Legge - 4/05/1983 - n. 184 art. 13

Mauro Di Marzio

 

Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza 1.

[1] A norma dell'articolo 1 del D.L. 24 aprile 2001, n. 150, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente articolo, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. 150/2001.

Inquadramento

Gli artt. 8-13 disciplinano la dichiarazione di adottabilità, con particolare riguardo allo stato di abbandono. Quanto ai requisiti, l'adottato è per definizione minore: non è consentita cioè l'adozione del maggiore di età, se non attraverso l'adozione disciplinata dagli artt. 291 ss. c.c., alla quale si è fatto cenno in precedenza nel commento all'art. 1.

L'adozione presuppone inoltre che i minori versino in stato di abbandono «perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio. La situazione di abbandono sussiste ... anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare» (art. 8 l. 4 maggio 1983, n. 184).

Come è stato osservato in dottrina, il legislatore non ha fornito una definizione dello stato di abbandono, limitandosi ad indicarne la causa nell'inadempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del minore da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi (Dogliotti, 1990, 144).

Lo stato di abbandono

La S.C. ha chiarito che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivata (Cass. n. 17096/2013; Cass. n. 18653/2012; Cass. n. 16414/2012). Anche di recente è stato ribadito che non è censurabile per cassazione l'individuazione degli elementi costituenti dei fatti gravi, concreti e indicativi in modo certo della situazione di abbandono materiale e morale, idonei altresì a provocare alla minore un pregiudizio sufficientemente serio da giustificare il ricorso all'adozione, ancorché rappresenti un'extrema ratio (Cass. n. 26487/2017). Non occorre, per la sussistenza dello stato di abbandono, una volontà in tal senso dei genitori, essendo necessaria e sufficiente una condotta commissiva od omissiva oggettivamente incompatibile con il rispetto degli adempimenti richiesti dall'art. 147 c.c. Sussiste insomma la situazione di abbandono quando la situazione familiare è tale da compromettere in maniera grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato non in astratto ma in concreto, cioè in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità (Cass. n. 17945/2016). Ed anzi, l'adottabilità di un minore può essere dichiarata anche quando lo stato di abbandono dello stesso sia determinato da una situazione psicologica e/o fisica, grave e non transitoria, che renda il genitore, seppur ispirato da sentimenti di amore sincero e profondo, inidoneo ad assumere ed a conservare piena consapevolezza delle proprie responsabilità verso il figlio, nonché ad agire in modo coerente per curarne nel modo migliore lo sviluppo fisico, psichico e affettivo, sempre che il disturbo sia tale da coinvolgere il minore, producendo danni irreversibili al suo sviluppo ed al suo equilibrio psichico (Cass. I, n. 14914/2020).

Lo scrutinio in ordine alla sussistenza dello stato di abbandono ha da essere convenientemente severo. Difatti, il prioritario diritto fondamentale del figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i suoi genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, sancito dall'art. 1 l. n. 184/1983, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, ai fini del perseguimento del suo superiore interesse. Quel diritto può essere limitato solo ove si configuri un endemico e radicale stato di abbandono — la cui dichiarazione va reputata, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di giustizia, come extrema ratio — a causa dell'irreversibile incapacità dei genitori di allevarlo e curarlo per loro totale inadeguatezza. In particolare, il ricorso alla dichiarazione di adottabilità di un figlio minore è consentito solo in presenza di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale che devono essere specificamente dimostrati in concreto, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale non basati su precisi elementi idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio (Cass. n. 782/2017, la quale ha cassato la sentenza che aveva riconosciuto la condizione di abbandono nonostante la stessa corte territoriale avesse dato atto della volontà dei nonni materni di occuparsi del minore; sull'adozione come extrema ratio v. Cass. n. 12393/2017; Cass. n. 20936/2016). Sicché il diritto a crescere nella famiglia di origine non viene meno neppure in costanza di evidente inadeguatezza dell'assistenza o di atteggiamenti patologici quali l'iperaffettività, la possessività esasperata, la chiusura verso il mondo esterno, del genitore (Cass. n. 3988/2002). I genitori naturali, in definitiva, devono versare in una situazione di incapacità assoluta di allevare ed educare i figli tale da produrre danni irreversibili al loro sviluppo psico-fisico (Cass. n. 11112/1998; Cass. n. 18563/2012).

Il tutto, d’altronde, va valutato in concreto all’attualità, senza che possano così e semplicemente rilevare fatti pregressi, ove consti il loro superamento, sia pure in progress: il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori (Cass. I, n. 4002/2023, che ha cassato la decisione della corte territoriale che aveva espresso un giudizio di inidoneità dei genitori basandosi solo sulle problematiche vissute da entrambi sino al 2018, senza considerare i significativi mutamenti successivi relativi alla nascita di altre due figlie, al pieno esercizio della responsabilità genitoriale sulle minori, al reperimento di una casa e di un'attività lavorativa). Ne discende che la dichiarazione di adottabilità di un minore, la quale come si è più volte rammentato, costituisce una extrema ratio che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, in presenza di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale, richiede che siffatto accertamento si fondi su dati circostanziali dimostrati in concreto, senza dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale non basati su precisi elementi di fatto (Cass. I, n. 31038/2023).

In tale prospettiva, la carcerazione di lunga durata dei genitori, litisconsorti necessari pure nel giudizio d'appello, anche in difetto di costituzione in primo grado, è causa di forza maggiore non transitoria, che costituisce un limite al diritto del bambino di vivere e crescere in un contesto unito e sereno negli anni più delicati della crescita, e determina la condizione di abbandono del minore, presupposto dell'adottabilità in assenza di parenti che non abbiano avuto rapporti significativi con il fanciullo (Cass. I, n. 319/2020). Appare pertanto eccentrica, rispetto all'orientamento giurisprudenziale così riassunto, l'affermazione secondo cui potrebbe equipararsi all'abbandono la conflittualità nella famiglia d'origine nascente da profondi contrasti e forti divergenze tra i congiunti del minore (Cass. n. 796/2010).

La formulazione della norma, secondo la quale ricorre l'abbandono quando il minore si trovi privo «di assistenza morale e materiale» va secondo la dottrina intesa nel senso che non si configura abbandono in presenza di carenze di ordine meramente materiale (Bianca, 423; in senso opposto però v. Trib. min. L'Aquila 28 aprile 1997, in Giur. merito, 1997, 918). Difatti, ai sensi dell'art. 1 l. 4 maggio 1983, n. 184, come novellato dall'art. 1, comma 3, l. 28 marzo 2001, n. 149 e, successivamente, modificato dall'art. 100, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia, e le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio di detto diritto, dovendosi in tal caso disporre adeguati interventi di sostegno e di aiuto, mentre, per converso, secondo l'art. 8 della stessa legge, non sussiste causa di forza maggiore quando i genitori rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali, anche all'esito della segnalazione di cui all'art. 79-bis l. n. 184/1983, legge sull'adozione, e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

Con la novella del 2001, dunque, il legislatore, dopo oltre trent'anni di esperienza di adozione, ha mostrato di ritenere che l'adozione rappresenti sì una soluzione per il fanciullo abbandonato, ma anche, in molti casi, una sconfitta per la società che non è stata in grado di conservargli l'ambiente familiare in cui era nato, causandogli comunque un trauma psichico non rimarginabile (Sesta, 415).

È dunque da ritenere che la situazione di abbandono del minore non possa essere affermata attraverso un giudizio comparativo tra la condizione oggettiva e soggettiva dei genitori e quella della famiglia degli aspiranti adottanti (Cass. n. 26204/2013; Cass. n. 18563/2012; Cass. n. 330/2012; Cass. n. 11726/1990), giacché scopo dell'adozione non è dare al minore una famiglia migliore della propria, ma una propria famiglia a fronte dell'inettitudine totale di quella biologica, sicché si riconosce che l'indigenza dei genitori, pur non transitoria, non può consentire la declaratoria di adottabilità del minore (Cass. n. 3038/1987; Cass. n. 2811/1988), sebbene si prospetti l'ipotesi che l'indigenza imputabile ad un sistematico rifiuto del genitore di lavorare possa essere sussunta nello stato di abbandono (Cass. n. 10176/2012; Cass. n. 24589/2009, in Dir. fam. pers., 2010, 1605, con nota di Ingenito, Indigenza, gravidanze ravvicinate, rifiuto d'ogni intervento dei Servizi sociali e dichiarazione di adottabilità).

In proposito la CEDU ha affermato che, «posto che l'adozione di un minore, recidendo ogni legame con la famiglia d'origine, costituisce misura eccezionale, gli Stati membri della Convenzione europea dei diritti dell'uomo hanno l'obbligo di assicurare che le proprie autorità giudiziarie e amministrative adottino preventivamente tutte le misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento tra genitori biologici e figli e a tutelare il superiore interesse di questi ultimi, evitando per quanto possibile l'adozione e prevedendo la possibilità di disporre, sempre se corrisponda all'interesse dei minori, una forma di adozione che garantisca la conservazione dei legami tra questi ultimi e i genitori» (Corte EDU 21 gennaio 2014, in Foro it., 2014, IV, 173, secondo cui costituisce violazione dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo l'adozione di un minore, disposta dall'autorità giudiziaria italiana, la cui madre biologica, in stato di indigenza ed in difficili condizioni di salute, non era in grado di prendersene cura, senza però che la sua condotta fosse stata di per sé pregiudizievole per il figlio, perché non era stata adeguatamente ricercata la possibilità, a mezzo di idonei interventi, di superare le pur gravi ed obiettive difficoltà della donna).

Non ricorre l'abbandono quando questo sia il prodotto di forza maggiore, pur sempre, però, di carattere transitorio: e ciò vuol dire che la mancanza di assistenza morale tale da giustificare l'adozione può anche dipendere da una causa di forza maggiore, a condizione che essa precluda definitivamente il rapporto genitori figli (Bianca, 422, il quale cita ad esempio la malattia mentale irreversibile del genitore che lo rende incapace di occuparsi della cura del figlio).

In tale prospettiva la S.C. ha ritenuto immune da vizi la pronuncia che aveva ritenuto lo stato di abbandono in una situazione in cui risultava impossibile prevedere il recupero della capacità genitoriale entro tempi accettabili in relazione alla necessità del minore (Cass. n. 1837/2011).

L'art. 8 l. n. 184/1983, stabilisce altresì che la forza maggiore non può essere invocata ad esclusione dello stato di abbandono quando i genitori, o gli altri parenti, rifiutino ingiustificatamente le misure di sostegno offerte dai servizi sociali. In dottrina si è osservato che il rifiuto può dirsi giustificato se la misura offerta è inidonea ad eliminare la causa della situazione di abbandono (Finocchiaro, Finocchiaro, 67).

La norma richiede altresì che non vi siano parenti tenuti a provvedere all'assistenza morale e materiale del minore, sicché, nel caso in cui vi sia un parente disposto ad occuparsi del minore (nella specie una zia paterna) occorre verificare nei suoi confronti la serietà dell'intento e l'idoneità a realizzarlo (Cass. n. 16796/2009). Merita aggiungere che la disponibilità manifestata da parenti entro il quarto grado a prendersi cura del minore non esclude di per sé lo stato di abbandono. E cioè lo stato di abbandono dei minori non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità (Cass. I, n. 19825/2020, che ha confermato lo stato di adottabilità, atteso che madre e nonna non intrattenevano da lungo tempo rapporti con il minore; nello stesso senso v. Cass. I, n. 24791/2019; Cass. I, n. 31672/2019; App. Roma 18 giugno 2020, n. 2944).

Bibliografia

Astiggiano, L'adozione di maggiori d'età, in Cagnazzo, Preite, Tagliaferri, Il nuovo diritto di famiglia, I, Profili sostanziali, processuali e notarili, Milano, 2015; Astiggiano, Dogliotti, Le adozioni, Milano, 2014; Autorino Stanzione, Stato di abbandono e diritto del minore a rimanere presso la propria famiglia di origine, in Fam. e dir. 2013, 673; Bianca, Diritto civile, 2.1, La famiglia, Milano, 2014; Ceroni, L'affidamento familiare, in Cagnazzo, Preite, Tagliaferri, Il nuovo diritto di famiglia, I, Profili sostanziali, processuali e notarili, Milano, 2015; Dogliotti, L'affidamento familiare e il giudice tutelare, in Dir. fam. pers. 1992, 82; Dogliotti, Affidamento e adozione, in Tr. Cicu e Messineo, Milano, 1990; Fadiga, L'adozione legittimante dei minori, in Tr. Zatti, II, Milano, 2012, 853; Finocchiaro, Finocchiaro, Adozione e affidamento dei minori, Milano, 2001; Giacobbe, Adozione e affidamento familiare: ius conditum, vivens, condendum, in Dir. fam. pers. 2016, 237; Ianniello, L'adozione nazionale, in Cagnazzo, Preite, Tagliaferri, Il nuovo diritto di famiglia, I, Profili sostanziali, processuali e notarili, Milano, 2015; Ingenito, Indigenza, gravidanze ravvicinate, rifiuto d'ogni intervento dei Servizi sociali e dichiarazione di adottabilità, in Dir. fam. pers. 2010, 1605; Magno, Sulla delibazione di provvedimento straniero recante adozione di minorenne a favore di persona non coniugata, in Dir. fam. pers. 2012, 131; Marchio, Il limite «flessibile» per l'età dei genitori nell'adozione di minori, in Giust. civ. 1999, I, 2587; Matteini Chiari, Il minore nel processo, Milano, 2014; Missiaggia, L'adozione internazionale, in Cagnazzo, Preite, Tagliaferri, Il nuovo diritto di famiglia, I, Profili sostanziali, processuali e notarili, Milano, 2015; Morani, Il crepuscolo del divario massimo d'età nell'adozione di minori: con la sentenza n. 283/99 la consulta riafferma la deroga ed anticipa la riforma, in Dir. fam. pers. 2000, 9; Pane, Favor veritatis e diritto dell'adottato di conoscere le proprie origini nella recente riforma delle adozioni, in Rass. dir. civ. 2003, 240; Sesta, Manuale di diritto di famiglia, Padova, 2016.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario