Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 33 - Filiazione 1 .Filiazione 1. 1. Lo stato di figlio e' determinato dalla legge nazionale del figlio o, se piu' favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e' cittadino, al momento della nascita. 2. La legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio; qualora la legge cosi' individuata non permetta l'accertamento o la contestazione dello stato di figlio si applica la legge italiana. 3. Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non puo' essere contestato che alla stregua di tale legge; se tale legge non consente la contestazione si applica la legge italiana. 4. Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicita' dello stato di figlio. [1] Articolo sostituito dall'articolo 101, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154. InquadramentoLa previsione è stata significativamente modificata dal d.lgs. n. 154/2013 per adeguarla al principio informatore dell'unicità dello stato di figlio sancita dalla riforma realizzata da detto decreto. In particolare, il comma 1 stabilisce che lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato del quale uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita. La legge individuata mediante tali criteri di collegamento regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio . Il comma 1 della disposizione in esame sancisce il principio dell'automatico riconoscimento delle decisioni in tema di separazione personale, divorzio e annullamento del matrimonio pronunciate in uno Stato membro negli altri Stati membri. L'automaticità del riconoscimento si fonda sulla reciproca fiducia sulla quale devono fondarsi i rapporti tra gli attori del processo di integrazione europea (Baratta, 187). Il riconoscimento si sostanzia, infatti, nell'attribuzione alla sentenza della stessa imperatività ed efficacia che le è propria nello Stato in cui è emanata, in modo che la stessa possa godere nel territorio di tutti gli Stati membri della medesima autorità che la caratterizzando nell'ordinamento d'origine (cfr. De Cristofaro, 749). Il riconoscimento non appare subordinato, in un parallelismo con il sistema già proprio delle Convezioni di Bruxelles del 1968 e di quella di Lugano, al passaggio in giudicato della decisione nello Stato di provenienza o, rectius, al raggiungimento da parte della stessa di un elevato grado di stabilità costituito dall'impossibilità di aggredire al medesima con impugnazioni di frequente esperimento e di non raro successo e ciò neppure ove sia previsto dall'ordinamento dello Stato nel quale la pronuncia è stata emanata (De Cristofaro, 745). Condizione per l'aggiornamento automatico dei registri dello stato civile — aggiornamento per il quale, pertanto, non è necessario l'exequatur — è, invece, il passaggio in giudicato nello Stato di origine della pronuncia sulla separazione personale, sul divorzio o sull'annullamento del matrimonio. PremessaLa disposizione, come le altre relative alla disciplina della filiazione nella legge n. 218 del 1995, è stata significativamente modificata dal d.lgs. n. 154/2013, al fine di coordinarla con i principi ispiratori della riforma generale introdotta da tale decreto che, sancendo il principio dell'unicità dello stato di figlio, ha eliminato ogni distinzione tra figli legittimi e figli naturali (Bianca, 1 ss.). Invero, la precedente regolamentazione della materia era permeata dalla vecchia concezione, riflettendo sul piano del diritto internazionale privato i differenti regimi di filiazione esistenti nel nostro ordinamento, tanto che vi era una norma sullo stato di figlio, una sulla legittimazione, un'altra sul riconoscimento del figlio naturale (cfr. Carella, 1184 ss.). In realtà nella legge n. 218 del 1995 in esame era sempre stata attribuita significativa importanza al principio del favor filiationis, mediante la disciplina di criteri di collegamento e del rinvio in favorem volti a favorire l'applicazione della legge più favorevole per ottenere il riconoscimento dello status di figlio, senza tuttavia aver riguardo alla «tipologia» di questo (ossia alle distinzioni all'epoca esistenti tra figli legittimi, naturali e legittimati: in arg., tra gli altri, Conetti, 315 ss.). In conformità con l'obiettivo principale della legge di delega al Governo, di eliminare ogni discriminazione tra i figli, le principali modifiche apportate agli articoli 33 ss. della l. n. 218/1995 hanno riguardato, in sostanza, l'eliminazione di ogni riferimento a figli « legittimi » e « naturali », introducendo unicamente riferimenti ai « figli ». In questa prospettiva, si è provveduto ad abrogare il comma 3 dell'art. 33, in base al quale era legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei due genitori fosse cittadino al momento della nascita, nonché l'art. 34, che disciplinava la legittimazione (art. 106 d.lgs. n. 154/2013) e si è infine eliminato dall'art. 35 ogni riferimento al figlio « naturale », restando la disposizione destinata ad operare in relazione al riconoscimento dello stato di figlio (in arg. Lopes Pegna, 394 ss.). Ulteriori caratteri essenziali della riforma sono stati l'accentuazione del favor filiationis, mediante la previsione di criteri di collegamento alternativi e la possibilità di applicare la legge più favorevole alla costituzione del rapporto e l'attribuzione alle norme italiane di diritto sostanziale informate al principio del superiore interesse del minore del carattere di norme di applicazione necessaria e l'accettazione del rinvio in favorem previsto dal comma 3 dell'art. 13 della stessa l. n. 218/1995 (cfr., in generale, Ballarino, 2016, 207 ss.). Criteri di collegamentoIl comma 1 della norma in esame, come modificata dal d.lgs. n. 154/2013, prevede che lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato del quale uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita. Prima della riforma di cui al d.lgs. n. 154/2013, l'unico criterio di collegamento era costituito dalla cittadinanza del figlio, poiché si voleva privilegiare un criterio « equidistante » rispetto ai due genitori (Lopes Pegna, 395). Tale criterio, tuttavia, spesso coincideva con la legge nazionale del genitore e quindi con il rapporto di filiazione che si dovevaaccertare (Ballarino, 2016, 208). Pertanto, in omaggio al favor filiationis, sono stati individuati criteri alternativi costituiti dalla legge nazionale del figlio e, se più favorevole, da quella dello Stato del quale uno dei genitori è cittadino al momento della nascita. In dottrina si è sottolineato che l'individuazione della disciplina normativa più favorevole ai fini della scelta della legge applicabile dovrebbe avvenire non guardando all'assetto complessivo della legislazione in tema di filiazione nell'ordinamento individuato, bensì avendo specifico riguardo alle norme che vengono in rilievo per la decisione della controversia concreta (in arg. Barel, 271). Si è tuttavia osservato che, nonostante l'apparente pluralità di leggi suscettibili di venire in rilievo, la norma utilizza sempre il medesimo criterio di collegamento della cittadinanza, sebbene questa sia riferita a soggetti diversi, con la conseguenza che l'astratta molteplicità delle leggi in concorso può in concreto ridursi all'applicazione della medesima legge materiale, e questa non realizzare il risultato voluto (cfr. Honorati, 2737 ss., adducendo l'esempio, estremamente frequente, in cui i genitori abbiano la medesima nazionalità, che si comunica iure filiationis al figlio). Nella recente esperienza applicativa nel senso che per la proposizione della domanda di riconoscimento della paternità, laddove il convenuto risieda in Italia, ai sensi dell'art. 3 della l. n. 218/1995 sussiste la giurisdizione del giudice italiano, il quale dovrà applicare la legge peruviana, ai sensi dell'art. 33 della medesima legge, quando il minore nel cui interesse si procede sia figlio di cittadini peruviani v. Trib. Roma, Sez. I, 7 novembre 2016, n. 20705, in dejure.giuffre.it. Aspetti regolati dalla legge individuata ai sensi dell'art. 33Viene chiarito che la legge individuata mediante i predetti criteri di collegamento regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Pertanto, la S.C. ha ritenuto che, in tema di riconoscimento di figlio, va applicato il principio secondo cui lo stato di figlio di uno straniero deve essere scrutinato dal giudice italiano, ai sensi dell'art. 33, commi 1 e 2, della l. 31 maggio 1995, n. 218, come modificati dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, alla luce della legge nazionale del figlio al momento della nascita, sicché il giudice italiano è tenuto, in ipotesi di carattere plurilegislativo dell'ordinamento dello Stato straniero, a ricercare d'ufficio le norme dell'ordinamento straniero applicabili e le stesse clausole di quell'ordinamento idonee ad individuare il sottosistema territoriale o personale a cui si riferisce la fattispecie. (cfr. Cass. I, n. 11751/2014, la quale ha annullato la sentenza di merito che, in assenza di prove sul sottosistema legislativo applicabile in ipotesi di ordinamento plurilegislativo come quello canadese, ha ritenuto di applicare la legge italiana in materia di riconoscimento di figlio naturale). Per altro verso, si è affermato, atteso che lo stato di figlio, a norma dell'art. 33 della l. 31 maggio 1995, n. 218 di riforma del diritto internazionale privato, è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, alla quale è demandato di regolare presupposti ed effetti del relativo accertamento, che detto stato dipende dai provvedimenti accertativi e dalle statuizioni giurisdizionali dello Stato estero di nascita, con divieto al giudice italiano di sovrapporre a quegli accertamenti fonti di informazione estranee o nazionali, anche se non implica che la certificazione straniera sia assistita dalla fede privilegiata di cui all'art. 2700 c.c. (Cass. VI, n. 15234/2013, per la quale non viola il limite generale dell'ordine pubblico, rilevante in sede di applicazione in Italia di leggi straniere ex art. 16 legge n. 218/1995, la mancata previsione, nell'ordinamento ganese, di un termine per denunciare la nascita del figlio). Più complesse questioni si pongono in relazione all'individuazione della legge applicabile nell'ipotesi di contestazione del rapporto di filiazione poiché il comma 2 della norma in esame precisa che lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge. In dottrina si è osservato che, mediante tale norma, è rimasta ferma la previsione precedente, relativa tuttavia alla contestazione dello stato di figlio legittimo, senza tener conto delle modifiche introdotte in relazione ai criteri di collegamento volti allo stabilimento della filiazione. Se in precedenza il riferimento allo status acquisito sulla base della legge nazionale di uno dei genitori corrispondeva, infatti, allo stesso criterio impiegato al fine di stabilire lo stato di figlio legittimo ai sensi dell'art. 33, comma 2, oggi lo stesso non sembra aver più ragion d'essere, dal momento che lo stato di figlio, ai sensi del comma 1, può esser acquisito, sia in base alla legge nazionale del figlio sia, se più favorevole, in base a quella di uno dei genitori (Lopes Pegna, 397). Nella delineata prospettiva, si è proposto di intendere la disposizione nel senso di valorizzare il comma 2 dell'art. 33 della l. n. 218/ 1995 e quindi di ritenere che lo stato di figlio possa essere contestato soltanto alla stregua della stessa legge sulla base della quale sia stato acquisito (Lopes Pegna, 397; sulla questione, in termini più generali, con riguardo alla disposizione nella formulazione antecedente, Picone, 331). Si precisa, infine, che se la legge individuata come applicabile non consente l'accertamento o la contestazione dello stato di figlio, trova applicazione la legge italiana. In altre parole, sia la necessità di un legame giuridico tra i genitori (i.e. i presupposti della filiazione) sia il regime in concreto applicabile (i.e. i suoi effetti) sono regolati, in un concorso successivo tra loro, dalla legge nazionale del figlio (che assume dunque un ruolo principale), da quella di ciascun genitore e, da ultimo, dalla legge italiana. Si è osservato che il ricorso sussidiario alla legge italiana non è qui finalizzato a consentire il funzionamento in astratto della norma di conflitto, e dunque la determinazione della legge applicabile indipendentemente dal contenuto della stessa, ma a realizzare uno specifico risultato sul piano del diritto materiale (cfr. Honorati, 2737 e ss.). Viene infatti in rilievo il favor filiationis, unitamente al favor veritatis (Barel, 272). Invero, la Corte di cassazione aveva già ritenuto, in un giudizio volto all'accertamento giudiziale della paternità di una minore marocchina nei confronti del padre italiano, che una norma che si ispira al rifiuto assoluto di protezione della filiazione naturale (nella specie la legge marocchina) non potesse essere applicata perché contrastante con un principio di ordine pubblico internazionale (Cass. n. 1951/1999). Norme di applicazione necessariaIl comma 4 precisa che sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicità dello stato di figlio. Il rinvio al diritto straniero non garantisce infatti l'applicazione del principio di eguaglianza giuridica in materia di filiazione. In altre parole, al figlio che sia nato fuori dal matrimonio è attribuito lo standard pieno di ‘figlio' (ovvero, in concreto, il regime giuridico di cui godeva sino ad oggi il figlio legittimo) solo qualora questi, o uno dei suoi genitori, abbia la cittadinanza italiana o quella di altro Stato che abbia accolto il medesimo principio. Viceversa, quando la legge richiamata, pur attributiva di uno status filiationis, conosca una pluralità di regimi differenziati — come avveniva sino a ieri in Italia — tale obiettivo di diritto materiale non si realizza. La questione, come noto, si pone con particolare urgenza quando la legge regolatrice richiamata dalla norma di conflitto è quella di uno Stato musulmano, poiché tali Paesi non consentono in genere il riconoscimento dei figli naturali. Essa si pone tuttavia in egual misura nei confronti di altre legislazioni che, pur consentendone il riconoscimento, contemplino poi discipline differenziate. Il perseguimento di quest'ulteriore obiettivo di diritto materiale è affidato al comma 4 dell'art. 33, che stabilisce esplicitamente che le norme italiane che sanciscono il principio dell'unicità dello status di figlio trovano necessaria applicazione. La norma costituisce dunque applicazione quasi testuale della delega legislativa e completa il precedente principio del favorfiliationis con quello dell'unicità di tale status. Tale principio si applicherà a prescindere dall'esistenza di uno specifico legame della fattispecie con l'ordinamento italiano, presupponendo la norma unicamente un contatto con l'ordinamento italiano che giustifichi l'applicazione delle norme di diritto internazionale privato del nostro ordinamento. Per effetto di tale disposizione, il richiamo alla legge individuata come applicabile sarà da intendere unicamente come riferito all'esistenza del rapporto di filiazione, e non anche alla tipologia di status filiationis, nel senso che la norma comporta la disapplicazione di qualunque norma materiale straniera incompatibile con il principio di unicità (Lopes Pegna, 394). Invero, è dominante in dottrina l'impostazione per la quale le norme di applicazione necessaria non escludono l'applicazione delle norme straniere richiamate dalla norma di conflitto, ma si aggiungono alla lex causae, comportando la disapplicazione delle norme straniere incompatibili con quelle del foro (Bonomi, 2010, 234). In sede di merito, in applicazione del criterio, si è evidenziato che in caso di azioni di stato, è applicabile la legge nazionale del figlio o, se più favorevole, quella dello Stato in cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita ed inoltre, sussiste la giurisdizione italiana, in materia di filiazione e di rapporti personali fra genitori e figli, anche qualora uno dei genitori, o il figlio, sia cittadino o risieda in Italia (Trib. Milano IX, 18 gennaio 2017, in Ilprocessocivile.it, 9 giugno 2017, con riguardo ad una fattispecie nella quale il Tribunale ha rilevato altresì che l'applicazione della legge marocchina non avrebbe tutelato il diritto del figlio minore in quanto legittimato attivo dell'azione di disconoscimento della paternità sarebbe stato solo il padre presunto, ossia decorsi almeno sei mesi tra il matrimonio e la nascita del figlio). BibliografiaBallarino, Diritto internazionale privato italiano, Padova 2016; Ballarino, Il nuovo diritto internazionale privato della famiglia, in Fam. e dir., 1995, n. 5, 487; Baratta (a cura di), Diritto internazionale privato, Milano, 2010; Barel, La filiazione nel diritto internazionale privato dopo la riforma del 2012-2013, in Morozzo Della Rocca (a cura di), La nuova disciplina della filiazione, Sant'Arcangelo di Romagna 2014; Bianca, La legge italiana conosce solo i figli, in Riv. dir. civ. 2013, I, 1 ss.; Bonomi, Norme di applicazione necessaria, in Baratta (a cura di), Diritto internazionale privato, Milano, 2010, 233 ss.; Bonomi, Le norme imperative nel diritto internazionale privato, Zurigo, 1988; Carella, Commento agli artt. 33-37, in Bariatti (a cura di), Legge 31 maggio 1995 n. 218, in Nuove leggi civ. comm., 1996, 1184 ss.; Corbetta, Riconoscimento della filiazione naturale e funzionamento delle norme di diritto internazionale privato, in Fam. pers. succ. 2007, 1 ss.; Davì, Le questioni generali del diritto internazionale privato nel progetto di riforma, in Riv. dir. internaz. 1990, 597 ss.; De Nova, I conflitti di legge e le norme con apposita delimitazione della sfera di efficacia, in Dir. internaz., 1959, I, 13 ss.; Ferrando, La nuova legge sulla filiazione. Profili sostanziali, in Corr. Giur. 2013, 525 ss.; Honorati, La nuova legge sulla filiazione e il suo impatto sul diritto internazionale privato, in Leanza-Tizzano-Vassalli-Di Dachenhausen-Mastroianni-De Pasquale-Ciccone (a cura di), Studi in onore di Giuseppe Tesauro, Napoli 2014, 2737 ss.; Lopes Pegna, Riforma della filiazione e diritto internazionale privato, in Riv. dir. internaz. 2014, n. 2, 394; Menegazzi Munari, La disciplina dei rapporti giuridicigenitori-figli alla luce delle nuove norme di conflitto italiane , in Dir. fam ., 1998, 1220 ss.; Mori, Rapporti di famiglia, adozione, protezione degli incapaci e obblighi alimentari, in Corr. Giur. 1995, n. 11, 1243; Mosconi-Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, I, Torino 2015; Picone, Norme di conflitto alternative italiane in materia di filiazione, in Riv. dir. internaz. 1997, 276 ss.; Prosperi, Unicità dello status filiationis e rilevanza della famiglia non fondata sul matrimonio, in Riv. crit. dir. priv. 2013, 273; Sperduti, Norme di applicazione necessaria e ordine pubblico, in Riv. dir. internaz. priv. proc. 1976, 469 ss. |