I limiti alla verifica dell'anomalia dell'offerta recante un utile “esiguo” e una previsione generica dei “costi societari”
21 Marzo 2018
Il caso. All'esito di una gara per l'affidamento triennale di servizi di assistenza, indetta secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, l'impresa seconda classifica (e unica altra impresa in gara) proponeva ricorso, contestando la violazione dell'art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto l'aggiudicataria aveva indicato, nella propria offerta, un utile limitato a 88,21 euro, palesando, secondo la prospettazione della ricorrente, l'assenza di un reale margine di guadagno, con conseguente inattendibilità dell'offerta. Con il secondo motivo di ricorso, l'impresa contestava l'omessa ripartizione nell'offerta dei “costi generali della società”, quali lo stipendio ed il trattamento previdenziale spettante ai dipendenti amministrativi, agli organi societari e i costi della sede aziendale (indicati genericamente nella misura di 703,34, euro, non ripartiti pro quota su ciascun contratto che sarebbe stato stipulato).
La soluzione del TAR. Il Collegio richiama e condivide l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui «non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, giacché anche un utile modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti dall'essere aggiudicatario e aver portato a termine un appaltopubblico» (Cons. St., sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4350). Con riferimento alla generica e esigua indicazione dei “costi della società”, il Collegio dopo aver evidenziato che tale importo «appare congruo alla luce sia del modesto valore dell'appalto in questione sia delle caratteristiche dell'appalto stesso, il quale deve essere eseguito nei locali e con le attrezzature informatiche messi a disposizione dal Comune (…), con spese a carico di quest'ultimo” respinge il secondo motivo di ricorso precisando che “non vige una regola contabile o giuridica secondo cui per ogni contratto stipulato debba necessariamente trovare capienza una quota di spese generali non attinenti allo specifico contratto” giacché “il riparto degli oneri generali può avvenire in modo diverso tra contratto e contratto».
In conclusione. Il TAR afferma che il giudizio di congruità “scaturente dalla verifica a posteriori dell'anomalia dell'offerta non necessita di puntuale e specifica motivazione; pertanto, nell'ipotesi di esito positivo della verifica di congruità, incombe su chi contesta l'aggiudicazione l'onere di individuare una manifesta irragionevolezza o erroneità o travisamento del giudizio escludente anomalie dell'offerta” (ex multis: Cons. St., Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1922; TAR Sicilia, Palermo, III, 27 ottobre 2017, n. 2426), onere, nella specie, non assolto dalla ricorrente. |