Legge - 4/05/1983 - n. 184 art. 55

Mauro Di Marzio

 

Si applicano al presente capo le disposizioni degli articoli 293, 294, 295, 299, 300 e 304 del codice civile 1.

[1] La Corte Costituzionale, con sentenza 28 marzo 2022, n. 79, (in Gazz. Uff. 30 marzo 2022, n. 13), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

Inquadramento

L'adozione in casi particolari, regolata dagli artt. 44-55, qui simultaneamente esaminati, la quale trova applicazione in ipotesi in cui l'adozione piena o legittimante non può operare, è consentita: a) quando il minore è orfano e l'adottante è parente fino al sesto grado o ha stabilmente instaurato col minore un rapporto di affetto già prima della morte dei genitori; b) quando l'adottante è coniuge del genitore anche adottivo del minore; c) quando il minore è orfano di entrambi i genitori e si trova in condizione di disabilità; d) quando vi è la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. Peraltro, è stato affermato che ai parenti entro il quarto grado del minore, i quali prestino a quest'ultimo l'assistenza materiale e morale che i genitori non sono più in grado di offrire e risultino all'uopo idonei, è consentita la possibilità dell'adozione cd. mite, a ciò non ostando la previsione di cui alla lett. a) del medesimo articolo, in conformità al principio ispiratore di tutta la disciplina, finalizzato all'effettiva realizzazione del preminente interesse del minore, da valutarsi, secondo l'evoluzione del diritto vivente, con riguardo all'esigenza di favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore e coloro che già si prendono cura di lui e di garantirgli una tutela giuridica più incisiva, corrispondente alla condizione dell'adottato in casi particolari, che è equiparabile allo status di figlio minore (Cass. I, n. 23173/2023).

Detta adozione, è stato osservato, non rappresenta affatto il best interest of the child, ma viene concepita come il «meglio che niente» (Giacobbe, 237), avendo il legislatore manifestato — è stato osservato con riguardo ai minori portatori di disabilità — «l'intento di «promuovere» la adozione di minori che — diciamolo francamente — nessuno vuole» (Giacobbe 237), analogo intento potendo rinvenirsi nella previsione della lettera d), riferita al «classico bambino difficile, vuoi perché dotato di «caratteraccio», vuoi perché ormai grandicello, per far adottare il quale non si riescono a seguire le ordinarie procedure» (Giacobbe, 237). Il che consente di intendere perché, ai sensi dell'art. 57 l. 4 maggio 1983, n. 184, il tribunale deve specificamente verificare se l'adozione in casi particolari realizzi il preminente interesse del minore.

L'adozione in casi particolari

L'adozione in casi particolari, anch'essa finalizzata come l'adozione piena o legittimante ad assicurare un'adeguata assistenza morale e materiale al minore che si trova in situazione di abbandono, o comunque in una situazione di carenza nel rapporto con i genitori (Bianca, 459), conferisce al minore lo stato di figlio adottivo, stato che non cancella però il vincolo di filiazione di sangue. Per l'adozione è così necessario l'assenso dei genitori (ed ipoteticamente del coniuge) dell'adottando, quantunque il diniego del consenso, o l'impossibilità di raccoglierlo, non sia necessariamente ostativo all'adozione (art. 46 l. 4 maggio 1983, n. 184). L'adottato mantiene il proprio cognome ma assume come primo quello dell'adottante (art. 55 l. 4 maggio 1983, n. 184). A seguito dell'adozione in casi particolari gli adottanti esercitano la responsabilità genitoriale e sono tenuti ad educare, istruire e mantenere il minore, assistendolo in conformità ai doveri propri dei genitori (art. 48 l. 4 maggio 1983, n. 184).

La adozione legittimante o piena di un minore consegue a un accertamento giurisdizionale articolato in due giudizi separati, caratterizzati da una radicale diversità dell'oggetto della decisione. Il secondo giudizio non può essere introdotto se non in funzione del preventivo accertamento della condizione dì abbandono del minore cui si attribuisce lo status di figlio adottivo. Dunque questo ultimo giudizio non ha autonomia, non potendo che conseguire da uno solo degli esiti possibili del giudizio precedente. Nei procedimenti ex art. 44 l. n. 184/1983, la adottabilità non è un antecedente processuale del successivo giudizio ma, al contrario che nella adozione legittimante, il procedimento ex art. 44 non deve seguire a una dichiarazione di adottabilità e all'accertamento di una condizione di abbandono, certificata da una pronuncia passata in giudicato. Questi diversi modelli di filiazione adottiva sono, infatti, caratterizzati dalla partecipazione dei genitori biologici del minore (salvo che il minore sia orfano di entrambi) i quali - ai sensi dell'art. 46, comma 1 - devono prestare il loro consenso, salvo l'intervento sostitutivo del tribunale, secondo le modalità procedimentali stabilite nel comma 2. Il legislatore ha introdotto, nella adozione in casi particolari, una pluralità di percorsi che conducono alla genitorialità adottiva, incentrati sulla continuità delle relazioni con i genitori biologici o, comunque, con il nucleo parentale originario. I giudizi che hanno a oggetto questi diversi modelli adottivi si fondano su un esame rigoroso della idoneità degli adottanti o del singolo richiedente, essendo l'adozione ex art. 44 non soltanto bigenitoriale. In particolare, tale forma di adozione può riguardare minori che conservano non solo lo status filiale rispetto a uno dei genitori biologici ma anche la continuità relazionale con tale genitore, come previsto nella ipotesi disciplinata nella lettera b) dell'art. 44 e non escluso nella ipotesi di cui all'art. 44, lett. d) (Cass. I, n. 3643/2020).

Gli adottanti devono essere moralmente, fisicamente ed economicamente idonei ad assolvere il compito e devono avere un'età che superi di almeno diciott'anni quella del minore (art. 44 l. 4 maggio 1983, n. 184). La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo, per violazione degli art. 3 e 30, comma, 1 e 3 Cost., l'art. 44 la citata norma nella parte in cui limitatamente al disposto della lett. b) del comma 1, non consente al giudice competente di ridurre, quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell'unità familiare, l'intervallo di età di 18 anni (Corte cost. 2 febbraio 1990, n. 44). Non è previsto un limite massimo di età. L'adozione in casi particolari può essere chiesta singolarmente anche da chi non sia coniugato. Se però l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi (art. 44 l. 4 maggio 1983, n. 184). Non è prevista l'adozione da parte di conviventi more uxorio.

L'adozione in casi particolari è pronunciata dal tribunale per i minorenni sul ricorso dell'adottante all'esito di un procedimento camerale. La S.C. ha osservato che, con riferimento all'adozione in casi particolari, il relativo provvedimento assume — a seguito delle modifiche alla l. 4 maggio 1983, n. 184 apportate dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 — la forma della sentenza, e non più del decreto (stante la modifica, ad opera dell'art. 30 l. n. 149/2001, dell'art. 313 c.c., dettato per l'adozione di maggiore di età, ma richiamato dall'art. 56 l. n. 184/1983); ne consegue che, avverso tale provvedimento, emesso in sede di gravame dalla corte d'appello, sezione per i minorenni, è ora ammissibile il ricorso ordinario per cassazione, per tutti i motivi di cui all'art. 360 c.p.c. (Cass. n. 15485/2003).

In materia di adozione in casi speciali, ai sensi dell'art. 44 l.  n. 184 del 1983, il termine, previsto a pena di decadenza, per la proposizione del ricorso per cassazione è quello ordinario, non potendo trovare applicazione il regime limitativo del diritto di impugnazione in sede di legittimità dettato dall'art. 17 della stessa legge, che ne prevede uno dimezzato rispetto a quello ordinario "breve", decorrente dalla notifica della sentenza nel testo integrale a cura della cancelleria, poiché norma di carattere speciale e di stretta interpretazione (Cass. I, n. 23173/2023).

È richiesto il consenso dell'adottando ultraquattordicenne. L'adottando deve essere ascoltato se maggiore di 12 anni o anche se minore, ove abbia capacità di discernimento. Occorre come detto l'assenso dei genitori e del coniuge dell'adottando.

Il tribunale deve verificare che l'adozione realizzi il preminente interesse del minore, all'esito delle opportune indagini. La sentenza è pronunciata sentito il pubblico ministero ed è impugnabile con ricorso alla sezione minori della corte d'appello. Alla luce di un'interpretazione evolutiva della disposizione di cui all'art. 313 c.c. richiamata dall'art. 56 l. n. 184/1983, deve ritenersi che anche il genitore del minore adottando, ed anche quando non affidatario, sia legittimato al reclamo avverso il decreto di adozione, quale soggetto comunque legittimato a far valere le ragioni del figlio minore di età; ragioni che, stante l'incapacità processuale del minore, resterebbero altrimenti prive di tutela, se non tramite il ricorso — necessitato e costante — alla nomina di un curatore speciale (Cass. n. 9795/2000; Cass. n. 5776/2001).

L'adozione particolare, a differenza di quella piena o legittimante, può in taluni casi essere revocata (art. 51 l. 4 maggio 1983, n. 184).

Sulla domanda di adozione in casi particolari - ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184/1983 - di un minore di origine russa stabilmente residente in Italia, il giudice munito di giurisdizione si individua in base alla residenza abituale del minore, come stabilito dalla Convenzione dell'Aja del 5/10/1961 (ratificata e resa esecutiva con l. n. 1253 del 1966), e non già in base al criterio dello Stato di origine del minore previsto dall'Accordo bilaterale tra Italia e Russia del 6/11/2008, criterio applicabile alle sole adozioni di tipo legittimante, caratterizzate dalla previa dichiarazione dello stato di adottabilità e dalla costituzione di un vincolo di filiazione giuridica sostitutiva di quello di sangue, con definivo ed esclusivo inserimento del minore nella nuova famiglia (Cass. SU, n. 8847/2020).

Riconoscimento di adozione straniera da parte di coppia omoaffettiva maschile.

Secondo Cass. S.U., n. 9006/2021 non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale, ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione. La pronuncia esamina due quesiti: 1) se in caso di richiesta di trascrizione nel registro di stato civile italiano della sentenza straniera di adozione legittimante la competenza sia del Tribunale per i Minorenni, trattandosi di cd. adozione internazionale (nel qual caso il riconoscimento da parte del Tribunale per i minorenni non avrebbe avuto alcuna chance, dal momento che l'adozione è prevista per le sole coppie eterosessuali), ovvero della Corte d'appello trattandosi del riconoscimento in Italia di un provvedimento giudiziario straniero; 2) se contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione cd. piena. A questo riguardo, movendo dalla premessa dell'applicabilità del parametro dell'ordine pubblico internazionale e non di quello interno, la pronuncia sostiene che esso si identificherebbe con l'insieme dei principi provenienti dal diritto dell'Unione Europea, delle Convenzioni sui diritti della persona cui l'Italia ha presto adesione e con il contributo essenziale della Corte di Giustizia Europea e della Corte EDU, oltre a quelli derivanti dalla Costituzione e dalle leggi ordinarie che ne interpretano i valori (Cass. S.U., n. 11601/2017; Cass. S.U.,  n. 12193/2019). La verifica della compatibilità tra l'attribuzione dello status genitoriale adottivo, per effetto del provvedimento straniero da riconoscere, è dunque compiuta con esito positivo, dal momento che l'eterosessualità della coppia, prevista dal legislatore nella legge sull'adozione, non costituirebbe principio di ordine pubblico internazionale, considerata anche la crescente attenzione a una prospettiva maggiormente inclusiva dei modelli relazionali e familiari che richiedono riconoscimento e tutela, realizzata mediante una interpretazione aperta dell'art. 2 Cost. e dell'art. CEDU, avuto riguardo altresì alla legge n. 76/2016 sulle unioni civili e tenuto conto, tra l'altro, della possibilità per le coppie omoaffettive di ricorrere all'adozione ex art. 44 lett. d) l. n. 184/1983. Rimane ferma l'esclusione della riconoscibilità in presenza di un preesistente accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione.

Il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione. Tale esigenza è garantita attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell' art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184 del 1983 che, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo status di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il partner del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita (Cass. I, n. 26967/2023, in fattispecie in cui era stata respinta l'istanza con cui due uomini, legati da una relazione sentimentale, avevano chiesto al Comune la trascrizione dell'atto di nascita redatto all'estero, con cui venivano indicati come padri di un bambino nato grazie alla maternità surrogata e figlio biologico di uno dei due, essendo possibile in Italia, allo stato attuale della normativa, indicare come genitore del minore solo il padre biologico). L'adozione in casi particolari, ex art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184 del 1983 , rappresenta lo strumento che consente al minore, nato in Italia, a seguito di procreazione medicalmente assistita compiuta all'estero da coppia omoaffettiva, di conseguire lo status di figlio e di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il genitore d'intenzione; ne consegue che il dissenso del genitore biologico all'adozione da parte del genitore sociale deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all'interesse del minore, con particolare riferimento al progetto genitoriale comune, alla cura e all'accudimento svolto in comune dalla coppia, per un congruo periodo. (Cass. I, n. 25436/2023, che ha cassato la decisione della corte territoriale che aveva escluso la sussistenza dei presupposti per accogliere la richiesta di adozione speciale, evidenziando che la genitrice naturale del minore, nato in Italia a seguito di PMA, effettuata all'estero, con modalità non consentite dallo Stato italiano, aveva revocato il suo assenso all'adozione, inizialmente prestato, quando era cessata la convivenza con la madre biologica del detto minore).

Non viola il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ex art. 8 Cedu , il rifiuto delle autorità italiane di indicare, nell'atto di nascita di un bambino nato in Italia, ma concepito all'estero a mezzo pratiche di procreazione medicalmente assistita (p.m.a.) con donatore anonimo, oltre la madre biologica, la madre intenzionale, atteso che la conservazione del legame instauratosi tra quest'ultima e il minore è assicurata dalla possibilità di ricorrere all'adozione in casi particolari, (CEDU, I , n. 59054/2023; CEDU I, n. 47998/2023).

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