Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 20 - Proposizione del ricorso 1 2 .

Ernestino Bruschetta

Proposizione del ricorso12.

1. Il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16.

2. La spedizione del ricorso a mezzo posta dev'essere fatta in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. In tal caso il ricorso s'intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate.

3. Resta fermo quanto disposto dall'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1980, n. 787, sui centri di servizio.

[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo.

[2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 66 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175.

Inquadramento

Le disposizioni contenute nell'art. 20 stabiliscono — almeno per l'essenziale — che il ricorso avverso gli atti fiscali si propone portandolo legalmente a conoscenza dell'impositore o del concessionario a mezzo del sistema delle notificazioni ivi previsto.

La proposizione del ricorso

La dottrina — sottolineando che con la disciplina contenuta nell'art. 20 si è inteso dal legislatore superare le incertezze giurisprudenziali insorte nella vigenza del precedente processo tributario — ha chiarito che la proposizione del ricorso avverso gli atti fiscali impugnabili indicati nell'art. 19 deve avvenire soltanto portandolo a conoscenza dell'impositore o del concessionario attraverso il sistema legale delle notificazioni ivi previsto e con ciò realizzando il principio del contraddittorio processuale ex art. 101 c.p.c. (Finocchiaro, Finocchiaro, 424; Tesauro, 10, 147).

Parte della dottrina — proprio partendo dalla considerazione che il ricorso può esclusivamente proporsi portandolo legalmente a conoscenza dell'impositore o del concessionario entro i termini perentori prescritti dall'art. 21 — ha ritenuto l'inammissibilità del ricorso rilevabile ex officio in ogni stato e grado ai sensi dell'art. 22, comma 2 quando lo stesso sia stato notificato ad un ufficio «privo di legittimazione passiva» in quanto diverso da quello che ha emesso l'atto fiscale impugnato (così, Finocchiaro, Finocchiaro, 430, che però ammettono possa verificarsi la sanatoria per raggiungimento dello scopo prevista dall'art. 156, quando l'ufficio che ha emesso l'atto impugnato «si costituisca in giudizio nei termini di cui all'art. 23, ancorché per denunciare l'errore in cui è incorso il contribuente», ma non quando si costituisca l'ufficio cui è stato erroneamente notificato il ricorso; nonché per l'osservazione secondo cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, in cui ad almeno uno dei litisconsorti sia stato notificato il ricorso, pur potendo il giudice ex art. 14 disporre l'integrazione nei confronti dell'ufficio che ha emesso l'atto fiscale, quest'ultimo sarebbe da giudicarsi non più impugnabile se l'integrazione fosse avvenuta fuori dei termini perentori fissati dall'art. 21; invece, per Scuffi, in Il nuovo processo, a cura di Gilardi, Loi, Patrone, Scuffi, Milano, 1993, 53, in questi casi il ricorso andrebbe respinto, ammettendosi inoltre la sanatoria mediante la chiamata dell'impositore o del concessionario ad istanza di parte ovvero iussu iudicis ai sensi dell'art. 14).

In giurisprudenza si è invece consolidato il differente antiformalistico principio per cui — in caso il ricorso sia notificato ad un ufficio che non abbia emesso l'atto fiscale impugnato — il ridetto ricorso non sarà inammissibile avendo l'ufficio «incompetente» cui sia stato erroneamente notificato un onere di trasmissione all'ufficio «competente», in ragione sia di un «dovere di collaborazione» e sia perché comunque tutti gli organi periferici dell'Agenzia avrebbero capacità di stare in giudizio in via concorrente ed alternativa al suo Direttore (Cass. V, n. 21593/2015; Cass. VI, n. 1113/2015; Cass. V, 16830/2014; Cass. V, n. 20697/2011; Cass. V, n. 2937/2010; contraria, in precedenza, Cass. V, n. 9395/2007).

Le forme di notificazione del ricorso

L'art. 20, comma 1 stabilisce che la notifica del ricorso all'impositore e al concessionario debba farsi nelle forme previste dall'art. 16, comma 2 e 3 al cui specifico commento si rinvia — e quindi possa innanzitutto eseguirsi a mezzo dell'ufficiale giudiziario ex artt. 137 ss. c.p.c. — ovvero all'impositore anche «direttamente» dal ricorrente sia a mezzo del servizio postale e sia mediante «consegna dell'atto all'impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia».

L'art. 20, comma 2 dispone che la notifica del ricorso a mezzo posta debba avvenire «in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento» e che in tal caso il ricorso deve intendersi «proposto al momento della spedizione» (Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario, 435, che, dalla espressa regola appena veduta, ricavano inoltre l'implicita previsione secondo cui il ricorso notificato con raccomandata «in busta chiusa» non sarebbe «improcedibile», come sotto la previgente legge processuale da taluno ritenuto, derivando invece da ciò, quale unica conseguenza, quella per cui in questi casi il ricorso dovrebbe intendersi notificato alla data in cui «perviene all'ufficio»; ritengono che la spedizione «in busta chiusa» costituisca soltanto una mera irregolarità, BatistoniFerrara, Bellè, Diritto tributario, 98; diversamente, cioè per la risalente tesi dell'improcedibilità, è Bellagamba, Il nuovo contenzioso, 119).

Dalla giurisprudenza — nonostante la lettera del combinato disposto ex art. 20, comma 1 e 2 e art. 16, comma 2 e 3 sembrerebbe far ritenere il contrario — è stato affermato che la notifica del ricorso fatta dal ricorrente direttamente a mezzo posta possa essere eseguita anche nei confronti del concessionario (Cass. trib. n. 2905/2017).

Secondo una linea di minor rigore formale, patrocinata anche da una parte della veduta dottrina, in giurisprudenza è stato ritenuto che la previsione della spedizione del ricorso «in plico raccomandato senza busta» ha la sola funzione di garantire «certezza in ordine all'individuazione dell'atto notificato» con la conseguenza che, in mancanza di contestazione circa la identità del ricorso, la spedizione dello stesso con raccomandata «in busta chiusa» non dà luogo a nullità, bensì ad una mera irregolarità (Cass. V, n. 5889/2017; Cass. V, n. 19864/2016; v. anche Cass. V, n. 13666/2009; nonché, Cass. V, n. 3562/2005; anche per la precisazione secondo cui, in caso di contestazione, la prova dell'identità è a carico del ricorrente). Tuttavia nei casi predetti — cioè appunto quelli di diretta spedizione postale del ricorso in «busta chiusa» — il ricorso medesimo dovrebbe intendersi promosso al momento del ricevimento e questo perché la previsione ex art. 20, comma 2 secondo cui il ricorso deve intendersi proposto il giorno della spedizione troverebbe applicazione soltanto in ipotesi di spedizione postale del «plico» (Cass. VI, n. 12027/2014; Cass. V, n. 9173/2011; Cass. V, n. 12185/2008; Cass. V, n. 27067/2006; rimane così definitivamente superata la contraria giurisprudenza di Cass. V, n. 915/2006, secondo cui, anche quando il ricorso è stato spedito con raccomandata «in busta chiusa», lo stesso deve intendersi promosso alla data di sua spedizione, a meno di contestazioni circa la data di spedizione).

Il ricorso promosso contro i centri di servizio: il rinvio all'art. 10 d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787

Per i ricorsi promossi contro il ruoli formati dai centri di servizio — nonché per i ricorsi promossi contro i provvedimenti di rimborso ex art. 8 d.P.R. n. 787/1980 — l'art. 20, comma 3 rinvia integralmente alla disciplina contenuta nell'art. 10 d.P.R. n. 787/1980 (con le conseguenti critiche, legate alla complessità del rito, nonché soprattutto alle deroghe rispetto alle regole ordinarie, nella sostanza creanti disparità sfavorevoli al contribuente, critiche per le quali v. Finocchiaro, Finocchiaro, 437; Patrone, in Il nuovo processo, a cura di Gilardi, Loi, Patrone, Scuffi, 94; Russo, 467).

La soppressione dei centri di servizio e la non abrogazione dell'art. 10 d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787

L'art. 23 lett. z) d.P.R. n. 107/2001 ha espressamente abrogato il d.P.R. n. n. 787/1980«ad eccezione dell'articolo 10» — mentre con il successivo provvedimento n. 2001/2204441 del 7 dicembre 2001 il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha disposto la soppressione «graduata» dei centri di servizio — cioè condizionata all'esaurimento del controllo formale delle dichiarazioni «relative ai periodi di imposta fino al 1997».

La peculiare vicenda della soppressione dei centri di servizio condizionata all'esaurimento del controllo formale delle dichiarazioni «relative ai periodi di imposta fino al 1997» — accompagnata dalla permanente vigenza dell'art. 10 d.P.R. n. 787/1980 — ebbe ad ingenerare gravi dubbi circa le forme con le quali si sarebbero dovuti promuovere i ricorsi avverso i ruoli e i provvedimenti di rimborso emessi dai soppressi centri di servizio (Perrucci, Boll. trib., 2002, 177; SantiDi Paola, Contenzioso, 202). A riguardo la Circ. n.14/E 1 gennaio 2002 sostenne con interpretazione sistematica che per i ruoli formati e i provvedimenti di rimborso emessi dai centri di servizio il ricorso sarebbe stato ancora da promuoversi ai sensi dell'art. 10, comma 1, 2 e 3 d.P.R. n. 787/1980 — non essendo quest'ultimo abrogato — soltanto che ai soppressi centri di servizio avrebbero dovuto considerarsi succeduti gli uffici locali dell'Agenzia delle Entrate o se non ancora attivati gli uffici distrettuali delle imposte dirette competenti per territorio.

Le forme ricorso promosso ai sensi dell'art. 10 d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787

Ex art. 10, comma 1, 2 e 3 d.P.R. n. 787/1980 i ricorsi di che trattasi dovevano essere «presentati» ai centri di servizio a mezzo di spedizione postale dell'originale dello stesso ai sensi dell'art. 17 d.P.R. n. 636/1972 — cioè in plico raccomandato con avviso di ricevimento senza busta - dopo di che il contribuente doveva depositare nella segreteria della commissione tributaria una copia dell'originale in carta libera direttamente spedendolo per posta o direttamente consegnandolo nei modi indicati dal ridetto art. 17 d.P.R. n. 787/1980 «decorsi almeno sei mesi e non oltre due anni dalla data di invio dell'originale».

Successivamente la segreteria della commissione tributaria avrebbe dovuto provvedere a chiedere l'originale del ricorso al centro di servizi che era quindi tenuto a trasmetterlo unitamente alle proprie deduzioni — ed anche a trasmettere il fascicolo al «competente ufficio» per lo svolgimento l'attività difensiva — e ciò a meno che non avesse disposto il totale rimborso (dalla circostanza che il fascicolo dovesse essere trasmesso al «competente ufficio» per lo svolgimento dell'attività difensiva, nonché dall'art. 10 che tra le parti non indicava i centri di servizio, in dottrina si era ricavata la convinzione che dovesse essere esclusa la legittimazione a resistere dei centri di servizio, non essendo titolari del rapporto tributario, v. SantiDi Paola, Contenzioso, 201).

Dalla dottrina — in ragione dell'integrale rinvio alla veduta anteriore disciplina ex art. 10 d.P.R. n. 787/1980 — si era altresì ritenuto che per la «presentazione» dei ricorsi in commento la forma della notificazione doveva essere soltanto quella prevista dal ridetto art. 10, comma 1, 2 e 3 d.P.R. n. 787/1980 (Finocchiaro, Finocchiaro, 439, che però escludevano che la notifica eseguita ai sensi dell'art. 20, comma 1 e 2, potesse dar luogo a nullità; in quali ultimi autori, inoltre, ritenevano applicabile il nuovo art. 12, comma 5 circa l'obbligatoria assistenza tecnica in giudizio). Quanto al termine entro cui «presentare» i ricorsi ai centri di servizio si era infine affermato — non ravvisandosi a riguardo alcuna incompatibilità applicativa con la disciplina contenuta nell'art. 10 d.P.R. n. 787/1980 — che dovevano trovare applicazione i termini perentori stabiliti dall'art. 21 (Finocchiaro, Finocchiaro, 440).

Parte della dottrina — sempre in ragione dell'integrale rinvio all'art. 10 d.P.R. n. 787/1980 operato dall'art. 20, comma 3 — sosteneva poi che il ricorrente non doveva costituirsi ai sensi dell'art. 22 (Finocchiaro, Finocchiaro, 439, con la conseguenza che il contribuente non sarebbe stato per es. tenuto, ai sensi dell'art. 22, comma 1 a depositare nella segreteria della commissione, entro trenta giorni dalla sua proposizione, a pena d'inammissibilità «l'originale del ricorso notificato»; anche per Russo, 467, con la proposizione del ricorso ex art. 10 d.P.R. n. 787/1980, venivano «inevitabilmente a saltare la formalità della costituzione delle parti»; per la necessità della costituzione erano, invece, Bellagamba, 120; Blandini, Il nuovo processo, 43). Cosicché per quella parte dell'appena ricordata dottrina — secondo cui appunto il ricorrente che «presentava» ricorso contro il centro di servizi non avrebbe dovuto costituirsi ai sensi dell'art. 22 — erano invece soltanto da seguirsi le forme prescritte dall'art. 10 d.P.R. n. 787/1980 (dovendosi così ad es. ritenere che se la copia in carta libera dell'originale del ricorso spedito a mezzo posta fosse stata depositata nella segreteria della commissione tributaria prima dello scadere del prescritto termine dilatorio di mesi sei fissato dall'art. 10, comma 1, d.P.R. n. 787/1980, la commissione avrebbe dovuto dichiarare l'improcedibilità del ricorso, salvo il diritto del contribuente di provvedere ad un nuovo deposito; di questa opinione, Finocchiaro, Finocchiaro, 440; diversamente, per Bendin, in Commentario delle leggi, 353, a cura di Glendi, il ricorso depositato ante tempus, avrebbe dovuto invece essere semplicemente considerato come non proposto fino allo scadere del termine semestrale in discorso, per essere successivamente deciso; di questo avviso, anche BatistoniFerrara, Bellè, 90).

Dalla giurisprudenza si era innanzitutto escluso che i centri di servizio potessero essere legittimati a resistere per i ruoli e per i provvedimenti di rimborso dagli stessi emessi, dovendosi invece ritenere sempre e comunque parte legittimata «l'Ufficio delle entrate del Ministero al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso», come invero ritraibile dall'art. 10 d.P.R. n. 787/1980, oltreché dall'art. 10 (Cass. V, n. 3342/2013; Cass. V, n. 2937/2010, la quale tuttavia ebbe a ritenere, in forza del principio, di recente consolidatosi, secondo cui il centro di servizi «facendo parte della medesima Amministrazione finanziaria, è tenuto a trasmettere il ricorso al competente Ufficio delle entrate», che la notifica dell'appello al centro di servizi non comportasse nullità, con la conseguenza che «la mancata tempestiva costituzione dell'Ufficio in appello non avrebbe potuto imputarsi al contribuente, bensì all'Amministrazione medesima»; contraria, ma soltanto su quest'ultimo punto, invece, la più remota Cass. V, n. 16442/2005; sempre per la mancanza di legittimazione a resistere in capo ai centri di servizio, v. tra le altre, Cass. V, n. 1564/2007; Cass. V, n. 64/2005; è da ritenersi pertanto abbandonata l'anteriore contraria giurisprudenza, peraltro del tutto isolata, rappresentata da Cass. V, n. 12862/2004).

La giurisprudenza ebbe poi ad affermare che la notifica non in originale del ricorso ai centri di servizio non costituiva vizio di forma comportante nullità, perché da ciò non poteva derivare alcuna lesione del diritto difensivo giudiziale dell'ufficio, avendo questo particolare procedimento una mera «funzione meramente deflativa del contenzioso» (Cass. V, n. 4379/2011; Cass. V, n. 10986/2009; Cass. V, n. 8206/2008).

In modo conforme a parte della veduta dottrina, la giurisprudenza ebbe inoltre a stabilire che il deposito ante tempus nella segreteria della commissione tributaria provinciale della copia in carta libera dell'originale del ricorso spedito al centro di servizi — cioè prima dei sei mesi decorrenti dalla spedizione dell'originale del ricorso al centro servizi — «non determinava la inammissibilità del ricorso», ciò sempre a causa del carattere deflativo del procedimento e soltanto imponendo al giudice di non decidere la controversia prima dello scadere di tale termine (Cass. V, n. 16025/2009; Cass. V, n. 18234/2007).

Infine deve essere ricordato che la peculiare disciplina introduttiva del ricorso di cui all'art. 10 d.P.R. n. 787/1980 era stata ritenuta compatibile — pur attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata — con la possibilità di proporre istanza «cautelare» ex art. 47 (Corte cost. n. 336/1998).

Bibliografia

Batistoni Ferrara, Bellè, Diritto tributario processuale, Padova, 1996; Bellagamba, Il nuovo contenzioso tributario, Torino, 1993; Blandini, Il nuovo processo tributario, Milano, 1996; Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario al nuovo contenzioso tributario, Milano, 1996; Gilardi, Loi, Patrone, Scuffi, Il nuovo processo tributario, Milano, 1993; Glendi, Commentario delle leggi sul contenzioso tributario, Milano, 1990; Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 1996; Santi di Paola, Contenzioso tributario 2011, San Marino, 2011; Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2013.

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