La nuova stagione degli accordi di ristrutturazione: dalla Cassazione la definitiva spinta verso la natura concorsuale?
28 Febbraio 2018
L'istituto degli accordi di ristrutturazione, dal momento della sua introduzione nell'ordinamento giuridico, ha subito progressive e penetranti integrazioni e modifiche. Ne costituisce la dimostrazione più lampante il poderoso arricchimento delle norme che ne integrano la disciplina giuridica. Se inizialmente quest'ultima era contenuta tutta nell'art. 182-bis l. fall., che delineava una sorta di rivestimento procedimentale esterno ad un fenomeno di natura squisitamente negoziale, assicurando agli accordi effetti giuridici che, in mancanza del controllo giurisdizionale, non si sarebbero potuti produrre (nella sostanza l'esonero da revocatoria dei pagamenti e dei negozi eseguiti e conclusi in esecuzione degli accordi), oggi possiamo parlare di una disciplina molto più articolata, che rappresenta il portato di reiterati interventi del legislatore, che consentono di delineare i nuovi confini di un istituto le cui potenzialità applicative sono ben lungi dall'essere limitate a fattispecie residuali. La progressiva opera di arricchimento normativo è iniziata con il decreto legge n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010, che ha introdotto l'art. 182-quater e quindi il riconoscimento della prededuzione alla nuova finanza erogata in funzione della conclusione degli accordi o in esecuzione degli accordi omologati; ha aggiunto all'art. 182 bis i commi sesto, settimo e ottavo (quello che nel gergo degli operatori viene chiamato pre-accordo), al fine di assicurare al debitore che ne faccia richiesta quell'anticipazione dell'effetto protettivo, riconducibile all'iscrizione degli accordi al registro delle imprese, da considerarsi essenziale per garantire la tranquillità delle trattative con i creditori; ha infine introdotto l'art. 217-bis, con conseguente esonero da responsabilità per i reati di bancarotta preferenziale e semplice, in presenza di pagamenti e negozi posti in essere in esecuzione degli accordi omologati.
Lo sviluppo della disciplina è proseguita con il riconoscimento della facoltà di utilizzo dell'istituto agli imprenditori agricoli (d.l. n. 9/2011) e con l'introduzione, scaturita dal d.l. n. 83/2012, convertito dalla legge n. 134/2012, di una serie di istituti applicabili trasversalmente agli accordi e al concordato preventivo, dalla prededuzione della nuova finanza interinale attestata e dal pagamento anticipato e integrale dei crediti pregressi strategici (art. 182-quinquies), alla moratoria prevista per il caso di riduzione o perdita del capitale delle società in crisi (art. 182-sexies). Con il medesimo intervento legislativo è stata poi introdotta la possibilità di pagare integralmente gli estranei entro quattro mesi dall'omologazione, o dalla scadenza delle obbligazioni del debitore, ove successiva all'omologazione. La stessa novità della domanda ex art. 161, comma sesto, l. fall., per la sua utilizzabilità anche nella prospettiva della conclusione ed iscrizione degli accordi, va considerata come strettamente inerente alla disciplina degli accordi. Infine, con il d.l. n. 83/2015, convertito dalla legge n. 132/2015, sono state introdotte la disciplina dei finanziamenti interinali urgenti non attestati (art. 182-quinquies, terzo comma l. fall.) e la variabile degli accordi conclusi con gli intermediari finanziari (art. 182-septies), la cui disciplina presuppone che la maggior parte dell'indebitamento del soggetto in crisi sia nei confronti di banche o di altri intermediari finanziari e consente, previa aggregazione dei creditori così qualificabili in categorie, l'estensione ai non aderenti degli effetti degli accordi raggiunti con i titolari di crediti che rappresentino almeno il settantacinque per cento del totale dei crediti facenti parte della singola categoria, con una significativa deroga al principio generale secondo cui il contratto produce i suoi effetti esclusivamente nella sfera giuridica di chi lo conclude (art. 1372 c.c.), salvo eccezioni previste per legge. L'effetto della progressiva implementazione della disciplina giuridica degli accordi di ristrutturazione dei debiti è stato duplice: l'aumento del numero dei procedimenti, certamente riscontrabile, anche se limitatamente a determinate aree territoriali del Paese e in misura comunque non pari a quanto auspicabile; la rinascita ed il nuovo slancio della teoria secondo cui gli accordi rappresentano una vera e propria procedura concorsuale, pienamente riconducibile al modello del concordato preventivo. Quest'ultimo effetto non è privo di conseguenze pratiche e applicative. E' infatti ovvio che la recezione della tesi della concorsualità si porta con sé la conseguenza dell'applicabilità agli accordi, in via analogica, di una serie di norme che sono espressione dei principi generali della disciplina concorsuale-concordataria, uno dei quali è quello della riconoscibilità della prededuzione al credito che sia considerato funzionale all'apertura della procedura concorsuale, in applicazione di quanto previsto dall'art. 111, ultimo comma, l. fall. Ed è proprio con riguardo a tale ultimo profilo che la Corte di Cassazione ha di recente affermato, in due distinte pronunce, l'equiparabilità degli accordi di ristrutturazione al concordato preventivo, con due sentenze che ne sottolineano l'appartenenza agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo l'istituto è stato assoggettato; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall'altro, suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali (Cass., sez. I, 18.01.2018, n. 1182; Cass. sez. I, 25.01.2018, n. 1896).
Il principio affermato, che ravvisa la coerenza della disciplina degli accordi con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali, va peraltro verosimilmente limitato ai suoi effetti sulla questione, sulla quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi, della riconoscibilità della prededuzione ai crediti funzionali all'apertura degli accordi di ristrutturazione, senza che da ciò possa trarsi una conclusione, di carattere sistematico, di inclusione tout court degli accordi di ristrutturazione nel novero delle procedure concorsuali, conclusione che integrerebbe una disattenzione di una serie di elementi che continuano a distinguere ontologicamente l'istituto in discorso dalle procedure concorsuali. Va anzitutto rimarcata la mancanza, nella disciplina degli accordi, di una norma di chiusura che preveda l'applicabilità agli accordi dei principi del concordato preventivo, in quanto compatibili. Ne è conseguita la necessità, per il legislatore, di specificare, di volta in volta, la trasversalità a concordato ed accordi di determinate parti della disciplina. Non v'è dubbio che ciò costituisca un elemento di lettura dell'intenzione del legislatore, costante in tutti gli interventi riformatori degli ultimi anni, di mantenere sostanzialmente distinte disciplina e natura (concorsuale nel caso del concordato preventivo; negoziale nel caso degli accordi di ristrutturazione) dei due istituti. Ma sono essenzialmente la perdurante mancanza della previsione di un momento di apertura del concorso dei creditori, nonché la conseguente assenza della necessità, per il debitore, di rispettare il principio della par condicio, che vanno considerati dati decisivi per continuare ad escludere che gli accordi possano essere una procedura concorsuale. Si tratta oltretutto di dati da cui discendono una serie di conseguenze, in termini di disciplina giuridica dell'istituto, che inevitabilmente continuano a giustificare una collocazione di quest'ultimo al di fuori del perimetro della concorsualità.
Si allude alla mancanza di un elemento di discrimine tra crediti con titolo anteriore e crediti con titolo posteriore, e quindi di un passivo concorsuale; alla conseguente mancanza della “massa dei creditori concorsuali” e quindi di un organo della procedura che sia rappresentativo dell'interesse della massa stessa. Si allude, ancora, all'inapplicabilità agli accordi di ristrutturazione di una serie di norme espressive di principi immanenti alle procedure concorsuali: da quella che prevede l'inefficacia, rispetto ai creditori, delle formalità necessarie per l'opponibilità degli atti ai terzi, ove compiute dopo il momento di apertura del concorso, a quella che determina gli effetti di quest'ultimo sui debiti pecuniari; dalla disciplina speciale della compensazione, a tutti gli ulteriori principi contenuti nelle norme di cui agli articoli 57 – 63, a loro volta richiamati dall'art. 169 l. fall. Ma soprattutto, la mancata previsione di un momento di apertura del concorso comporta che non si verifichi quell'effetto di cristallizzazione del patrimonio del debitore che, da quel momento in poi, nelle procedure concorsuali, non può avere altra funzione se non quella di assicurare, nel rigoroso rispetto del principio generale di cui all'art. 2740 c.c., il soddisfacimento dei crediti concorsuali secondo le regole, appunto, del concorso (artt. 2741 e segg. c.c.), quel concorso che negli accordi previsti dall'art. 182-bis l. fall. continua, innegabilmente, a mancare. |