Legge - 15/01/1994 - n. 64 art. 21

Gustavo Danise

Art. 21.

Una domanda concernente l'organizzazione o la tutela dell'esercizio effettivo del diritto di visita, può essere inoltrata all'Autorità centrale di uno Stato contraente con le stesse modalità di quelle previste per la domanda di ritorno del minore.

Le Autorità centrali sono vincolate dagli obblighi di cooperazione di cui all'Articolo 7, al fine di assicurare un pacifico esercizio del diritto di visita, nonché l'assolvimento di ogni condizione cui l'esercizio di tale diritto possa essere soggetto.

Le Autorità centrali faranno i passi necessari per rimuovere, per quanto, possibile, ogni ostacolo all'esercizio di detti diritti.

Le Autorità centrali, sia direttamente, sia per il tramite di intermediari, possono avviare, o agevolare, una procedura legale al fine di organizzare o tutelare il diritto di visita e le condizioni cui l'esercizio di detto diritto di visita possa essere soggetto.

Inquadramento

Nell'ipotesi in cui il genitore che detiene il diritto di custodia e l'affidamento di un minore si trasferisca stabilmente in uno Stato che aderisce alla Convenzione, portando con sé il minore, la Convenzione assicura nell'art. 1 lett. b) l'esercizio del diritto di visita in favore dell'altro genitore. L'art. 21 è dedicato proprio all'attuazione di questo obiettivo; disciplina infatti le modalità di organizzazione del diritto di visita. Si tratta dell'unico strumento invocabile in questo caso dal genitore che subisce l'allontanamento del figlio, perché il trasferimento all'estero del minore ad opera dell'altro genitore non costituisce illecito ai sensi dell'art. 3 della Convenzione, ma esercizio di una facoltà ricompresa nell'affidamento del minore legalmente disposto in suo favore da un provvedimento dell'autorità giudiziaria o amministrativa competente. L'art. 21 accorda un ruolo di primo piano alle autorità centrali, affidando loro funzioni di impulso e di assistenza e ponendo l'obbligo di rimuovere ogni ostacolo che possa impedire tale esercizio.

Organizzazione e protezione del diritto di visita

L'art. 21 della convenzione non contiene una regolamentazione esaustiva del diritto di visita, il che avrebbe travalicato gli scopi della convenzione, ma detta le modalità per la cooperazione delle autorità centrali ai fini della organizzazione o protezione dell'esercizio effettivo di tale diritto. D'altronde, il tempo particolarmente breve che la prima commissione ha dedicato alla stesura dell'art. 21 testimonia l'elevato grado di consenso raggiunto nei suoi confronti. Sul punto, si evidenzia che venne respinta a larga maggioranza una proposta che intendeva introdurre, in un nuovo comma, la competenza esclusiva in materia di diritto di visita sia delle autorità che della legislazione dello stato della residenza abituale del minore. L'articolo poggia nel suo insieme sulla cooperazione fra autorità centrali cui è accordata una funzione essenziale nella organizzazione e protezione dell'esercizio effettivo del diritto di visita. In tal senso, il primo comma contiene due importanti previsioni: la libertà dei privati di adire l'autorità centrale di loro scelta; e la possibilità per il richiedente di indirizzare all'autorità centrale una domanda di organizzazione di un diritto di visita, cioè la sua determinazione, o di protezione dell'esercizio di un diritto di visita già stabilito. Il secondo comma mira ad assicurare l'esercizio pacifico del diritto di visita, senza che metta in pericolo il diritto di affidamento. Al centro stesso della soluzione prospettata bisogna collocare, ancora una volta, la cooperazione fra autorità centrali, una cooperazione che vuole sia facilitare l'esercizio del diritto di visita che garantire l'adempimento di ogni condizione alla quale fosse sottoposto tale esercizio. Il quarto comma dell'articolo invece prevede la possibilità per le autorità centrali di avviare o di favorire, direttamente o tramite intermediari, l'instaurazione di un procedimento giudiziario nel caso in cui la domanda riguardi l'organizzazione del diritto di visita, e vi sia l'opposizione del detentore dell'affidamento. Come si è anticipato la domanda tendente ad ottenere il diritto di visita del minore trasferito all'estero può sorgere in due casi: - quando il genitore emigrato in un altro paese con il minore è già titolare di un diritto di affidamento esclusivo sullo stesso per cui il trasferimento non costituisce sottrazione illecita ai sensi dell'art. 3 della convenzione; - quando il trasferimento all'estero costituisce sottrazione illecita ai sensi dell'art. 3 perché il minore era stato affidato all'altro genitore con provvedimento dell'autorità dello Stato ove il minore aveva la residenza abituale, ma la domanda di rientro del minore presentata dal genitore spodestato viene rigettata in base ad una delle eccezioni di cui agli artt. 12, 13 o 20. Quindi, in tal caso la custodia del minore in favore del genitore sottrattore si consolida e legittima, nonostante sia derivata da una condotta illecita, ed all'altro genitore non rimane altra scelta che presentare una nuova domanda di organizzazione del diritto di visita. La domanda in tal senso si propone con le stesse formalità (ricorso ex art. 8 convenzione) con cui il genitore richiede il rientro del minore illecitamente sottratto. Da notare che le autorità centrali non determinano le modalità del diritto di visita ma assicurano il coordinamento con l'autorità centrale dello Stato richiesto affinchè il diritto di visita sia concretamente esercitato. L'esercizio del diritto di visita infatti può essere regolato direttamente dai genitori con un accordo; oppure può essere già stabilito nel provvedimento di affidamento del minore, congiunto o esclusivo al genitore che si è trasferito in altro Stato con lui, oppure dovrà essere determinato in via giudiziale dall'Autorità competente dello Stato ove si è rifugiato il genitore affidatario con il minore. Con riguardo a quest'ultima ipotesi si pone l'esempio di due genitori italiani, separati, il cui figlio è stato affidato congiuntamente a loro ma con collocazione preferenziale presso il domicilio della madre e con regolamentazione del diritto di visita del padre. La madre riceve un'offerta di lavoro in Francia ove si trasferisce con il minore. L'altro genitore non può chiedere il rientro del minore ex art. 12 Convenzione dell'Aja perché la condotta della madre non è illecita ai sensi dell'art. 3 della Convenzione medesima, ma dovrà presentare ad un'Autorità centrale (non necessariamente quella italiana) ricorso ex artt. 8 e 21 chiedendo di organizzare il diritto di visita. L'autorità centrale adita contatterà quella francese e nel caso in cui non si addivenga ad un accordo tra i genitori, il richiedente con l'ausilio anche dell'autorità centrale adita dovrà intentare un procedimento innanzi all'autorità giudiziaria francese competente territorialmente per chiedere che sia determinato il diritto di visita. Quindi le autorità centrali entrano in gioco dopo che è stato determinato il diritto di visita, a prescindere dalla fonte. In particolare, l'autorità centrale cui si rivolge il genitore interessato provvederà ad attivare una concertazione con quella del Paese ove si trova il minore affinchè il diritto di visita sia organizzato e concretamente esercitato. Naturalmente, su questo punto occorre evidenziare che se vi è molta distanza tra lo Stato ove risiede il genitore richiedente e quello ove si trova il minore con l'altro genitore, il diritto di visita verrà naturalmente organizzato mediante consegna del minore all'istante per un periodo determinato (ad es. due mesi consecutivi durante il periodo estivo); tale genitore si troverà pertanto nella situazione ideale per commettere a sua volta una sottrazione internazionale del minore (non restituendolo al termine del periodo concordato); l'obbligo di cooperazione tra autorità centrali previsto nel comma 2 comprende anche ogni iniziativa volta ad evitare simili situazioni. Val la pena di osservare altresì che quando l'art. 21 parla di diritto di affidamento e di diritto di visita, intende riferirsi alle nozioni descritte nell'art. 5 della convenzione medesima e non alle accezioni che detti istituti assumono nell'ambito del diritto interno di ogni Stato; e che nell'impianto convenzionale il trasferimento del minore da parte del genitore titolare del diritto di affidamento, anche in danno del genitore che vanta un diritto di visita, non rappresenta un caso di sottrazione di minore, poiché la possibilità di decidere sul luogo di residenza del minore rientra tra i poteri del titolare del diritto affidamento. Occorre su quest'ultimo punto infine osservare che la dicotomia netta tra diritto di affidamento e diritto di visita, accolta dalla Convenzione dell'AJa, rispecchia la concezione del diritto di famiglia superata dell'epoca (1980) ma che oggi è stata superata in gran parte degli ordinamenti nazionali europei. Invero, all'istituto dell'affidamento esclusivo che opponeva il genitore affidatario e collocatario al genitore titolare di un diritto di visita, si sostituiscono nuove forme di affidamento, condiviso e congiunto, tendenti a riconoscere il persistente diritto alla potestà genitoriale in capo ad entrambi i genitori.

Si è detto che le nozioni di affidamento e diritto di visita rilevanti ai fini della convenzione sono quelle descritte nell'art. 5 della convenzione medesima; ne consegue che le autorità degli Stati aderenti ove vengono presentate domande di rientro del minore o di organizzazione del diritto di visita non possono interpretare tali istituti secondo l'accezione giuridica che assumono nei loro ordinamenti interni. Si segnala sul punto una pronunzia del Tribunale per i Minorenni di Pescara, a cui un padre argentino si era rivolto proponendo la domanda di rientro del minore ai sensi dell'art. 12 della Convenzione dell'Aja previo accertamento della illiceità del trasferimento in Italia della madre con il figlio, di cui era titolare di affidamento esclusivo, avvenuto dopo aver ottenuto il divorzio nel proprio Paese. Allo scopo, l'istante deduce che la madre si è trasferita in Italia con il loro figlio minore senza consultarlo, invocando le norme del diritto argentino che stabiliscono la necessità del consenso di entrambi i genitori per l'espatrio del figlio. Il Tribunale per i Minorenni di Pescara respinge la richiesta del padre affermando che «non commette sottrazione internazionale di minore il genitore che si reca all'estero con il figlio, impedendo con ciò all'altro genitore di esercitare pienamente il proprio diritto di visita» (Decreto del 27 maggio 2005). Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dell'istituto dell'affidamento come regolato nella convenzione, escludendo che la madre abbia compiuto una condotta di sottrazione illecita. Sul punto si ricorda anche Cassa. Civ. n. 6014/05, ove si evidenzia che è la Convenzione dell'Aja stessa che fornisce, all'art. 5, le nozioni di diritto di affidamento e di diritto di visita che rilevano ai fini dell'applicabilità del trattato, «ed è questa la prospettiva, di tipo internazionale, che occorre tenere presente nella interpretazione delle disposizioni della Convenzione, in particolare per quanto attiene alla corretta definizione delle nozioni di affidamento e diritto di visita, evitando di operare contaminazioni con significati propri dei diritti interni degli Stati»; nonché Cass. n. 9865/2006 «quando è il genitore affidatario a sottrarre il minore all'altro genitore, quest'ultimo non può domandare il ritorno immediato del figlio, stante la liceità del suo trasferimento in conseguenza di una decisione sulla scelta della residenza che legittimamente spetta al genitore affidatario; può invece sollecitare l'Autorità centrale, a norma dell'art. 21 della Convenzione, a compiere tutti «i passi necessari per rimuovere, per quanto possibile, ogni ostacolo all'esercizio del suo diritto"». Ed ancora la Cassazione italiana in sentenza n. 7117/2011 evidenzia che la tutela garantita dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 al diritto di visita al minore, non si estende all'ipotesi in cui il diritto di visita del genitore sia stato riconosciuto e regolato con provvedimento giudiziario ed il suo esercizio sia impedito dall'insuperabile opposizione manifestata dallo stesso minore ad incontrarlo, in quanto, in tal caso, la richiesta del genitore di tutelare il proprio diritto di visita non è volta o riconducibile al ristabilimento dell'esercizio effettivo di un suo diritto in fatto arbitrariamente interdetto od impedito e, quindi, illegittimamente conculcato. Si segnalano infine altre due pronunce della Cassazione italiana sul rapporto tra le domande di rientro del minore e di organizzazione del diritto di visita nell'ambito dello stesso procedimento. Nella prima pronuncia la S.C. chiarisce che nella domanda volta a conseguire il rientro del minore non è inclusa quella volta a tutelare il diritto di visita, per cui il tribunale per i minorenni non può, nel respingere la domanda di rimpatrio, d'ufficio disporre sul diritto di visita dell'istante, e se provvede in tal senso incorre in vizio di ultrapetizione (Cass. n. 8481/2007); ciò perché ove con l'atto introduttivo dell'azione giudiziale dinanzi al tribunale per i minorenni l'istante abbia formulato una domanda concernente l'organizzazione o la tutela dell'esercizio effettivo di visita, la successiva richiesta, nel corso del medesimo giudizio, volta ad ottenere il ritorno del minore presso l'affidatario al quale era stato sottratto, realizza una inammissibile «mutatio libelli», come tale insuscettibile di dare origine al potere-dovere del giudice di pronunciare su di essa (Cass. n. 7864 /2006). Nel sistema delineato dalla Convenzione il rientro del minore ed il diritto di visita sono due misure che presentano natura autonoma e distinta, essendone diversi i presupposti; infatti, il rientro del minore è la tutela prevista avverso una sottrazione illecita del minore; il diritto di visita è la misura che protegge le prerogative dell'altro genitore nell'ipotesi in cui il trasferimento del minore con l'altro genitore in un altro Stato sia lecito. L'autonomia delle due misure si spiega alla luce del fatto che la stessa convenzione dal combinato disposto degli artt. 8 e 21 prevede la necessità che il soggetto interessato debba promuoverle con due ricorsi distinti. Ne consegue che l'una misura (diritto di visita) non può considerarsi contenuta in quella più vantaggiosa ed importante del rientro del minore; dunque la Cassazione ha correttamente censurato le decisioni dei giudici di merito riportate secondo i principi processuali del diritto interno.

Bibliografia

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