Codice Civile art. 236 - Atto di nascita e possesso di stato (1).Atto di nascita e possesso di stato (1). [I]. La filiazione (2) si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile [238, 241, 242, 451] (2). [II]. Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio (3) [237, 241]. (1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo la «Sezione II: "Delle prove della filiazione legittima"» con il «Capo II: "Delle prove della filiazione"». (2) L’art. 11, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso le parole "legittima" e "legittimo". Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. (3) V. artt. 10 ss. d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396. InquadramentoLa prova della paternità è fornita, in primo luogo, dall'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile. In mancanza di questo titolo, è sufficiente dimostrare il possesso continuo dello stato di figlio. Così dispone, nei suoi due commi, l'art. 236, che pone una distinzione. Quando occorre provare lo stato di figlio, la prova per eccellenza è costituita dall'atto di nascita redatto in conformità delle norme sull'ordinamento di stato civile, a seguito della denuncia che deve essere presentata all'ufficiale di stato civile. Ove questo atto manchi, ha rilevanza probatoria la situazione fattuale del continuato possesso dello stato di figlio; vale a dire, la condizione, proseguita nel tempo, di chi è trattato nei rapporti familiari e nei rapporti con gli estranei come un figlio (atto di nascita e possesso di stato sono, per la dottrina, in ordine gerarchico discendente). La normativa così dettata è completata dal disposto dell'art. 241 c.c. per il quale, se mancano sia l'atto di nascita e sia il possesso di stato, la prova può essere data con ogni mezzo. Già prima della riforma attuata con il d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, per la dottrina erano ammissibili anche mezzi di prova diversi dalla testimonianza, in presenza delle condizioni di cui al citato art. 241 (Ricci, 459). Esiste, comunque, una importante differenza. Atto di nascita e possesso di stato sono prove legali; soltanto se esse mancano può farsi luogo a prove diverse, le quali sono liberamente apprezzate dal giudice (Cattaneo, 132). Una applicazione concreta della rilevanza del possesso di stato è palese nella pronuncia di Corte di cassazione n. 14194/2024con la quale si è affermato che doveva ovviarsi con riferimento ad esso in una questione di cittadinanza ius sanguinis nella quale la linea di discendenza risultava interrotta per la mancanza di un atto di nascita. L'art. 236 è stato modificato dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha espunto dal testo gli aggettivi «legittimo» e «legittima» riferiti alla filiazione e divenuti privi di significato dopo le modifiche legislative che hanno unificato lo status di figlio. La disciplina originaria era riferita alla filiazione legittima ed opportunamente era collocata, nell'esposizione codicistica, dopo le norme dedicate alla presunzione di paternità e prima del capo dedicato alle azioni di disconoscimento, di reclamo e di contestazione dello stato di figlio. Dopo l'intervento legislativo essa è da riferire allo stato di figlio senza distinzioni, indipendentemente dalla nascita in costanza o fuori dal matrimonio. L'atto di nascitaL'atto di nascita è un documento che accerta, con natura di certificazione amministrativa, la nascita di una persona e il suo stato di figlio. È stato definito «Accertamento amministrativo della nascita di una persona e del suo stato di figlio» (Bianca, 302). Esso attesta una situazione di fatto, dalla quale derivano conseguenze di diritto e costituisce una espressione del potere di certificazione dello Stato (De Filippis, 894).L’atto ha natura dichiarativa e non costitutiva. In passato era ritenuto quale titolo dal quale sorgeva lo stato di figlio. Da tempo si concorda nel considerarlo una prova documentale, pretesa dalla legge per porre a disposizione un dato oggettivo affidabile cui far capo ed al quale la legge attribuisce l’efficacia della prova legale: non può darsi una prova contraria al contenuto del documento prima di avere contestato il titolo stesso del quale esso fa dichiarazione. In pratica, il documento fornisce una attestazione opponibile erga omnes: una efficacia probatoria esclusiva, ed operante sino a quando non vengano azionati con successo gli specifici mezzi di contestazione apprestati dalla legge. Si fa distinzione tra titolarità sostanziale dello stato di figlio, la quale deriva dalla procreazione; e lo stato formale di figlio, che è dimostrato dall’atto di nascita. La procreazione conferisce al nato i diritti che contraddistinguono il suo stato (al mantenimento, all'istruzione, ecc..: art. 30 Costituzione; art. 315-bis c.c.). Lo stato di figlio deriva dalla procreazione, situazione di fatto che, soprattutto nel diritto vigente, è fonte di responsabilità per i genitori ed è fonte di diritti per il nato. Ove esista l'atto di nascita non occorre altra prova, da fornire, per dimostrare il proprio stato formale di figlio. Per esigenze di certezza in una materia contrassegnata da riflessi pubblicistici, le questioni sullo stato di figlio (e, in genere, quelle in materia di status) non possono essere decise in via incidentale ma devono essere risolte con efficacia di giudicato. L'efficacia probatoria dell'atto di nascita può essere contestata con le sole azioni di stato. La dottrina formatasi prima della ricordata riforma era discorde in ordine a questa efficacia probatoria. Alcuni Autori sostenevano la teoria detta dell'autosufficienza (Cattaneo, op. cit., 138), per la quale l'atto copre ogni aspetto della condizione di legittimità del figlio. Esso, si affermava, è da solo sufficiente a impedire ogni contestazione in ordine allo status di figlio legittimo, salvo si agisca per negare in radice il fatto dal quale esso trae la sua fonte. Per altri studiosi (teoria dell'integrazione: Cicu, 7)) l'atto di nascita prova soltanto la maternità, dovendosi ancora provare nelle adeguate forme il matrimonio tra i genitori e il concepimento durante il matrimonio. Queste opinioni sono oggi da ritenere superate in quanto legate alla condizione di figlio legittimo che è stata soppressa nel nostro ordinamento di diritto familiare dalla l. 10 dicembre 2012, n. 219. Soppressa ogni distinzione di status giuridico tra figli legittimi e figli nati fuori dal matrimonio, l'unica prova che rimane da fornire, in caso di controversia, riguarda l'identità del padre. L'identità della madre risulta dal parto ed è dichiarata dal medico che assiste alla nascita e ne redige il certificato. Ove occorra, il matrimonio è provato dalla certificazione rilasciata dall'ufficiale dello stato civile. Il possesso dello stato di figlio consegue dal convergere di elementi oggettivi dai quali risulta che il soggetto è tenuto nella considerazione dovuta ad un figlio. Di essi tratta l'art. 237 c.c., al cui commento si rimanda. Atto di nascita e presunzione di paternitàL'atto di nascita è redatto su denunzia all'ufficiale di stato civile ad opera del padre, della madre o di un loro procuratore speciale; in loro mancanza, sono legittimati i soggetti indicati dall'art. 70 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, Ordinamento di stato civile; la levatrice, il sanitario, ecc.. Se il figlio è nato da genitori uniti in matrimonio, esso è registrato come figlio di entrambi, e ciò anche in mancanza di una dichiarazione in tal senso. Si applica in proposito la presunzione legale per la quale chi è concepito o nato durante il matrimonio è figlio del marito della madre (art. 231). E si applica, altresì, la presunzione legale di concepimento durante il matrimonio (art. 232). Ne segue che, ricorrendo i presupposti cui sono subordinate le dette presunzioni, l'atto di nascita documenta lo stato di figlio riferito ad una precisa paternità e a una precisa condizione, quella di figlio matrimoniale (la condizione, cioè, che dava luogo alla filiazione legittima). Se il figlio è denunciato come figlio di ignoti, egli non acquista uno status riferito ad una maternità e ad una paternità: la madre potrà riconoscerlo come figlio nato fuori dal matrimonio e un terzo potrà riconoscerlo come proprio figlio biologico anche se non è il marito della madre. Contestualmente, se manca il titolo di stato di figlio, il marito della madre non ha interesse a disconoscerlo come proprio, in quanto il disconoscimento presuppone che esista un titolo da disconoscere in forza della nascita da donna coniugata (Sesta, 178). La natura del tutto formale dell'atto di nascita e il suo collegamento a mere presunzioni in diritto, per quanto attiene alla paternità, danno luogo alla possibilità che la risultanza ufficiale non corrisponda alla realtà effettiva. Ciò può avvenire sia perché l'attribuzione del titolo formale di figlio concepito o nato durante il matrimonio è riferita a un soggetto che non è tale; e sia perché la medesima attribuzione non è riconosciuta a colui al quale essa spetterebbe. L'ordinamento predispone strumenti giuridici per ovviare a queste situazioni e ripristinare la verità dei fatti. Essi sono costituiti dall'azione di disconoscimento di paternità (per il primo caso) e dall'azione di reclamo dello stato di figlio (nel secondo caso). In proposito il legislatore ha dovuto reperire un punto di equilibrio tra l'esigenza di far coincidere la verità formale con la verità storica e la necessità di non rendere sindacabile ad opera di tutti e in qualunque momento una situazione soggettiva delicata qual è quella dello status personale di figlio (soprattutto, e in allora, di figlio legittimo). Le azioni di stato sono, dunque, riservate ad un numero limitato di soggetti legittimati e, in alcuni casi, di esercizio limitato nel tempo. BibliografiaAbbamonte, Alicino, Diritto e giustizia nelle relazioni familiari, Milano,2024; Amadio, Macario, Diritto di famiglia, 2016; Amagliani, La nuova disciplina della filiazione (etichette, formule magiche e principi nel diritto di famiglia), Giust. Civ., 4, 2018, 1023; Amore, nota a Cass, 26097/2013 in Cass. 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