Codice Civile art. 429 - Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione.Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione. [I]. Quando cessa la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste possono essere revocate su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo grado, del tutore dell'interdetto, del curatore dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero [42 att.; 69, 720 c.p.c.]. [II]. Il giudice tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne il pubblico ministero. [III]. Se nel corso del giudizio per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione appare opportuno che, successivamente alla revoca, il soggetto sia assistito dall'amministratore di sostegno, il tribunale, d'ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione degli atti al giudice tutelare (1). (1) Comma aggiunto dall'art. 10 l. 9 gennaio 2004, n. 6. InquadramentoL'art. 429 dispone che un formale provvedimento del giudice dichiari cessata la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione quando se ne verificano le condizioni in fatto; e impone al giudice tutelare di vigilare per riconoscere il sopraggiungere di queste condizioni o verificare se, per contro, la condizione di incapacità persista. La disposizione ha il palese scopo di impedire che permanga una situazione conclamata di minorata capacità quando di essa non sussistono più le ragioni giustificatrici: e ha per presupposto che quella stabile infermità che aveva motivato la pronuncia ufficiale (o la dipendenza dagli stupefacenti o dall'alcool o la prodigalità dell'inabilitato) non fosse permanente (Forchielli, 65). La cessazione della causa soggettiva di interdetto o di inabilitato è dichiarata con un provvedimento che revoca la precedente pronuncia. È necessario che l'interdizione o l'inabilitazione siano state dichiarate con una sentenza passata in giudicato e, quindi, che la situazione di incapacità non sia più in discussione nel momento della revoca. Infatti, se una tale condizione soggettiva è ancora sub judice, l'accertamento che essa non sussiste esclude in radice la necessità di una revoca, nel grado di impugnazione, della sentenza che l'aveva affermata nel grado precedente. La revoca non comporta il riesame degli effetti già verificatisi della pronuncia di interdizione o di inabilitazione né la loro rimozione. Neppure può ritornarsi ad una verifica dei presupposti sostanziali della precedente pronuncia; oggetto della revoca è soltanto il venir meno delle condizioni che avevano fondato l'intervento giudiziale e, quindi, una situazione contingente nuova rispetto a quella valutata in precedenza. Una valutazione delle circostanze pregresse e già apprezzate per la dichiarazione di interdizione o di inabilitazione può essere effettuata a scopo comparativo, al fine di porle a raffronto con lo stato attuale e desumerne l'intervenuta modifica migliorativa (Scardulla, 952). Il punto controverso riguarda il miglioramento dovuto alle terapie mediche e al fatto che uno stato di sufficiente controllo di sé possa essere raggiunto attraverso l'utilizzo costante di farmaci. Per alcuni studiosi la stretta dipendenza dal medicinale dimostra che il soggetto non ha conseguito una vera guarigione e non ha superato la condizione di incapacità personale: ragione, questa, per non ammettere la revoca (Bruscuglia, 6). Altri evidenziano che la ratio normativa intende valorizzare la persona e le sue capacità residue, sì che, ogni volta in cui essa riacquista lucidità, anche con il sostegno di farmaci, dovrebbe ammettersene il ritorno all'ordinaria capacità di agire (Spangaro, 461). La dottrina concorda nell'affermare che la sentenza di revoca ha natura costitutiva, in quanto restituisce al soggetto la piena capacità di agire e ne modifica, conseguentemente, lo status (Napoli, 305; Forchielli, 67). Per la giurisprudenza la chiusura pronunciata dal giudice tutelare con decreto non impugnato implica l'estinzione della tutela e la cessazione dei suoi organi, nel cui confronti, pertanto, non può essere rivolta la domanda di revoca o modifica del provvedimento emesso dal tribunale ai sensi degli artt. 375 e 732 c.p.c. che va, di contro, proposta all'autorità giudiziaria nel contraddittorio delle parti (Cass. I, ord. n. 8583/2022). Legittimazione attivaL'art. 429, primo comma, indica i soggetti legittimati a chiedere la revoca senza in essi comprendere lo stesso incapace e il suo convivente di fatto. Costoro sono legittimati, ai sensi dell'art. 417, a chiedere l'interdizione e l'inabilitazione ma non anche a proporre l'azione di revoca. Si apre un problema interpretativo inteso a stabilire se da questa differenza di previsioni normative debbano trarsi conseguenze applicative rigorose o la detta differenza possa essere superata in base a principi di contenuto generale. Si osserva da taluni che il chiaro dettato legislativo induce a ritenere che la tutela dell'incapace, non abilitato a promuovere l'azione di revoca, è comunque assicurata dal dovere di vigilanza che fa carico al giudice tutelare (Forchielli, 66; Bruscuglia, 25). Altri osservano che non è concepibile che non possa ammettersi a chiedere la pronuncia di riacquisto delle proprie capacità proprio chi ne ha interesse diretto e in prima persona; tanto più che l'art. 716 c.c. riconosce all'incapace la capacità di stare in giudizio, sia in primo grado che in sede di gravame (Napoli, 301). Altri ancora propongono una distinzione tra le posizioni dell'interdetto e quella dell'inabilitato. Mentre l'interdetto è privato della capacità di agire e di stare in giudizio, dopo la sentenza di interdizione, l'inabilitato subisce soltanto una riduzione della sua capacità e, pertanto, egli può agire per ottenere la revoca, con l'assistenza del curatore (Venchiarutti, 254). L'introduzione nel nostro diritto di famiglia dell'istituto dell'amministrazione di sostegno ha indotto il legislatore a prevedere il caso in cui, potendosi disporre la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione, sussista l'opportunità di non lasciare comunque privo di una assistenza il soggetto già dichiarato incapace. L'ultimo comma dell'art. 429, aggiunto dalla l. n. 6/2004, dispone che il tribunale, d'ufficio o su istanza di parte, trasmetta gli atti al giudice tutelare, competente alla nomina dell'amministratore. Si pone, in proposito, un problema pratico di collegamento, in ordine al quale la dottrina invoca accordi interni ai vari uffici al fine di superarlo. Infatti, se il tribunale provvede alla revoca e poi trasmette gli atti al giudice tutelare, viene a crearsi uno spazio temporale, prima che quest'ultimo abbia potuto provvedere, durante il quale il soggetto rimesso nelle sue capacità è sprovvisto di quella protezione che pure viene sollecitata. D'altra parte, la trasmissione degli atti prima della revoca impedirebbe al tribunale di ripensare al provvedimento, mentre sono in corso le procedure dinanzi al giudice tutelare per l'amministrazione di sostegno. L'interdetto, nel procedimento di revoca dell'interdizione, è legittimato a stare in giudizio a mezzo di un proprio difensore (Cass. n. 2401/2015). Normativa processualeLa riforma del processo civile introdotta dal d.lgs. n. 149 del 2022 ha attratto nell'ambito del rito unificato per le controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia la disciplina del procedimento di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione. L'art. 473-bis.57 stabilisce che in proposito si applicano le disposizioni, introdotte dalla riforma, della sezione del codice di procedura civile dedicata alla specifica normativa in tema di interdizione e di inabilitazione. Ciò significa (per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023) che il procedimento è intrapreso con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui la persona nei cui confronti la domanda è diretta ha la residenza o il domicilio (art. 473-bis.52 ). Il ricorso deve contenere le indicazioni di cui agli artt. 473-bis.12, 473-bis.13 e 473-bis.52. Il presidente del tribunale nomina il giudice relatore e fissa l'udienza di comparizione; entro il termine fissato con il decreto il ricorrente notifica ricorso e decreto all'interdicendo o all'inabilitando nonché alle altre persone dalle quali possono essere assunte informazioni. Segue poi l'udienza di comparizione con l'esame del soggetto interdetto o inabilitato. 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