Regolamento - 20/12/2010 - n. 1259 art. 7 - Validità formale

Gustavo Danise
aggiornato da Francesco Bartolini

Validità formale

1. L'accordo di cui all'articolo 5, paragrafi 1 e 2, è redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi i coniugi. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che permetta una registrazione durevole dell'accordo.

2. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l'accordo prevede requisiti di forma supplementari per tali accordi, si applicano tali requisiti.

3. Se, nel momento in cui è concluso l'accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma differenti, l'accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati.

4. Se, nel momento in cui è concluso l'accordo, uno solo dei coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante e se tale Stato prevede requisiti di forma supplementari per questo tipo di accordo, si applicano tali requisiti.

Inquadramento

Mentre l'art. 7 è di semplice interpretazione, richiedendo che l'accordo sia redatto in forma scritta e comunicato con mezzo idoneo, salva l'integrazione con altri requisiti formali espressamente richiesti dall'ordinamento interno dello Stato in cui uno dei due risiede abitualmente, ben più complesso è il tenore letterale dell'art. 6 che individua nella lex fori la legge applicabile in caso di contestazione sulla validità dell'accordo; si pensi, ad es., agli artt. 1427 ss. c.c. sui vizi del consenso che verrebbero in luce ove le parti avessero nell'accordo ex art. 5 Reg. eletto il diritto italiano per regolare il loro divorzio. Nel caso in cui uno dei coniugi neghi di aver mai prestato il consenso all'accordo sulla legge regolatrice, potrà promuovere il relativo giudizio dinanzi all'A.G. del paese ove ha la residenza abituale, la cui disciplina normativa troverà applicazione.

Contestazione dell'accordo: applicazione della lex fori.

L'art. 6 stabilisce che la contestazione dell'esistenza e validità sostanziale dell'accordo sulla legge applicabile deve essere giudicata secondo la lex fori; al secondo paragrafo precisa che un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del Paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui è adita l'Autorità giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l'effetto del comportamento di questo coniuge secondo la legge applicabile all'accordo di scelta. Questa disposizione intende garantire la c.d. scelta informata, definita nel considerando n. 18 quale principio ispiratore del regolamento, e nel contempo rappresenta un correttivo alla scelta della legge di un Paese se lesiva degli interessi di uno dei coniugi. Il funzionamento di tale correttivo è rimesso in primo luogo al coniuge, che, pur in presenza di un accordo rispettoso dei requisiti di validità formale di cui al successivo art. 7, può sostenere che il suo consenso non è stato validamente dato, ed in seconda battuta al giudice, al quale è attribuito un importante margine di discrezionalità. L'art. 6 par. 2 comporta un controllo dell'accordo sotto il profilo materiale e un controllo dell'ordine pubblico, pervenendo al risultato di scartare l'applicazione della legge scelta a favore di quella designata dai criteri oggettivi, nell'intento di tutelare le ragionevoli aspettative del coniuge fondate sulla legge della residenza abituale.

Requisiti formali

Il legislatore europeo ha previsto che l'accordo, per poter esplicare i suoi effetti, deve possedere determinati requisiti formali per garantirne il consenso informato. L'art. 7 costituisce diretta esplicazione del principio contenuto nel 19° considerando che recita «Occorre definire norme sulla validità sostanziale e formale, in modo che la scelta informata dei coniugi sia facilitata e che il loro consenso sia rispettato nell'obiettivo di garantire la certezza del diritto ed un migliore accesso alla giustizia. Per quanto riguarda la validità formale, dovrebbero essere introdotte talune garanzie per assicurare che i coniugi siano consapevoli delle conseguenze della loro scelta. Come minimo l'accordo sulla scelta della legge applicabile dovrebbe essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambe le parti. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l'accordo prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati. Tali requisiti possono ad esempio esistere in uno Stato membro partecipante in cui l'accordo è inserito nel contratto di matrimonio. Se, nel momento in cui è concluso l'accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi che prevedono requisiti di forma differenti, è sufficiente che siano soddisfatti i requisiti di forma di uno dei due Stati. Se, nel momento in cui è concluso l'accordo, uno solo dei due coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante che prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati». La forma scritta deve essere quindi accompagnata da garanzie di autenticità, quali la dichiarazione compiuta dinanzi ad un autorità pubblica, notaio o ufficiale di stato civile, o lo stesso giudice, solo se previsto da uno degli Stati parti. Se quindi ad es. vi è un accordo sull'applicazione della legge italiana, quest'ultimo non deve essere trascritto perché non costituisce una convenzione matrimoniale (art. 162 ss. c.c.) secondo il nostro ordinamento (contra  Viarengo, 619, secondo cui se l'accordo fosse stipulato in Italia con scelta della legge italiana dovrebbe essere considerato alla stregua di una convenzione matrimoniale). L'autorità giudiziaria adita cui è richiesto con accordo ex art. 5 di applicabile una determinata legge, deve ritenere valido l'accordo sotto il profilo formale, anche se la lex fori prevede condizioni più restrittive di forma, se risulta validamente stipulato secondo le leggi indicate dal regolamento (Franzina, 464). Si ritiene che non debba attribuirsi valore alle forme di manifestazioni di volontà che possono essere definite tacite, quali quelle ricavabili dalla scelta di una determinata legge per regolare altri aspetti del rapporto coniugale, oppure il richiamo all'interno di un accordo matrimoniale o in un ricorso congiunto per separazione o divorzio di una determinata normativa. Inoltre, l'accordo deve contenere la data, che sarà l'ultima in senso cronologico in caso di mancata sottoscrizione contestuale, e la sottoscrizione da parte dei coniugi, che dovrà essere valutata con particolare attenzione in caso di utilizzo della posta elettronica. È richiesto infine che l'accordo contenga tutti quegli ulteriori elementi eventualmente richiesti dalla legge dello Stato di comune residenza dei coniugi al momento della sua conclusione, onde evitare che le parti scelgano una determinata normativa con il solo scopo di eludere l'applicazione dei requisiti più severi previsti dall'ordinamento in cui entrambi risiedono (cfr. Biagioni, 1470-1484). Per quanto concerne gli ultimi paragrafi dell'art. 7, si dispone che se uno dei coniugi ha la residenza abituale in un paese dell'Unione, la cui normativa prevede ulteriori requisiti formali, sarà quest'ultima ad essere presa in considerazione (par. 4). Il par. 3 precisa poi che quando i coniugi risiedono, al momento della conclusione dell'accordo, in paesi diversi che richiedono requisiti di forma differenti, è sufficiente il rispetto di quanto previsto da una delle due legislazioni nazionali.

La l. 20 maggio 2016, n. 76, ha aggiunto alla l. 218/1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) l'art. 30-bis, per il quale ai contratti di convivenza si applica la legge comune ai contraenti; se la cittadinanza è diversa si applica quella del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata, salve le norme nazionali, europee e internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima. L'art. 31 della stessa l. 218/1996 è stato sostituito dal d.lgs. n. 149/2022 e attualmente: rinvia per la disciplina della separazione personale e del divorzio al Regolamento 2010/1259/UE del Consiglio 20/12/2010; e lascia alle parti la libertà di designare di comune accordo, in tali materie, la legge applicabile, ai sensi dell'art. 5 del Regolamento, mediante scrittura privata, e ciò anche nel corso del procedimento, sino alla conclusione dell'udienza di comparizione delle parti oppure con dichiarazione resa a verbale dai coniugi personalmente o a mezzo di un procuratore speciale.

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