Regolamento - 18/12/2008 - n. 4 art. 64 - Enti pubblici in qualità di istanti

Giuseppe Fiengo

Enti pubblici in qualità di istanti

1. Ai fini di una domanda di riconoscimento e di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di decisioni, il termine «creditore» comprende l’ente pubblico che agisce per conto di una persona cui siano dovuti alimenti o un ente al quale sia dovuto il rimborso di prestazioni erogate in luogo degli alimenti.

2. Il diritto di un ente pubblico di agire per conto di una persona cui siano dovuti alimenti o di chiedere il rimborso di prestazioni erogate al creditore in luogo degli alimenti è disciplinato dalla legislazione cui è soggetto l’ente.

3. Un ente pubblico può chiedere il riconoscimento e la dichiarazione di esecutività ovvero l’esecuzione di:

a) una decisione emessa nei confronti del debitore su domanda di un ente pubblico che chiede il pagamento di prestazioni erogate in luogo degli alimenti;

b) una decisione emessa tra il creditore e il debitore a concorrenza delle prestazioni erogate al creditore in luogo degli alimenti.

4. L’ente pubblico che chiede il riconoscimento e la dichiarazione di esecutività ovvero l’esecuzione di una decisione fornisce, su richiesta, qualsiasi documento necessario per accertare il suo diritto ai sensi del paragrafo 2 e l’erogazione di prestazioni al creditore.

Inquadramento

Numerosi ordinamenti degli Stati membri prevedono, in presenza di specifici presupposti (sostanzialmente coincidenti con una situazione di particolare debolezza del creditore di alimenti), l'intervento (per la realizzazione di finalità assistenziali) di enti pubblici tenuti al pagamento immediato al creditore delle prestazioni alimentari rimaste inadempiute; enti pubblici che successivamente si surrogano nella posizione del creditore.

Un simile intervento, prima del 2015, era stato disciplinato nell'ordinamento italiano solo con la legge 3 ottobre 2003, n. 15 della Provincia autonoma di Bolzano (dichiarata, con la sentenza n. 106/2005 della Corte costituzionale, illegittima per eccesso di delega limitatamente alla disciplina della surrogazione legale ritenuta rientrante nell'ambito dell'«ordinamento civile» e, pertanto, da ricondurre ad una materia riservata in via esclusiva allo stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. l).

La legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha (art. 1, comma 414) istituito il Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno (fondo disciplinato anche ai successivi commi 415 e 416 dell'articolo 1), prevedendo — in presenza dei presupposti normativamente fissati — la corresponsione da parte del Ministero della giustizia delle somme dovute al creditore e non pagate (dal debitore) ed il successivo obbligo per il medesimo Ministero di «rivalersi» sul coniuge inadempiente per il recupero delle risorse erogate.

Il regolamento (CE) n. 4/2009 non poteva non tener conto di simili istituti (pur oggetto di una disciplina assai differenziata nell'ambito dei singoli Stati membri).

Del resto, il fenomeno era stato già disciplinato dalla convenzione dell'Aia del 2 ottobre 1973 concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle obbligazioni alimentari la quale, all'art. 1, nell'individuare il proprio campo di applicazione fa riferimento (al n. 2) alle decisioni in materia di obbligazioni alimentari rese dalle autorità di uno Stato contraente tra un debitore di alimenti ed un'istituzione pubblica che persegue il rimborso di una prestazione fornita ad un creditore di alimenti. Ancora, sempre in seno alla Conferenza dell'Aia, anche il protocollo dell'Aia 23 novembre 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari pone (art. 10) un criterio destinato ad individuare la legge applicabile al diritto di un ente pubblico di richiedere il rimborso della prestazione erogata al creditore in luogo degli alimenti.

Peraltro, come subito si dirà, fermo il riconoscimento della rilevanza che, nella prospettiva di effettiva tutela del creditore di alimenti, assume l'attività di tali enti pubblici, deve tenersi presente che il legislatore europeo non ha realizzato una piena equiparazione di tali enti al creditore-persona fisica.

La limitata equiparazione dell'ente pubblico al creditore di alimenti

L'importanza del ruolo che, sulla base della legislazione nazionale, gli enti pubblici possono assumere con riferimento alla effettiva tutela del credito alimentare ha indotto il legislatore europeo ad attribuire a tali enti una posizione giuridica più ampia rispetto a quella agli stessi assegnata dal protocollo del 2007 sulla legge applicabile (Castellaneta — Leandro, 2009, 1109). Il regolamento (CE) n. 4/2009 dispone infatti che tali enti possano non solo (secondo quanto già previsto dal protocollo) chiedere il rimborso delle somme versate al creditore, ma, anche, agire per conto di una persona alla quale sono dovuti gli alimenti.

Con riferimento ad entrambe tali iniziative giudiziali l'equiparazione dell'ente pubblico al creditore è tuttavia destinata ad operare, stante l'espressa previsione dell'art. 64.1, ai soli fini di una domanda di riconoscimento e di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di decisioni. L'equiparazione, in particolare, non è quindi prospettabile ai fini di consentire l'applicazione delle norme sulla competenza (e sulla legge applicabile) dettate dal regolamento in materia di obbligazioni alimentari; ciò, come meglio si dirà in sede di esame della domanda di regresso, perché non è possibile rinvenire, quanto all'ente pubblico, quella posizione di debolezza che, come osservato, tradizionalmente caratterizza il creditore di alimenti e che giustifica la deroga alla generale previsione del foro del convenuto.

L'equiparazione, pur nei soli limiti indicati dall'art. 64.1, dell'ente pubblico al creditore ha indotto a ritenere che anche l'ente pubblico dovrebbe aver diritto ai medesimi servizi ed allo stesso patrocinio a spese dello Stato previsti per il creditore-persona fisica (Villata, 2011, 743). L'affermazione, in astratto condivisibile, pare tuttavia destinata ad avere scarso rilievo in concreto con riferimento al patrocinio a spese dello Stato, risultando difficile immaginare che l'ordinamento dello Stato di volta in volta interessato garantisca anche ad un ente pubblico l'accesso al patrocinio gratuito (si veda quanto detto in sede di esame del capo V del regolamento).

Minori perplessità sussistono invece quanto alla possibilità, per l'ente pubblico che agisca ai fini di una domanda di riconoscimento e di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di decisioni, di avvalersi della cooperazione tra autorità centrali disciplinata, come visto, al capo VII del regolamento.

L'iniziativa giudiziaria (qualunque essa sia tra quelle previste all'art. 64.1) intrapresa dall'ente pubblico deve trovare fondamento nelle norme dell'ordinamento di appartenenza del medesimo ente (art. 64.2). La soluzione accolta dal regolamento è speculare a quella fatta propria, all'art. 10, dal protocollo sulla legge applicabile. Peraltro la legge nazionale applicabile all'ente è destinata, tanto nella dimensione del regolamento quanto in quella del protocollo, a disciplinare le sole condizioni della surrogazione; la portata dell'obbligazione del debitore di alimenti, qualora un ente pubblico chieda il rimborso delle prestazioni erogate al creditore in luogo degli alimenti (art. 11, lett. f del protocollo) e le eccezioni sollevabili dal debitore nei confronti dell'ente saranno invece disciplinate dalla legge nazionale destinata a regolare l'obbligazione alimentare (Castellaneta — Leandro, 2009, 1109).

L'azione di regresso esercitata dall'ente pubblico

Non v'è dubbio che l'ente pubblico che abbia provveduto al pagamento delle somme dal debitore dovute al creditore di alimenti, conseguita una decisione di condanna del debitore alla corresponsione della prestazione alimentare, possa portare ad esecuzione tale decisione avvalendosi delle norme contenute nel capo IV del regolamento (CE) n. 4/2009.

Occorre tuttavia interrogarsi sulla competenza esistente in ordine alla domanda promossa dall'ente pubblico nei confronti del debitore. In particolare, ci si deve chiedere se tale domanda possa essere proposta avanti al giudice del luogo di residenza del creditore in applicazione del titolo di giurisdizione contemplato all'art. 3, lett. b) del regolamento.

La risposta deve essere senza dubbio negativa.

Prima di Corte giustizia UE, 17 settembre 2020, C-540/19, WV c. Landkreis Harburg la soluzione negativa poteva essere argomentata sia alla luce del fatto che l’equiparazione dell’ente pubblico al creditore è, ai sensi dell’art. 64, comma 1,, prospettata con riferimento alle sole domande di riconoscimento e di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di decisioni, non, anche, con riferimento alle norme in materia di competenza, sia alla luce  dell’art. 2, comma 1, n. 10) che definisce «creditore» la sola persona fisica alla quale siano dovuti (o si presume siano dovuti) alimenti.

Quanto, infine, alla legge applicabile con riferimento all'obbligazione alimentare, devono ritenersi operanti i criteri dettati dal protocollo dell'Aia del 2007 considerando quale creditore pur sempre la persona fisica che abbia beneficiato dell'intervento dell'ente pubblico (Pesce, 2013, 221 — 222); non a caso anche il protocollo (analogamente al regolamento — per quanto riguarda le norme in materia di competenza e legge applicabile) qualifica come creditore la sola persona fisica originariamente titolare del credito (Pesce, 2013, 222). Analoga soluzione (quanto alla legge applicabile) deve adottarsi anche con riferimento al caso in cui l'ente pubblico agisca in nome e per conto del creditore, atteso che, in una simile ipotesi, non v'è tra l'altro modifica soggettiva nella titolarità del credito (Pesce, 2013, 222).

Di recente Corte giustizia UE, 17 settembre 2020, C-540/19, WV c. Landkreis Harburg dopo aver ribadito che l'art. 3 non contiene né un principio generale (quale la competenza dell'autorità giurisdizionale del domicilio del convenuto), né norme derogatorie, da interpretare restrittivamente, ma una pluralità di criteri, di pari rango e alternativi (come risulta dall'utilizzo della congiunzione coordinativa «o», dopo l'indicazione di ciascuno di essi), ha precisato che un ente pubblico che, mediante un'azione di regresso, intende recuperare somme versate in luogo di alimenti a un creditore di alimenti, nei cui diritti esso è surrogato nei confronti del debitore di alimenti, è legittimato ad avvalersi della competenza dell'autorità giurisdizionale del luogo in cui detto creditore risiede abitualmente, prevista dall'articolo 3, lett. b), del regolamento n. 4/2009. Una simile conclusione, secondo la Corte, è coerente -tra l'altro - con il sistema del regolamento n. 4/2009 e con il suo impianto sistematico quali risultanti dal considerando 14.

In particolare, l'articolo 64 del regolamento prevede l'intervento di un ente pubblico, quale istante, che agisce per conto di una persona cui siano dovuti alimenti o cui è dovuto il rimborso di prestazioni erogate in luogo di alimenti. Infatti, ai sensi dell'art. 64.1 un simile ente rientra nella nozione di creditore ai fini di una domanda di riconoscimento e di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di decisioni. Inoltre, l'articolo 64.3, lett. a) precisa che tale ente pubblico è legittimato a chiedere il riconoscimento e la dichiarazione di esecutività ovvero l'esecuzione di una decisione emessa nei confronti del debitore su domanda di un ente pubblico che chiede il pagamento di prestazioni erogate in luogo degli alimenti. Tale disposizione implica che un siffatto ente pubblico sia stato previamente messo in condizione di adire l'autorità giurisdizionale designata conformemente all'articolo 3, lettera b), affinché quest'ultima possa adottare una decisione in materia di obbligazioni alimentari, ai sensi dell'articolo 2.1, punto 1 del medesimo regolamento. Dal complesso delle disposizioni richiamate discende, in definitiva, che, mentre un ente pubblico surrogato legalmente nei diritti di un creditore di alimenti non può avvalersi direttamente dello status di «creditore» per far constatare l'esistenza di un'obbligazione alimentare, esso deve tuttavia essere messo in condizione di adire, a tal fine, l'autorità giurisdizionale competente della residenza abituale del creditore di alimenti, in forza dell'articolo 3, lettera b). Una volta emessa la decisione da parte di tale autorità giurisdizionale nello Stato di origine, un siffatto ente pubblico sarà legittimato a vedersi riconoscere lo status di creditore ai fini, se del caso, di una domanda di riconoscimento, di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di tale decisione nello Stato richiesto, in applicazione delle disposizioni dell'articolo 64 del regolamento. Infine, ammettere che l'ente pubblico surrogato nei diritti del creditore di alimenti abbia la possibilità di avvalersi del foro previsto dall'articolo 3, lettera b) è pure coerente con il Protocollo dell'Aia sulla legge applicabile in materia di obbligazioni alimentari. Infatti, nei limiti in cui, da un lato, l'articolo 3.1, di tale Protocollo prevede che, in linea di principio, disciplina le obbligazioni alimentari la legge dello Stato di residenza abituale del creditore e, dall'altro, l'articolo 10 di detto Protocollo (ripreso dall'articolo 64.2 del regolamento) dispone che il diritto al rimborso dell'ente pubblico che ha erogato al creditore una prestazione in luogo degli alimenti è disciplinato dalla legge cui è soggetto detto ente, una siffatta possibilità consente di garantire, nella grande maggioranza dei casi (che è quella in cui la sede dell'ente pubblico e la residenza abituale del creditore si trovano nel medesimo Stato membro) un parallelismo tra le norme sulla designazione del foro e quelle relative al diritto sostanziale applicabile, favorevole alla definizione delle cause in materia di obbligazioni alimentari.

La decisione sopra richiamata supera un orientamento che (pur nella vigenza di un testo normativo ben diverso) la Corte di giustizia aveva precedentemente adottato. Infatti, in applicazione dell'art. 5.2 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, la Corte aveva escluso la possibilità, per l'ente pubblico che agisca in via di regresso, di avvalersi del più favorevole forum actoris. Secondo Corte giustizia CE,15 gennaio 2004, C-433/01, Freistaat Bayern c. Jan Blijdenstein, in particolare, pur non facendo alcun riferimento alla persona che può proporre la domanda (e limitandosi invece a prevedere la propria applicabilità «in materia di obbligazione alimentare»), l'art. 5.2 della convenzione di Bruxelles del 1968 non può trovare applicazione nel caso in cui l'ente pubblico agisca in regresso nei confronti del debitore. In tale caso, infatti, l'ente pubblico non si trova in una posizione di inferiorità (in considerazione della quale, solo, trova giustificazione la deroga al generale titolo di giurisdizione del foro del convenuto). Né, prosegue la Corte, una posizione di inferiorità è ravvisabile in capo al creditore di alimenti, il quale, per effetto dell'intervento dell'ente pubblico, non si trova più in una situazione finanziaria precaria. Conseguentemente, ove il creditore di alimenti abbia ottenuto la prestazione dovuta, non v'è più ragione per privare il debitore di alimenti della tutela accordatagli dall'art. 2 della Convenzione, atteso peraltro che il foro del convenuto è anche quello meglio in grado di valutare le risorse economiche del debitore di alimenti.

Sempre con riferimento alla disciplina posta dalla convenzione di Bruxelles del 1968, Corte giustizia CE, 14 novembre 2002, C-271/00 , Gemeente Steenbergen c. Luc Baten , ha ritenuto che la nozione di «materia civile» cui ha riguardo l'art. 1.1 della convenzione comprende anche un'azione di regresso proposta nei confronti di una persona fisica allo scopo di recuperare somme versate da un ente pubblico a titolo di sussidio sociale al coniuge divorziato e al figlio del convenuto in regresso, se ed in quanto il fondamento e le modalità di esercizio di tale azione siano disciplinate dalle norme di diritto comune in materia di obbligazioni alimentari. Nel caso in cui, invece, l'azione di regresso sia fondata su disposizioni mediante le quali il legislatore nazionale ha conferito all'ente pubblico una prerogativa propria, l'azione di regresso dovrà ritenersi esulare dalla nozione di «materia civile» accolta dalla convenzione.  

Bibliografia

Castellaneta - Leandro, Il regolamento CE n. 4/2009 relativo alle obbligazioni alimentari, in Nuove leggi civ. comm. 2009, 1051 ss.; Pesce, Le obbligazioni alimentari tra diritto internazionale e diritto dell'Unione europea, Roma, 2013; Villata, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento n. 4/2009, in Riv. dir. internaz. 3, 2011, 731 ss.

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