Codice Civile art. 408 - Scelta dell'amministratore di sostegno (1).

Roberto Masoni
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Scelta dell'amministratore di sostegno (1).

[I]. La scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.

[II]. Le designazioni di cui al primo comma possono essere revocate dall'autore con le stesse forme.

[III]. Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.

[IV]. Il giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all'incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II al cui legale rappresentante ovvero alla persona che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l'ufficio del giudice tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo.

(1) Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, l. 9 gennaio 2004, n. 6, che ha inserito l'intero Capo in testa al titolo XII. Questo articolo, fino all'abrogazione ex art. 77 l. 4 maggio 1983, n. 184 era parte del titolo XI.

Inquadramento

La norma detta i criteri di scelta per la nomina dell'amministratore di sostegno.

Il primo comma dispone: «la scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata».

La norma codicistica non rappresenta unica ed esclusiva fonte di elezione dell' a.d.s., se è vero che l ' art. 1, comma 15, della l. n. 76 del 2016, dispone che: « nella scelta dell' amministratore di sostegno, il giudice tutelare deve preferire, ove possibile, la parte dell' unione civile tra persone dello stesso sesso » .

La scelta del soggetto maggiormente idoneo all' ufficio di amministratore di sostegno, ovvero a « curare la persona ed a provvedere alla conservazione ed amministrazione del patrimonio del disabile» (come si esprime l' art. 405, comma 4, c.c.), compete al g.t., la cui valutazione si caratterizza da discrezionalità vincolata.

Il vincolo alla assai ampia discrezionalità del magistrato si individua da un duplice versante; teleologico e volontaristico.

Da un canto, nella scelta della persona più adatta a ricoprire l'ufficio, va perseguito l'obiettivo del perseguimento «della cura e degli interessi della persona del beneficiario» (Masoni, 194).

Dall'altro, la scelta del giudicante è vincolata dalla manifestazione di volontà in precedenza espressa dall'interessato «in previsione della propria eventuale futura incapacità», il quale, in modo previdente (Bonilini, 226), abbia designato l'amministratore di sostegno.

La volontà del destinatario della misura viene valorizzata dalla disposizione che ammette una designazione preventiva dell'amministratore da parte dell'interessato, il quale può indicare una persona di fiducia con cui proficuamente collaborare nel compimento degli atti della vita quotidiana. La designazione è tendenzialmente vincolante per il giudice, che ad essa deve attenersi.

Il superamento di tale designazione può avvenire, in via eccezionale, in presenza di « gravi motivi » .

L' autonomia del soggetto e la rilevanza della sua volontà espressa mediante previa designazione, emergente dall' esordio dell' art. 408 c.c., risultano, in termini generali, dall' art. 407, 2 ° comma, nella parte in cui la norma dispone che il giudice « deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa» .

In difetto di preventiva designazione scritta dell' amministratore di sostegno, l ' interessato può esprimere il suo gradimento nei confronti del nominando in sede di audizione giudiziale.

 La designazione anticipata dell'amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in vista della propria eventuale futura incapacità, prevista dall'art. 408, comma 1, c.c., non ha esclusivamente la funzione di individuare il soggetto che, ove si presenti la necessità, il giudice tutelare deve nominare, ma ha altresì la finalità di consentire al designante, che si trovi ancora nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, di impartire direttive vincolanti sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere in futuro all'amministratore designato. 

Tali direttive possono anche prevedere il rifiuto di determinate cure, in quanto il diritto fondamentale della persona all'autodeterminazione, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, sancito dall'art. 32 Cost., dagli art. 2,3 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalle convenzioni internazionali, include il diritto di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale, senza che tale rifiuto, ove informato, autentico e attuale, incontri un limite di ordine pubblico in un inesistente dovere di curarsi (Cass. I, ord. n. 12998/2019: nella fattispecie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva rigettato la richiesta di nomina dell'amministratore di sostegno che l'interessato, aderente alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova, aveva preventivamente designato, anche allo scopo di far valere la sua irrevocabile volontà di non essere sottoposto, neanche in ipotesi di morte certa ed imminente, a trasfusioni a base di emoderivati).

L'atto di designazione dell'interessato

Il disposto di cui all'art. 408 c.c. affida all'interessato la possibilità di «designare» un amministratore di sostegno, «in previsione della propria eventuale futura incapacità».

La «designazione» deve rivestire la forma dello «atto pubblico» o della «scrittura privata autenticata» e la stessa può essere sempre «revocata» dall'interessato (art. 408, comma 2).

L'atto di designazione riveste precisa natura giuridica e negoziale.

In quanto «atto unilaterale», lo stesso può produrre effetti giuridici per volontà del solo interessato. Trattasi di atto inter vivos, non però avente effetti e contenuto (esclusivamente) patrimoniale, cosicché resta esclusa l'applicazione dell'art. 1324 c.c. (Bonilini, 231; Farolfi, 176).

La forma richiesta è imposta ad substantiam, reputandosi giuridicamente inefficace la designazione contenuta in un atto formalmente diverso, ed è garanzia di volontà seria, determinata e cosciente (Bonilini, 256).

Entrambi questi aspetti formali impegnano l'ufficiale rogante ad accertare lo stato di capacità naturale dell'interessato, sotto pena di sanzioni disciplinari (Bonilini, 233).

Tipologia di designazione

Per quanto la legge taccia, non sembra vietato all'interessato designare più persone quali amministratori di sostegno nell'ipotesi in cui uno dei designati non accetti l'incarico (c.d. designazione in sostituzione).

Si ammette anche la c.d. designazione successiva, quando il primo nominato venga meno o cessi dall ' ufficio (Bonilini , 237; Napoli , 153).

Ci si è chiesti se, potendo l ' interessato designare in positivo il proprio eventuale futuro amministratore di sostegno, egli disponga di un analogo potere consistente nel manifestare la volontà che determinati soggetti siano esclusi dall' ufficio (c.d. designazione in negativo ).

La tendenziale risposta positiva (Bonilini , 240-241; Napoli , 154; Farolfi, 176) viene fondata sull' applicazione analogica di una disposizione dettata in tema di tutela minorile ( « non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall' ufficio .... coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo abbia esercitato la patria potestà» : art. 350, n. 2, c.c.).

Si opina che il designato all' incarico può essere unicamente persona maggiore di età.

Gravi motivi ostativi

Riprendendo la dizione contenuta nell'art. 348 c.c. («se gravi motivi si oppongano alla nomina...»), il primo comma della norma in commento rende giuridicamente non vincolante per il giudice la designazione compiuta dall'interessato «in presenza di gravi motivi».

La dizione normativa evidenzia, prima di ogni altra considerazione, nell'ottica di piena valorizzazione della volontà del disabile, che la designazione è vincolante per il giudice, sempre che non sussistano motivi «gravi» e perciò obiettivamente evidenti, da indicare nel decreto di nomina.

La concreta individuazione di motivi ostativi all'attuazione della designazione volontaria va posta in stretta correlazione con la previsione di esordio del disposto in commento, concernente la funzionalizzazione della scelta dell'amministratore di sostegno al soddisfacimento degli interessi, personali e patrimoniali, oltre che alle cure, del beneficiario.

Non solo situazioni patologiche possono ostare alla nomina dell'eletto, quali la morte, la sua scomparsa o sopravvenuta incapacità (Campese, 395), ma anche situazioni in cui il designato si sia reso responsabile di condotte pregiudizievoli verso l'interessato o confliggenti con i suoi interessi (Bonilini, 259); ovvero ancora, casi di sopravvenuta inimicizia con l'interessato, situazioni di particolari contrasti con la cerchia parentale o, ancora, esigenze tecnico-contabili o giuridiche di forte rilievo (Farolfi, 175).

Designazione da parte del genitore superstite

La parte conclusiva del comma 1 dell'art. 408 dispone che l'amministratore di sostegno possa essere designato «dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata». La previsione completa il novero delle previsioni di designazioni anticipate compiute dal «genitore che ha esercitato per ultimo la responsabilità genitoriale» (art. 348 c.c., per la nomina del tutore al minore), ovvero, dal «genitore superstite» (art. 424, comma 3, c.c., nel testo ante riforma del 2004, per il tutore all'interdetto).

La previsione si differenza rispetto alla designazione di cui si è parlato nei precedenti §§, in quanto di provenienza dalla volontà del disabile.

In tal caso, l'indicazione è del genitore «superstite», il quale meglio di ogni estraneo conosce le esigenze, i desideri, gli affetti, i bisogni e le necessità dell'amministrando (Bonilini, 265).

Le ipotesi considerate sono due: un figlio capace al momento della designazione, cosicché la designazione del genitore «in ipotesi di eventuale futura incapacità» potrebbe rivelarsi una semplice provvidenza, seppur potendo al contempo concorrere con la designazione del diretto interessato, a norma del primo comma; ovvero, un figlio già incapace al momento dell'atto, rispetto al quale, verosimilmente, potrebbe ipotizzarsi già istituita la misura protettiva proprio in capo al genitore.

Ulteriori nominabili

In difetto di designazione volontaria da parte del beneficiario, ovvero, per via dell' inadeguatezza del designato per accertati « gravi motivi », il giudice può chiamare all ' ufficio di amministratore di sostegno gli ulteriori soggetti indicati nella seconda parte del comma 1 della norma; tutte persone legate all' interessato da vincoli di parentela, coniugio, ovvero, da comunanza di vita.

Per quanto la norma sia lessicalmente meno precisa ed esatta rispetto a quella affidata dall' art. 348 c.c., in tema di tutela minorile, il significato appare identico, data la sua applicazione residuale.

Viene anzitutto esclusa la tassatività dell' elencazione, posto che il giudice, in presenza di « gravi motivi », ovvero, per inesistenza o impossibilità dei soggetti di cui al comma 1, può prescindere dalla loro nomina, « chiamando all' incarico anche altra persona idonea», come si esprime il comma 4.

 È pacifico che le persone indicate nell'elencazione non sono collocate in ordine preferenziale (ad es, prima il coniuge, rispetto al convivente more uxorio, ovvero, rispetto ai genitori o ai figli, etc.), dato che «tutti si trovano in posizione paritaria» (Cass. n. 19596/2011).

Consegue che non può costituire motivo di reclamo ex art. 739 c.p.c. il rilievo di essere stati posposti e perciò non nominati nel decreto di nomina rispetto ad altro soggetto menzionato nell'elencazione.

La scelta dell'amministratore di sostegno va parametrata al criterio dell'idoneità alla cura e gestione degli interessi del beneficiario, non ad altro ed il g.t. gode, al riguardo, di ampi margini di discrezionalità (Cass. n. 19971/2008).

Il coniuge ed il convivente more uxorio

La norma in commento esordisce disponendo che nella scelta il giudice preferisce il «coniuge non separato legalmente, ovvero, la persona stabilmente convivente», ossia, il partner di vita del disabile, persona che presuntivamente dovrebbe avere in atto la più stretta relazione esistenziale, affettiva, personale e di assistenza con lui.

Il coniugio presuppone che l’unione sia pienamente produttiva di effetti per l’ordinamento giuridico,. Tale situazione non è riscontrabile quando il matrimonio religioso non sia stato trascritto nei registri dello stato civile.

È stato tuttavia osservato che, in tali casi, per quanto non sia in atto un rapporto di «coniugio» iure civili, il partner sposato solo in chiesa può essere chiamato a ricoprire l'incarico, in quanto normalmente stabile convivente e perciò rientrante nell'altra categoria di designabili, essendo «persona stabilmente convivente» (Bonilini, 285).

Per quanto la legge espressamente escluda dalla nomina il coniuge «separato legalmente», ad analoga conclusione potrebbe pervenirsi anche laddove la separazione non fosse stata ancora formalizzata. Dato che sono trasparenti le difficoltà interpersonali intercorrenti tra i coniugi che abbiano in essere una separazione solo di fatto. Tale situazione evidentemente sconsiglia la nomina del coniuge separato ad amministratore di sostegno, essendo preclusa una proficua collaborazione.

Appare poi intuitivo ed agevolmente arguibile dal testo normativo che la pronunzia di divorzio esclude dal novero degli eligibili all'ufficio il coniuge divorziato (Bonilini, 287; Napoli, 155).

I parenti entro il quarto grado

Dopo i partners, l'ordine dei preferibili all'ufficio di amministratore di sostegno prosegue con l'indicazione de «il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado».

Ciò significa che all'ufficio possono essere prescelti gli ascendenti o i discendenti del disabile. La parentela a questi fini rilevante non supera il quarto grado e comprende nella sostanza la famiglia nucleare.

Si è notato che non è chiaro perché il padre, la madre, i figli o i fratelli siano stati menzionati autonomamente dal legislatore dato che si tratta di soggetti legati da vincolo di parentela entro il quarto grado (Bonilini, 297).

Nel novero degli eligibili alla funzione non sono stati (stranamente) menzionati gli affini, ossia i parenti dell'altro coniuge (art. 78 c.c.), che pure sono legittimati a promuovere il ricorso per la nomina di amministratore di sostegno.

Ulteriori persone

Dispone il quarto comma della norma: «il giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all'incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II al cui legale rappresentante ovvero alla persona che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l'ufficio del giudice tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo».

Mancando un atto di designazione formale da parte dell'interessato o dal genitore superstite, ovvero, non potendosi nominare uno dei parenti entro il quarto grado (in quanto, ad es., assenti, deceduti o indisponibili o inidonei a ricoprire l'ufficio, ovvero, in presenza di conflitto tra parenti, ovvero tra uno di essi ed il beneficiario: R. Rossi, 20 e seg.) e, quale extrema ratio, nell'ottica di assicurare il funzionamento dell'istituto onde garantire doverosa protezione civilistica al disabile, la legge contiene la clausola di salvaguardia in esame; in particolare disponendo che il giudice possa chiamare all'ufficio «altra persona idonea» all'ufficio.

Il riferimento riguarda una persona non legata da vincoli di parentela e non necessariamente di amicizia e/o da affetto, fiducia, stima, etc., al disabile. In sostanza, la nomina potrebbe plausibilmente riguardare un estraneo, un perfetto sconosciuto, privo di rapporti affettivi col disabile.

La scelta può cadere su un professionista di fiducia del giudice dotato delle più diversificate qualifiche professionali (avvocato, commercialista, ragioniere, etc.), o su di un volontario, in grado di curare gli interessi economico-patrimoniali della persona in difficoltà.

Per quanto la legge statale non lo preveda (mentre la prassi ne ha creato l'istituzione, come pure le fonti regionali), ma al contempo non lo vieti, «sembra possibile l'istituzione di un albo di persone disponibili ad assumere volontariamente l'incarico di amministratore di sostegno. Ebbene, dall'elenco così formato, il g.t. può "attingere nella scelta dell'amministratore onde fornire protezione e sostegno alle persone disabili abbandonate a sé stesse e prive di parenti» (Masoni, 284).

In questa direzione si è mossa la legislazione regionale e, in particolare, quella emiliana (art. 1, comma 3, l. reg. Emilia Romagna 24 luglio 2009, n. 11).

Persone giuridiche ed enti di fatto

Nelle situazioni maggiormente disperate, di persone abbandonate da parenti ed amici, normalmente ricoverate in case protette o strutture di degenza, l'art. 408 c.c. rimette al giudice un'ulteriore criterio di scelta, potendo nominare «... uno dei soggetti di cui al titolo II al cui legale rappresentante ovvero la persona che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l'ufficio del giudice tutelare, (cui) competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo».

La previsione richiama i soggetti enucleati nel titolo II, libro I, c.c., ossia, le persone giuridiche pubbliche, province, comuni ed enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche (art. 11 c.c.); le persone giuridiche private, associazioni e fondazioni riconosciute come persone giuridiche, nonché le associazioni non riconosciute come persone giuridiche ed i comitati (art. 14 e ss. c.c.).

La soluzione ricalca la previsione affidata all'art. 354 c.c., in tema di nomina di tutore, eligibile in capo ad «un ente di assistenza o all'ospizio in cui il minore è ricoverato», previsione peraltro ormai riferibile unicamente al comune e perciò al sindaco del comune di residenza del disabile.

Diversamente dal testo dettato in tema di tutela affidata ad enti di assistenza, laddove è previsto che «l'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela», in materia è prevista l'alternativa: l'incarico di amministratore di sostegno può essere espletato direttamente dal legale rappresentante dell'ente ovvero da un delegato «con atto depositato presso l'ufficio del giudice tutelare».

Per quanto possa essere in concreto improbabile che la funzione venga esplicata direttamente dal rappresentante dell'ente (il sindaco), la legge non lo esclude.

Appare in ogni caso più probabile, che « i diritti e le facoltà previste» dalla nuova legge siano esplicati da un « delegato» del presidente dell' ente ad es., il responsabile dei servizi sociali del comune).

Dall' elencazione degli eligibili all' incarico contenuta nel titolo II del libro I, emerge che i soggetti collettivi indicati quali possibili amministratori di sostegno sono enti non lucrativi, per quanto l ' art. 13 c.c., che richiama le disposizioni contenute nel libro V sulle società commerciali, enti lucrativi per eccellenza i quali svolgono attività economica per dividerne gli utili (art. 2247 c.c.), sembri intorbidare il principio.

Resta il fatto che il perseguimento della finalità lucrativa e di ricerca di utili potrebbe porsi in conflitto con l' espletamento dell' ufficio di amministratore di sostegno, volto alla cura ed assistenza della persona incapace, suscitando una situazione di potenziale  conflitto in caso di amministrazione di beni del disabile.

Al divieto in parola non si sottraggono neppure le società cooperative che perseguono scopo mutualistico (art. 2511 c.c.) e nelle quali è pur sempre riscontrabile una forma di remunerazione del capitale sociale investito.

Dato che i comitati difettano spesso di durevolezza è improbabile la nomina di un tale ente ai sensi dell'art. 408 c.c. (Bonilini, 300).

La nuova legge non contiene, invece, riferimenti al mondo del volontariato.

Le organizzazioni di volontariato sono composte da persone che « prestano (attività ) in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà sociale » (art. 2 l. 11 agosto 1991, n. 266).

Non sembra dubitabile che anche le ONLUS (acronimo che sta per: organizzazione non lucrative di utilità sociale; di cui alla d.lg. 4 dicembre 1997, n. 460) possano essere destinatarie di un provvedimento di nomina (Bonilini , 301; Campese, 397).

Le ONLUS sono enti giuridici che perseguono scopi altruistici di specifica rilevanza sociale, i cui statuti ed atti costitutivi prevedono espressamente, tra l'altro, lo svolgimento di attività nel settore «dell'assistenza sociale e socio-sanitaria» (art. 10 d.lgs. n. 460/ 1997). In tal caso, si precisa che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le prestazioni di servizi sono «dirette ad arrecare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari» (art. 10, comma 2, lett. a, d.lgs. n. 460/ 1997).

Non è dubitabile che le attività esplicate dalle ONLUS, che devono essere esplicate in forma di associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative, siano indirizzate verso le persone che si trovano in condizioni di bisogno e di disagio e quindi non autonome nell'espletamento delle attività della vita quotidiana, cosicché vengono a coprire l'ampia area potenziale entro cui può dispiegarsi l'amministrazione di sostegno (Farolfi, 180).

 Il provvedimento con il quale il giudice tutelare ordina all'amministratore di sostegno di revocare il coadiutore, nominato ai sensi dell'art. 408, comma 4, c.c., ha carattere meramente ordinatorio e amministrativo e, di conseguenza, non è assoggettabile ai normali mezzi di impugnazione, in quanto revocabile e modificabile, diversamente da ciò che si verifica per i provvedimenti che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, di contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione ed inabilitazione a norma degli artt. 712 e ss. c.p.c., espressamente richiamati dall'art. 720-bis c.p.c. (Cass. I, ord. n. 5123/2018).

Soggetti esclusi dall'incarico

Quando difettino parenti, ovvero, questi non siano adatti o siano indisponibili a ricoprire l'incarico di amministratore di sostegno, ovvero, manchino completamente, oppure nei casi di soggetti bisognosi, perché abbandonati, o indigenti, nel novero dei soggetti cui è consentito affidare l'incarico di amministratore di sostegno subentrano gli enti e le istituzioni pubbliche preposte istituzionalmente di tale finalità.

In queste situazioni difficili, i disabili sono materialmente assistiti e, dal punto di vista sanitario e materiale, accuditi da operatori degli istituti pubblici o privati di cura  ovvero dagli operatori dei servizi sociali (dei comuni) o sanitari. 

Tuttavia sul punto il codice è chiaro; gli «operatori che hanno in cura o in carico» il beneficiario non possono essere nominati amministratori di sostegno (art. 408, comma 3, c.c.).

In tal caso, per effetto di consapevole scelta legislativa, si è deciso di mantenere distinta l'assistenza materiale da quella giuridica.

L'operatore non può diventare amministratore di sostegno del disabile.

La ratio sottesa al divieto è trasparente; risiede nella volontà di evitare ogni possibile situazione di abuso ovvero, che «il medesimo soggetto svolga contemporaneamente le funzioni di controllore e controllato» (Campese, 397). In tal modo si intende garantire una certa terzietà nell'espletamento dell'ufficio di amministratore di sostegno affinché questi possa effettivamente vigilare sui servizi resi al beneficiario (Farolfi, 181).

Il divieto in parola appare giustificato anche in forza di un'ulteriore considerazione: «rispetto all'operatore che lo accudisce ed aiuta materialmente e psicologicamente, il disabile si trova non poche volte in condizioni di debolezza, di soggezione, oltre che di inferiorità anche psicologica, dipendendo da queste persone il suo aiuto materiale; aiuto consistente, spesse volte, in interventi a sostegno personale, quali, ad es., preparazione dei pasti, aiuto domestico, assistenza per la cura dell'igiene personale, trasporto al lavoro, contributi ad integrazione del reddito» (Masoni, 287).

Nei confronti di queste persone non infrequentemente la persona bisognosa matura un debito di riconoscenza e di gratitudine che, talvolta, ritiene di estinguere con regalie e piccoli doni. Il divieto legislativo appare quindi oltremodo opportuno.

Nel caso di soggetti in condizione di abbandono, il rapporto fiduciario intercorrente tra beneficiario ed amministratore, rapporto fiduciario che la legge favorisce per il buon funzionamento del meccanismo di protezione, è scientemente reciso, a tutto beneficio ed a garanzia della correttezza e dell' imparzialità dell' operato della persona prescelta; criterio questo cui la legge attribuisce primazia rispetto ad ogni altro.

Stando alla ratio ed alla lettera della legge, il divieto involge unicamente gli « operatori »; ossia, quanti sul territorio si trovano a diretto contatto col disabile, assistendolo. Non involge, invece, i rappresentanti degli enti di cui gli operatori sono espressione (Comune e Provincia, quali, sindaco e presidente della Provincia); persone che ben possono essere chiamate ad esplicare la funzione (Masoni , 287).

Non sembra vietato che i responsabili di tali enti a loro volta possano sub delegare a funzionari interni l' espletamento dell' incarico; similmente a quanto dispone l ' art. 354 c.c., per la nomina a tutori di minori in stato di abbandono di enti di assistenza, e similmente alla previsione dell' art. 408, comma 4, c.c., per la nomina dei rappresentanti di enti non riconosciuti, che possono delegare l ' incarico.

Ci ò che sembra vietato è la sub delega ad operatori che abbiano in cura ed in carico i disabili, perché altrimenti la preclusione normativa, contenuta nel 3° comma della norma in commento, verrebbe indirettamente aggirata.

Il divieto in parola involge i singoli dipendenti comunali, laddove gli stessi abbiano in carico il disabile. Ciò non vale laddove il disabile non sia più seguito dal servizio, ovvero, dall' equipe di cui fa parte il singolo operatore.

Per esigenze di imparziale esercizio dell' amministrazione e di garanzia, sembra opportuno fornire interpretazione estensiva del divieto, escludendo dalla funzione non solo il singolo operatore, ma anche i membri componenti l'equipe che ha « in cura o in carico» il disabile; equipe spesso composta di tre persone; l' assistente sociale che accudisce e segue il disabile, uno psicologo ed un referente-responsabile del gruppo di assistenza.  

Come si è in precedenza rammentato nella prassi è diffusa la nomina di un co-amministratore di sostegno. Prassi che costituisce "un'opzione che valorizza il ruolo dei familiari nella gestione del sostegno in favore del beneficiario " (R. Rossi, 23).

Bibliografia

Bonilini, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008; Campese, Il giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008; Farolfi, Amministrazione di sostegno, Milano, 2014; Masoni, L'amministrazione di sostegno, a cura di Masoni, Rimini, 2009; Masoni, Il ruolo dei servizi sociali nella procedura di amministrazione di sostegno, in Giur. it., 2006; Napoli, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2009; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018. R.ROSSI, Amministrazione di sostegno: questioni e soluzioni, Milano, 2019.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario