Decreto legislativo - 19/06/1997 - n. 218 art. 14 - Disposizioni in materia di conciliazione giudiziale.Disposizioni in materia di conciliazione giudiziale. 1. L'art. 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall'art. 12 del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556, è sostituito dal seguente: "Art. 48 ( Conciliazione giudiziale ). - 1 . Ciascuna delle parti con l'istanza prevista dall'art. 33, può proporre all'altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia. 2 . La conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d'ufficio anche dalla commissione. 3 . Se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un'unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire, previa prestazione di idonea garanzia secondo le modalità di cui all'art. 38- bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull'importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data, e per il periodo di rateazione di detto importo aumentato di un anno. Per le modalità di versamento si applica l'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 592. Le predette modalità possono essere modificate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro. 4 . Qualora una delle parti abbia proposto la conciliazione e la stessa non abbia luogo nel corso della prima udienza, la commissione può assegnare un termine non superiore a sessanta giorni, per la formazione di una proposta ai sensi del comma 5. 5 . L'ufficio può, sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, depositare una proposta di conciliazione alla quale l'altra parte abbia previamente aderito. Se l'istanza è presentata prima della fissazione della data di trattazione, il presidente della commissione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l'estinzione del giudizio. La proposta di conciliazione ed il decreto tengono luogo del processo verbale di cui al comma 3. Il decreto è comunicato alle parti ed il versamento dell'intero importo o della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data della comunicazione. Nell'ipotesi in cui la conciliazione non sia ritenuta ammissibile il presidente della commissione fissa la trattazione della controversia. Il provvedimento del presidente è depositato in segreteria entro dieci giorni dalla data di presentazione della proposta. 6 . In caso di avvenuta conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura di un terzo delle somme irrogate.". 2. All'art. 37 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, concernente l'attività di indirizzo agli uffici periferici, dopo il comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente: "4- bis . Il dirigente dell'ufficio del Ministero delle finanze di cui all'art. 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, riguardante la capacità di stare in giudizio, stabilisce le condizioni necessarie per la formulazione o l'accettazione della proposta di conciliazione di cui all'art. 48 del citato decreto legislativo n. 546 del 1992.". InquadramentoIl previgente art. 48 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, già sostituito dall'art. 12 del d.l. 8 agosto 1996, n. 437 (conv., con modif., dalla l. 24 ottobre 1996, n. 556, è sostituito dall'art. 14 del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218 (di seguito: «d.lgs. n. 218»), che disciplina la «conciliazione giudiziale», quale istituto deflattivo del contenzioso tributario (operante in seguito a lite già insorta). Ad esso, difatti, è sottesa la medesima ratio deflattiva propria dell'accertamento con adesione, come ribadito da Cass. V, n. 11497/2018, sicché può operare, proprio in ragione della detta finalità, anche in relazione ad addebiti dotati di autonoma rilevanza, ancorché ricompresi in un unico avviso di accertamento. La scelta discrezionale dell'Amministrazione finanziaria circa la pluralità di addebiti in unico atto di accertamento non può difatti precludere al contribuente la possibilità di agire dinanzi al giudice tributario per contestarne alcuni ed al tempo stesso di accedere, per altri, all'istituto di carattere premiale di cui al citato art. 15. Circa la natura della conciliazione in argomento si assiste ad un attuale conflitto in seno alla giurisprudenza di legittimità. Cass. V, n. 14951/2019 ha in particolare ritenuto che la conciliazione giudiziale non abbia efficacia novativa del rapporto sostanziale controverso, attesa la diversa estensione degli effetti riconducibili al perfezionamento della conciliazione (mediante versamento della prima rata e prestazione di garanzia) e fatto sopravvenuto estintivo del giudizio pendente (mediante pagamento del complessivo importo rateizzato), giustificandosi la parziale rinuncia della P.A. alla maggiore pretesa contestata soltanto in caso di integrale adempimento dell'obbligazione. Ne consegue che la pronuncia di estinzione adottata alla stregua del solo perfezionamento della conciliazione, senza versamento dell'intera somma che ne è oggetto, è affetta da nullità processuale, sicché la sua mancata impugnazione, comportando la formazione del giudicato sulla pretesa tributaria, impedisce l'iscrizione a ruolo delle somme afferenti all'originario credito contestato, essendo consentita soltanto per gli importi indicati nel processo verbale di conciliazione. Per converso, Cass. V, n. 4807/2017 , ha ritenuto il carattere novativo della conciliazione giudiziale prevista dall'art. 48 d.lgs. n. 546/1992, che si sostituisce all'originario verbale di constatazione ed all'atto impositivo su di esso fondato, determinando la caducazione della misura cautelare concessa, ai sensi dell'art. 22 d.lgs. n. 472/1997, in quanto fa venir meno l'atto tipico che la legittima. Parimenti, per la precedente Cass. sez. VI-V, n. 9019/2015, la conciliazione giudiziale prevista dal citato art. 48, ha carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e comporta l'estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata, e la sua sostituzione con una certa e concordata, purché la fattispecie conciliativa si sia perfezionata secondo le modalità previste dall'art. 48 cit. Ne consegue che, in caso di conciliazione giudiziale rateale, che si perfeziona solo con il versamento, nel termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'importo della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull'importo delle rate successive, il mancato adempimento degli obblighi indicati impedisce l'estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere. Tale orientamento è supportato anche da Cass. sez. V, n. 14300/2009 che ritiene l'istituto in esame, sia nel testo originario che in quello risultante dalle modifiche apportate all'art. 48 d.lgs. n. 546/1992 dall'art. 1, comma 419, l. n. 311/2004, avente carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e tale da comportare l'estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata, e la sua sostituzione con una certa e concordata, tanto che il relativo processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute. Da quanto innanzi, deriva che il verbale di conciliazione giudiziale (ex art. 48 d.lgs. n. 546/1992), anche nel testo modificato dall'art 1, comma 419, l. n. 311/2004, ancorché redatto con l'intervento del giudice a definizione di una controversia pendente tra le parti, ha natura di atto negoziale, in quanto scaturente dall'incontro di volontà delle stesse, e carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive, sì da comportare l'estinzione dell'originaria pretesa fiscale, unilateralmente determinata e contestata, e la sua sostituzione con quella certa e concordata, costituente titolo per la riscossione delle somme dovute. Ne consegue, per Cass. sez. V, n. 10981/2020, che l'interpretazione del contenuto del verbale postula un'indagine sulla volontà delle parti e si risolve in un accertamento di fatto. La disciplina dell'istituto in esame è stata da ultimo modificata, sempre agendo sull'apparato normativo di cui al d.lgs. n. 546/1992, ad opera dell'art. 9, comma 1, lett. s ) e t ), del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156 , che ha riscritto il citato art. 48, che ora disciplina la «conciliazione fuori udienza». Lo stesso citato art. 9 ha altresì aggiunto, al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , i successivi artt. 48- bis e 48- ter , disciplinanti, rispettivamente, a decorrere dall'1 gennaio 2016, la «conciliazione in udienza» e gli aspetti inerenti la definizione della procedura ed il pagamento delle somme dovute in base ad essa (per una disamina dell'istituto si vedano, ex plurimis : Versiglioni , 2011,109; Fransoni , 1803 e 1820; Santi Di Paola, 2009 , passim , e, con particolare riferimento a rapporti tra finalità deflattiva e benefici in termini di riduzione delle sanzioni, Santi Di Paola , 2016, 48). La conciliazione giudiziale, fuori udienza ed in udienza, procedura e pagamento delle somme dovuteAltro strumento deflattivo del contenzioso tributario è la conciliazione giudiziale, che, però, a differenza dell'accertamento con adesione, opera a lite già pendente, anche se con mosse differenti a seconda che essa avvenga fuori udienza ovvero in udienza. Come già evidenziato in sede di inquadramento, difatti, la disciplina dell'istituto in esame, già introdotta nel d.lgs. n. 546/1992 dall'art. 17 del d.lgs. n. 218, è stata da ultimo modificata, sempre agendo sull'apparato normativo del citato d.lgs. n. 546, ad opera dell'art. 9, comma 1, lett. s) e t), del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, che ha riscritto il detto art. 48, che ora disciplina la «conciliazione fuori udienza». Con il medesimo intervento normativo sono stati altresì introdotti i successivi artt. 48-bis e 48-ter, disciplinanti, rispettivamente, a decorrere dall'1 gennaio 2016, la «conciliazione in udienza» e gli aspetti inerenti la definizione della procedura ed il pagamento delle somme dovute in base ad essa. In pendenza del giudizio, le parti che raggiungano un accordo conciliativo, ex art. 48 del d.lgs. n. 546/1992, devono presentare istanza congiunta, sottoscritta personalmente o dai difensori, per la definizione totale o parziale della controversia. Essa è rivolta alla Commissione tributaria che, nel caso in cui la data di trattazione sia già fissata, e sempre che sussistano le condizioni di ammissibilità, pronuncia sentenza di cessazione totale della materia del contendere, nel caso di accorto conciliativo totale, ovvero, nel caso di accordo conciliativo parziale, con ordinanza dichiara la cessazione parziale della materia del contendere, disponendo, in questo secondo caso, procedersi all'ulteriore trattazione della causa (la cui data, se non già fissata, è determinata con decreto del presidente di sezione). Il verbale di conciliazione giudiziale (ex art. 48 d.lgs. n. 546/1992), anche nel testo modificato dall'art 1, comma 419, l. n. 311/2004, ancorché redatto con l'intervento del giudice a definizione di una controversia pendente tra le parti, ha natura di atto negoziale, in quanto scaturente dall'incontro di volontà delle stesse, e, per Cass. sez. V, n. 10981/2020, carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive, sì da comportare l'estinzione dell'originaria pretesa fiscale, unilateralmente determinata e contestata, e la sua sostituzione con quella certa e concordata, costituente titolo per la riscossione delle somme dovute. Ne consegue, sempre per la statuizione da ultimo citata, che l'interpretazione del contenuto del verbale postula un'indagine sulla volontà delle parti e si risolve in un accertamento di fatto (nei più diffusi termini di cui al paragrafo che precede). Il detto verbale, comunque, che ha natura di atto negoziale ancorché redatto con l'intervento del giudice a definizione di una controversia pendente, va interpretato alla stregua degli artt. 1362 e ss. c.c., risolvendosi in un accertamento di fatto di esclusiva spettanza del giudice di merito. Ne consegue che il sindacato di legittimità non ha ad oggetto la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (in questi termini Cass. sez. III, 4564/2014, nonché la precedente Cass. sez. V, n. 14911/2007). Nell'ipotesi in esame («conciliazione fuori udienza») la conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell'accordo di cui innanzi, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento, ed esso costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'Ente impositore e per il pagamento di quelle dovute al contribuente. A decorrere dall'1 gennaio 2016 è altresì praticabile la «conciliazione in udienza» come disciplinata dall'art. 48-bis del d.lgs. n. 546/1992. Nel caso di presentazione di relativa istanza per la conciliazione (totale o parziale), possibile ad opera di ciascuna parte processuale entro i termini per il deposito di memorie illustrative, all'udienza la Commissione tributaria, sempre che esistano le condizioni di ammissibilità, invita le parti alla conciliazione, eventualmente rinviando la causa alla successiva udienza per il perfezionamento dell'accordo conciliativo. Esso avviene difatti con la redazione del processo verbale, indicante le somme dovute nonché relativi termini e modalità di pagamento, che costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore oltre che per il pagamento di quelle dovute al contribuente ed al quale segue, con sentenza, dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. Sempre dall'1 gennaio 2016 è in vigore la disciplina di cui all'art. 48-ter, introdotto nel d.lgs. n. 546/1992, disciplinante definizione e pagamento delle somme dovute in forza della conciliazione giudiziale in esame. Chiare esigenze deflattive si pongono alla base dei benefici sanzionatori connessi all'esito positivo della conciliazione giudiziale. Le sanzioni amministrative, difatti, si applicano nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio, ovvero, nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del giudizio di secondo grado. Il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata, deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo conciliativo fuori udienza o, in ipotesi di accordo conciliativo in udienza, dalla redazione del processo verbale inerente l'accordo in oggetto. Nel caso di previsto pagamento rateale, infine, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 8 dello stesso d.lgs. n. 218. Il pagamento di cui innanzi non influisce però sul perfezionamento della procedura, rilevando la relativa assenza ai differenti fini dell'iscrizione a ruolo. In caso di mancato pagamento dell'intero ovvero, in ipotesi di concordata rateizzazione, di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente Ufficio provvede difatti all'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione prevista per il caso di ritardati od omessi versamenti diretti (di cui all'art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471), aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta. Inquadrato l'istituto in esame, anche alla luce degli interventi normativi susseguitisi nel tempo ed in ordine agli effetti funzionali alla deflazione del contenzioso tributario, oltre che illustratane la procedura, in questa sede si richiama la relativa analisi dottrinal-giurisprudenziale già condotta con riferimento ai citati artt. 48, 48- bis e 48-ter del d.lgs. n. 546 del 1992, alla quale, pertanto, si rinvia. BibliografiaFransoni, Osservazioni sui rapporti tra conciliazione giudiziale ed accertamento con adesione, in Rass. trib., 2000, 6; Santi Di Paola, Contenzioso tributario 2009, commento all'art. 48 del d.lgs. 546/1992, Santarcangelo Di Romagna, 2009; Santi Di Paola, Le sanzioni tributarie, Santarcangelo Di Romagna, 2016; Versiglioni, Accertamento con adesione, Padova, 2011; si rinvia altresì integralmente alla bibliografia indicata in sede di commento agli artt. 48,48-bis e 48-ter del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. |