La tutela risarcitoria in materia di contratti pubblici

Giuseppe Andrea Primerano
22 Gennaio 2018

Le questioni giuridiche affrontate nella sentenza in commento riguardano: l'onere di impugnare gli atti di conferma propriamente intesi, pena la improcedibilità dell'azione di annullamento nei confronti dei provvedimenti adottati all'esito dei procedimenti di primo grado; nonchè la procedibilità della domanda risarcitoria, proposta cumulativamente, a fronte di un'eventuale declaratoria di improcedibilità orientata nel senso predetto.
Massima

A prescindere dalla proposizione di una domanda di subentro nel contratto, il comportamento processuale di una parte che, proposto ricorso avverso un primo provvedimento di aggiudicazione, non abbia, poi, impugnato il provvedimento di conferma della stessa, rendendo così infruttuosa l'originaria azione di annullamento ed impossibile l'eventuale tutela in forma specifica, se non comporta l'improcedibilità della domanda di condanna al risarcimento, ai sensi dell'art. 124, comma 2, c.p.a., è comunque apprezzabile per la verifica della sua fondatezza.

Il caso

La vicenda sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato trae origine dal provvedimento di esclusione di una Società da una procedura di affidamento di pubblici servizi.

Ottenuta in via giurisdizionale la riammissione alla gara, svoltasi nelle more del giudizio, la Società non impugnava la determina dirigenziale di conferma dell'aggiudicazione in favore dell'A.T.I. controinteressata. In considerazione di ciò, per un verso, andava incontro a una declaratoria di improcedibilità dell'azione di annullamento della prima aggiudicazione, per altro verso, si vedeva respingere l'azione risarcitoria connessa, non avendo neppure articolato la domanda di subentro nel contratto.

Avverso tali statuizioni del TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 14 ottobre 2016, n. 4719, la Società ha proposto il ricorso in appello deciso con la sentenza in commento.

La questione

Le questioni giuridiche sulle quali è necessario soffermarsi sono le seguenti.

  • La prima riguarda l'onere di impugnare gli atti di conferma propriamente intesi, pena la improcedibilità dell'azione di annullamento nei confronti dei provvedimenti adottati all'esito dei procedimenti c.d. di primo grado.
  • La seconda concerne la procedibilità della domanda risarcitoria, proposta cumulativamente, a fronte di un'eventuale declaratoria di improcedibilità orientata nel senso predetto.
Le soluzioni giuridiche

Per comprendere la soluzione accolta dal Consiglio di Stato in relazione alla prima delle questioni menzionate, giova ricordare che la giurisprudenza ha fissato una precisa linea di demarcazione fra “atti meramente confermativi” e “atti di conferma in senso proprio”: mentre i primi reiterano una decisione amministrativa in assenza di una rivalutazione degli interessi o un nuovo apprezzamento dei fatti, tanto da poter essere equiparati alle semplici dichiarazioni, si è in presenza dei secondi ove l'autorità proceda a un riesame della decisione, attraverso una nuova valutazione degli elementi di fatto acquisiti, acquisendone di nuovi, ovvero ponderando una seconda volta gli interessi coinvolti (di recente, v. Cons. Stato, Sez. VI, 2 agosto 2016, n. 3493; Id., Sez. IV, 27 gennaio 2017, n. 357; Id., Sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3207).

Dunque, solo gli atti di conferma in senso proprio sono frutto di un rinnovato esercizio del potere, a nulla rilevando la circostanza per cui la seconda decisione coincida con quella assunta in un primo momento. Proprio quanto è accaduto nel caso di specie, allorquando la stazione appaltante ha dovuto esaminare – pena la violazione del giudicato che le imponeva di riammettere la ricorrente alla procedura di gara – un'offerta in precedenza non considerata e, quindi, riesercitare la potestà di scelta del contraente. Non avendo la Società impugnato la nuova determina dirigenziale, il Collegio ha rilevato la sopravvenuta carenza di interesse, donde l'improcedibilità dell'originaria azione di annullamento.

Ciò posto, il Consiglio di Stato ha giudicato procedibile, ma infondata, la connessa domanda risarcitoria articolata dall'appellante.

La procedibilità della domanda viene illustrata muovendo dal carattere autonomo del rimedio risarcitorio, che, in particolare, emerge dagli artt. 30, comma 1, e 34, comma 3, c.p.a. Infatti, la Società ha confermato espressamente, in sede di udienza di discussione, il proprio interesse alla pronuncia sulla domanda risarcitoria (sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 agosto 2017, n. 4001); il che rende ben comprensibile il relativo esame, a dispetto della dichiarata improcedibilità dell'azione di annullamento.

Su tali basi, quindi, il Collegio si è occupato della domanda risarcitoria, che ha giudicato infondata per i seguenti motivi.

Innanzitutto, per l'assenza di un'adeguata dimostrazione del pregiudizio lamentato, potendosi risarcire, ai sensi dell'art. 124, comma 1, c.p.a., soltanto il danno «subito e provato» (da ultimo, v. Cons. St., Sez. V, 27 novembre 2017, n. 5546). Inoltre, in ragione della mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto: circostanza, questa, valutabile dal giudice amministrativo a norma dell'art. 1227 c.c. (art. 124, comma 2, c.p.a.). Infine, in virtù del mancato esercizio dell'azione di annullamento avverso l'atto fonte del danno, ossia il provvedimento di conferma dell'originaria aggiudicazione. Tale comportamento, infatti, sebbene non precluda l'esame della domanda risarcitoria, rimane apprezzabile per la verifica della sua fondatezza (in senso analogo, ex multis, Cons. St., Sez. V, 20 settembre 2016, n. 3910. Sul c.d. principio di auto-responsabilità del concorrente che si disinteressa alla sorte del contratto, cfr. Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2017, n. 4812).

Osservazioni

La sentenza del Consiglio di Stato offre spunti particolarmente utili per inquadrare il rapporto tra forme di tutela costitutiva e risarcitoria in materia di contratti pubblici.

In linea generale, è possibile affermare che l'emanazione del codice del processo amministrativo ha ridimensionato il dibattito alimentato dalla regola della c.d. pregiudiziale amministrativa. L'omessa impugnazione di un provvedimento illegittimo continua, sì, a rilevare, ma nell'ottica di un comportamento contrario a buona fede e correttezza, ossia nella misura in cui l'impugnazione avrebbe escluso, o limitato, il danno. Come è stato evidenziato dall'Adunanza Plenaria, occorre «soppesare l'ipotetica incidenza eziologica non solo della mancata impugnazione del provvedimento dannoso, ma anche dell'omessa attivazione di altri rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno, quali la via dei ricorsi amministrativi e l'assunzione di atti di iniziativa finalizzati alla stimolazione dell'autotutela amministrativa» (Cons. St., Ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3).

Vi è un unico settore in cui l'autonomia dei rimedi, caducatorio e risarcitorio, non è realmente predicabile ed è quello dei contratti pubblici. Le regole delineate dagli artt. 121 ss. c.p.a. dimostrano che il cumulo fra le domande di annullamento dell'aggiudicazione e di risarcimento del danno è necessitato. La gamma degli strumenti di tutela cui si riferisce l'art. 30, comma 3, c.p.a., in talemateria, si traduce nell'onere della parte che invoca il risarcimento per equivalente di proporre la domanda di conseguire il contratto: una domanda, questa, che presuppone una declaratoria di inefficacia del contratto stipulato, resa dal giudice al quale viene richiesto l'annullamento dell'originaria aggiudicazione illegittima. A tale stregua, non si può ritenere superata, né ridimensionata, la regola della pregiudiziale.

Ciò non risulta smentito dalle previsioni dell'art. 125 c.p.a., dalle quali emerge solo un ribaltamento dell'evidente favor accordato dalle precedenti disposizioni codicistiche alla tutela in forma specifica rispetto a quella risarcitoria per equivalente, in ragione del preminente interesse pubblico alla sollecita realizzazione di un'opera inserita in un complesso procedimento di programmazione economica e finanziaria. Se si eccettua il bacino delle controversie relative alle infrastrutture strategiche, è ravvisabile un deciso potenziamento del cumulo di più azioni rispetto alla “pretesa” rappresentata dall'aggiudicazione del contratto.

Quanto si è finora illustrato trae significativi argomenti di conferma nella sentenza in nota. A prescindere dalla proposizione della domanda di subentro nel contratto, infatti, il Consiglio di Stato censura espressamente l'omessa impugnazione da parte della Società appellante del provvedimento di conferma dell'aggiudicazione, che rende, per un verso, infruttuosa l'originaria azione di annullamento, per altro verso, impossibile l'eventuale tutela in forma specifica. Tale circostanza, seppure non comporta l'improcedibilità della domanda di condanna al risarcimento, è direttamente apprezzabile, ai sensi dell'art. 124, comma 2, c.p.a., per la verifica della sua fondatezza, conseguentemente esclusa in relazione al caso di specie.

Guida all'approfondimento

M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l'inefficacia “flessibile” del contratto,in www.federalismi.it, 2007; A. Police, Il cumulo di domande nei “riti speciali” e l'oggetto del giudizio amministrativo, in Dir. proc. amm., 2014, 1197 ss.; G.A. Primerano, Spigolature in tema di risarcimento del danno da aggiudicazione illegittima, in Foro amm. CdS, 2013, 2112 ss.; M.A. Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni, in www.federalismi.it, 2011; F.G. Scoca, Risarcimento del danno e comportamento del danneggiato da provvedimento amministrativo, in Corr. giur., 2011, 988 ss.

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