Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 27 - Condizioni per contrarre matrimonio.Condizioni per contrarre matrimonio. 1. La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia. InquadramentoLa disposizione in commento stabilisce che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio. Peraltro, stante la vigenza dell'art. 116, comma 2, c.c., considerata norma di applicazione necessaria, allo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia si cumula l'applicazione di alcune disposizioni dello stesso codice civile (artt. 85, 86, 87 nn. 1, 2, 4, 88 e 89) (cfr. Ballarino 1990, 541). Legge regolatrice della capacità e delle altre condizioni per contrarre matrimonioLa norma in esame stabilisce che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio. Sarà quindi la legge in questione a stabilire se il nubendo ha raggiunto l'età richiesta per contrarre matrimonio, se vi siano vizi nella volontà matrimoniale e se sussistono ulteriori impedimenti alla celebrazione del matrimonio (Ballarino 2016, 175). In tale prospettiva, applicando i criteri già vigenti in precedenza, si era ritenuto che il minore straniero può contrarre matrimonio in Italia, senza bisogno di esservi ammesso dal giudice a norma dell'art. 84 c.c., qualora ne abbia la capacità secondo la propria legge nazionale e sempre che abbia compiuto i sedici anni di età, limite di ordine pubblico opponibile al diritto straniero (Trib. min. Bologna, 9 febbraio 1990, in Giust. Civ., 1991, I, 472). Peraltro, stante la vigenza dell'art. 116, comma 2, c.c., considerata norma di applicazione necessaria, allo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia si cumula l'applicazione di alcune disposizioni dello stesso codice civile (artt. 85, 86, 87 nn. 1, 2, 4, 88 e 89) (cfr. Ballarino 1990, 541). In linea di principio la sussistenza dei requisiti per contrarre matrimonio deve essere verificata separatamente per ciascun nubendo (cfr. Ballarino 2016, 176, il quale fa riferimento ad un'applicazione «disgiuntiva» o «distributiva» delle due leggi): tuttavia, sussistono impedimenti cd. bilaterali che si riferiscono a circostanze relative alla persona dell'altro coniuge o di entrambi e che indicano con chi il nubendo non può contrarre matrimonio e trovano applicazione, impedendo il matrimonio, anche se non sono previsti dalla legge nazionale dell'altro nubendo. Qualora lo straniero voglia contrarre matrimonio in Italia dovrà inoltre rispettare il comma 1 dell'art. 116 c.c. per il quale il nubendo deve presentare all'ufficiale di stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Stato dalla quale risulti che in base alle leggi cui è sottoposto nulla osta al matrimonio. Rispetto alla predetta previsione normativa era stata ritenuta non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 2 Cost., la questione di legittimità costituzionale, nella parte in cui non assicura tutela incondizionata al diritto inviolabile di ciascun soggetto di contrarre matrimonio, ed, in subordine, sempre con riferimento allo stesso art. 2 Cost., nella parte in cui non prevede che, in mancanza della dichiarazione dell'autorità competente dello Stato di provenienza del nubendo straniero che nulla osta al matrimonio, i nubendi possano presentare direttamente all'ufficio dello stato civile idonea documentazione attestante la mancanza di impedimenti al matrimonio secondo la legislazione cui il nubendo cittadino straniero è sottoposto (Trib. Roma, 3 settembre 2001, in Dir. fam., 2002, 313, con nota di Cerreto). Peraltro, la Corte Costituzionale ha ritenuto manifestamente infondata la predetta questione di legittimità costituzionale dell'art. 116 c.c., nella parte in cui non prevede che lo straniero possa provare con ogni mezzo la ricorrenza delle condizioni per contrarre matrimonio secondo le leggi del proprio paese ad eccezione, eventualmente, di quelle che contrastano con l'ordine pubblico, ritenendo che il rimettente avesse erroneamente valutato l'ambito dei provvedimenti adottabili all'esito del procedimento di cui all'art. 98 comma 2 c.c., escludendo la configurabilità di una decisione autorizzatoria e omettendo di verificare una diversa interpretazione della norma censurata, che ha invece considerato isolatamente e senza riferirsi al contesto normativo in cui l'applicazione della legge straniera è esclusa ove i suoi effetti siano contrari all'ordine pubblico (Corte cost. n. 14/2013). In sede applicativa si è quindi ritenuto che, in difetto di nulla osta dello Stato di provenienza ex art. 116 c.c., va autorizzato l'ufficiale dello stato civile del comune a procedere alla pubblicazione del matrimonio, posto che la garanzia del diritto inviolabile di costituire una famiglia, attraverso un matrimonio liberamente contratto, si estende agli stranieri per effetto dell'art. 16 disp. legge risultando il divieto immotivato contrario all'ordine pubblico italiano (Trib. Bari II, 7 febbraio 2012). Ad esempio, si è evidenziato che è contraria all'ordine pubblico, e non può trovare applicazione in Italia, la pretesa dell'autorità marocchina di subordinare l'autorizzazione prevista dall'art. 116 c.c. alla conversione all'Islam del cittadino italiano (Trib. Taranto, 13 luglio 1996, in Fam. e dir., 1996, 445, con nota di Venchiarutti). Più in generale, nel senso che la norma dell'ordinamento straniero ostativa alla celebrazione del matrimonio per motivi religiosi è palesemente contraria all'ordine pubblico italiano per contrasto con l'art. 3 Cost. e pertanto non può trovare applicazione nell'ordinamento italiano. Ne consegue che, in deroga all'art. 116 c.c., può concedersi la dispensa dal nulla osta dell'autorità straniera e può autorizzarsi l'ufficiale di stato civile a provvedere alle pubblicazioni matrimoniali consentendo la celebrazione del matrimonio secondo la legge civile italiana v. Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 9 marzo 1995, in Giur. mer., 1996, 702, con nota di Lagomarsino). Analogamente, è stato affermato che l'ufficiale di stato civile deve procedere alle pubblicazioni matrimoniali anche in assenza del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. per il matrimonio tra un cittadino ed uno straniero, qualora il mancato rilascio risulti ingiustificato o sia determinato da motivi religiosi e costituisca perciò un'arbitraria o discriminatoria preclusione del diritto di contrarre matrimonio (nella specie, il cittadino nubendo rifiutava di aderire alla religione musulmana non conseguendo così l'attestato di conversione all'Islam ed il rilascio del nulla osta da parte dell'Algeria): in presenza del rifiuto alle pubblicazioni deve, pertanto, ritenersi che il giudice possa supplire alla mancanza o all'inadeguatezza del certificato, il quale rappresenta non una condizione per contrarre matrimonio, ma solo una formalità probatoria, con valore puramente certificativo (Trib. Piacenza, 5 maggio 2011; sostanzialmente in termini Trib. Camerino, 12 aprile 1990, in Foro it., 1990, I, 2038). Sempre in sede di merito, si è ritenuto che lo straniero che voglia esercitare in Italia il diritto inviolabile di costituire una famiglia attraverso il matrimonio, deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione di «nulla osta» dell'autorità competente del proprio Paese (art. 116 c.c.), sempreché la richiesta di tale certificato non comporti rischi per l'incolumità personale del richiedente, nel qual caso il tribunale può comunque autorizzare la pubblicazione di cui all'art. 93 c.c. accertando aliunde la mancanza di impedimenti al matrimonio (Trib. Modena II, 27 gennaio 2011, con riguardo ad una fattispecie nella quale si trattava di cittadino irakeno con status di protezione sussidiaria). Inoltre, è stato affermato che deve essere considerato equivalente al nulla osta al matrimonio di cui all'art. 116 c.c.il certificato di stato libero rilasciato da una amministrazione civile nominata dall'UNMIK ad un cittadino iugoslavo originario del Kosovo, malgrado l'autorità consolare iugoslava non abbia rilasciato un certificato analogo (Trib. Belluno, 18 maggio 2002, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1071). Si è ritenuto, poi, che anche l'omessa risposta dell'autorità competente dello Stato d'appartenenza di uno dei nubendi alle reiterate, certe richieste di quest'ultimo dirette ad ottenere il nulla osta al matrimonio ex art. 116 c.c., equivale ad un immotivato rifiuto, contrario a tutte le norme dell'ordine pubblico interno italiano (che prevedono che lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino, tra i quali il diritto di godere di ampia garanzia giurisdizionale ed amministrativa nei confronti degli atti delle p.a., anche quando si estrinsecano in comportamenti ingiustificatamente ed immotivatamente omissivi), nonché ai sommi principi costituzionali italiani ed al nostro ordine pubblico internazionale: va pertanto ordinato all'ufficiale di stato civile italiano di procedere alle pubblicazioni matrimoniali richieste dal cittadino straniero, allorché risulti che non esiste alcun impedimento alle nozze (Trib. Potenza, 30 novembre 1989, in Dir. fam., 1990, 558). Per converso, lo stesso art. 116, comma 1, c.c., come modificato dall'art. 1, comma 15, l. 15 luglio 2009 n. 94, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano». Invero, la Corte Costituzionale ha a riguardo rilevato che tale disposizione, nello stabilire che lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile, oltre al nulla osta rilasciato dalla competente autorità del proprio Paese, anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano — incide su di un diritto fondamentale, quale quello di contrarre matrimonio, derivante dagli artt. 2 e 29 cost., e rappresenta uno strumento non idoneo ad assicurare un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diversi interessi coinvolti, tanto più che il d.lgs. n. 286 del 1998 già disciplina alcuni istituti volti a contrastare i cosiddetti «matrimoni di comodo» e la medesima disposizione è lesiva altresì dell'art. 117, comma 1, Cost., perché la libertà matrimoniale è garantita anche dall'art. 12 della convenzione europea dei diritti dell'uomo (Corte cost. n. 245/2011). Su un piano generale, è stato precisato, nella recente giurisprudenza, che l'art. 116 c.c. va interpretato nel senso che è necessario e sufficiente che la dichiarazione rilasciata dall'autorità estera, accerti l'assenza di ostacoli al matrimonio, a prescindere dalle formule testuali impiegate, atteso che non può subordinarsi un diritto fondamentale dell'individuo, quale la libertà matrimoniale, protetto tanto dal diritto internazionale e dell'Unione europea, quanto dalla Costituzione italiana, ad elementi puramente formali, senza indagare l'effettiva sussistenza del requisito richiesto (Cons. St. I, n. 3164/2013). BibliografiaBadiali, Matrimonio, in Enc. giur., XIX, Roma, 1990; Ballarino, Diritto internazionale privato italiano, Padova, 2016; Ballarino, Il nuovo diritto internazionale privato della famiglia, in Fam. e dir. 1995, n. 5, 487; Ballarino, Sul progetto di riforma del sistema di diritto internazionale privato, in Riv. dir. internaz. 1990, 541; Cerreto, Impedimento al matrimonio del cittadino straniero e lesione dell'eguaglianza giuridica e della libertà religiosa, in Dir. fam. 2002, n. 2-3, 318; Mori, Rapporti di famiglia, adozione, protezione degli incapaci e obblighi alimentari, in Corr. giur. 1995, n. 11, 1243; Mosconi-Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, I, Torino, 2015; Picone, La teoria generale del diritto internazionale privato nella legge italiana di riforma della materia, in Riv. dir. intern. 1996, 289 ss. |