Fondamento, operatività e presupposti della disposizione
Molteplici sono gli obiettivi perseguiti dal legislatore comunitario mediante la previsione della perpetuatio iurisdictionis contemplata all'art. 8 del regolamento (CE) n. 4/2009.
La norma trova fondamento, innanzitutto, in quella tutela del creditore di alimenti che, come già visto sotto molteplici profili, traspare dal complessivo tenore del regolamento in esame. Accanto a tale (evidente) obiettivo, l'art. 8 tende anche a realizzare il miglior coordinamento tra giudizi successivi, dovendo ritenersi che il giudice che si è pronunciato per primo sulla domanda sia anche quello meglio in grado di verificare, in presenza di una modifica dei presupposti di fatto, l'opportunità di una successiva modifica della decisione originaria (Pesce, 2013, 156). Da ultimo, la disposizione in esame è stata adottata anche allo scopo di garantire un adeguato coordinamento con la convenzione dell'Aia del 2007 la quale, all'art. 18 (unica norma della convenzione che — sia pure in negativo — disciplina la giurisdizione), contiene una disposizione speculare a quella qui esaminata. In difetto di una simile norma di coordinamento, l'art. 18 della convenzione dell'Aia avrebbe infatti — si è osservato — potuto interferire con l'operatività dei criteri generali di giurisdizione, precludendone l'applicazione quanto alle azioni di modifica di decisioni pronunciate in uno Stato membro contraente della convenzione (Pocar — Viarengo, 2009, 820).
L'art. 8, teso come detto a tutelare il creditore di alimenti, è destinato ad operare solo nel caso in cui la domanda di modifica sia proposta da parte del debitore; la disposizione, ulteriore espressione di una discriminazione tra le posizioni processuali delle parti (Pesce, 2013, 156), è pertanto destinata a precludere al debitore-attore l'accesso ai fori generali contemplati all'art. 3 lettere c) e d). Il legislatore attribuisce quindi maggior rilievo al nesso esistente tra domanda originaria e domanda successiva, rispetto a quello di accessorietà pur esistente (alla luce, appunto, delle norme da ultimo citate) tra domanda alimentare da un lato e domanda sullo status coniugale o sulla responsabilità genitoriale dall'altro (Pesce, 2013, 159).
La perpetuatio iurisdictionis, come anticipato, non opera invece nell'ipotesi in cui la domanda di modifica sia proposta dal creditore; in tale caso la giurisdizione sarà infatti individuabile alla luce dei criteri generali previsti dal regolamento (CE) n. 4/2009.
Ancora, come si è osservato (Pesce, 2013, 159), la norma in esame impedisce che il giudice di uno Stato membro possa conoscere una domanda di modifica di una precedente decisione adottata dal giudice di uno Stato non membro, ma parte della convenzione dell'Aia del 2007 nel quale il creditore sia abitualmente residente. In un simile caso, infatti, l'art. 8 impedisce non solo l'applicabilità dei titoli di giurisdizione previsti alle lettere c) e d) dell'art. 3 (non sono applicabili le lettere a e b del medesimo articolo poiché il creditore-convenuto non è, per definizione, residente in uno Stato membro), ma, anche, l'operatività dei fori sussidiari contemplati agli articoli 6 e 7.
Un simile meccanismo, prosegue l'autore da ultimo citato, consente di realizzare un «compiuto coordinamento» tra il regolamento e la convenzione (avuto riguardo, in particolare, al citato art. 18 della stessa). Per effetto del segnalato carattere universale del regolamento, potrebbero infatti esservi casi in cui, con riferimento ad una medesima domanda di modifica di una precedente decisione, vi sia la giurisdizione tanto di un giudice di uno Stato membro, quanto di un giudice di uno Stato (non membro) parte della convenzione. Ebbene, tramite l'art. 8, il legislatore europeo ha realizzato un arretramento della giurisdizione dei propri giudici nei casi in cui la convenzione dell'Aia richiede al giudice di uno Stato terzo (rispetto all'Unione) di estendere la propria cognizione alle eventuali domande (proposte dal debitore) di modifica di una precedente decisione adottata dal giudice del medesimo Stato terzo (Pesce, 2013, 160-161); tanto al fine di evitare un contrasto tra decisioni adottate sulla base di strumenti normativi differenti e destinato ad essere composto in sede di esecuzione.
Due sono i presupposti richiesti dall'art. 8.1.
La norma richiede, innanzitutto, che sia già stata adottata una decisione da parte della competente autorità di uno Stato membro o di uno Stato parte della convenzione dell'Aia del 2007.
Ancora, è necessario che il creditore risieda abitualmente nello Stato dell'autorità che ha emesso la decisione.
Con riferimento al secondo presupposto si è osservato (Pesce, 2013, 157-158) come la lettera della norma non sia del tutto chiara in ordine alla possibilità di accertare la coincidenza tra lo Stato della decisione e lo Stato della residenza abituale del creditore (solo) nel momento in cui il debitore promuova la domanda di modifica della decisione ovvero in ordine alla necessità che una simile coincidenza sussista già al momento della proposizione della prima domanda (all'esito della quale è stata adottata la decisione che il debitore intende modificare). In favore della prima soluzione depone sotto il profilo letterale, l'impiego del tempo presente.