Codice Civile art. 49 - Dichiarazione di assenza.Dichiarazione di assenza. [I]. Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente, secondo l'articolo precedente, che ne sia dichiarata l'assenza [722, 723, 724 c.p.c.]. InquadramentoL'assenza, dichiarata con sentenza dal Tribunale (art. 473 bis.69, comma 3, c.p.c.), è situazione ben più grave della mera scomparsa. Essa, in primo luogo, richiede che la situazione di scomparsa si sia protratta per più di due anni (a conferma del fatto che, in questo caso, l'incertezza circa l'esistenza del soggetto non è meramente transitoria, ma bensì dotata di un certo grado di stabilità); inoltre, l'assenza è dichiarata con sentenza (come tale, idonea al giudicato: Santarcangelo, 66), e non già con decreto. L'assenza è dunque il fatto, giudizialmente dichiarato, che una determinata persona è scomparsa da più di due anni, dando luogo ad una situazione di giuridica incertezza sull'esistenza della persona stessa (Bianca, 259, secondo cui l'assenza non fa presumere che il soggetto sia morto né che lo stesso sia ancora in vita, donde la “giuridica incertezza” sull'esistenza della persona; Palazzo, 468 ss., parifica la condizione di fatto venutasi a determinare a seguito dell'assenza con la problematica della soggettività giuridica del concepito, intesa quale idoneità a essere punto di legittimazione soggettiva di conseguenze giuridiche di un soggetto non ancora venuto ad esistenza). L'interesse protetto dalla norma, poi, dovrebbe essere non più (e non solo) direttamente la persona dello scomparso, ma anche coloro i quali possano vantare legittimamente diritti sul patrimonio di lui (l' art. 49 c.c. parla, rispettivamente, di «presunti successori legittimi» e di «chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui», e quindi ad es. anche i presunti eredi testamentari, i presunti legatari e il donante con condizione di riversibilità in caso di premorienza del donatario, nonché, in ultima analisi, lo Stato, e in generale «tutti coloro ai quali la morte dell'assente gioverebbe, consentendo l'espansione del loro diritto oppure liberandoli da obbligazioni cui sarebbero tenuti nei confronti dell'assente»: così Mazzoni - Piccinni, 291). Per questi motivi, è stato osservato come il legislatore abbia avuto particolarmente cura nel delineare la disciplina giuridica dell'assenza, con particolar riguardo ai riflessi sui rapporti patrimoniali dello scomparso, visto che «il prolungarsi dell'assenza [...] impone la soluzione dei problemi che sorgono in ordine agli interessi di eventuali eredi e terzi [...] dello scomparso» (Romagnoli, 133; Palazzo, 470). La disciplina dettata in tema di assenza tenta quindi di controbilanciare l'interesse dell'assente alla conservazione del patrimonio e l'interesse dei presunti successibili e dei terzi titolari di posizioni dipendenti dalla morte dello stesso ad ottenere immediatamente l'esercizio provvisorio dei diritti loro spettanti. Alla luce di quanto detto, si ritiene che il relativo procedimento, ancorché non vi sia unanimità di vedute, possa essere ricondotto nell'ambito dei procedimenti di cognizione, a carattere quindi contenzioso, concludendosi «con la forma tipica del giudizio di cognizione, ossia con sentenza, di cui la legge espressamente afferma l'idoneità a passare in giudicato», sia pur soggetta alla clausola rebus sic stantibus (parla di procedimento di cognizione, in particolare, Mandrioli - Carratta, III, 176; così anche Dogliotti, 446; contra Bianca, 260 e Fazzalari, 189). La sentenza che dichiara l'assenza, pur non incidendo sullo status dell'assente, ovvero incidendovi in modo solo indiretto, legittima coloro che ne abbiano interesse a chiedere ed i provvedimenti di cui agli articoli seguenti, ed in particolare legittima l'interessato all'immissione nel possesso dei beni, che non deriva automaticamente dalla dichiarazione di assenza. La sentenza dichiarativa dell'assenza è quindi il presupposto indispensabile per accedere ai benefici di cui agli articoli seguenti (Romagnoli, 220; Callegari, 1126). Per la dottrina, quindi, l'assenza è già una «situazione di diritto» (così Messineo, 256), sia pur caratterizzata da un peculiare substrato di fatto (assenza e decorso del biennio), cui si aggiunge un provvedimento del giudice (secondo Bianca, 259, essa «dà luogo allora ad una situazione di giuridica incertezza sull'esistenza della persona», idonea in quanto tale di incidere sul suo status, a differenza della scomparsa che è, e rimane, una mera situazione di fatto; Palazzo, 468, esclude che l'assente possa essere equiparato all'incapace). A tal riguardo, si ritiene che il decorso del biennio costituisca un presupposto processuale della domanda (Romagnoli, 183), nel senso che riveste una funzione sia dilatoria che a tutela degli interessi dell'assente e dei terzi che pretendano di vantare diritti sul suo patrimonio, tenuto conto del fatto che l'assente potrebbe tornare in qualsiasi momento. Soggetti legittimati ad agire in giudizio.Il Tribunale del luogo dell'ultimo domicilio o residenza dell'assente, sempre che ovviamente siano trascorsi almeno due anni dal giorno in cui si è avuta l'ultima notizia dell'assente, si pronuncia con sentenza ( art. 729 c.p.c. ), su ricorso degli interessati. Chi abbia interesse ad agire in giudizio ( art. 100 c.p.c. ), e ne sia legittimato, può quindi richiedere, con ricorso, una sentenza che dichiari l'assenza dello scomparso; il ricorso, in particolare, deve rispondere ai requisiti di forma previsti dagli artt. 473-bis.60 c.p.c. e 190 disp, att. c.p.c., quest'ultimo non abrogato a seguito dell'intervento operato con il d.lgs. n. 149/2022. Si precisa che, da un punto di vista processuale, sono stati introdotti dal d.lgs. n. 149/2022 gli artt. 473-bis.59 ss. c.p.c., i quali, secondo il dichiarato intento del legislatore (cfr. l'art. 1 comma 23, lett. a, legge n. 206/2021) rispondono all'esigenza di riordino, coordinamento ed integrazioni delle disposizioni precedentemente dedicate alla scomparsa, l'assenza e la morte presunta. In ragione di tanto, il legislatore del 2022 ha provveduto a trasporre negli artt. 473-bis.59 ss. c.p.c. il contenuto delle disposizioni precedentemente contenute negli artt. 721 ss. c.p.c., che sono state dunque abrogate. Quanto, in particolare, ai soggetti legittimati ad agire in giudizio, l'art. 49 c.c. si riferisce ai «presunti successori legittimi» ed a «chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui», intendendo per tali i presunti eredi testamentari, i presunti legatari e il donante con condizione di riversibilità in caso di premorienza del donatario, nonché, in ultima analisi, lo Stato. Sono inoltre legittimati a chiedere la dichiarazione di assenza anche, stando al dettato legislativo, coloro che in seguito alla morte dell'assente subirebbero un pregiudizio patrimoniale, Tale legittimazione è ulteriormente sottolineata dall'art. 473-bis.60 c.p.c. , secondo cui il ricorso deve indicare il nome, il cognome e la residenza dei presunti successori legittimi dello scomparso, e se esistenti i medesimi dati identificativi relativi al procuratore o al rappresentante legale dello scomparso (il che farebbe propendere per la tesi secondo cui La dichiarazione di assenza non presuppone necessariamente la nomina di un curatore dello scomparso: Vullo, 17). Coloro i quali nutrano un concreto interesse alla declaratoria di assenza sono inoltre tenuti, ai sensi dell'art. 190 disp. att. c.p.c., ad allegare i documenti comprovanti lo stato di famiglia, il fatto ed il tempo della scomparsa. Quanto al P.M., si ritiene comunemente che egli non sia legittimato attivo per poter richiedere al Tribunale il provvedimento di accertamento della condizione di assenza (Mandrioli - Carratta, III, 176, a differenza di quanto avviene in tema di scomparsa), in quanto la ratio della disciplina è come si è visto quella di tutelare i terzi interessati piuttosto che l'assente (così anche Romagnoli, 213, secondo cui però potrebbe domandarsi se, in mancanza di altri successori legittimi, possa lo Stato, in quanto successore legittimo, chiedere la dichiarazione d'assenza, nel qual caso potrebbe riconoscersi la legittimazione anche al P.M.). E' tuttavia richiesta la partecipazione del p.m. al procedimento (Palazzo, 468 ss.). La sentenza dichiarativa dell'assenza è soggetta alle particolari forme di pubblicità di cui all'art. 473 bis.63 c.p.c. e diviene eseguibile non appena passata in giudicato, dopo che sia stata compiuta l'annotazione di cui al 2° comma dell'articolo citato. Secondo alcuni, ai fini della dichiarazione di assenza, l'oggetto dell'accertamento del tribunale investito del relativo ricorso non sarebbe limitato all'accertamento della non comparizione e della mancanza di notizie dello scomparso, protrattasi per almeno un biennio ma si estenderebbe ad un giudizio prognostico sulla probabilità della morte dello scomparso; vi è pure chi pretende che venga effettuata una valutazione di opportunità in ordine alla convenienza in ordine all'applicazione della disciplina conservativa dettata in tema di assenza, sebbene, tuttavia, tale impostazione sembra criticabile (riferimenti in Dogliotti, 446). Secondo la giurisprudenza, la sentenza è impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione propri di tal provvedimento. La sentenza è quindi idonea al giudicato sia formale che materiale, sebbene sia soggetta alla clausola rebus sic stantibus, poiché è destinata a venir meno nel caso di ritorno dell'assente o nel caso in cui sia provata la sua esistenza o la sua morte. Così per Cass. I, n. 1588/1962 Attribuito dal codice di rito ai provvedimenti relativi all'assenza ed alla dichiarazione di morte presunta Forma, contenuto ed effetti di sentenza, compresa la forza di giudicato, nel quadro del carattere sostanzialmente contenzioso del giudizio, deve ritenersi l'impugnabilità dei provvedimenti stessi in appello ed in Cassazione. Secondo la dottrina più autorevole (Palazzo, 468 ss.), l'appello si propone con ricorso alla corte di appello nei trenta giorni dalla notificazione della sentenza o dall'ultimo adempimento pubblicitario cui essa è soggetta ovvero di un anno adempimento pubblicitario (Dogliotti, 448). Il procedimento si svolge in camera di consiglio e si conclude con sentenza, a sua volta impugnabile con ricorso per cassazione.
Diversamente, coloro che predicano la natura non contenziosa del procedimento, ritengono che il provvedimento conclusivo sia reclamabile nel termine di dieci giorni di cui all'art. 739 c.p.c.. Effetti della dichiarazione di assenza sui rapporti personali: in particolare, il rapporto matrimonialePer quanto riguarda i rapporti strettamente personali (sui rapporti patrimoniali, si veda sub art. 50), si sostiene che la dichiarazione di assenza, avendo finalità conservativa del patrimonio momentaneamente privo di titolare, non sia tale da incidere sulla sfera personale del soggetto (contra Bianca, 260). Si è tuttavia sostenuto, in senso contrario, che la sentenza dichiarativa dell'assenza ha natura costitutiva e con essa - o più precisamente con il suo passaggio in giudicato, compiute le formalità pubblicitarie - lo scomparso diviene persona di cui si ignora l'esistenza ex artt. 69 e 70 c.c., con la conseguente incidenza sulla sua (in)capacità a divenire titolare di nuovi rapporti giuridici, determinando, nel contempo, una paralisi di quelli già a lui riferibili (Giacobbe, 268). In particolare per quanto riguarda il vincolo coniugale, la dichiarazione di assenza, a differenza di quanto previsto in tema di morte presunta (art. 65 c.c.), non comporta lo scioglimento automatico del matrimonio, stante il chiaro disposto di cui all' art. 149 c.c. , in base al quale tale ipotesi si verifica solo in caso di «morte di uno dei coniugi»; essa, in realtà, implica solo lo scioglimento automatico del regime di comunione legale (art. 191, comma 1, c.c. , salva la sua automatica ricostituzione nel caso di ritorno dell'assente), e del fondo patrimoniale eventualmente costituito (in virtù del rinvio operato dall'art. 171, comma 4, c.c. all' art. 191 c.c., purché non vi siano figli a tutela dei quali il fondo può essere mantenuto). Ed invero, ai sensi dell'art. 191 c.c., la comunione legale dei coniugi si scioglie, tra l'altro, «per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi». Ciò nonostante, può darsi il caso in cui il coniuge dell'assente, seppur non potendo legittimamente contrarre un nuovo matrimonio (per mancanza di libertà di stato, ai sensi dell' art. 86 c.c.), abbia comunque (in via di mero fatto) stretto un nuovo vincolo coniugale. Il nostro ordinamento, pur non avendo esplicitamente consentito al coniuge dell'assente di contrarre nuovo matrimonio, si è mostrato comunque non indifferente all'interesse di quest'ultimo a ricostituire un consortium omnis vitae con un altro soggetto, almeno fino a quando non siano certe le sorti dell'assente. Sicché, in base ad una singolare disposizione normativa (art. 117, comma 3, c.c.) è previsto che, nel caso di matrimonio contratto dal coniuge superstite, nonostante il perdurare dello stato di assenza, l'atto matrimoniale non può, per ciò solo, essere impugnato, salvo che venga provata la persistenza in vita o la morte del precedente coniuge. Si viene, così, a costituire un (nuovo) matrimonio, di fatto invalido, poiché contratto in violazione dell'art. 86 c.c., ma eccezionalmente non impugnabile, almeno «finché dura l'assenza». Con disposizione analoga, l'art. 1 comma 6 della l. n. 76/2016 prevede che l'unione civile costituita da una parte, durante l'assenza dell'altra, non può essere impugnata fintanto che perdura l'assenza. Alcuna espressa disciplina è invece prevista per le convivenze di fatto. Sebbene nulla si preveda per il caso in cui un soggetto, già legato da un vincolo matrimoniale, unione civile o convivenza di fatto, stipuli un ulteriore contratto di convivenza durante l'assenza del partner, si unisca civilmente con altra persona o contragga matrimonio, si ritiene in dottrina (Giacobbe, 291) che il nuovo legame è da ritenersi invalido o, comunque, genera la risoluzione del rapporto di convivenza di fatto, e che tale vizio può essere fatto valere anche immediatamente, stante l'inapplicabilità dell'art. 117 comma 3 c.c., non richiamato dalla l. n. 76/2016 (a differenza di quanto previsto, per le unioni civili, dall'art. 1 comma 6 cpv.). Il rapporto di filiazione del figlio generato dopo la dichiarazione di assenza del presunto padre in costanza di matrimonio non si sottrae alla presunzione di concepimento di cui all'art. 232 c.c., dal momento che la dichiarazione di assenza non incide sul vincolo coniugale (Giacobbe, 293 ss.). E' comunque fatto salvo l'esperimento dell'azione di disconoscimento di paternità ex art. 243-bis c.c. da parte dei soggetti legittimati. Secondo una buona parte della dottrina, tale norma sarebbe addirittura «una eccezionale ipotesi di tolleranza nei confronti di un caso, indubbiamente anomalo, di bigamia», in quanto consente il mantenimento di un secondo vincolo matrimoniale, senza che il primo sia venuto meno per la dichiarazione di assenza (così Giardina, 269; si veda anche Giacobbe, 285). Circa la ratio di tale disposizione normativa, essa risponderebbe all'esigenza di far certezza in una situazione dominata dall'incertezza (in merito all'esistenza dello scomparso), sicché è apparso al legislatore più congruo non consentire l'immediata impugnativa del secondo matrimonio che, in caso di morte effettiva dello scomparso precedente alla celebrazione dell'atto, è da considerarsi pienamente valido (La Torre, 69; Callegari, 1128). Altra parte della dottrina (Dogliotti, 446) afferma che «la norma intende riconoscere e proteggere il nuovo nucleo familiare, stante la probabilità di morte dell'assente» . BibliografiaCallegari, voce Assenza (diritto civile), in Nov. dig. it., I, 2, Torino, 1958, 1121; Castellani, Assenza, scomparsa e morte presunta, in Riv. dir. civ. II, 1997, 761; Fazzalari, La giurisdizione volontaria, Padova, 1953; Giacobbe, Dell'assenza, in Comm. S., Milano, 2019; Mandrioli - Carratta, Diritto processuale civile, III e IV, Torino, 2017; Dogliotti, Persone fisiche. Capacità, status, diritti, vol. II, in Tratt. dir. civ., diretto da Bessone, Torino, 2014; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, I, Milano, 1957; Palazzo, voce Assenza, in Dig. disc. priv., sez. civ., I, Torino, 1987, 468; Rescigno, La successione a titolo universale e particolare, in Riv. not. 1992; Romagnoli, Dell’assenza, in Comm. S.B., Libro I. Delle persone e della famiglia, Bologna-Roma, 1970, 214; Romagnoli, voce Assenza (dir. civ.), in Enc. dir., III, Milano, 1958, 409; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione nell’attività negoziale, III, Milano, 1986; Sgroi, voce Morte (dir. civ.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 103; Sgroi, voce Morte presunta (dir. civ.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 111; Vullo, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, Bologna, 2013. |