Codice Civile art. 268 - Provvedimenti in pendenza del giudizio (1)

Valeria Montaruli
Francesco Bartolini

Provvedimenti in pendenza del giudizio (1)

[I]. Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell'interesse del figlio (2).

(1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"».

(2) V. d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Inquadramento

La norma stabilisce che in tutti i casi di impugnazione del riconoscimento, anche in ipotesi di difetto di veridicità, il giudice (il tribunale ordinario, anche se il procedimento riguarda un soggetto minorenne) può dare, in pendenza di giudizio, i provvedimenti opportuni nell'interesse del figlio. La dottrina fa notare come la norma parli di figlio e non già di soggetto disconosciuto, in quanto fino al passaggio in giudicato della pronuncia sull'impugnazione del riconoscimento, il riconosciuto conserva lo stato di figlio dell'autore del riconoscimento (Dogliotti, 2015, 391). D'altra parte, i provvedimenti di cui tratta la disposizione in esame sono dati nell'interesse del riconosciuto, sia come figlio dell'autore del riconoscimento, che come figlio dell'altro genitore, oppure del genitore vero che vorrebbe conoscerlo. L'opportunità del provvedimento andrà valutata esclusivamente con riferimento all'interesse materiale e morale del figlio. Tali provvedimenti possono dunque consistere anche in misure concernenti la responsabilità genitoriale, ovvero atte a stabilire il luogo di vita del figlio minore o a fissare i termini dell'eventuale sua frequentazione con l'autore del riconoscimento impugnato (Farolfi, 2015, 1056). Inoltre, ai sensi dell'art. 46 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 relativo all'ordinamento dello stato civile, il giudice può ordinare che sia sospesa l'annotazione del riconoscimento impugnato e può ordinare che la domanda di impugnazione sia annotata nell'atto di nascita, quando vi è stato già annotato il riconoscimento (Majello, 1982, 173).

Con riferimento alla condizione del minore, nel caso regolato dall'art. 74 l. 4 maggio 1984, n. 183, relativo al riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio fatto dal genitore coniugato in assenza di riconoscimento dell'altro genitore, possono essere assunti dal tribunale per i minorenni i provvedimenti cautelari relativi all'allontanamento del minore dall'autore del riconoscimento, oppure al collocamento del minore in una struttura protetta. Peraltro, sempre il tribunale per i minorenni, potrà nominare un curatore speciale per l'impugnazione del riconoscimento. Si ritiene inoltre, che, una volta che l'azione di impugnazione sia iniziata davanti al tribunale ordinario, appartiene al medesimo la competenza a emettere gli anzidetti provvedimenti cautelari (Zaccaria, 2016, 626).

Secondo l'opinione unanime, tali provvedimenti possono essere revocati e modificati in qualsiasi momento e non sono ricorribili per cassazione (Zaccaria, 2016, 626).

Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, di riforma del processo civile, ha introdotto per le controversie in materia di stato delle persone, di famiglia e di minori, un rito unificato, disciplinato dagli artt. 473-bis e seguenti c.p.c. Nell'ambito di questa nuova disciplina l'art. 473-bis.2 conferisce al giudice, a tutela del minore, rilevanti poteri d'ufficio, quali la nomina di un curatore speciale, ed altri di natura probatoria: assunzione di mezzi di prova in deroga alle regole c.p.c., ordini di integrazione della documentazione, ordini di esibizione e disposizione di indagini sul tenore di vita. Inoltre (art. 473-bis.22) il giudice se la conciliazione non riesce può dare con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell'interesse delle parti e della prole. Il procedimento si instaura con ricorso. La competenza appartiene al tribunale territorialmente individuato secondo le regole del giudizio ordinario di cognizione (art. 473-bis.11). Se devono essere adottati provvedimenti riguardanti minori, è competente il tribunale del luogo di ultima residenza del minore; se vi è stato trasferimento non autorizzato, entro l'anno dal trasferimento la competenza spetta al tribunale dell'ultima residenza abituale del minore. Ricevuto il ricorso, il presidente del tribunale nomina con decreto il giudice relatore e fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a questi. Prima dell'udienza il convenuto deve costituirsi, a pena di decadenze da facoltà difensive. L'attore può controbattere con una memoria scritta alla comparsa del convenuto; il convenuto, a sua volta, può rispondere con memoria scritta che l'attore ha ancora facoltà di contestare, prima dell'udienza. Quando la causa è matura per la decisione il giudice relatore (o istruttore se vi è stata assunzione di mezzi probatori) fissa l'udienza nella quale rimetterà le parti alla decisione del collegio e assegna ad esse tre termini successivi entro i quali esse devono: depositare le conclusioni; depositare la comparsa conclusionale; depositare le memorie di replica (art. 473-bis.28). All'udienza il giudice si riserva di riferire al collegio. La decisione è pronunciata con sentenza depositata entro 60 giorni dalla rimessione. La sentenza è impugnabile con appello.

Ai sensi dell'art. 35 d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, le sue disposizioni processuali si applicano ai procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023; ai procedimenti pendenti in tale momento continuano ad applicarsi le norme ante vigenti.

In tema di riconoscimento di figlio naturale da parte di persona coniugata, la giurisprudenza della Cassazione è univoca nel prevedere che il decreto del giudice, adottato a norma dell'art. 268 c.c., che, in vista dell'autorizzato esercizio dell'azione di impugnazione del riconoscimento preveduta dagli art. 74, comma 2 c.c., l. 4 maggio 1983 n. 184 e art. 264, comma 2, c.c., disponga l'allontanamento del figlio da chi lo ha riconosciuto per tale, ha natura di provvedimento di volontaria giurisdizione, non impugnabile per cassazione ex art. 111 Cost., perché privo di contenuto oggettivamente decisorio e di idoneità a produrre gli effetti del giudicato, trattandosi di atto volto unicamente a regolare gli interessi del minore in via interinale e perciò suscettibile d'essere in qualsiasi momento revocato e modificato (Cass. I, n. 5715/1988). Il principio è stato ribadito anche di recente da Cass. I, n. 24477/2015, che ha stabilito che è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso i provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdizione, quale, nella specie, il rigetto del reclamo avverso la richiesta di reintegra della potestà (oggi responsabilità) genitoriale, stante la mancanza dei requisiti della decisorietà e della definitività del provvedimento impugnato.  

Bibliografia

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