Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 30 - Nomina del relatore e fissazione della data di trattazione 1 2 .1. Se non ritiene di adottare preliminarmente i provvedimenti di cui all'art. 27, il presidente, scaduto in ogni caso il termine per la costituzione delle parti, fissa la trattazione della controversia secondo quanto previsto dagli articoli 33 e 34 e nomina il relatore. 2. Almeno una udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali l'ammontare dei tributi accertati e delle conseguenti soprattasse e pene pecuniarie non sia inferiore a euro 51.645,69. Un'altra udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è comunque riservata alla trattazione di controversie nei confronti di società con personalità giuridica, nonché di controversie inerenti l'applicazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 3 [1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 78 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. [3] Comma sostituito dall'articolo 7, comma 2, del D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358. InquadramentoL'art. 30 in commento fa parte delle Sezione III del Capo I del Titolo II del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dedicata, come indicato dalla rubrica, alla «trattazione della controversia», ossia al suo esame nel contraddittorio delle parti in relazione alle posizioni da queste assunte segnatamente nei propri atti introduttivi. Invero, alla stregua del comma 1, il presidente, che in astratto è il presidente della commissione, scaduti i 60 giorni per la costituzione delle parti, assegna il ricorso ad una delle sezioni della commissione stessa, fissando, con decreto, la trattazione, rectius, la data dell'udienza per la trattazione, della controversia. Il comma 1 si rivolge al presidente, che, dicevasi, è in astratto il presidente della commissione: in realtà nella prassi il presidente che si occupa della fissazione dell'udienza di trattazione è il presidente di sezione, dopo che il fascicolo è assegnato dal presidente della commissione alla sezione medesima. In difetto di un'esplicitazione della qualificazione giuridica del potere in forza del quale il presidente di sezione fissa l'udienza di trattazione, deve ritenersi, in applicazione di principi generali, che lo stesso agisca per delega del presidente della commissione, implicita nel provvedimento di assegnazione del fascicolo alla sezione. Per l'effetto la delega come a priori il provvedimento di assegnazione non sono sindacabili, nel senso che l'eventuale violazione, da parte del presidente della commissione, delle competenze sezionali non determina alcuna violazione del principio di naturalità del giudice, il quale si parametra esclusivamente in rapporto alla commissione come plesso giurisdizionale unitario; sotto altro profilo, delega e provvedimento sono revocabili, in specie qualora il collegio chiamato alla trattazione, rilevando la competenza di altra sezione, decida di rimettere gli atti al presidente di sezione per la trasmissione al presidente di commissione ai fini dell'assegnazione del fascicolo alla sezione competente. Ciò detto, una volta che il presidente, a questo punto di sezione, ha fissato l'udienza di trattazione, il relativo atto, che, pur in assenza di esplicitazioni, va qualificato alla stregua di un decreto, in quanto funzionale alla progressione del giudizio, deve essere dalla segreteria comunicato alle parti costituite e solo a queste, evidentemente perché esse soltanto hanno dimostrato interesse, con la costituzione, a coltivare il giudizio. La comunicazione deve intervenire almeno 30 giorni liberi prima della data prevista per la trattazione, a pena di nullità della pronuncia successivamente resa, posto che viene in rilievo il rispetto di un termine – peraltro ragionevolmente breve – concesso alle parti per approntare le (ulteriori) difese da rappresentare al collegio. Il comma 2 (siccome sostituito dall'art. 7, comma 2, del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358) conferma, con una disposizione criticabile, l'iter prioritario o “riservato” [già inaugurato dall'art. 5, comma 1, lettera a), del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito nella legge 26 giugno l990, n. 165] per la trattazione di controversie potenzialmente idonee a garantire un maggior gettito: trattasi di controversie per le quali l'ammontare dei tributi accertati e delle conseguenti soprattasse e pene pecuniarie non sia inferiore a cento milioni di lire; di controversie nei confronti di società con personalità giuridica e di controversie inerenti l'applicazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Le ragioni di critica derivano da ciò che le ragioni di gettito, le quali appartengono alla finanza attiva, dovrebbero restare estranee alla logica della giurisdizione. D'altronde, rispetto alle prime due classi di controversie, il limite minimo di valore, fissato in 100 milioni delle vecchie lire, pur quando combinato con – anziché semplicemente giust'apposto a – quello della promozione della vertenza da parte di una società con personalità giuridica, è, oggi, palesemente insufficiente a selezionare finanche quelle di più spiccata consistenza economica. Viceversa sarebbe più proficuo organizzare «imprenditorialmente» le attività delle commissioni con udienze tematiche, che consentono il risparmio di preziose energie intellettuali. In tale direzione si orienta l'individuazione della terza classe di controversie di cui al comma 2, selezionate, per materia, come quelle relative all'inopponibilità all'A.F. di fatti e negozi a valenza elusiva: nondimeno siffatta selezione, se probabilmente “pesca” all'interno di un contenzioso «ricco», ha maglie fin troppo larghe, data l'intrinseca latitudine della disciplina antielusiva. Tale articolo è stato abrogato dall' art. 1, comma 2, D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128. A norma del medesimo art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 128/2015 le disposizioni che richiamano il presente articolo si intendono riferite all'art. 10-bis, L. 27 luglio 2000, n. 212, in quanto compatibili. L'esame preliminare del ricorsoStabilisce il comma 1 dell'art. 30 in commento che il presidente, su cui valgono le esposte precisazioni, «fissa – bensì – la trattazione della controversia», tuttavia solo «se non ritiene di adottare preliminarmente i provvedimenti di cui all'articolo 27». L'esame preliminare del ricorso ad opera del presidente costituisce istituto – meritorio, ancorché non particolarmente diffuso nella realtà quotidiana – tipico del processo tributario: In forza di esso, giusta la proposizione di un ricorso innanzi agli organi della giurisdizione tributaria, scaduto il termine fissato per la costituzione della parte resistente, il presidente della sezione cui il fascicolo è assegnato, che agisce per delega del presidente della commissione, è investito (non di una semplice facoltà, ma) dell'obbligo di verificare sia la regolarità del ricorso e della costituzione del ricorrente, sia l'ammissibilità dell'azione sia l'inesistenza di cause di sospensione, interruzione o estinzione (Russo, 493; Glendi-Bruzzone, 726). La funzione dell'esame preliminare è evidente. Esso dovrebbe snellire il numero di cause che approdano alla trattazione, perché «fermate» a priori dal presidente che, con decreto reclamabile alla commissione (ossia in definitiva al collegio), ai sensi del comma 3 dell'art. 27, ha poteri di valutazione assai penetranti, in quanto non meramente formali, ma estesi al riscontro dell'assenza di cause di inammissibilità, per quanto «espressamente previste e manifeste» (Carbone, 727): pur in un'ottica restrittiva propugnata dalla dottrina, tali sono sicuramente la mancanza o assoluta incertezza di una delle indicazioni di cui all'art. 18, comma 2; la mancanza della sottoscrizione della parte o del legale rappresentante ed il mancato rispetto dei termini per la proposizione del ricorso e per la costituzione in giudizio ex artt. 21 e 22 (Russo, op. loc. cit.).Ciò è ribadito anche dai giudici di legittimità, secondo cui il procedimento innanzi alle Commissioni tributarie, al fine di soddisfare esigenze di speditezza e deflazione, contempla una specifica fase processuale dedicata all'"esame preliminare del ricorso", ex artt. 27 e segg. d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nell'ambito del quale è affidata al presidente, quale organo monocratico, la dichiarazione di inammissibilità nei casi espressamente previsti, "se manifesta", con decreto reclamabile innanzi alla Commissione stessa, e tale esame avviene una volta "scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti", in alternativa alla fissazione della trattazione con nomina del relatore innanzi alla Commissione a norma del successivo art. 30 del medesimo decreto (Cass. V, Ord., n. 18001/2016). La previsione della reclamabilità vale a salvaguardare la costituzionalità di una decisione assunta inaudita altera parte, viepiù monocraticamente, consentendo alla parte su cui ridondano gli effetti della stessa di instaurare un contraddittorio pieno ma differito. Prima di concludere, conviene specificare che l'esame preliminare è un'attribuzione presidenziale e solo presidenziale, in quanto sorretta dalla ratio deflattiva che si è esposta. Infatti, l'art. 27 d.lgs. n. 546/1992, che assegna al presidente di sezione il compito dell'esame preliminare dei ricorsi con potere di dichiararne, con decreto, l'inammissibilità se manifesta, è norma di stretta interpretazione e risponde ad esigenze di accelerazione e deflazione del contenzioso onde non investire l'organo collegiale di ricorsi palesemente inammissibili, sicché non è consentita l'attribuzione in via estensiva alla commissione tributaria provinciale di una omologa potestà di rilevare e dichiarare l'inammissibilità con sentenza "inaudita altera parte", atteso che, in tal caso, resterebbero frustrati i vantaggi di deflazionare il contenzioso ed elusi i meccanismi di salvaguardia del contraddittorio stabiliti dal legislatore, non potendosi ritenere rimedio equipollente al reclamo al collegio, previsto dalla norma avverso il decreto presidenziale, la mera possibilità di impugnare con appello la sentenza così emessa (Cass. V, n. 7514/2016). Ne consegue che, segnatamente in punto di inammissibilità del ricorso, una volta instaurata la trattazione, pur in conseguenza di un'erronea valutazione del presidente, che ben avrebbe potuto e perciò dovuto adottare un decreto ex art. 27, ma non l'ha fatto, qualunque statuizione, ancorché avente ad oggetto situazioni emergenti già in sede di esame preliminare, va assunta nel contraddittorio delle parti e, per effetto del passaggio alla fase della trattazione, nel rispetto delle forme ordinarie: talché, ad esito della trattazione, la decisione in specie di inammissibilità non può più essere resa con decreto, ma deve esserlo con sentenza, la quale segue il regime proprio di impugnazione. Né il collegio può dirsi attributario in via estensiva di un omologo potere di rilevare e dichiarare l'inammissibilità prima dell'udienza di trattazione con una sentenza inaudita altera parte che, per così dire, tenga luogo del mancato decreto presidenziale ed anticipi l'udienza, posto che l'incardinamento della causa dinanzi al collegio ne radica la potestà decisoria, eventualmente anche solo in rito. Al di là della sistematica, soccorre in tal senso l'esame del regime di reclamabilità riservato dall'art. 28 al decreto presidenziale e perciò inestensibile ad una sentenza ancorché di tal fatta, la quale è invece suscettibile di annullamento da parte del giudice di appello con rinvio al primo giudice ex art. 59: invero, sul versante dell'art. 28, il collegio, ben lungi dall'esercitare un inesistente potere di dichiarare l'inammissibilità, pur manifesta, del ricorso in assenza di contraddittorio, è al contrario giudice di garanzia del contraddittorio, in specie della parte destinata a subire gli effetti del decreto presidenziale, proprio a cagione di ciò avente interesse a proporre il reclamo; del resto, il collegio, una volta proposto il reclamo, può bensì eventualmente confermare, con sentenza, la valutazione di manifesta inammissibilità del ricorso, ma è tenuto a farlo all'esito di un contraddittorio, avanti a sé, ritualmente instaurato. Fissazione dell'udienza di trattazione e comunicazione dell'avvisoDopo che siano scaduti i termini per la costituzione delle parti, e qualora, non ricorrano i presupposti per l'emissione del decreto d'inammissibilità del ricorso o di estinzione del processo, il presidente fissa la data dell'udienza di trattazione, contestualmente nominando il giudice relatore, donde il decreto, comunicando alle parti costituite a cura della segreteria, contiene l'indicazione dell'una e dell'altro (Forgione). Rispetto ai termini di costituzione delle parti, conviene rammentare il diverso regime relativo al ricorrente ed al resistente, anche alla luce del già esaminato potere presidenziale di dichiarare de plano l'inammissibilità del ricorso, senza consentire alla causa di approdare alla trattazione. È soltanto in relazione al ricorrente, infatti, che il procedimento di costituzione è irto di inammissibilità. Più precisamente, dispone l'art. 22 che questi, «entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d'inammissibilità, deposita nella segreteria della commissione tributaria adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l'originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale» (comma 1), soggiungendo, da un lato, che «l'inammissibilità del ricorso è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell'articolo seguente» (comma 2), e, dall'altro, con specifico riguardo al caso di consegna o spedizione a mezzo del servizio postale, che, «se l'atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, [nuovamente] il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente». Per quanto attiene, invece, la costituzione del resistente, l'art. 23 statuisce che l'ente si costituisce «in giudizio entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale» (comma 1), ma detto termine non è perentorio, la sua osservanza rilevando eventualmente sul piano della tempestività dell'indicazione delle fonti di prova e della proponibilità delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio e della domanda di chiamata in causa di un terzo (comma 3). Ciò detto, non è previsto, in generale, un termine entro il quale il presidente deve provvedere alla fissazione dell'udienza di trattazione; neppure è previsto un termine entro il quale l'udienza deve essere celebrata; ma, in modo non dissimile a quanto accade “storicamente” nel processo amministrativo, le parti hanno facoltà di proporre al presidente un'istanza motivata per sollecitare la fissazione. Questa, in ogni caso, non può avvenire durante il periodo di sospensione feriale dei termini (oggigiorno dal 1° al 31 agosto), atteso che la sospensione (pur così ridotta rispetto al passato) incide su tutto il calendario processuale (Jannaccone, 39). Peraltro, sul versante del termine entro il quale l'udienza deve essere celebrata, l'assoluta discrezionalità del presidente incontra un limite rigido, sebbene privo di sanzione (salva una possibile rilevanza in sede disciplinare), ove la causa subisca l'incidenza di una vicenda cautelare, ma unicamente qualora l'istanza di sospensione, presentata contestualmente al ricorso, sia stata accolta, atteso che, secondo l'art. 47, comma 6, d.lgs. n. 546/1992 «nei [soli] casi di sospensione dell'atto impugnato[,] la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre novanta giorni dalla pronuncia». La ratio acceleratoria della disposizione di cui si tratta – che esula ove l'istanza di sospensione sia respinta – si giustifica appieno sol che si consideri che l'accoglimento dell'azione cautelare modifica la conformazione del rapporto obbligatorio corrente tra le parti, pregiudicando la parte pubblica per effetto della pur momentanea esclusione dell'efficacia dell'atto impugnato: talché detta modificazione meramente provvisoria, per di più adottata sulla ricorrenza del requisito del fumus boni iuris, e non sul rigoroso accertamento, a seguito di un'istruzione completa, della sussistenza della lesione del diritto lamentata dal ricorrente, necessita di essere urgentemente stabilizzata con la decisione di merito (una decisione piena, destinata a sostituirsi in toto a quella cautelare). Di certo, nel caso in cui a seguito della camera di consiglio fissata per la decisione dell'istanza di sospensione dell'atto impugnato, il giudice, senza il consenso delle parti, decida anche nel merito la controversia senza la fissazione dell'udienza di trattazione, si è in presenza di una nullità processuale che comporta la nullità anche della relativa sentenza per violazione del diritto di difesa, tuttavia tale vizio processuale non determina la retrocessione del giudizio ex art. 59 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che esso esula dalle ipotesi tassative previste da tale disposizione e, in particolare, da quella dell'irregolare costituzione o integrazione del contraddittorio (Cass. V, n. 32593/2021). Sempre in tema di rapporti tra cautela e trattazione, mette conto di sottolineare come la legge presenti un'evidente lacuna a proposito dell'ipotesi di presentazione dell'istanza cautelare a mezzo di atto separato rispetto al ricorso, segnatamente in corso di lite, deducendo il ricorrente che il periculum in mora sia sorto solo successivamente all'instaurazione del giudizio (cfr. La Rosa, 148; Canè, 338; Montanari, 746). Manca infatti l'indicazione di alcun termine per la presentazione dell'istanza cautelare, con la conseguenza che il dibattito si agita tra l'opinione secondo cui detto limite coincide con l'udienza di trattazione e quella secondo cui esso spira prima, quando la segreteria comunica il decreto presidenziale di fissazione di tale udienza, salvo oltretutto che non sia già scaduto il termine per il pagamento: verosimilmente la soluzione del problema è ancora diversa, dovendosi riconoscere il diritto all'accesso alla giurisdizione cautelare sino al momento in cui la trattazione è chiusa e la causa è assunta in decisione, giacché solo la decisione nel merito è idonea a regolare funditus – ossia a cognizione piena – i rapporti inter partes. Spunti di riflessione in tal senso possono trarsi da Cass. V, n. 7815/2010, la quale – investita della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale (anted.lgs. n. 156 del 2015 oggetto di ampie discussioni) degli artt. 49 e 69, che, nel processo tributario, limitavano il potere di richiedere la sospensione dell'esecutività ai soli capi della sentenza di primo grado riguardanti le sanzioni, con esclusione di ogni possibilità di tutela cautelare nei confronti dell'efficacia esecutiva della pronuncia di secondo grado, non ha mancato di osservare come siffatta disciplina non determinasse «un'ingiustificata lesione del diritto di difesa, in quanto la garanzia costituzionale della tutela cautelare deve ritenersi doverosa, anche alla luce della sentenza n. 165 del 2000 della Corte costituzionale, solo fino al momento in cui non intervenga una pronuncia di merito che accolga, con efficacia esecutiva, la domanda, rendendo superflua l'adozione di ulteriori misure cautelari, o al contrario la respinga, negando in tal modo a cognizione piena la sussistenza del diritto ed il presupposto stesso dell'inibitoria»; rammentasi che, oggi, dopo il d.lgs. n. 156 del 2015, la sospensione dell'atto impugnato può essere chiesta anche nei gradi di giudizio successivi al primo, la qual cosa conforta ancor di più nella soluzione proposta). Ritornando al tema principale, l'avviso di fissazione deve contenere le seguenti indicazioni: numero del ricorso, parti, oggetto della domanda, data e ora dell'udienza; sezione assegnataria; giudice relatore designato. La comunicazione alle parti costituite deve perfezionarsi nel termine di 30 giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. Nell'ipotesi di processo con pluralità di parti costituite, la comunicazione è dovuta a tutte, sebbene, dal punto di vista del diritto sostanziale, alcune tra esse siano unite da vincoli di solidarietà, atteso che siffatti rapporti sostanziali, peraltro sempre suscettibili di sindacato finanche nella radicanda controversia, giammai sono suscettibili di comportare una sorta di reciproca rappresentanza in seno al processo, governato da un apprezzamento autonomo della posizione di chiunque, a vario titolo, vi prenda partecipi. La comunicazione – rappresentando il presupposto per la regolare instaurazione del contraddittorio, in difetto del quale la sentenza eventualmente pronunciata è nulla – va effettuata anche nel caso di costituzione tardiva della parte, perché pur sempre costituita e perciò titolare del diritto ad un contraddittorio pieno ed effettivo, secondo le cui regole esplicare le facoltà difensive (Cass. I, n. 20952/2008; Cass. V, n. 21059/2007). Deve nondimeno avvertirsi che la regola della conseguenza della nullità della sentenza resa in violazione del contraddittorio non è assoluta, dovendo valutarsi caso per caso l'effettività della lesione delle facoltà difensive. Invero, «qualora la commissione tributaria regionale, dopo aver accertato la mancata comunicazione dell'avviso di trattazione della controversia in primo grado, invece di disporre la rimessione della causa alla commissione tributaria provinciale, come previsto dall'art. 59, comma primo, lettera b), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, abbia consentito al contribuente di produrre la documentazione posta a fondamento del ricorso, decidendo poi la causa nel merito, l'intervenuta regolarizzazione del contraddittorio nel giudizio di secondo grado, con possibilità per il contribuente di esplicitare tutte le proprie difese, non consente alla Corte di cassazione di annullare la sentenza di appello con riferimento all'iniziale vizio che inficiava la sentenza di primo grado, posto che la cassazione con rinvio, ai sensi dell'art. 383, primo comma, cod. proc. civ., è prevista soltanto al fine di consentire una valutazione di merito, nella specie ampiamente espletata ed adeguatamente motivata» (Cass. V, n. 24972/2006; conf. Cass. V, n. 13113/2012). Calendario delle udienze ed udienze “riservate”La regola in punto di fissazione delle udienze di trattazione da parte del presidente di commissione e, in via derivata, del presidente di sezione è quella di una discrezionalità tendenzialmente assoluta: per convincersene, sia sufficiente considerare che, al di là delle limitazioni, cui già si è accennato, derivanti dalla previsione di udienze «riservate» ai sensi del comma 2 dell'art. 30 in commento, la legge nulla dispone direttamente al riguardo. Tuttavia l'art. 24 attribuisce al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria il compito, tra gli altri, di fissare i criteri per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti, nonché quello dì stabilire i criteri per la ripartizione dei ricorsi nell'ambito delle Commissioni tributarie divise in sezioni. Completa il cerchio l'art. 6, secondo cui il Presidente di commissione, all'inizio di ogni anno, stabilisce la composizione delle sezioni in base ai criteri di massima fissati dal Consiglio di Presidenza onde assicurare l'avvicendamento dei componenti tra le stesse e il presidente di sezione, da un lato, parimenti all'inizio di ogni anno, stabilisce il calendario delle udienze e, dall'altro, all'inizio di ogni trimestre, stabilisce la composizione dei collegi. Il quadro composito che ne esce, quantunque prioritariamente volto a procedimentalizzare l'attività delle commissioni, con un occhio vigile ad evitare pericolosi radicamenti dei giudici nelle sezioni e nei collegi, che li renderebbero più avvicinabili, finisce di riflesso altresì per imbrigliare la discrezionalità dei due presidenti nella fissazione delle udienze di trattazione, giacché né il presidente di commissione né il presidente di sezione possono fissare un'udienza ad libitum, dovendo comunque rispettare i calendari. Sul sistema dei calendari, dunque, si innesta la previsione di udienze «riservate» giacché, mese per mese, almeno un'udienza per sezione deve essere giust'appunto «riservata» ai fascicoli a trattazione prioritaria. In proposito, con Circolare 23 aprile 1996, n. 98/E, il MEF ha raccomandato alle segreterie di evidenziare sul registro generale e sul fascicolo d'ufficio – normati nelle linee essenziali dall'art. 25 – le controversie di maggiore rilevanza economica o comunque interessanti società con personalità giuridica, onde consentire ai presidenti un'agevole individuazione dei relativi affari. Restano fuori (dato che la modifica del comma 2 dell'art. 30 in commento è da ultimo intervenuta, come visto, con il d.lgs. n. 358/1997) le controversie inerenti la disciplina antielusiva: al riguardo però agevolmente soccorre l'indicazione dell'oggetto al momento dell'iscrizione a ruolo (atteso che, con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., in legge 14 settembre 2011, n. 148, è stato introdotto l'obbligo di depositare, all'atto della costituzione in giudizio, la nota di iscrizione a ruolo, contenente, tra l'altro, l'indicazione dell'atto impugnato, della materia del contendere e del valore della controversia). BibliografiaCanè, Riflessioni sulla riforma della tutela cautelare nel processo tributario, in Boll. trib. inf. 2016, 5, 338; Carbone, Inammissibilità del ricorso tributario, in Corr. giur. 2016, 5, 727; Forgione, La trattazione della controversia, in Amministrazione e contabilità pubblica, in Rivista telematica 2010; Glendi-Bruzzone, Esame preliminare del ricorso, in Riv. giur. trib. 2015, 8/9, 726; Jannaccone, Contenzioso tributario: nuovi termini di sospensione feriale, in Sett. fisc. 2015, 31, 39; La Rosa, Amministrazione Finanziaria e giustizia tributaria, Torino, 2000, 148; Montanari, La tutela cautelare nel progetto di codice del processo tributario, in Dir. prat. trib. 2015, 5, 746; Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 1999, 493. |