Dichiarazione di impegno rese dall’impresa nell’ambito dell’offerta: si devono interpretate secondo i criteri di interpretazione dei contratti
02 Febbraio 2018
Nella sentenza in commento, il Consiglio di Stato è intervenuto sui profili interpretativi delle dichiarazione di impegno rese dall'impresa nell'ambito dell'offerta, che devono essere interpretate in base ai criteri generali di interpretazione dei contratti. Nell'accogliere il ricorso in appello, infatti, il Collegio ha rilevato come la questione di natura interpretativa, relativa alla dichiarazione d'impegno, debba essere interpretata facendo applicazione dei criteri di interpretazione dei contratti di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. utilizzabili, in ragione del rinvio dell'art. 1324 c.c., nei limiti di compatibilità, anche per l'interpretazione degli atti unilaterali, come la dichiarazione in esame qualificabile come promessa unilaterale.
In particolare, risultando erronea l'argomentazione di primo grado del TAR, che ha ritenuto come il criterio di interpretazione letterale, rivestendo carattere fondamentale e prioritario, escluda la ricerca della comune intenzione delle parti, il Collegio ha ribaltato l'iter logico giudico di primo grado secondo il quale, nel caso dei negozi unilaterali, non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti, che non esiste, ma si deve indagare quale sia stato l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio. Ciò per due ragioni: in astratto, in quanto lo stesso primo comma dell'art. 1362 c.c. impone all'interprete, nella ricerca della comune intenzione delle parti, di non «limitarsi al senso letterale delle parole», e anche la giurisprudenza più recente ha avuto modo di precisare che: «nell'interpretazione del contratto, il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell'art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell'accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti». Pertanto, l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio deve essere ricercato utilizzando, in particolare, il criterio dell'interpretazione secondo buona fede (art. 1366 c.c.) e il criterio dell'interpretazione globale che tiene conto anche del comportamento complessivo della parte (art. 1362, comma 2, c.c.). |