Legge - 4/05/1983 - n. 184 art. 16

Mauro Di Marzio

 

1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.

2. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, nonché al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell'interesse del minore.

3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile 1 2.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 15legge 28 marzo 2001, n. 149.

[2] A norma dell'articolo 1 del D.L. 24 aprile 2001, n. 150, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente articolo, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. 150/2001.

Inquadramento

Il procedimento che conduce all'adozione si apre con la dichiarazione dello stato di adottabilità da parte del tribunale per i minorenni pronunciata in camera di consiglio con sentenza (art. 15, comma 2, l. 4 maggio 1983, n. 184), dichiarazione che ha ad oggetto la verifica a tale momento della sussistenza dello stato di abbandono di cui si è detto (v. sub artt. 8-13), e conduce all'affidamento preadottivo finalizzato all'adozione (art. 22 l. n. 184/1983).

L'impulso al procedimento.

L'impulso al procedimento, che ha natura contenziosa (Fadiga, 675; Cass. n. 3805/2010) è dato dal procuratore della Repubblica, al quale pervengono le segnalazioni delle situazioni di abbandono, dei ricoveri e degli affidamenti di fatto. Chiunque, in particolare, ha facoltà di effettuare la segnalazione, mentre ad essa sono tenuti i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio e gli esercenti un servizio di pubblica necessità. Inoltre gli istituti di assistenza pubblici e privati e le comunità familiari devono trasmettere con cadenza semestrale l'elenco dei minori ivi ricoverati al procuratore della Repubblica, il quale ha il potere di effettuare ispezioni semestrali o anche straordinarie in qualsiasi momento.

L'art. 9, comma 3, della l. n. 183/ 1984, consente al P.M. di procedere in ogni tempo ad ispezioni straordinarie negli istituti di assistenza pubblici o privati, sia al fine di determinarsi circa eventuali iniziative per far dichiarare l'adottabilità dei minori che risultino in situazione di abbandono, sia per interporre appello avverso le sentenze che abbiano ritenuto insussistente la suddetta condizione, ricorrendo, in tale ultima, ipotesi la medesima ratio di esercizio del potere e dovendo la norma essere interpretata alla luce del principio costituzionale di ragionevole durata del processo (Cass. n. 782/2017).

Vanno poi segnalati al procuratore della Repubblica da parte dei genitori gli affidamenti di fatto in favore di chi non sia parente entro il quarto grado protratti per durata non inferiore al semestre, sotto comminatoria della decadenza dalla responsabilità genitoriale. Eguale segnalazione incombe su chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi (art. 9, comma 1, l. n. 184/1983).

Il ricorso al tribunale per i minorenni

Il procuratore della Repubblica, pervenutegli le segnalazioni menzionate, assunte le necessarie informazioni, presenta ricorso al tribunale dei minori per la dichiarazione di adottabilità. Competente è il tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trova il minore (art. 8, comma 1, l. n. 184/1983). Vale in proposito subito osservare che tanto il procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, quanto quelli rivolti all'affidamento preadottivo e all'adozione, si radicano dinanzi al tribunale per i minorenni, che è titolare nella materia di una competenza generale, sicché spetta al giudice minorile lo scrutinio delle situazioni patologiche che investono la situazione dei minori.

Il presidente del tribunale, o un giudice da lui delegato, provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore avvisandone i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, ed invitandoli a nominare un difensore ovvero, in mancanza, nominando un difensore di ufficio. Il procedimento deve dunque svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore e dei genitori o altri parenti (art. 8, comma 1, l. n. 184/1983). Va tuttavia notato che i genitori dell'adottando, ove esistenti, sono le sole parti necessarie e formali dell'intero procedimento (oltre al minore) e quindi litisconsorti necessari anche nel giudizio di appello, quand'anche in primo grado non si siano costituiti, nonché unici soggetti a dover essere obbligatoriamente sentiti, poiché la convocazione dei parenti entro il quarto grado è richiesta solo in mancanza dei genitori e sempre che tali familiari abbiano rapporti significativi con il minore, sicché, ove i genitori del minore siano stati già sentiti nel corso del giudizio, la mancata audizione di parenti entro il quarto grado (nella specie, la nonna materna), per di più in difetto di specifiche indicazioni circa la sussistenza di rapporti significativi intrattenuti con il minore, non può avere conseguenza alcuna sulla legittimità del procedimento (Cass. n. 15369/2015).

La posizione del minore

Quanto al minore, in particolare, l'informazione dell'apertura del procedimento e l'invito a nominare un difensore va rivolto al suo rappresentante legale (genitori o tutore) oppure al curatore speciale che può essere nominato ad istanza del procuratore della Repubblica. Il dovere del presidente del tribunale dei minori di nominare un difensore d'ufficio, previsto in favore dei genitori e dei parenti entro il quarto grado aventi rapporti significativi con il minore nel caso in cui essi non vi provvedano, dovere espressamente introdotto con riguardo a detti soggetti, a maggior ragione deve infatti ritenersi sussistere nei confronti del minore, «che del procedimento di adozione è la parte principale in senso formale» (Cass. n. 7281/2010). Insomma, ai sensi degli artt. 8, u.c., e 10, comma 2, l. 4 maggio 1983, n. 184, come novellati dalla l. 28 marzo 2001, n. 149, il procedimento volto all'accertamento dello stato di adottabilità deve svolgersi fin dalla sua apertura con l'assistenza legale del minore, il quale è parte a tutti gli effetti del procedimento, e, in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante, secondo le regole generali, e quindi a mezzo del rappresentante legale, ovvero, in caso di conflitto d'interessi, di un curatore speciale, soggetti cui compete la nomina del difensore tecnico (Cass. n. 3804/2010). In particolare, nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, la partecipazione del minore, necessaria fin dalla fase iniziale del giudizio, richiede la nomina di un curatore speciale soltanto qualora non sia stato nominato un tutore o questi non esista ancora al momento dell'apertura del procedimento, ovvero nel caso in cui sussista un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra il minore ed il suo rappresentante legale. Tale conflitto è ravvisabile in re ipsa nel rapporto con i genitori, portatori di un interesse personale ad un esito della lite diverso da quello vantaggioso per il minore, mentre nel caso in cui a quest'ultimo sia stato nominato un tutore il conflitto dev'essere specificamente dedotto e provato in relazione a circostanze concrete, in mancanza delle quali il tutore non solo è contraddittore necessario, ma ha una legittimazione autonoma e non condizionata, che può liberamente esercitare in relazione alla valutazione degli interessi del minore (Cass. n. 12290/2010). Peraltro, poiché l'art. 10, comma 2, l. 4 maggio 1983, n. 184, dispone che le parti e i loro difensori possano partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, presentare istanze istruttorie, prendere visione ed estrarre copia degli atti del fascicolo, previa autorizzazione del giudice, potendo l'autorizzazione essere negata, deve ritenersi ammissibile la secretazione degli atti, fermo restando che tale scelta ha carattere eccezionale e temporaneo e che, ai fini della decisione finale, il giudice non può tenere conto dei documenti che non siano stati esaminati — almeno dopo la chiusura dell'istruttoria — dalla parte al fine di apprestare le opportune difese (Cass. n. 14367/2013).

Il presidente del tribunale quindi dispone immediatamente, all'occorrenza tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono (art. 10, comma 1, l., n. 184/1983). Nello stesso tempo il tribunale può disporre in ogni momento e fino all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della responsabilità genitoriale dei genitori sul minore, la sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio. Tali provvedimenti, in caso di urgente necessità, possono essere adottati dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato, ed in tal caso sono soggetti a conferma, modifica o revoca da parte del tribunale entro 30 giorni.

Il contraddittorio nel giudizio per la dichiarazione di adottabilità

Come già si è visto, al momento dell'apertura del procedimento, occorre avvertire i genitori o in mancanza i parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore (v. sul tema Astiggiano-Dogliotti, 79), invitandoli a nominare un difensore e provvedendo altrimenti alla nomina di un difensore d'ufficio, disposizione, quest'ultima, di impronta penalistica senz'altro utile, per l'ipotesi che i genitori non si rappresentino la posta in gioco per effetto dello svolgimento della procedura.

Per quanto attiene alla partecipazione dei genitori del minore al procedimento, ed alla loro rappresentanza, la S.C. ha fatto riferimento alle Convenzioni di New York e Strasburgo, chiarendo che i genitori, con l'assistenza dell'difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal Tribunale, devono ricevere la comunicazione dei provvedimenti adottati e possono presentare istanze, possono visionare e fare copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice, devono ricevere la notifica per esteso della sentenza, con contestuale avviso del loro diritto di proporre impugnazione (Cass. n. 14554/2011; Cass. I, n. 24482/2013; Cass. I, n. 18148/2018). I genitori, in definitiva, assumono la posizione di parti necessarie e formali dell'intero procedimento di adottabilità e, dunque, di litisconsorti necessari anche nel giudizio di appello, quand'anche in primo grado non si siano costituiti, con conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei loro confronti, ove non abbiano proposto impugnazione (Cass. n. 7281/2010; Astiggiano-Dogliotti, 80).

Non v'è dubbio che il presidente del tribunale ovvero il giudice da lui delegato debbano provvedere in ordine alla rappresentanza legale del minore, in ossequio all'art. 8, ult. comma, in forza del quale il procedimento di adottabilità deve svolgersi, fin dall'inizio, con l'assistenza legale del minore. È stato al riguardo precisato che in caso di procedimento di adottabilità già pendente la competenza spetta inderogabilmente al tribunale per i minorenni, non avendo competenza in tal senso il giudice tutelare (Cass. n. 7941/2010). Si suole nominare un curatore speciale per uno o più atti determinati, curatore che, se avvocato, potrà provvedere direttamente alla difesa del minore, ovvero provvederà alla nomina di un difensore. Ed invero, nel procedimento di adottabilità compete esclusivamente al rappresentante legale del minore la nomina di un avvocato per la difesa tecnica; nondimeno, qualora venga nominato, come rappresentante, un avvocato, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., egli ben può stare in giudizio personalmente, senza patrocinio di altro difensore, in rappresentanza del minore (Cass. n. 16553/2010; Cass. n. 3804/2010, la quale ha chiarito che l'art. 5 della Convenzione di Strasburgo, laddove prevede la facoltà del minore di chiedere l'assistenza di una persona appropriata, di sua scelta, per l'ausilio all'espressione della propria opinione ovvero la designazione di un rappresentante speciale, nonché di designare un suo rappresentante e di esercitare in tutto o in parte le prerogative di una parte, nei procedimenti che lo riguardano, contempla soltanto raccomandazioni ai legislatori nazionali).

I termini della questione sono stati riassunti in una pronuncia (Cass. n. 3805/2010) nella quale si è osservato che ai sensi dell'art. 316 c.c., comma 2, e art. 320 c.c., comma 1, la potestà è esercitata da entrambi i genitori e questi rappresentano i figli minori in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. In caso di conflitto di interessi tra il figlio ed uno dei genitori, la rappresentanza spetta esclusivamente all'altro genitore; se il conflitto sorge tra il figlio ed entrambi i genitori, il giudice tutelare nomina un curatore speciale (art. 320 c.c., comma 6); parimenti viene nominato un curatore speciale, quando i genitori non possono o non vogliono compiere uno o più atti nell'interesse del figlio (art. 321 c.c.); ancora, viene nominato un curatore al minore, emancipato di diritto con il matrimonio (art. 390 c.c.): sarà il coniuge, e, se entrambi gli sposi sono minori, il giudice tutelare nominerà un curatore, che potrebbe essere unico, scelto preferibilmente tra i genitori (art. 392 c.c.). Nelle azioni di stato (disconoscimento di paternità, contestazione e reclamo di legittimità, impugnazione del riconoscimento di figlio naturale, e, in via soltanto eventuale, ricerca di paternità e maternità) nonché in relazione alla domanda di mantenimento da parte del figlio naturale (quando non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità) è prevista la nomina di un curatore speciale: il conflitto di interessi è evidentemente considerato in re ipsa. Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare la potestà, viene nominato un tutore (art. 343 c.c.) che ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra il patrimonio (art. 357 c.c.). Il giudice tutelare nomina anche un protutore (art. 346 c.c.) che rappresenta il minore nei casi in cui vi è conflitto di interessi con il tutore. Se il conflitto si estende anche al protutore, si nomina un curatore speciale (art. 360 c.c.). La tutela dei minori può essere affidata ad un ente di assistenza: l'amministrazione delega uno dei propri membri ad esercitare la funzione di tutela (art. 354 c.c.). In tal caso non si nomina il protutore (art. 355 c.c.). Si ritiene quindi che di regola non sussista conflitto di interessi con il minore, considerata la funzione pubblica dell'ente. Va infine ricordata una norma di chiusura attinente al profilo processuale: ai sensi dell'art. 78 c.p.c. e ss., se manca la persona cui spetta la rappresentanza (ad es. non vi sono i genitori, ma non si è ancora provveduto alla nomina di un tutore), può essere nominato un curatore speciale all'incapace; la nomina può essere richiesta dal P.M., ma pure dall'incapace, dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante legale. Può dunque affermarsi che un curatore speciale viene di regola nominato quando non vi sia un rappresentante legale o sussista conflitto di interessi tra il minore e il rappresentante legale. Venendo alla l. n. 184/1983, sull'adozione dei minori, come riformata dalla l. n. 149/2001, va considerato l'ultimo comma dell'art. 8, aggiunto dalla l. n. 149: il procedimento si svolge fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore, dei genitori e degli altri parenti che abbiano mantenuto un rapporto significativo con il minore. Ai sensi della l. n. 184, art. 10, commi 1 e 2, il Presidente del Tribunale per i Minorenni o un giudice da lui delegato, provvede all'apertura del procedimento, avverte i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di uno d'ufficio, ove essi non vi provvedano. Viene dunque sottolineato che la norma non contiene alcun riferimento alla posizione del minore. La l. n. 184, art. 17, nella formulazione originaria, prevedeva la nomina di un curatore speciale del minore, all'atto della apertura del procedimento di opposizione al decreto di adottabilità; tale previsione non è stata mantenuta dalla l. n. 149/ 2001. L'unico riferimento al curatore speciale, contenuto nella disciplina vigente, si rinviene nella l. n. 184/1983, artt. 15 e 16: la sentenza che pronuncia lo stato di adottabilità (o dichiara non luogo a provvedere) viene notificata, tra l'altro, al tutore e al curatore speciale del minore, «ove esistano». Va ancora ricordato che, ai sensi della l. n. 184, art. 10, comma 3, il tribunale può disporre in ogni momento e fino all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore, ivi comprese, tra l'altro, la sospensione della potestà dei genitori, nonché dell'esercizio dell'ufficio di tutore, e la nomina di un tutore provvisorio. La previsione di cui alla L. n. 184, art. 8, u.c., che introduce l'assistenza legale del minore fin dall'inizio del procedimento, ha notevolissima rilevanza, ed assai significativamente è stata inserita proprio nella disposizione che costituisce il nucleo fondamentale della normativa, con l'introduzione della nozione di abbandono. Essa acquista un indubbia rilevanza generale, tale da incidere su natura e funzione dell'intera procedura: si realizza, fin dall'inizio, il principio del contraddittorio, ed esso si estende pure alla posizione del minore; se si considera che viene pure esclusa l'officiosità della procedura (art. 9), muta profondamente il carattere della procedura stessa, che dovrebbe considerarsi contenziosa (le parti private contro il P.M.), seppur sui generis, fin dall'inizio (laddove, anteriormente alla riforma del 2001, solo il procedimento di opposizione al decreto di adottabilità presentava profili contenziosi). È un punto di arrivo importante per un dibattito, assai vivace, che ha interessato in questi anni dottrina e giurisprudenza, sul ruolo dell'organo specializzato, spesso ad un tempo giudice e «difensore» dei diritti del minore e sui modi di una sua possibile «terzietà», nonché (altra questione strettamente legata alla prima) sulla opportunità della rappresentanza del minore stesso nei procedimenti che lo riguardano: dibattito reso ancor più attuale da alcuni interventi del legislatore (la novella dell'art. 111 Cost. sul giusto processo; la ratifica di convenzioni internazionali sui diritti — anche processuali — del minore). Tuttavia la previsione di un'assistenza legale del minore, fin dall'inizio del procedimento, senza, come si è visto, indicazione di modalità alcuna al riguardo (a differenza della posizione dei genitori o dei parenti), non significa che debba nominarsi un difensore d'ufficio al minore stesso, all'atto della apertura del procedimento. Il minore è dunque parte a tutti gli effetti del procedimento, fin dall'inizio, ma, secondo le regole generali e in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo del rappresentante, e questi sarà il rappresentante legale, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto di interessi, un curatore speciale. Anche se una prassi diffusa conduce il giudice, all'atto di apertura della procedura (ai sensi della L. n. 184, art. 8, u.c.), a sospendere la potestà in capo ai genitori e a revocare una tutela già esistente, si tratta, in ogni caso, di provvedimento a carattere discrezionale (e infatti il giudice può assumere ogni opportuno provvedimento nell'interesse del minore, dettato dall'esigenza di contrastare eventuali comportamenti idonei a determinare ed aggravare la situazione di abbandono). Dunque parrebbe potersi ipotizzare lo svolgimento di una procedura di adottabilità senza sospensione della potestà genitoriale, anche se in questo caso, il conflitto di interessi con il minore dovrebbe considerarsi in re ipsa: il procedimento trova infatti il suo presupposto proprio nell'inadempimento dei doveri genitoriali, ed è volto, seppur indirettamente, ove si accerti la sussistenza dell'abbandono, a sciogliere ogni legame del minore con la famiglia di origine, inserendolo in una nuova famiglia, quale figlio legittimo dei coniugi adottanti. Potrebbe essere stata aperta, anteriormente all'instaurazione del procedimento, una tutela, in mancanza dei genitori o perché essi non erano in grado di esercitare la potestà. Trattandosi di parenti, il conflitto di interessi potrebbe parimenti ravvisarsi, come per i genitori e per le medesime ragioni, in re ipsa. Rappresenterebbe allora il minore il protutore, e nel caso che il conflitto di interessi si estendesse a lui, si nominerebbe un curatore speciale. Tuttavia potrebbe essere stato nominato, pur anteriormente, un tutore «neutro», non coinvolto nei rapporti familiari (un professionista, avvocato, assistente sociale, ecc.), per il quale dunque, salvo accertamenti specifici, non sussisterebbe conflitto di interessi con il minore, e allora egli potrebbe rappresentare il minore stesso e nominare un difensore; se si trattasse di un avvocato, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., potrebbe stare in giudizio personalmente, senza il patrocinio di altro difensore, in rappresentanza del minore. Ma assai più frequentemente, il giudice sospende la potestà genitoriale ovvero l'esercizio della tutela e nomina un tutore provvisorio (dunque, senza la presenza di un protutore). Alla luce della vigente normativa, riformata dalla l. n. 149, il tutore può essere nominato ad hoc nell'ambito della procedura per la dichiarazione di adottabilità, con il compito di rappresentare il minore. È vero che la sua funzione non si esaurisce nella rappresentanza nel procedimento, egli dovrà pure rapportarsi alla comunità in cui è collocato il minore, ovvero ai coniugi richiedenti cui il minore sia stato provvisoriamente affidato, e mantiene le sue funzioni, anche dopo la conclusione del procedimento di adottabilità, finché gli adottanti non diventino, a tutti gli effetti, genitori del minore. Ma è altrettanto vero che la rappresentanza nel procedimento costituisce il profilo di gran lunga più rilevante: il giudice nomina un tutore e lo sceglierà necessariamente tra soggetti privi di conflitto di interessi con il minore. Ancor di più, se nomina un ente territoriale: in tal caso, come si è visto, non è prevista la nomina di un protutore, perchè si esclude anche potenzialmente un conflitto di interessi con il minore. Il tutore sta in giudizio non in proprio, ma esclusivamente in quanto rappresentante del minore; in tale qualità, gli viene notificata la sentenza che dichiara l'adottabilità o il non luogo a provvedere, e, in tale qualità, egli è legittimato alla impugnazione ex art. 15 ss. l. n. 184. Quanto finora osservato non esclude la rilevanza della posizione del minore, dei suoi intendimenti, delle sue aspirazioni nel procedimento di adottabilità. È prevista obbligatoriamente in vari momenti della procedura (e si tratta di uno dei profili più significativi, introdotti dalla l. n. 149/ 2001) l'audizione del minore che abbia compiuto gli anni dodici e pure di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Ma il minore, dotato del necessario discernimento, pure potrebbe chiedere la nomina di un rappresentante (tutore, curatore speciale) non ancora nominato, ovvero la nomina di un difensore, se il tutore o lo stesso curatore speciale, che non rivesta la qualità di avvocato, non vi provvedano tempestivamente. Ciò in piena aderenza al nostro diritto (art. 78 c.p.c.) e alla convenzione di Strasburgo (art. 4). Potrebbe chiedere il minore di essere sentito dal giudice o magari di conferire con il difensore, nominato dal tutore o dal curatore speciale. Nè va sottaciuto che il minore che abbia compiuto i quattordici anni, — deve manifestare espresso consenso alla adozione e potrebbe ben rifiutarlo, ove ritenesse di non essere stato adeguatamente rappresentato e difeso nel procedimento. Sempre in tema di nomina del tutore o curatore speciale, la SC ha stabilito che la sua mancata nomina sin dall'inizio del procedimento di adottabilità ne provoca la nullità assoluta, insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, in quanto conseguente al vizio di costituzione del rapporto processuale ed alla violazione del principio del contraddittorio (Cass. n. 10594/2009; Cass. n. 10228/2000). Sono stati altresì posti in evidenza i profili di ambiguità concernenti l'avvertenza dei parenti entro il quarto grado — qualora i genitori siano deceduti o magari irreperibili — solo se detti parenti abbiano mantenuto un rapporto significativo con il minore, attesa la difficoltà di conoscere se tale rapporto sussista già al momento dell'avvertimento. In ogni caso il mancato avvertimento non impedisce l'intervento dei parenti nel procedimento. L'art. 10, l. n. 184/ 1983 non indica la forma dell'avvertimento, ma, stante l'importanza di esso dovrebbe trattarsi di notifica, a cura della cancelleria, all'occorrenza, ai sensi degli artt. 140 e 143 c.p.c. In definitiva parti necessarie del procedimento sono il pubblico ministero, il tutore o il curatore, in rappresentanza del minore, i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado, che abbiano mantenuto un rapporto significativo con il minore. In materia di ascolto dei parenti entro il quarto grado, la S.C. ha stabilito l'irrilevanza dell'omessa audizione di uno di essi che pure abbia dichiarato al Tribunale la propria disponibilità ad accogliere presso di sé il minore, nel caso in cui non sussistano rapporti significativi tra quest'ultimo ed il predetto parente (Cass. n. 1840/2011).

Il provvedimento

Il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il pubblico ministero, i genitori, il tutore, la persona cui il minore è affidato o il rappresentante dell'istituto di assistenza, secondo i casi, dando corso in ogni caso all'ascolto del minore che abbia compiuto i 12 anni nonché del minore di 12 anni che abbia capacità di discernimento, sicché il mancato ascolto determina nullità del procedimento. Difatti, l'art. 15, comma 2, l. n. 184 del 1983 pone nel giudizio di primo grado l'obbligo di audizione del minore che abbia compiuto i 12 anni e anche del minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. La nullità della sentenza, conseguente alla violazione di tale obbligo, può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole fissate dall'art. 161 c.p.c. La stessa, dunque, è deducibile con l'appello e, se riscontrata, non implica la rimessione al primo giudice, esulando dalle ipotesi previste dall'art. 354 c.p.c. (Cass. n. 1251/2012). Le modalità di audizione del minore, la cui mancanza può costituire causa di nullità della procedura, sono stabilite dal giudice, il quale, secondo la sua prudente valutazione, può anche disporre a tal fine una consulenza tecnica (Cass. n. 17992/2013).

Se dagli accertamenti esperiti risulta che il minore non ha genitori o parenti entro il quarto grado, il tribunale dei minori può procedere all'immediata dichiarazione dello stato di adottabilità, salvo non venga presentata istanza di adozione in casi particolari (art. 11, comma 1, l. 4 maggio 1983, n. 184, che richiama l'art. 44), prevista tra l'altro per i parenti fino al sesto grado del minore orfano nonché per gli estranei con cui il minore abbia instaurato un rapporto stabile e duraturo: in tal caso il tribunale decide quale delle possibili soluzioni è la migliore per il minore. All'immediata dichiarazione dello stato di adottabilità si provvede anche qualora i genitori siano ignoti, a meno che non sia proposta istanza di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori, chieda un termine per procedere al riconoscimento del minore. In tal caso il tribunale può sospendere la procedura per un periodo massimo di due mesi, «sempreché nel frattempo il minore sia assistito dal genitore o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore». Nel caso di temporanea non riconoscibilità del minore per difetto di età del genitore, la procedura deve essere rinviata anche d'ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età del genitore stesso, purché sussistano le condizioni già ricordate. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore sospensione della procedura per altri 2 mesi. Identica facoltà è attribuita al genitore che sia stato autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo anno di età ai sensi dell'art. 250, comma 5, c.c. Se il riconoscimento è effettuato entro i suddetti termini e non sussista situazione di abbandono morale e materiale del minore, la procedura va archiviata. In mancanza del riconoscimento entro la scadenza prevista, il tribunale, omessa ogni formalità, pronuncia lo stato di adottabilità. Il riconoscimento del minore è privo di efficacia se interviene successivamente alla dichiarazione di adottabilità e all'affidamento preadottivo (art. 11, commi 2-7, l. n. 184/1983).

Se risulta l'esistenza di genitori ovvero in loro mancanza di parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, il procedimento volto alla dichiarazione dello stato di adottabilità si svolge, oltre che nei confronti del minore, dei genitori ovvero, secondo quanto si è già visto, degli altri menzionati parenti o altrimenti del curatore speciale nominato in mancanza di un tutore o in presenza di un conflitto di interesse, cui si è già fatto cenno, con il minore.

Il presidente del tribunale dei minori, a seguito del ricorso del procuratore della Repubblica, svolte le indagini preliminari in precedenza menzionate, provvede con decreto a convocare i genitori o in loro mancanza i parenti. Il decreto è notificato ai sensi degli artt. 137 ss. c.p.c. Nel caso in cui i genitori ed i parenti risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli artt. 140 e 143 c.p.c., previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza (art. 13 l. 4 maggio 1983, n. 184). Se i genitori o i parenti manifestano l'intenzione di provvedere al minore, il tribunale può provvedere in conformità, imponendo se necessario ad essi determinati comportamenti. Va comunque effettuato l'ascolto del minore nei termini già indicati, con conseguente nullità del procedimento ove l'ascolto non sia effettuato senza giustificazione.

All'esito, quando non appare possibile il recupero del minore alla famiglia, il tribunale ne dichiara lo stato di adottabilità: a) se i genitori ed i parenti convocati non si sono presentati senza giustificato motivo; b) se l'audizione di essi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi; c) se le prescrizioni impartite dal tribunale sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori ovvero è provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole (art. 15 l. n. 184/1983).

Nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, le relazioni degli assistenti sociali e degli psicologi, ancorché non asseverate da giuramento, costituiscono, nel quadro dei rapporti informativi, degli accertamenti e delle indagini da compiere in via sommaria e secondo il rito camerale, indizi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento e la cui valutazione non comporta violazione del diritto di difesa dei genitori, atteso che questi ultimi, nel successivo giudizio di impugnazione della dichiarazione di adottabilità (e già in precedenza nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di adottabilità), hanno diritto di prendere cognizione delle relazioni, nonché di controdedurre e di offrire prova contraria (Cass. I, n. 1883/2019).

La dichiarazione dello stato di adottabilità è disposta in camera di consiglio con sentenza. Se non risultano i presupposti dello stato di adottabilità il tribunale dichiara con sentenza non luogo a procedere. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti di cui si è detto, al tutore, nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all'art. 17.

Bibliografia

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