Codice Civile art. 145 - Intervento del giudice 1 .

Giuseppe Buffone

Intervento del giudice 1.

[I]. In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l'intervento del giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, [per quanto opportuno,] dai figli conviventi che abbiano compiuto gli anni dodici o anche di eta' inferiore ove capaci di discernimento, tenta di raggiungere una soluzione concordata2

[II]. Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente da uno o entrambi i coniugi, adotta la soluzione che ritiene più adeguata all'interesse dei figli e alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia3.

[III]. In caso di inadempimento all'obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall'articolo 143, il giudice, su istanza di chiunque vi ha interesse, provvede ai sensi dell'articolo 316-bis.4

[1] Articolo così sostituito dall'art. 27 l. 19 maggio 1975, n. 151.

[2] Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs  10 ottobre 2022, n. 149 che ha soppresso le parole «per quanto opportuno» e  ha sostituito le parole: «gli anni dodici o anche di eta' inferiore ove capaci di discernimento» alle parole: «il sedicesimo anno» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

[3] Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs  10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".Si riporta il testo anteriore alla suddetta modificazione: «Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia».

[4] Comma inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs  10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

La legge 151 del 1975, riscrivendo l'art. 145 c.c., ha introdotto un sistema di risoluzione del conflitto coniugale non conflittuale: si tratta, cioè, di una norma applicabile alla famiglia non disgregata là dove il governo delle decisioni sia travolto da un contrasto insuperabile. In questo contesto, il Legislatore ha introdotto un intervento giudiziale discreto e rispettoso della autonomia dei partners che non ha il fine di «irrompere» nella famiglia bensì di offrirle un utile supporto per raggiungere un accordo. Il procedimento in rassegna ha carattere non contenzioso e può chiudersi, se i coniugi raggiungono un accordo, con una conciliazione o con una pronuncia di non luogo a provvedere, o in caso di disaccordo, con un provvedimento che può equipararsi al pronunciato di un arbitratore ed è di per sé insuscettibile di coercizione, in quanto privo di efficacia esecutiva.

Intervento giudiziale ex art. 145 c.c

In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l'intervento del giudice il quale tenta di raggiungere una soluzione concordata. Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia. In questa ipotesi, quindi, i genitori si rivolgono al giudice quale «mediatore» che, per la decisione, adotta, quali criteri risolutivi, le esigenze dell'unità familiare e le esigenze della vita della famiglia, sul binario della «adeguatezza». Pur discorrendo l'art. 145 c.c. di «coniugi», secondo la Dottrina, il rimedio è esperibile anche dai conviventi (v. Tommasini, 256). La decisione non è impugnabile e, dunque, di fatto, il giudice decide secondo equità, quasi quale arbitrum boni viri, ma pur sempre nell'ambito di un procedimento giurisdizionale (di volontaria giurisdizione).

Potendo la scelta incidere su diritti soggettivi (anche a sostrato costituzionale), secondo taluni dovrebbe, però, ritenersi ammesso ricorso straordinario in Corte di Cassazione (111 Cost.). L'opinione non appare condivisibile in quanto la decisione ex art. 145 c.c. resta assunta rebus sic stantibus ed è cedevole nel senso che può essere superata da altra decisione (anche cronologicamente vicina). Non solo: il ricorso straordinario non è necessario in concreto poiché la decisione, pur vincolante per i coniugi, non è coercibile. Secondo un precedente risalente, la decisione del giudice «è vincolante per entrambi i coniugi, ma insuscettibile di esecuzione forzata» (Cass. 11 ottobre 1978 n. 4519, in Dir. Famiglia, 1979, 1096). Questa tesi muove comunque dalla natura di volontaria giurisdizione del procedimento. Si tratta di un indirizzo altre volte obliterato dalla Cassazione allorché ha optato per la tesi dottrinale che esclude, dall'ambito dei provvedimenti giurisdizionali, il decisum del giudice ex art. 145 c.c. (Cass. n. 5415/1992).

Procedimento

La disposizione prevede due distinte procedure compositive del conflitto: la prima, meramente consultiva; la seconda, risolutiva. La prima procedura, può definirsi di mediazione facilitativa; la seconda, di mediazione aggiudicativa (Buffone, Volontaria Giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, 2012). Nel primo caso, il giudice si limita a suggerire ai partners la soluzione che giudica equa e, però, saranno poi gli stessi a doverla attuale (cd. soluzione concordata). Nel secondo caso, invece, statuisce con effetti vincolanti per le parti, stabilendo la soluzione in via giudiziale. Lo sbocco in questa decisione è limitata esclusivamente ai conflitti concernenti la fissazione della residenza o gli altri affari essenziali. Secondo taluni (Gabrielli, Commentario al codice civile, Milano, 2010), la norma escluderebbe le questioni concernenti l'affido e il mantenimento: è una impronta interpretativa corretta. L'art. 145 c.c., infatti, presuppone che la famiglia sia unita e non disgregata e, pertanto, non può includere nel suo alveo anche i genitori nella fase della separazione, già in corso o in fase di emersione (v. T. Macerata, 26 novembre 2008 in Foro It., 2009, 3, 1, 837). Secondo l'indirizzo della Cassazione (Cass. n. 5415/1992), in entrambi i casi previsti dall'art. 145 cod. civ., la legge ha escluso che il giudice possa pronunciare provvedimenti giurisdizionali. La proposizione interpretativa assunta dalla Corte di Cassazione, negli arresti in esame, non sembra condivisibile. Non può ammettersi che il provvedimento finale sia estraneo ai provvedimenti giurisdizionali: 1) in primis è la Legge stessa a discorrere di «provvedimento», distinguendo così il frutto finale del rito in questione, da quello di cui al I comma, definito «soluzione concordata»; 2) in secundis, il fatto che il giudice agisca come «mediatore», incide sul «metodo» con cui questi decide, ma non sulla forma, anche per evitare che il procedimento resti interamente affidato alla discrezionalità dei coniugi, impoverendosi così dal punto di vista della serietà; 3) in terzo luogo, una funzione del giudice quale mero arbitro della famiglia, se si giustificava nell'ottica che reggeva il diritto di famiglia anteriormente vigente, non pare più conforme all'attuale assetto legislativo (Buffone, Volontaria Giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, 2012). La competenza è individuata dall'art. 41 disp. att. c.c.: i provvedimenti previsti nell'art. 145 c.c. sono di competenza del Tribunale del circondario del luogo in cui è stabilita la residenza familiare o, se questa manchi, del tribunale del luogo del domicilio di uno dei coniugi. Il tribunale provvede in composizione monocratica.

Riforma Cartabia

L'art. 1, comma 24 della legge 26 novembre 2021, n. 206 , ha introdotto, nell'ordinamento giuridico italiano, il «Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie» (TPMF) che comporta l'istituzionalizzazione di un unico Ufficio giudiziario che assorbe il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni. Al contempo, l'art. 1 comma 23, lett. a) della medesima normativa ha introdotto nuove disposizioni in un apposito titolo IV-bis del libro II del codice di procedura civile, rubricato «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie»; per i procedimenti civili elencati nel comma 23, lettera a), si applica il rito unificato in materia di persone, minorenni e famiglie previsto dal medesimo comma 23. Le previsioni in esame sono oggetto di delega legislativa emanata, per quanto riguarda le norme di procedura, con il decreto legislativo n. 149 del 2022 che ha aggiunto, in seno all'art. 145 c.c., l'ultimo comma ed apportato modifiche. Nella versione oggi vigente, l'art. 145 c.c. precisa, in armonia con tutta la disciplina dell'ascolto del minore e con il disposto dell'art. 315 bis c.c., che il minore che abbia compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore, se capace di discernimento, debba essere ascoltato dal giudice. Le modifiche apportate al secondo comma prevedono che il giudice, quando gliene viene fatta richiesta anche da uno solo delle parti, possa assumere con provvedimento non impugnabile la soluzione più adeguata all'interesse dei figli e alle esigenze della famiglia. Il terzo comma prevede che in caso di inadempimento agli obblighi di mantenimento di cui all'art. 143 si applichi quanto previsto dall'art. 316-bis c.c..

Bibliografia

Bianca, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Ferrando, L'invalidità del matrimonio in Tr. ZAT, I, Milano 2002; Finocchiaro, Matrimonio in Comm. S. B., artt. 84 - 158, Bologna - Roma, 1993; Lipari, Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile in Comm. Dif., II, Padova, 1992; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015; Tommasini, Riflessioni in tema di famiglia di fatto: limiti di compatibilità e di affidamento per la convivenza, in Riv. dir. civ., 1984, II, 256.

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