma anche eliminare criticità oggettivamente esistenti nell'attuale disciplina dei conti di deposito. Penso ad esempio alla possibilità che si esonerassero i conti bancari dei fallimenti (o delle procedure esecutive ecc.) dal rischio del “bail in”, che, come noto, colpisce le somme superiori a 100.000,00 euro per ciascun conto. Il legislatore avrebbe potuto cioè tener conto delle oggettive peculiarità di tali conti (che sono “necessitati”, conti dovuti a finalità di giustizia, e non aperti per una libera scelta dei privati) per garantire in via eccettuativa la copertura di tale rischio, giustificando così, in cambio, il suddetto prelievo coattivo del “surplus di rendimento”, che invece resta, in mancanza di qualunque giustificazione, del tutto arbitrario.Preoccupa in ogni caso la mutazione di filosofia che stava alla base del FUG, poiché esso in tal modo va a trasformarsi da Fondo destinato a gestire, per evitare danni alla cosa pubblica, somme di provenienza illecita o comunque opaca o dubbia (o somme ormai divenute, in un certo senso, “res nullius”, come è a dirsi per quelle oggetto dei riparti destinati ai creditori irreperibili), in un Fondo avente a carattere marcatamente speculativo, essendo finalizzato a lucrare – “in parte de qua” - su somme di denaro di proprietà privata, e di provenienza, nei casi ordinari, del tutto lecita.
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