Il controllo analogo nell’ in house pluripartecipato
19 Gennaio 2018
La fattispecie. Un'azienda operante nel settore dell'igiene urbana - già affidataria del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti nell'ambito di un comune lombardo, in forza di contratto stipulato all'esito di un'apposita procedura ad evidenza pubblica, venuto a scadenza - impugnava la deliberazione consiliare con la quale l'ente locale decideva di affidare la gestione del suddetto servizio a una società per azioni secondo il modulo di affidamento c.d. in house della quale era titolare di una quota minore del relativo capitale sociale. Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. chiedeva, quindi, l'annullamento della citata deliberazione lamentando, in sostanza, che nel caso di specie non sussistessero i presupposti legittimanti l'affidamento diretto in house. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso ritenendo il gravame fondato nella parte in cui era stata contestata la sussistenza, in capo al comune resistente, del requisito del “controllo analogo” nei confronti dell'affidataria diretta tenuto conto “della quota in assoluto minima di capitale sociale detenuto (inferiore all'1 per cento) e all'assenza di effettivi poteri idonei a consentire al Comune l'esercizio di “un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica” (Dir. 2014/24/UE, articolo 12, paragrafo 3, secondo comma, lett. ii))”.
La soluzione. La sentenza di appello ribalta la decisione di primo grado accertando in concreto la sussistenza, nel caso di specie, del c.d. ‘controllo analogo congiunto'. In limine litis, viene tuttavia osservato che la res controversa andava esaminata alla luce delle prescrizioni in tema di ‘in house providing' recate dalla direttiva 2014/24/UE mediante la quale, peraltro, sono stati in buona parte trasfusi gli orientamenti giurisprudenziali piuttosto consolidati in materia. Tra questi, Cons. St., sez. V, 24 settembre 2010, n. 7092 con la quale era già stato stabilito, con riguardo a una fattispecie identica “che nel caso di affidamento in house conseguente alla istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo analogo deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando se del caso anche a maggioranza, ma a condizione che il controllo sia effettivo. In tali ipotesi il requisito del controllo analogo deve essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, […] senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente (v. C.d.S., Sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082; C.d.S. 9 marzo 2009, n. 1365)”. Ciò che rileva, in sostanza, è che la totalità dei soci pubblici esercitino, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario risultando indispensabile che le decisioni più importanti siano sottoposte al vaglio preventivo della totalità degli enti pubblici soci (in tal senso: Cons. Stato, VI, 3 aprile 2007, n. 1514). Ebbene, nel ricondurre le esposte coordinate alle peculiarità dell'appellante, il giudice di secondo grado accertata, nel merito, la sussistenza di tutti i suddetti presupposti atteso che si trattava, invero, di società “a totale capitale pubblico locale”, con divieto di cessione di partecipazioni societarie a privati, finalizzata alla gestione di servizi degli enti locali soci nell'interesse delle comunità locali, nel cui statuto, da un lato, era espressamente prevista la costituzione tra gli enti locali soci affidanti di un organismo comune (denominato “Assemblea di coordinamento e controllo intercomunale”) formato dai vari Sindaci affiliati con paritario diritto di voto indipendentemente dall'entità della partecipazione societaria, competente a definire gli indirizzi operativi sui servizi affidati, vincolanti per il consiglio di amministrazione della società affidataria e, inoltre, a esercitare il controllo di efficacia complessiva dei servizi affidati all'organismo societario; dall'altro, attribuiti a ciascun comune affidante poteri propulsivi nei confronti del consiglio di amministrazione della società affidataria, consistenti in proposte di specifiche iniziative inerenti all'esecuzione dei singoli contratti di servizio, ma soprattutto poteri di veto sulle deliberazioni del c.d.a. Senza tralasciare, infine, che l'assetto societario era caratterizzato da un aumento dei poteri decisori dell'assemblea sociale rispetto al consiglio di amministrazione, divergente dal modello ordinario, con attribuzione alla prima del potere di formulare indirizzi vincolanti in ordine al piano industriale e agli atti più significativi relativi all'erogazione dei servizi. |