Codice Civile art. 58 - Dichiarazione di morte presunta dell'assente.Dichiarazione di morte presunta dell'assente. [I]. Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, il tribunale competente secondo l'articolo 48, su istanza del pubblico ministero [69 c.p.c.] o di taluna delle persone indicate nei capoversi dell'articolo 50, può con sentenza dichiarare presunta la morte dell'assente nel giorno a cui risale l'ultima notizia [114 trans.; 726 c.p.c.]. [II]. In nessun caso la sentenza può essere pronunziata se non sono trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore età dell'assente [2]. [III]. Può essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la dichiarazione di assenza. InquadramentoLa morte presunta viene definita in dottrina come il decesso giudizialmente dichiarato qualora la scomparsa persista oltre un determinato arco temporale (Bianca, 266). La dichiarazione determina l'apertura della successione con riferimento alla data della presunta morte (Sgroi, 110 ss.). Rispetto all'accertamento diretto del decesso, si è in presenza di un accertamento di carattere giudiziale fondato su una presunzione legale connessa al decorso di un certo periodo di tempo (per Bianca, 267, trattasi di presunzione semplice, superabile per effetto del ritorno del dichiarato morto o dell'accertamento diretto del suo decesso; Rescigno, 458 ss., evidenzia la realtà «giuridica» della morte, contrapposta alla realtà fattuale, in cui il diritto rende ufficiale l'estinzione del soggetto col privarlo della capacità giuridica mentre, presumibilmente, permane in vita; per Giorgianni, 231, la dichiarazione di morte presunta è uno strumento di accertamento indiretto della morte naturale basato su gravissimi indizi, tra cui in primis la scomparsa per un più o meno lungo periodo di tempo). È stato anche ritenuto che, nel caso di specie, e a differenza dalla scomparsa e dall'assenza, si è in presenza di una vera e propria «presumibilità di morte» (Giardina, 267; così anche Mazzoni - Piccinni, 300 e Giorgianni, 224, secondo cui la dichiarazione di morte presunta vale quale accertamento indiretto della morte naturale del soggetto in questione; contra Zatti, 1261, che accenna ad una mera probabilità di morte,). La morte presunta, dichiarata con sentenza dal tribunale, ai sensi dell'art. 473-bis.62 c.p.c., così come introdotto senza modifiche di carattere sostanziale dal dlgs. n. 149/2022, presuppone, oltre ovviamente all'allontanamento della persona dai luoghi di sua pertinenza, il decorso di dieci anni dal momento in cui si è avuta l'ultima notizia. Essa è dotata di un elevato grado di stabilità, poiché, a parte il periodo particolarmente lungo di tempo legittimante tale status, è previsto che con la stessa sentenza sia stabilito anche il momento della presunta morte: in particolare, se per l'art. 58 il momento della presunta morte è legato al «giorno a cui risale l'ultima notizia», situazione intesa quale mero indice di scomparsa, nelle altre ipotesi speciali di cui all'art. 60, è la sentenza del giudice a determinare «il giorno e possibilmente l'ora a cui risale la scomparsa nell'operazione bellica o nell'infortunio» (nn. 1 e 3) ovvero «il giorno a cui risale l'ultima notizia» (n. 2), secondo quanto prevede l'art. 61. Quanto al procedimento, valgono le regole dettate dall'art. 473-bis.62 – in sostituzione degli ormai abrogati artt. 726,727 e 728 c.p.c., a seguito della riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 – nonché quelle, di carattere processuale, contenute nel codice civile. Sicché, decorsi dieci anni dal giorno in cui risale l'ultima notizia dell'assente, la domanda di dichiarazione di morte presunta si propone al Tribunale del luogo di ultimo domicilio o di ultima residenza dell'assente con ricorso (nel quale devono essere generalizzati i presunti successori legittimi dello scomparso e, se presenti, del suo procuratore o rapp.te legale e di tutte le altre persone che potrebbero nutrire un interesse per effetto della morte dello scomparso) su istanza degli interessati (per la legittimazione attiva, cfr. l'art. 50 c.c.) di chi vi ha interesse o del p.m., per espressa previsione dell'art. 58 comma 1 c.c. Al ricorso devono essere allegati i documenti di cui all' art. 190 disp. att. c.p.c. Il foro del luogo di ultimo domicilio o di ultima residenza dell'assente è inderogabile – trattandosi, peraltro, di procedimento che può essere promosso dal p.m. (art. 28 c.p.c.) – salvo che tali luoghi non siano conosciuti, nel qual caso trovano applicazione gli ordinari criteri di cui agli artt. 18 e ss. c.p.c. (Sgroi, 117). La dichiarazione di morte presunta può essere richiesta anche se non preceduta dalla declaratoria di scomparsa e di assenza (Sgroi, 113 secondo cui, appunto, «non sussiste un rapporto di consecuzione necessaria fra la dichiarazione di assenza e quella di morte presunta, la prima non costituendo condizione indispensabile per procedere alla seconda»). Il ricorrente è onerato all'adempimento di alcune incombenze di carattere pubblicitario (pubblicazione della domanda in G.U. e in due giornali per due volte consecutive a distanza di dieci giorni, con invito a chiunque abbia notizia dello scomparso di farle pervenire al tribunale entro sei mesi dall'ultima pubblicazione), configurandosi, in mancanza, una fattispecie di carenza di interesse all'accoglimento del ricorso (accenna all' inefficacia della domanda, che non ne preclude l'immediata riproposizione, Sgroi, 119, posto che l'art. 59 è riferibile al solo caso di rigetto nel merito della domanda di cui al ricorso mentre, in questo caso, l'omissione degli adempimenti pubblicitari impediscono l'analisi nel merito delle domande proposte). Decorsi sei mesi dalla data dell’ultima pubblicazione e su istanza del ricorrente il presidente del tribunale o il giudice da lui delegato stabilisce con decreto la data dell’udienza per la comparizione davanti a sé del ricorrente e delle altre persone indicate nel ricorso; il provvedimento è notificato a tali persone ed è comunicato al pubblico ministero. Al termine dell’udienza, assunte sommarie informazioni ed interrogate le persone comparse, il giudice si riserva di riferire al collegio per la decisione, in camera di consiglio. Prevede, inoltre, l'art. 59 c.c. che se l'istanza è rigettata, essa non può essere riproposta prima che siano decorsi almeno due anni. Tale disposizione, secondo la dottrina, «si giustifica con le possibilità che il trascorrere di un ulteriore lasso di tempo faccia emergere nuovi elementi di fatto capaci di far presumere, sul presupposto del perdurare della scomparsa, la morte; e si coordina con il principio della discrezionalità dell'accertamento del giudice» (Sgroi, 116; v. anche Dogliotti, 446). Il procedimento – svoltosi in camera di consiglio – si conclude con una sentenza avente natura di mero accertamento, a carattere quindi dichiarativo (e non già costitutivo: così Callegari, 938; Bianca, 269, da cui si producono gli effetti propri della morte di una persona) in quanto si limita ad accertare una situazione di fatto: la morte presunta di un soggetto (Trisorio Liuzzi, 6; propendono, invece, per il carattere costitutivo della sentenza, dalla quale si «producono» i relativi effetti: Carresi, 353, Zatti, 1261; secondo Sgroi, 121, la sentenza ha efficacia erga omnes). Dal carattere meramente dichiarativo ne consegue, tra l'altro, l'effetto retroattivo della sentenza in questione, sicché la morte si considera avvenuta nel giorno in cui si è avuta l'ultima notizia dello scomparso (così Barillaro, 346, secondo cui però tale retroattività trova naturale limitazione nei confronti dei rapporti già esauriti o irreversibili). La sentenza non può essere eseguita prima del suo passaggio in giudicato e prima del compimento delle forme di pubblicità previste dall’art. 473-bis.63 c.p.c. A norma del medesimo articolo, peraltro, la cancelleria deve prontamente comunicare all'ufficio di stato civile competente la sentenza di dichiarazione della morte presunta per l'annotazione ex art. 49, comma 1, lett. j), d.P.R. n. 396/2000, sull'atto di nascita. Per effetto dell'art. 81, comma 2, d.P.R. n. 396/2000 sono invece annotate negli atti di morte le sentenze rese ex art. 67 c.c. dichiarative dell'esistenza in vita di una persona di cui si era presunto il decesso o dichiarative della sua morte effettiva. Essa è soggetta alla clausola rebus sic stantibus per il caso di ritorno del morto presunto o di accertamento effettivo della sua morte. Sono proponibili gli ordinari mezzi di impugnazione (Bianca, 268, Barillaro, 203) Si discute circa la natura giuridica del procedimento dichiarativo di morte presunta. Secondo alcuni si tratta di un procedimento di volontaria giurisdizione (così, sembra, Sgroi, 120., alla luce della mancanza di un vero e proprio conflitto di interessi fra i soggetti indicati dall'art. 58 c.c. come legittimati alla domanda e del particolare tipo di interesse, d'indole squisitamente pubblica alla eliminazione della incertezza intorno alla sorte di un soggetto scomparso, che nel procedimento de quo trova protezione). La natura non contenziosa del procedimento (Fazzalari, 189; Bianca, 268) dovrebbe desumersi per differenza da quello previsto all'art. 67 c.c. per il caso in cui la situazione di incertezza venga meno (per accertamento dell'esistenza o della morte della persona dichiarata morta presunta), che ha carattere contenzioso, dovendo svolgersi in contraddittorio di tutti coloro che furono parti del giudizio di morte presunta (Bianca, 271). Altra parte della dottrina si pronunzia a favore del carattere contenzioso del relativo procedimento, in quanto esso si conclude «con la forma tipica del giudizio di cognizione, ossia con sentenza, di cui la legge espressamente afferma l'idoneità a passare in giudicato», sia pur soggetta alla clausola rebus sic stantibus (per la natura di procedimento di cognizione, in particolare, Mandrioli - Carratta, III, 176). A favore della tesi secondo cui la pronunzia giudiziale che si dichiara la morte presunta di un soggetto non è una sentenza costitutiva, bensì di mero accertamento, si pronuncia anche la giurisprudenza (a partire da Cass. n. 476/1956; Cass. n. 1996/1961). Per Cass. I, n. 759/1969 il provvedimento di dichiarazione di morte presunta ha forma, il contenuto e gli effetti di una sentenza, compresa la forza del giudicato, nel quadro del carattere sostanzialmente contenzioso del giudizio, dal che deriva l'impugnabilità del provvedimento stesso con l'appello e con il ricorso per Cassazione (in senso conforme anche Cass., n. 1588/1962). Precisa, infine, l'art. 62 comma 3 c.c. che il mancato accoglimento della domanda non preclude al tribunale di pronunciare l'assenza, ricorrendone i presupposti di legge, senza che possa in tal caso configurarsi una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (Trisorio Liuzzi, 6). La morte presunta del minore d'etàNel caso in cui ad essere scomparso sia un soggetto minore d'età, l'art. 58, comma 2, c.c., richiede che siano trascorsi «almeno nove anni dal raggiungimento della maggiore età dell'assente», ciò sul duplice presupposto che il decesso di persona molto giovane sia evento statisticamente improbabile, e che «l'inesperienza e lo spirito di autonomia e di avventura del minore facciano scemare, in linea di massima, il valore sintomatico della mancanza di notizie di lui» (così, Sgroi, 115). È stato osservato (Barillaro, 358) che pur presupponendo l'art. 58, comma 2, c.c. la previa dichiarazione di assenza del minore, il comma 3 del medesimo articolo attesta chiaramente che «può essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la dichiarazione di assenza», precisazione resasi necessaria per ovviare ad alcuni problemi interpretativi che, prima dell'entrata in vigore del codice, erano sorti in merito al rapporto tra la disciplina dell'assenza e quella della morte presunta. Al riguardo, il disposto dell'art. 58, ult. comma, si propone, in modo netto, di superare la tesi che voleva la dichiarazione di scomparsa quale presupposto necessario per l'accertamento della morte presunta, rendendo così più agevole l'accertamento della presunta morte anche qualora, in ipotesi, mancasse una precedente pronuncia di assenza (come può avvenire, ad es., nelle ipotesi di cui all'art. 60 c.c.). È pur vero che sia il primo che il secondo comma dell'art. 58, con il rinvio alla figura dell'assenza, in qualche modo la presuppone; ma, in realtà, con la precisazione di cui all'ult. comma dell'art. 58, il legislatore ha inteso includere nel concetto di assente, «oltre a colui che sia stato dichiarato tale per sentenza, anche la persona scomparsa», sicché tra le due ipotesi vi è un rapporto di regola ad eccezione (così Sgroi, 113). D'altra parte, non è certo un caso che il termine per la presentazione dell'istanza decorra dal giorno della scomparsa (e non già da quello dell'assenza: Mazzoni — Piccinni, 299) A conferma della insussistenza di un rapporto di consecuzione necessaria fra la dichiarazione di assenza e quella di morte presunta, può essere sufficiente richiamare l'art. 62, comma 3, c.c., il quale costituisce null'altro che una specificazione dell'art. 58 cpv. In giurisprudenza, nel senso della non necessità della dichiarazione di assenza per giungere a quella di morte presunta, si veda Trib. Ascoli Piceno, 1 dicembre 2010. Effetti della sentenza dichiarativa della morte presuntaSecondo una tesi minoritaria, la sentenza che dichiara la morte presunta non determina l'apertura della successione, non produce cioè un fenomeno successorio, ma determina solo la libera disponibilità dei beni dello scomparso, «sotto la condizione risolutiva dell'accertamento della persistenza in vita, o del ritorno del presunto morto» (Messineo, 260, secondo cui «la legge considera, a tempo indeterminato, il presunto morto, come se sia effettivamente morto; ma non fa luogo ad apertura di vera e propria successione», a ciò ostando la precarietà di una situazione condizionata risolutivamente all'accertamento o al ritorno del presunto morto; anche Giorgianni, 1367, Callegari, 939 e Zatti, 1264, si pronunciano per il carattere implicitamente revocabile o comunque risolubile degli effetti della dichiarazione di morte presunta; contra Sgroi, 110 ss., il quale propende nettamente per «il carattere di stabilità di quegli effetti finché non venga dimostrata l'erroneità del presupposto da cui essi discendono»). Si è quindi osservato (Rescigno, 461) che «il regime della morte presunta non attiene al profilo della persona né degli stati e della capacità della stessa; concerne in via esclusiva i beni che alla persona appartengono e la vicenda di tali beni, con taluni caratteri che l'accostano all'eredità, ed altre più significative analogie con la situazione dei patrimoni che in futuro spetteranno a soggetti non ancora venuti ad esistenza» ed ancora che «la varietà e particolarità di tali interessi impedisce che si possa scorgere, nel regime dei rapporti facenti capo all'assente, una vicenda successoria nel senso stretto del termine». La prevalente dottrina è per una completa equiparazione degli effetti giuridici della morte presunta alla morte effettiva, sicché la dichiarazione di morte presunta determina l'apertura di una vera e propria successione mortis causa a favore dei presunti eredi del dichiarato morto (Barillaro, 322; Bianca, 267, secondo cui la dichiarazione di morte presunta vale come «accertamento della fine della persona fisica»). La tesi favorevole fa leva sull'efficacia retroattiva della sentenza dichiarativa della morte presunta, in quanto pronuncia di mero accertamento, e su alcuni dati legislativi che sembrano presupporre l'apertura di un fenomeno successorio in senso stretto (Sgroi, 122, il quale fa leva, oltre che sul dettato normativo di cui all'art. 64, comma 3, dove si parla di successione «per effetto della dichiarazione di morte presunta», anche sulla facoltà di libera disposizione e di pieno esercizio dei diritti, di cui all'art. 63, il che lascia ragionevolmente intendere «l'effetto della trasmissione della titolarità dei diritti»; contra Giardina , 270). Altri, sempre ritenendo che con la morte presunta si apre una vera e propria successione ereditaria e non già una semplice messa a disposizione dei beni del presunto morto a favore dei suoi eredi, sottolineano che anche la dichiarazione di morte naturale può essere difforme dalla realtà, come per il caso di morte dichiarata per errore nell'identificazione del cadavere o per falsità nella redazione dell'atto di morte (Dogliotti, 462). In linea con l'impostazione dominante in dottrina, si deve ritenere che a seguito della sentenza di accertamento di morte presunta, parificata a tutti gli effetti all'accertamento del decesso effettivo, si producono tutti gli effetti propri delle successioni a causa di morte, sia per i rapporti patrimoniali che per quelli personali. Si apre, dunque, la successione, con conseguenti: libera disposizione dei beni ivi ricompresi, l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni a beneficio di coloro che ne fossero gravati; estinzione delle obbligazioni alimentari e inefficacia di tutte le cauzioni e delle altre cautele in precedenza imposte (art. 63 c.c.). Il tutto, a condizione che vi sia stata la preventiva immissione temporanea nel possesso dei beni dello scomparso. In mancanza di immissione temporanea nel possesso dei beni dello scomparso, gli aventi diritto (cioè, in primis, gli eredi, e poi tutti coloro che abbiano a pretendere diritti in vista della morte dello scomparso) o i loro successori conseguono il pieno esercizio dei diritti loro spettanti, a partire dal momento in cui è divenuta eseguibile la sentenza che accerta la morte presunta, salvo l'obbligo della redazione dell'inventario ( art. 64 c.c. ). Nello stesso senso la giurisprudenza dominante, a partire da Cass. I, n. 536/1981, secondo cui la dichiarazione di morte presunta determinauna vera e propria successione «mortis causa» dei presunti eredi del dichiarato morto, come dimostrato dalle norme dettate in ordine alla devoluzione degli elementi attivi del patrimonio di quest'ultimo ai suoi presunti eredi e legatari (art. 63, 64, 69, 73 c.c.) e dal contrapposto silenzio sulla sorte degli elementi passivi di detto patrimonio, spiegabile solo con la sottintesa applicabilità della disciplina delle successioni «mortis causa». Circa il momento dell'apertura del fenomeno successorio in senso stretto, la giurisprudenza ha ritenuto di doverlo far risalire, ai sensi degli artt. 58 e 61 c.c., al momento a cui è avvenuta la morte presunta, al quale, in base al successivo art. 459, retroagiscono gli effetti dell'accettazione dell'eredità, sebbene la delazione ereditaria abbia luogo quando diviene eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta (Cass. I, n. 536/1981). Ne risulta, quindi, che è sempre necessaria l'accettazione di eredità, affinché possa prodursi un valido fenomeno successorio secondo le regole generali. Secondo la Cass. II, n. 12575/2000, però, a conferma della tesi secondo cui l'apertura della successione avviene con il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della morte presunta (anche se con effetto retroattivo al momento della scomparsa), la semplice sottoscrizione del ricorso per la dichiarazione di morte presunta non ha valore di accettazione espressa di eredità, poiché «solo con il passaggio in giudicato della sentenza, infatti, si verifica la delazione ereditaria e quindi sorge il diritto di accettarla (con conseguente inizio del corso del relativo termine di prescrizione), anche se i suoi effetti retroagiscono alla data cui viene fatto risalire il decesso», sicché prima di tal momento, non essendovi delazione, manca in toto anche il diritto ad accettare la (futura) eredità. In questo senso, più di recente, Cass. lav., n. 17133/2016, secondo cui soltanto con la dichiarazione di morte presunta si determina la successione mortis causa dei presunti eredi del dichiarato morto, con l'ulteriore precisazione «che, se è vero che successione si apre, ai sensi degli artt. 58 e 61 c.c., al momento a cui è fatta risalire la morte presunta (al quale, in base al successivo art. 459 c.c., retroagiscono gli effetti dell'accettazione dell'eredità), nondimeno la delazione ereditaria ha luogo soltanto quando diviene eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta» (nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che soltanto dopo la pubblicazione della sentenza dichiarativa della morte presunta, momento in cui si ha delazione, e quindi l'offerta del compendio ereditario a chi ha diritto ad accettare, il relativo termine prescrizionale di accettare inizia a decorrere). Diritto internazionale privatoLa l. n. 218/1995 (legge di riforma del diritto internazionale privato) si occupa dell'istituto della scomparsa, assenza e morte presunta all'art. 22, e in proposito dispone l'applicazione del criterio della legge nazionale del soggetto di cui si tratta, ed in particolare della sua “ultima legge nazionale”, precisando tuttavia la sussistenza della giurisdizione italiana qualora: (a) l'ultima legge nazionale sia quella italiana; (b) l'ultima residenza della persona è italiana; (c) l'accertamento della scomparsa, assenza e morte presunta è suscettibile di produrre effetti nell'ordinamento italiano. Si precisa che non risulta applicabile, nella specie, il Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e all'accettazione e all'esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, alla luce del chiaro dettato normativo di cui all'art. 1 comma 2 lett. c) del citato Regolamento.
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